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lano, Libr. Battistelli [s. t.], 1902, in-8, pp. 49.

Dante, ni. 241-246.

(2478)

MOROSINI GIOVANNI. La leggenda di Dante nella regione Giulia: nel VI centenario della Visione dantesca. Trieste, Stab. tip. G. Caprin, 1900, in-8, pp. 32.

Estr. dall' Archeografo Triestino nuova serie vol. XXIII, fasc. I. L'A. cerca con prove, che a lui sembrano bastanti o esatte, di render probabile che Dante fosse a Pola, a Tolmino, a Duino.

(2479) MONTELEONE Giuseppe. Dissertazione sul "De vulgari Eloquentia „. Napoli, tip. F. Sangiovanni, 1902, in-8, pp. 30.

(2480)

MOORE EDWARD. A new reading in the "Convito, of Dante. (In The Athenaeum, 3893).

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(2481)

MUSATTI CESARE. Ateneo veneto. Indici dei lavori comparsi nelle sue pubblicazioni dal 1812 a tutto il 1900. Venezia, Stab. tip. F. Garzia e C., 1902, in-8, pp. x1-(1)-166-(2).

A pag. 74 vi si registrano le Cose dantesche contenute nella raccolta. (2482)

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ORSINI BEGANI. Fra Dolcino nella tradizione e nella storia. Milano, L. F. Cogliati, edit., 1901, in-16, pp. 141.

"Raccogliere di Dolcino quanto è attendibile storicamente, vagliare l'opera altrui per ricercarne, fin là dov'è possibile, la fonte dell'errore, avanzare qualche ipotesi laddove altri afferma, presentare infine uno schema blografico in cui tutte le questioni relative all'eretico siano contemplate,,, è lo scopo propostosi dall'A. di questo libretto, del quale ecco il sommario: 10 Dante e fra Dolcino; 2° Dolcino tra gli eretici; 3° Gli Ароstolici,, [Da Segalelli a fra Dolcino; L'organizzazione apostolica; Gli errori]; 4° Un capitolo poco noto della biografia di Dolcino; 50 Le geste [Valsesia e Biellese; il Baggiolini e le Crociate; Esame critico dell'Historia Dulcini di Autore anonimo]; 6o Gli ultimi echi; 7o La leggenda. (2484)

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ORTOLANI TULLIO. - Il Canto di Farinata e l'arte di Dante. Feltre, tip. Panfilo Castaldi, 1901, in-8, pp. 34.

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PIERRO MARIANO. - Dante in Francia. Portici, Stab. tip. Vesuviano, 1902, in-16, pp. 39. (2487) PIETROBONO LUIGI. Il Canto III dell' "Inferno. Firenze, Uff. della "Rass. nazionale,, [Prato, tip. succ. Vestri], 1901, in-8, Pp. 24. (2488) ROMANI FEDELE. - Il Canto XIX del "Purgatorio. Firenze, G. C. Sansoni, edit. [tip. S. Landi], 1902, in-8, pp. 56.

Sebbene questo Canto non sia di quelli che meglio si prestano ad una illustrazione viva e colorita, il Romani ha trovato modo di metterne in rilievo le riposte bellezze, e di fare alcune sue buone e argute riflessioni. A noi piace specialmente in questa esposizione ciò che egli dice sul vario effetto che la luce degli angeli produce sui sensi dell'osservatore Poeta, e intorno all'arte adoperata dal Botticelli e dal Doré per illustrare questo Canto. Il volume fa parte della raccolta: Lectura Dantis. (2489)

SABATIER PAOLO. San Francesco ed il movimento religioso nel XIII secolo: versione italiana di Ada Bellucci. Perugia, Un. tip. cooperativa, 1902, in-16, pp. 45. (2490)

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Il libro, che non ha scarsi pregi, è diviso in due parti: nella prima (Alcuni caratteri generali psicologici della Vita Nova) si tratta del primo apparimento, delle visioni e della forza d'astrazione, della morte di Beatrice; nella seconda (Tra idealisti e realisti) de L'amore e l'ideale del bello e del bene supremo; de La virtú d'imaginazione; de La donna e l'imagine. Conclusione: sere stata B. persona reale, vissuta al mondo co' suoi caratteri speciali di donna, di ente umano: ma per il Poeta essere stata donna considerata fuori d'ogni condizione psicologica attinente alla vita reale (2498)

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TOMEI-FINAMORE ROSMUNDA. Il silenzio di Paolo. (Nella Rass. crit. d. Lett. it., VII, 97).

