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est comedia narrationis poetice genus, a reliquis differens. Nam tragedia, in materia sua, in principio est admirabilis et quieta, in fine vero turbulenta orribilis et fetida etc.;

quoddam poeticae narrationis, ab omnibus aliis differens. Differt ergo a tragoedia in materia per hoc, quod tragoedia in principio est admirabilis et quieta, in fine sive exitu est foetida etc.;

e cosí sino in fondo, ov'è citata la Poetria di Orazio (par. 10°).

Dopo le sette periochie e il titolo del libro, il Villani tocca nel cap. XI l'ultimo punto dello schema dei più antichi espositori, cioè:

Capitolo XI. — "Quos fuerit poeta imitatus,; a cui innesta il discorso "de triplici vita, voluptuosa activa et contemplativa,. '

L'argomento dei tre capitoli successivi, a cui si passa a modo di digressione, esorbita dallo schema tradizionale. Eccone le rubriche:

Capitolo XII.

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Digressio considerans in genere particularia quedam, que operis speculator diligenter debet advertere, capitolo importante, ove sono indicati i criterî esegetici dell'autore. Nel Poema, com' egli afferma, e personaggi e comparazioni e figurazioni e digressioni ascondono in sè “ allegoriarum multarum semina Non solo: anche la "narratio hystorica, si bene consideretur, non minus habet occulte doctrine, quam que sub apologica fictione traduntur. Nam omnia ferme verba poete integumentis involuta sunt, et misticum aliquid introducunt. Ferme dixi ipsa verba, que, pro intelligentia importantium figurarum, operi attexuntur Non si va più in là: quasi tutte le parole della Commedia son gravide d'allegoria! Quanta strada s'è fatta, dai primi documenti di esegesi dantesca a questo commento del Villani, che vuol essere la più ampia esposizione allegorica e dottrinale del Poema !

Capitolo XIII. "Quid in sensu mistico, in toto poete opere, representet ipse Dantes, Maro, Beatrix, Statius sanctusque Bernardus

Capitolo XIV. "De intellectu possibili, de ingenio et agenti intellectu, atque de adepto

Capitolo XV "An et quid sit Infernus, et qualiter in ipsum descendatur; ed de mostris et penis „. Ne è fonte il Boccaccio, fino alle parole:

VILLANI.

....

ipsumque in profundo cordis hominis locaverunt.

BOCCACCIO.

.... fingendo questo inferno essere nel cuore de' mortali (pag. 92).

3

Tien dietro un'aggiunta dichiarativa; e poi l'autore ritorna all'argomento e al Boccaccio, citato ancor qui in modo esplicito ("Et hic verbis Ioannis Boccaccii utar dicentis,), sulle cui orme, pur facendo qualche breve deviazione, si tiene quasi letteralmente per tutto il capitolo XV, XVII (“ Ubi poete finxerunt esse ianuam inferni, 2) e XVIII (“Quibus nominibus vocetur infernus per poetas et cur sic „ 3). Nel capitolo XVI v'è un altra digressione: lo scrittore crede di far cosa utilissima ai credenti comprovare "assertione doctorum fidei cristiane et sanctorum patruum „ l' esistenza dell'inferno e la terribilità delle pene. L'aggiunta è resa ancor più sensibile dalla clausola " quamquam fortasse amatoribus brevitatis aliquantulum molestius etc. „.

1 V'è solo un fuggevole accenno a questa triplice vita nella seconda redazione del Proemio di Pietro di Dante. Cfr. Rocca, Giorn. stor., vol. VII, p. 374.

2 BOCCACCIO, op. cit., p. 97 e seg

3 BOCCACCIO, op. cit., p. 99 e seg.

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Capitolo XIX. "De quadruplici descensu ad inferos che comincia: "Descensus vero ad inferos quadrifarius invenitur: quorum alter nature, alter virtutis, alius vitii, et alius est artificii". Qui la fonte è Pietro di Dante: "Quadruplex dicitur descensus ad inferos, scilicet naturalis, virtuosus, vitiosus, artificialis et nigromanticus, (p. 12). Il Villani però, compendiando liberamente, par quasi voglia simulare originalità; ma lo tradiscono alcune frasi, come:

VILLANI.

