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cialmente il comando supremo degli eserciti alleati.

Ma tuttavia, come oggetto principale della predizione di Vanni Fucci, dobbiamo sempre ritenere la disfatta di Pistoia nel 1306.

Il Torraca obietta (pag. 4), che Dante, il quale nel 1306 non apparteneva piú al partito bianco, non abbia potuto provare nessun dolore di una disfatta dei Bianchi in questo anno. Ma Vanni Fucci non parla nell'anno 1306, si bene nell'anno della visione dantesca, nel quale Dante era senza dubbio uno strenuo seguace del partito bianco, senza presentimento della sua conversione futura; di modo che Vanni Fucci poté benissimo procurarsi la diabolica soddisfazione di colpire acerbamente il Poeta coll'annunzio della presa di Pistoia. Inoltre non si può dire affatto, che per Dante la caduta di Pistoia sia stata indifferente, considerata da lui dalla sua situazione nel 1306. Sebbene allora egli si fosse già staccato dai suoi compagni di sventura, oggettivamente il suo destino rimase tuttavia legato a quello dei Bianchi. Se questi ottenevano il sopravvento, anche per lui si risvegliò la speranza di ritornare in Firenze, laddove ogni vittoria dei Neri metteva un nuovo catenaccio alla porta, che fuor lo serrava, e poteva quindi anche in questi tempi colpirlo dolorosamente.

Infatti tutti i racconti degli avvenimenti, che condussero alla rovina di Pistoia, spingono cosí irresistibilmente a vedere in questa catastrofe finale il pernio del vaticinio di Vanni Fucci, che mi pare addirittura inconcepibile come si possa sempre ritornare a voler ignorare questi fatti. Del resto, questa parte della spiegazione non è tutto mio merito di averla trovata se questo pensiero può forse rendere un po' più condiscendente il Torraca. Già il Postillatore Cassinese abbiamo veduto essere di questo avviso, ed anche l'Anonimo Fiorentino del Fanfani sta per l'anno 1306. Egli trascrive nel nostro passo quasi letteralmente il racconto, che dell'assedio di Pistoia si trova nel Villani (VIII, cap. 82) e ne viene alla conclusione: "et allora fu "quasi et ivi et altrove, al tutto ab"battuta la parte bianca, conclusione, che lo stesso Del Lungo (loc. cit., pag. 585) adotta integralmente appunto per la caduta di Pistoia.

Sí CH' OGNI BIANCO NE SARÀ FERUTO!

Io vorrei che questo verso stesse scolpito sempre a lettere cubitali dinanzi agli occhi dei miei avversarî, e anche vorrei pregarli di confrontare profondamente l'importanza della presa di Serravalle con quella della catastrofe di Pistoia.

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È vero che Serravalle è "lo miglior e lo più utile Castello, dei Pistoiesi, ma in fondo è nondimeno un semplice fortilizio staccato dalla fortezza principale nello stesso modo come Larciano e Montale.

Tutti e tre sono presi l'uno dopo l'altro. La loro perdita è senza dubbio dolorosa per i Bianchi, ma non porta una decisione finale. Ognuna di queste espugnazioni è soltanto un passo avanti verso la meta prefissa, ha soltanto un senso preparatorio, non è altro che un mezzo. Il fine è l'annientamento di Pistoia.

Nel modo piú reciso devo qui respingere l'imputazione, fattami dal Torraca, di avere narrato con parzialità i fatti di Serravalle (pag. 9). Si capisce, che il mio racconto sarebbe riuscito piú colorito, se avessi copiato l'intero passo della Cronaca, come fa il Torraca nel suo articolo. Ma se egli considera, la grande copia di materia storica che io ho dovuto trattare nel mio libro, egli riconoscerà, spero, facilmente, che sarebbe stato eccessivo il trascrivere in extenso dalle cronache ogni passo di una certa importanza. I fatti essenziali dell'assedio di Serravalle si trovano narrati da me con tutta la fedeltà che si possa ragionevolmente esigere, e se il Torraca vorrà confrontare la descrizione dell'assedio di Pistoia nelle Orme (pag. 162) con i racconti commoventi che arrecherò oggi dalle cronache, non dovrà confessare che ho trattato anche questo avvenimento con la stessa sobrietà, ch'egli mi rimprovera pel fatto di Serravalle.