Crede debba attribuirsi a Paolo il verso: Caina attende chi vita ci spense; un verso il cui significato morale è tutto subiettivo, cosicché, recitato da piú attori, con inflessioni diverse, potrebbe significare odio, dolore, rimorso ed altre infinite gradazioni di questi affetti della nostra misteriosa psiche... Chi narra deve supporre che chi ascolti ignori ogni particolare della sua narrazione: anche D. doveva quindi ignorare chi avesse condotti i due peccatori ad una morte. Ma quando Paolo comincia a dire: Caina... il Poeta non ha bisogno d'altro per intendere che si è compiuto un fraticidio, né può aver dubbi sulla personalità dell'uccisore, (2503)

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TOYNBEE PAGET.

Athenacum, 3841).
Inf., IX, 91.

TOYNBEE PAGET.

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(2505)

Dantesque, dantist, etc. in the New English Dictionary. (In The Athenaeum, 3898).

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(2506) VENTURI G. A. Attorno al Canto IX del"Inferno. Firenze, Uff. della "Rass. naz., (Tip. Succ. Vestri in Prato), 1900, in-8, pp. 17-(3).

Dalla lettura del Canto IX, Inf., fatta dal Venturi il 9 gennaio a Firenze in Orsanmichele. (2507)

ZENATTI ALBINO. - Trionfo d'Amore ed altre allegorie di Francesco da Barberino. Roma, Società Ed. "Dante Alighieri, (Tip. Voghera), 1901, in-8, pp. 40. Estr. dalla Riv. d'Italia, fasc. 7° e 8°, 1901. (2508)

ZOLI A. Ravenna e il suo territorio nel 1309 e la navigazione col Ferrarese. (Negli Atti e mem. della r. Dep. di st. patria per le prov. di Romagna, serie 3a, vol. XVIII, fasc. 4-6).

Firenze, gennaio 1903.

(2509)

G. L. PASSERINI.

NOTE E NOTIZIE

L'Accademia delle Scienze di Torino, nella sua adunanza generale del 21 decembre 1902, procedette al conferimento del premio Gautieri per la migliore opera di letteratura, critica letteraria e storia letteraria pubblicata in lingua italiana negli anni 1899-1901. Valendosi della facoltà concessale dal Regolamento pel conferimento di questo premio, l'Accademia lo ha diviso fra il prof. Francesco D'Ovidio per i suoi Studii sulla " Divina Commedia, (Milano-Palermo, 1901) e il prof. Antonio Belloni per l'opera Il Seicento (Milano, 1899).

Su Le Rime pietrose di Dante Alighieri uscirà prossimamente, in uno dei volumetti della Collezione di opuscoli danteschi diretti da G. L. Passerini, uno studio del dott. Antonio Abruzzese. L'A. si occupa a lungo delle varie questioni concernenti i suddetti componimenti poe. tici dell'Alighieri; stabilisce, discostandosi notevolmente dai precedenti studiosi, quante e quali sono le Rime pietrose; analizza compiutamente, e, in qualche parte, originalmente, le Canzoni pietrose autentiche; discute e cerca di distruggere le ipotesi finora enunciate per identificare la donna che il Poeta canta in queste poesie, e conclude, indicando una nuova e piú precisa via a quello fra i dantisti che vorrà occuparsi degli amori di Dante, avvertendo che tutto il lavoro speso su questo argomento induce a ritenere specialmente assodati i seguenti capitali dati di fatto. In primo luogo, Dante si innamorò fortemente di un' altra bellissima donna, dopo la morte di Beatrice, appunto nel cosí detto periodo del traviamento; secondariamente, poi, egli cominciò a cantare questa donna nelle gentili e soavi poesie “dolce stil nuovo ; e, a mano a mano che questa passione, a fondo sempre sensuale, aumentava in lui nella stessa misura che diminuiva, o, meglio, nessun reale progresso faceva nella donna amata, il tono della poesia va diventando, dapprima, meno delicato, meno "dolce stil nuovo per assumere, infine, l'intonazione feroce, della quale sono piene le Rime pietrose.

Col titolo Disinvoltura letteraria, l'Illustr. ital. (XXX, 160) pubblica un articolino segnato P. S., per deplorare il plagio, veramente singolare, compiuto dalla scrittrice inglese Catherine Mary Phillimore, la quale, in un suo libro Dante at Ravenna, pubblicato a Londra nel 1898, non ha fatto altro che parafrasare alla peggio (aggiungendovi di suo due o tre digressioni inconcludenti), il buono e noto libro di Corrado Ricci: L'ultimo rifugio di Dante (Milano, Hoepli, 1891). Il peggio poi si è che, non contenta di aver commesso il plagio in Inghilterra, la signora Phillimore ha consentito alla signorina Rosmunda Tonini la traduzione del libro e la sua pubblicazione in Italia (Rimini, 1902) "allo scopo d'indicare la sorgente, ove ella "attinse le sue informazioni, queste esponendo a tutti nella stessa forma popolare, rivestita colla lingua del Poeta dalla penna di una valente compatriota di lui „. Bisogna convenire che il fatto è abbastanza carino: finora gli stranieri si erano contentati di insegnarci come si deve studiar Dante con opere del loro ingegno: ora la loro generosità, varcando i confini d'ogni ragionevolezza, arriva fino al punto di divulgare in Italia, travestendoli in forma piú semplice e popolare, i libri che son frutto dell'ingegno e dello studio degli scrittori nostri!