"Virtutis vero descensus est dum sapiens ad mundana, per considerationem, descendit, non ut in ipsis considerationem defigat, sed ut eorum agnita fragilitate et miseria, eis abiectis, per bonam intentionem ad bona invisibilia penitus se convertat; ut per creaturarum cognitionem cognoscat evidentius creatorem. Et hic descensus intellectualis et moralis est, secundum quem Orpheus et Hercules, qui sapientes habiti sunt, descenderunt

PIETRO.

"Virtuosus descensus est et moralis ad inferos, quando aliquis ad cognitionem terrenorum descendit intellectualiter, ut, cognita natura temporalium et terrenorum, spernat ea tamquam felix, secundum Boetium dicentem.... et Virgilius....; non ut in talibus rebus terrenis et in earum delectatione vera remaneat, sed ab eis avertat se, et facilius creatori per creaturas deserviat, ut fecit Hercules, Orpheus, Theseus et Aeneas „. (p. 14).

Mentre però Pietro conclude (p. 17): "Et sic poterimus amodo comprehendere de quo inferno diversimode aliquando et interdum Dantes loquitur, ; il Villani insiste sull' idea, che Dante non intende parlare che dell' Inferno morale, e che bisogna attender bene a non lasciarci ingannare da alcuni tratti che sembrano riferirsi all'Inferno essenziale. Nonostante la restrizione e divergenza da Pietro, è pure strano che mentre da altri autori Filippo non si perita di far citazioni formali, come dal Boccaccio, da Servio, da Rabi Moises, con l'aggiunta: "Hec rabi Moyses "Hec Servius „,; del commento di Pietro si giova non poco, ma non ne fa alcuna menzione.

1

Seguono due paragrafi sul valore allegorico della poesia: il XX ha per rubrica "Quod falso existimant de poetis, qui hystorias fabulasque secuntur, et negligunt allegoriam,,; e il XXI "De portis somniorum, et quid somnia poetarum integumenta significant. Nel XXII (" Cur noster comicus opus suum materno sermone dictaverit,), alle notizie attinte dal Boccaccio 2, v'è aggiunto qualcosa di nuovo, cioè la testimonianza di Giovanni Villani sulle ragioni per cui Dante avrebbe mutato consiglio, e scritto il Poema in volgare, dopo averlo cominciato in latino. Col capitolo XXIII, fatta la partizione dell'opera in generale, e del primo canto in ispecie, incomincia l'esposizione della lettera.

Riassumiamo. Adottato lo schema tradizionale delle sette periochie, e arricchitolo di elementi presi ad altri sistemi espositivi, il Villani raccoglie, dall' Epistola, dal Boccaccio e da Pietro di Dante, il più e il meglio che s'era venuto elaborando lungo il secolo XIV intorno all'argomento. È fedele alle sue fonti; quel che aggiunge di suo è facilmente discernibile per l'attacco aggiuntivo o restrittivo o avversativo. Fa citazioni formali dall' Epistola e dal Boccaccio; a Pietro di Dante attinge a man salva, senza farne alcun cenno.

(continua)

F. P. LUISO.

Qualche frase di questi capitoli ci richiama a mente la "Digressione intorno alla poesia,, del BOCCACCIO, nella Vita di Dante loc. cit., p. 42 e seg.).

2 BOCCACCIO, op. cit., p. 64, 102 e seg.

BULLETTINO BIBLIOGRAFICO

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AGRESTI ALBERTO. Pictro degli Onesti nel “Paradiso, di Dante. (Negli Atti della Acc. pontaniana, XXXI, serie 2a, vol. VI). (2440) ALIGHIERI DANTE. Della Commedia, quattordici terzine nel primo Canto, tradotte in latino da N. Tommaseo, ristampate il giorno 9 ottobre 1902, centesimo anniversario dalla nascita di lui (a cura di E. Teza). Padova, tip. dei fratelli Gallina, 1902, in-8, pp. (14). 25 esempl. numm.