1 Istorie Pistolesi, pag. 381 A.

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2

2 Il Torraca chiama il mio riassunto "scarno e languido„ (pag. 10). Ma posso assicurarlo che l'originale tedesco, ch'egli non conosce, pecca piuttosto di soverchia concisione ed energia marziale,, particolarità dell'idioma tedesco, e difficile a riprodurre nell'Italiano: il che sia detto pur con ogni riconoscenza per la scrupolosità e l'abilità del mio traduttore. Quanto sia pericoloso il volere criticare l'originale fondandosi soltanto sulla traduzione, posso provare appunto qui con un esempio evidentissimo. Dopo il passo, preso dalla traduzione "girando in tal guisa gli assediati il Torraca mette un sic sdegnoso. Ha ragione che "assediati „ è sbagliato (forse un semplice errore di stampa per assedianti,). Ma peccato, che lo sbaglio non è del mio originale! Nel testo tedesco a questo luogo (pag. 142)

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A qual maggiore altezza tragica all'incontro assurge la lotta disperata, per la quale Pistoia stessa venne annientata!

Per prescindere l'obiezione d'inesattezza del mio riassunto, farò ora come il Torraca e trascriverò in extenso le testimonianze dei contemporanei. L'importanza della questione mi pare giustifichi di trattarla a fondo.

Innanzi tutto, anche intorno a Pistoia non mancavano i valorosi fatti d'arme:

"Molte volte quelli dentro uscivano fuori "a cavallo, e a pié, e percotevano al campo, "molte belle battaglie faceano insieme. Ma " quelli dell'oste erano tanti e sí poderosi, "ch'ogni volta per forza li rimetteano dentro, "ed andavanne con loro infino alle porte, e "piú volte uccisono, e presono li huomini "in su ponti levatoi,.

2

Ma quanto crudele e selvaggia era omai divenuta quella guerra!

"Hora si comincia per quelli di fuori, e "per quelli dentro a far grandissima, e cru"dele guerra, per modo, che non era preso nessuno per quelli dentro, che non fosse "impiccato per la gola, e quando quelli den"tro ne guastavano uno, e quelli del campo

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ne guastavano due, e quanti huomini di "quelli dentro veniano alle mani di quelli di

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Sí CH'OGNI BIANCO NE SARÀ FERUTO!

Non spicca questo verso in ciascun tratto. di questo orrendo quadro?

Non è incompatibile con questi racconti di chiamare l'assedio di Pistoia "regolare, e monotono come ha fatto il Torraca? (pag. 4)

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Non è evidente, che questi uomini, assedianti e assediati, nei quali l'odio del partito aveva scatenate le passioni piú feroci, e di cui ciascuno doveva aspettarsi, in caso di

1 Istorie Pistolesi, pag. 392 E.

2 DINO COMPAGNI, lib. III, cap. 14.

cattura, un trattamento addirittura spietato, avranno combattuto con un eroismo tanto disperato ed un accanimento tanto truce e mostruoso, che i fatti d'arme intorno a Serravalle con tutta la loro gagliardía cavalleresca devono sembrare in confronto armeggiate cortesi?

E dopo tutto vediamo il risultato per la città espugnata:

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"Lo Marchese Maorello, e M. Bino da "Gobbio entrarono in Pistoja con certa parte "della gente da cavallo, e da pie', e pre"sono la balia della città, e le fortezze, e "mandarono via tutta la forestaria, e misono. "fuori M. Lippo Vergiolesi, e tutti i suoi consorti, e piú altri popolari, e grandi Bian"chi, e fecionli accompagnare in fine presso "a Piteccio, e poscia rimisono dentro tutti li "Guelfi Neri usciti, e riformarono la Città "d'Anziani, e d'altri Ufficiali tutti Guelfi, e "Neri, e quando la Città fue riformata, cre"dendo li Pistolesi havere pace, ed essere "trattati da' Fiorentini, e da' Lucchesi come “da fratelli, e da compagni, fue tutto lo "contrario, e se mai la Città di Pistoja "hebbe tribolazione, hora per la va"rietade della Città n'hebbe più che “mai. La prima cosa, che li Fiorentini, e "Lucchesi feciono, si partirono infra loro "tutto il Contado di Pistoja, e non lasciarono "alla Città di piú d'uno miglio intorno in"torno. E fecero Capitano, e Podestà della "Città l'uno Fiorentino, e l'altro Lucchese "con grandissimi salarj. Si che se Pistoja "fosse stata senza guerra, ed havesse tutto "lo suo contado, sarebbe stato troppo, po"scia fecero disfare le mura della Città, e "riempiere li fossi, li Fiorentini dal loro lato, "eli Lucchesi dal loro, e per più strazio "faceano pagare al Comune di Pistoja. Quan"do le mura furono disfatte cominciarono a "fare disfare tutte le fortezze, e Pa"lagi de Ghibellini, e Bianchi di Pi"stoja e tutti li maestri, e quelli, ch'erano "diputati sopra ciò, per li Lucchesi erano "fatti pagare alla camera del Comune di Pistoja. Molto fecero grande guasto di "case, e di palagi, e fue maggiore la destru"zione, che si fece della Città per li Lucchesi, e per li Fiorentini, che non era fatta "prima per li Bianchi, e Ghibellini, e più di “due mesi continui bastò fare disfare Case, Palagi e Torri „. 1

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1 Istorie Pistolesi, pag. 393 A.