L'editore Vittorio Alinari di Firenze ha preso a pubblicare, col titolo di Miscellanea d'arte, una pregievolissima rivista mensile di storia dell'arte medievale e moderna, diretta dal prof I. B. Supino.

Del dr. Giuseppe Bianchini abbiamo annunziato, nel fascicolo precedente, la pubblicazione di una Lezione sopra Dante del Paperini, edita dal Lapi di Città Castello. Ora siamo dolenti di dover registrare la dolorosa notizia della morte del Bianchini, avvenuta in Bassanello di Padova il 13 febbraio corrente. Aveva poco piú di trent'anni, e molto facevano sperare il suo vivo ingegno e la sua varia dottrina.

Proprietà letteraria.

Città di Castello, Stabilimento Tipo-Litografico S. Lapi, febbraio 1903.
Leo S. Olschki, editore-proprietario-responsabile.

G. L. Passerini, direttore

ΑΓ

GIORNALE DANTESCO

LA PECORELLA DI DANTE

A proposito dell' Ecloga I]

sero dieci Canti del Paradiso, che Dante intendeva inviare al suo corrispondente, Giovanni Del Virgilio.

Con lo studio che Francesco Novati ha de- | volgare, e che nei decem vascula si adombrasdicato alla prima ecloga di Dante, la interpretazione di essa assume un'importanza singolare, per la quale non sembra inutile ristudiare la questione; tanto piú che l'erudizione e l'acutezza, militando insieme in suo favore coi nomi del Cian e del D'Ovidio, 3 aggiungono tale forza all'ipotesi, da poter credersi che questa sia per ottener presto vittoria incontrastata anche sopra le seguenti obiezioni, che credo pur opportuno d'opporle.

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Il Novati, raddrizzando una stortura del Dionisi, che credeva s'avesse a intendere l'ovis per l'ecloga in questione, non facendo cosí differenza fra questa e i vascula, afferma che dessa è nient'altro che la Bucolica virgiliana, (p. 55).

Le ragioni, su cui appoggia tale opinione, sono di due sorta: la chiosa dell'Anonimo Laurenziano, che postillò le ecloghe, e la suprema aspirazione di Dante. Anzi, se fosse lecito scrutare i procedimenti psicologici del critico, come osiamo ed usiamo fare con i poeti, oserei dire che la seconda ragione lo deve aver mosso a ricercare la prima.

Infatti il ragionamento suo in larghe ruote va volando intorno alla povera pecorella, finché piomba a ghermirla robustamente ecome è parso vittoriosamente, cosí: Dante, che non era conventato in arti, cioè non era dottore, come non poteva pubblicamente insegnare, cosí ron poteva conseguire quella laurea, la quale era quasi uno straordinario, piú solenne dottorato, con un poema volgare, fosse pur eccellente. In ogni caso a ricordargli tale impossibilità era venuto il carme

sull'Egloga, è vivacemente narrata nell'articolo citato del NOVATI. Dopo d'allora, lasciando le recensioni, non v'è da ricordare che lo scritto del PASCOLI in La Mirabile visione (Messina, 1902) al cap. XIX " Decem vascula „. La dimostrazione del P., che non avevo ancor letta quando stesi quest'articolo, non credo renda inutile ancor oggi la mia. Il commento dell'ediz. citata nella nota precedente, può considerarsi anteriore al 1899, perché non cita né il lavoro del N. né altri precedenti.

del Professore di Bologna, che gli prometteva sí la laurea, ma purché mostrasse la sua scienza anche ai dotti, con poesia dotta. A questo fine ecco sorgere in lui il proposito di comporre un poema latino, un Bucolicum carmen di dieci ecloghe, attingendone materia e forma alla opera del Cantor dei bucolici carmi.

Non mi par d'ingannarmi dunque, dicendo che il N. fu condotto a l'interpretazione dell'ecloga, da considerazioni estranee all'ecloga stessa: e ciò costituisce in generale il lato debole di tali argomentazioni, perché si corre il rischio di trovar poi nei testimonî che citiamo a difesa, i più gravi accusatori.