(2441)

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"Argomenti vecchi e nuovi, diretti o indiretti „ debbono "oramai ricondurci all'opinione antica che Matelda, la quale allegoricamente è simbolo della perfetta vita attiva, storicamente non può essere altro che la gran Signora di Canossa„. Rispetto al simbolo è di per sé evidente dalla semplice lettura che il sogno del Canto XXVII non è che la preoccupazione della realtà del XXVIII: e Lia e Matelda sono lo stesso simbolo, poiché identica è la loro rappresentazione. Rispetto al personaggio storico di Matelda, Dante stesso ha fornito numerose e sicure prove al diligente erudito: e il parallelo tra san Bernardo e Matelda, le parole di Cacciaguida nella fine del Canto XVII del Paradiso, gli esempi di Costantino e di Carlo d'Angiò a dimostrare che D. non va per simpatie, né si limita agli effetti di un'opera, ma di questa riguarda la causa ed il fine, il fatto che la bella donna guida il Poeta alla mistica visione delle vicende della Chiesa, sono prove ciascuna poste opportunamente nel loco migliore. Ma di grande importanza e inoppugnabili sono le testimonianze dipinte della bellezza che adornò la Signora di Canossa, la tradizione innegabile e affermata anche dal ritratto di Bianello, della verginità di lei, l'acuta osservazione sull'alto e nobile affetto che la Contessa dové chiudere nel suo cuore per Gregorio, le prove storiche di quella bontà che il D'Ovidio nega alla "viragine,, e che benissimo invece il Bertoldi fa risultare evidente pur dall'intenzione pia e santa della gran donna nel fatto di Canossa, dove, mediatrice di pace, veramente elle concepiva un alto ufficio di donna e di cristiana. E, pur lasciando da parte quelle opinioni che appaiono a bella prima insostenibili (come di chi suppose esser Matelda una pura allegoria cui non corrispondesse alcuna realtà, e di chi recentemente ha creduto possibile identificarla con Maria Maddalena), noi non sapremmo davvero con quanta speranza si potesse ancóra tentar sostenere sia una qualche sconosciuta santa o monacella tedesca, sia una qualche pallida figura di donna che fugacemente compaia nella Vita Nova, dopo le obiezioni senza risposta che ai loro sostenitori ha fatto nella prima parte del suo libro il prof. Bertoldi, (2448)

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CAGGESE ROMOLO. Una cronaca economica del sec. XIV. (Nella Riv d. Bibl. e degli Arch., XIII, 97).

Vi si parla del cosí detto Libro del biadaiolo (cod. Temp. Laur., 3) di Domenico Lenzi, fiorentino del sec. XIV, pubbl, in sunto prima dal Fineschi (Storia delle carestie occorse in Firenze, ecc. Firenze, 1767), poi, a brani, dal Fanfani (Estratti dal Diario di D. Lenzi, ecc., nel Borghini, Firenze, 1864) e qua e là illustrata dal Montani (Antol., ottobre-decembre 1830, pp. 44 e segg.) e finalmente dal Biagi, che nella Miscell. st. d. Valdelsa (VII, 1899) riproduceva una delle miniature del Codice rappresentante Colle, e riportava la narrazione che il Cronista fa precedere a quella figura. Ora il Caggese, molto opportunamente, ci offre in questo breve studio un obiettivo esame del curioso e importantissimo Diario del biadaiuolo trecentista, riproducendone anche alcune fra le più singolari miniature. (2452)

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intrinseche di concetto. Dopo aver riassunto il Poema, il Chiarini passa ad esaminarne la cronologia, il significato simbolico, le attinenze col Poema di Dante.