SI CH'OGNI BIANCO NE SARÀ FERUTO!

Non è questo disfacimento, spietatamente sistematico, dello stato intero di Pistoia un colpo mille volte piú formidabile per i Bianchi che la presa del castello di Serravalle?

E tutto questo strazio finale fu ordinato ed eseguito sotto il comando supremo del marchese Moroello Malaspina.

* **

Vengo adesso alle obiezioni che il Torraca mi ha mosso, traendone i motivi dal แ senso esatto della lettera. ..

In primo luogo dunque egli tratta della frase "sopra campo Picen, e dice, che "sopra,, qui non significa " medesimezza,,, ma " vicinanza di un luogo piú alto ad uno più basso, (pag. 3). Per sostenere la sua asserzione egli arreca una serie di esempî, nei quali sopra, preso nel significato di "medesimezza,, darebbe un senso veramente grottesco. Che la parola "sopra, possa a volte significare la sola "vicinanza,, lo so anch'io perfino io, né per insegnarmelo sarebbero occorsi questi esempî. Ma io stesso posso dal canto mio adesso valermi di essi in mio favore. Appunto perché, leggendo le parole

Rimbomba là sovra San Benedetto,

nessuno vorrà immaginarsi che il fiume "pre*cipiti su gli embrici e si dilaghi tra le viuz

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ze del villaggio „ né, leggendo della gran villa "sovra 'l bel fiume d'Arno vorrà immaginarsi, ch'essa si regga "a galla a fior d'acqua, quasi come una città chinese, appunto perciò in queste frasi è giocoforza prendere sopra " nel senso di "vicinanza „. Ma in altri casi è altrettanto naturale di prenderlo nel senso di "medesimezza. Se dico "sopra la tavola 66 sopra la nuda terra nessuno penserà ad altro che a "medesimezza, del luogo. E questo è anche il caso di "sopra campo Picen.. Pria ch'io abbia provato l'identità del campo Piceno col territorio di Pistoia, non è venuto in mente a nessun commentatore della Divina Commedia di cercare in "sopra, altro che "medesimezza, e rivolgo al Torraca l'espressa domanda, se non egli stesso prima lo abbia inteso cosí. Soltanto il de

siderio di dimostrare inaccettabili le conseguenze della mia dimostrazione ha condotto

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Del resto, se volessimo veramente trovare nel " sopra, il senso del "piú alto sarebbe da considerare, che nell'allegoria dantesca si tratta di nuvoli che pendono sopra un luogo, di una tempesta che si scatena sopra un luogo, di modo che, anche tenendo conto di questo senso speciale della preposizione "sopra,,, essa non ci costringe di andare fino a Serravalle, ma tutt'al piú negli strati d'aria che stanno sopra Pistoia.

Una seconda obiezione si fonda sul significato di "repente,, il quale dice il Torraca confarsi benissimo cogli avvenimenti di Serravalle, ma non con l'andamento dell'assedio di Pistoia. Innanzi tutto crederei che qui si debba far conto anche dell'importanza del risultato, e che, per conseguire l'annientamento di una città primeggiante, undici mesi possano sembrare più corti di tre mesi, spesi per prendere un castello con un presidio di qualche centinaio di uomini. Di piú mi pare dubbio, se nel passo dantesco l'avverbio "repente, abbia un senso meramente temporale e non significhi piuttosto la veemenza impetuosa. Anche il Vellutello è di questo avviso spiegando: "Repente, con vehementia, ed ardore,. Dino Compagni poi adopera l'aggettivo "repente, un senso simile, appunto parlando della catastrofe di Pistoia, e di soprappiú in una certa antitesi a una catastrofe momentanea.

in

Egli dice: "Molta migliore condizione ebbe "Soddoma e Gomorra, e l'altre terre, che "profondorono in un punto e morirono gli "uomini, che non ebbono i Pistolesi morendo "in cosí aspre pene. Quanto gli assali l'ira "di Dio! Quanti e quali peccati poteano "avere a cosí REPENTE giudicio?,, Una strana combinazione davvero e da non disprezzarsi, mi pare, per l'interpretazione di repente, nel nostro passo. In ogni modo un argomento decisivo per Serravalle e con

1 DINO COMPAGNI, lib. III, cap. 14.

tra Pistoia non si lascia punto trarre da questa parola.