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I recensori citati, hanno già essi pur dirlo --modificato un poco l'opinione del Critico, perché riferiscono che l'ovis sarebbe, secondo il Novati, la Musa o poesia latina, ovvero, e meglio, la poesia bucolica latina, laddove egli dice più propriamente ed esplicitamente la Bucolica virgiliana. Tanto è vero che il N. dimostra a tal proposito con copia d'esempî (p. 54), come l'espressione bucolicum carmen usata dal Chiosatore a spiegare lovis,, impiegavasi unicamente a designarc.... una riunione di ccloghc. L'affermazione recisa ha trovato un poco diffidenti i critici, e specialmente l'Albini, il quale però, invece di porre in dubbio un uso che è quasi costante, poteva sol chiedere al N.: "Ma se l'Anonimo avesse pur voluto indicare, non l'opera di Virgilio, ma la poesia pastorale quale genere letterario, come avrebbe dovuto dire?, E la risposta si ha nelle postille al v. 62,' e al v. 93 della ecloga responsiva di G. Del Virgilio, dalle quali si desume che l'espressione bucolicum carmen può valere anche, come intesero i recensori, per "canto pastorale o musa pastorale. Dunque la testimonianza dell'Anonimo si deve ridurre a questo: ch'egli intese che la gratissima ovis fosse la poesia pastorale. Infatti, già a priori parrebbe strano che il Postillatore, dopo aver assegnato un valore cosí preciso all'ovis, non avesse sentito il bisogno di chiarire il significato dei vascula: invece a me fa un po' l'effetto che a questo

1 CIAN, loc. cit., p. 168.

2 D'OVIDIO, op. cit., p. 436.

3 ALBINI, Rec. in Cultura, XX, 21, p. 329.

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4 Ed. cit., p. 294. Quasi dicat se [Dante?] non sufferre laborem in carmine biccolico: sed a natura habere. 5 Lacte novo i. buccolico carmine.

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E noto che in questa il Dottor bolognese, che non sa inventar nulla, imita la invenzione di Dante non solo nel mutar la forma epistolare in bucolica e nell'assumere a modello anch'esso un' ecloga virgiliana, ma nel riprendere pedissequamente il motivo finale: per il che chiama anch'esso una giovenca, dalle poppe turgide di latte, a empirne altrettanti mastelli, quanti a lui promise Titiro, per mandarglieli, benché peritoso. 3 Ebbene: per questa bucula di Mopso, che è perfettamente equivalente all'ovis di Dante, il Postillatore non dice nulla: invece (come vedemmo) sul lacte novo onde Mopso empie i mastelli, fa la chiosa "i. carmine bucolico. Ma, e se avesse postillata anche la parola bucula, non avrebbe egli detto: i. carmen bucolicum? a meno che non desse un duplice valore a l'espressione, è chiaro che l'una volta o l'altra egli avrebbe errato, non distinguendo la mucca o la pecora, dal loro prodotto, il latte: cioè la Musa o poesia latina, o poesia bucolica, che si voglia, dai componimenti poetici; nel qual simbolo generale si dovrebbe essere tutti concordi!

Tutto ciò dimostra che il Postillatore non aveva ben chiaro in mente il simbolo ch'egli svelava, ma non infirma l'ipotesi fondamentale del Novati, perché, non conoscendosi altro monumento cospicuo di poesia pastorale che il Bucolicon di Virgilio, questo e la poesia o la musa pastorale potevano essere concetti facilmente identificabili e sostituibili l'un con

l'altro.

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Il poeta, dice il N. alla n. 57, è forse Virgilio; ma leggendo la sua traduzione verrebbe fatto di pensare che sia qualunque coltivi questo genere di poesia; e leggendo il testo, che sia proprio Dante; come credeva il Postillatore, e come pur confutandolo par intenda il N. dove dice che la Bucolica di Dante mostrerà "la spontaneità della sua vena poetica „ (p. 55).

2 Dante ebbe certo la mente alla ecloga decima, come dimostra il Pascoli (pag. 309), e in parte alla prima di Virgilio, nel comporre la sua; e G. Del V. alla seconda, come sarebbe facile mostrare.

3 Se Mopso era un vaccajo, non poteva aver pecore da mungere: e la differenza fra le due sorta di latte non ha il significato voluto dal Ponta, dal Macrí-Leone, e ora dal Pascoli (pag. 311), come dimostra il N. a p. 51. 4 S'intende come raccolta di canti pastorali; perché un'ecloga, quella di Teodolo, era di uso comune nelle scuole d'allora. Cfr. NoVATI, op. cit., p. 65, n. 46.

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