(2454)

CHIOSE [LE] Cagliaritane, scelte ed annotate da Enrico Carrara. Città di Castello, S. Lapi tip. edit., 1902, in-16°, pp. 171. Collezione di Op. dant, inediti o rari, dir. da G. L. Passerini, ni. 72-74. (2455) CHISTONI PARIDE. CHISTONI PARIDE. Sulla triplice partizione dei dannati nell'Inferno, dantesco: commento al Canto XI dell'Inferno. Potenza, Tip. coop. Lucana, 1901, in-8, pp. 42-(2).

(2456)

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di B. avesse in mente un disegno generale di una visione, forse sol dell'Inferno, un po' a modo di quelle che solevano fare i frati nella lor rozza prosa medievale, ma in verso esametro: e di alcuni argomenti conforta tale sua conclusione, cercando rimuovere le obiezioni dello Scherillo. Quindi passa a studiare mano a mano quale potette essere probabilmente la genesi del Poema nel pensiero di D. e, per quanto se ne possa talora discordare in piú punti, e specialmente sulle date il lavoro appare non senza qualche pregio.

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Non

Avverte l'A. che queste Note sono state fatte leggendo la Divina Commedia con il commento di Tommaso Casini, quarta edizione riveduta e corretta, nuova impressione, 1896 „: e son forse una buona prova dello studio che il Federici suol porre in Dante. vediamo peraltro la ragione che lo ha consigliato a pubblicarle. (2467) FLAMINI FRANCESCO. Il trionfo di Beatrice. Padova, tip. fratelli Salmin, 1902. Purg., XXIX-XXXI. Beatrice non è la teologia ma "la verità rivelata, essenza della fede cristiana, che non è soltanto sapienza, ma amore che procede dal Verbo, ma per mezzo dello Spirito santo, che schiude, a chiunque a lei s'inchini riverente, la porta del Cielo,

GIANNINI Alfredo.

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(2468)

Il Canto VIII del

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pp. 37. GRASSI C. Una pagina biografica su Dante giureconsulto. (Ne L'Indicatore di Messina, LXVII, 74).

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LABATE VALENTINO.

(2472)

La prima conoscenza della "Divina Commedia, in Sicilia. Torino, E. Loescher [Palermo, tip. del "Giornale di Sicilia,, [1900], in-8.

(2473)

LAMMA ERNESTO. Intorno alla Vita Nova. Venezia, Stab. tip. Visentini, 1900, in-8, pp. 13-(3).

uno

Estr. dall'Ateneo Veneto, an. XXIII. È contro le conclusioni di scritto del Federzoni (Quando fu composta la "Vita Nuova „: estr. dalla Roma Letteraria anno VI, ni. 18 e 19), che da argomenti speciosi, dal far servire talvolta, come a lui piaceva, le rime alla prosa, e non viceversa sempre, voleva nuovo appoggio alla data del 1300 per la composizione della Vita Nova. L'A., che già difese l'opinione del Casini, nota la fiacchezza degli argomenti del Federzoni, i quali certo non derivano in sé dallo scolaro del Carducci, ma dalla falsa tèsi che ha chiesto in appoggio un'altra probabilmente pure sbagliata. (2474)

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LEVI EUGENIA. Di pensiero in pensier...: raccolta diario di pensieri e di sentenze tratti dalle opere tutte dell'Alighieri, italiane e latine, con prefazione di A. D'Ancona. Firenze. F. Lumachi, edit., [tip. Cooperativa], 1903, in-16° obl. pp. XIV(2)-398.

Cfr. Giorn, dant., XI, 13.

MILTON G. (2469)

GIANNINI ALFREDO. Sui versi di "Inferno „, XVI 39-81. (In Hesperia, X, fasc. 11).

In questi versi non si contiene una lode alla ri

Cfr. il no. 2495.

(2477)

MISCELLANEA di libri antichi e moderni in vendita a prezzi fissi nella Libreria antiquaria milanese di Luigi Battistelli. Mi

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