Il passo intero del vaticinio di Vanni Fucci è costruito ed interpretato dal Torraca, il quale nel verso 146 legge "che, invece della lezione comune “che è„, nel modo seguente (pag. 6 e 7):

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"Marte il mitologico dio ovvero il "pianeta.... tragge di Val di Magra vapore 'igneo', quello che 'fu chiamato da "alquanti folgore'...... che, il qual vapore, "fie, sarà, involuto, circondato, avvilup"pato, e, con tempesta impetuosa ed "agra, combattuto, da torbidi nuvoli, sopra campo Piceno, sopra Pi"stoja; ond'e i, esso vapore, repente, d'un tratto, spezzerà la nebbia, i torbidi nuvoli, che lo avranno circondato e com"battuto, sí che ogni Bianco ne sarà "ferito,.

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66

..

La principale particolarità di questa interpretazione, oltre al cambiamento di "che è, in "che consiste in ciò che "combattuto, è coordinato a "involuto, nella proposizione relativa, e che "fia,, è trasportato indietro dal suo posto presso "combattuto, di qua della congiunzione "e, e connesso con "involuto Il genuino ordine delle parole: "che è involuto, e fia co combattuto, è permutato in: "che fia involuto e combattuto. Ora, secondo le mie deboli cognizioni filologiche, questa trasposizione è una licenza, che non sarebbe giustificabile in nessuna lingua. E se il Torraca contrastasse, a me straniero il diritto di dargli un vóto contrario in una questione della sua lingua, io potrei arrecare in mio appoggio il fatto, che dal padre Lombardi è stata proposta una costruzione del nostro passo, quasi identica a quella del Torrae che essa è stata riabbandonata perfino dalla stessa edizione fiorentina del 1830, Lombardi col massimo rispetto; eppure qui la quale in generale tratta il commento del non può fare a meno di ammettere che

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1 Il P. LOMBARDI, commenta: Marte, il Dio della Guerra, o il pianeta che dà influssi guerrieri, tragge, attira, fa innalzarsi di Val di Magra.... vapore, intendi fulmineo, di cui cioè fassi il fulmine, che, il qual fulmineo vapore, sopra campo Piceno, luogo vicino a Pistoia, involuto fia di (per da) torbidi nuvoli, e combattuto con tempesta impetuosa ed agra, con impetuoso e fiero contrasto di vènti; onde, per la qual cosa, ei, esso pore fulmineo, spezzerà la nebbia, aprirassi l'uscita per gl'involventi torbidi nuvoli, e scaglierassi.

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1

vediamo Dante attingere al Dottore universale, 1 cosí potremo supporre che anche qui avrà derivato le sue cognizioni non di seconda mano, ma dalla fonte prima.

"ti: sicut extinguitur ferrum candens in aqua: et hic sonus ab Aristotele vocatur sonus stridoris".

Oltre al passo Meteoror., lib. III, tract. II, cap. 18, pag. 636, allegato da me per la determinazione della "ruina di qua da Trento, (Orme, pag. 422), si confronti ancóra la pioggia di Campaldino nel Canto V del Purgatorio:

109. Ben sai come nell'aere si raccoglie

quell'umido vapor, che in acqua riede
tosto che sale dove il freddo il coglie.

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115. Indi la valle, come il dí fu spento,
da Pratomagno al gran giogo coperse
di nebbia, e il ciel di sopra fece intento
sí, che il pregno aere in acqua si converse.

con Meteoror., lib. II, tract. II, cap. 3, pag. 546: Prin"cipium materiale aliquorum fontium et fluminum in "speciali et non communiter omnium est, quod vapores aquosi quando elevantur in aerem, frigore quod ibi "est aggregantur et inspissantur, et fiunt nubes, et convertuntur in aquam „, ed un'altra menzione del fulmine

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nel XXIII del Paradiso:

40. Come fuoco di nube si disserra

per dilatarsi, sí che non vi cape,

e fuor di sua natura in giú s'atterra.

con Meteoror., lib. III, tract. III, cap. 17, pag. 657: "est autem haec quaestio, quare coruscatio descendit

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