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Ora in questa la cosa è esposta alquanto diversamente:

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"Cum autem ascendit vapor siccus, aut "ascendit purus non comprehensus in va"pore humido, aut ascendit in vapore hu"mido comprehensus. Et siquidem ascendit "solus, tunc facit ventos, de quibus supra "locuti sumus. Si autem ascendit com"prehensus in vapore humido, tunc quando vapor humidus pervenit ad locum "frigoris, et incipit comprimi, comprimitur "etiam in ipso quasi in ventre ejus vapor "siccus calidus accidentali caliditate. In tali autem compressione vaporis sicci in ventre "nubis fit agitatio vehemens vaporis sicci: agitatio autem inducit actualem inflamma"tionem in vapore calido et sicco

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E piú avanti Alberto Magno, ritornando alla questione, dice, “quod vapores humidi "et sicci et simul et successive possunt ele"vari„. Ma nel secondo caso il "siccum terreum, non entrerà nel "humidum aqueum „, per cagionare il fulmine e il tuono, se il vapore umido non si sarà elevato prima del vapore secco. "Non autem puto, egli prosegue, accedere tonitruum et fulgur, si vapor siccus prius ascendat quam humidus: quia tunc liber evolabit in regionem aeris quae dicitur aestus „.

Dunque, se applichiamo questa esatta teorica della meteorologia medioevale al nostro caso, il vapor non fia involuto dai torbidi nuvoli, dopo essere uscito da val di Magra, ma esso è già involuto uscendone, perché la terza eventualità, che cioè il vapor (secco) penetri nelle nuvole, elevate prima di esso, non corrisponde del tutto coi fatti di Serravalle, dove il castello viene prima circondato dal marchese Moroello, il vapor secco, e questo di poi a sua volta dai Pistoiesi bianchi venuti in soccorso, il vapore umido, secondo l'opinione del Torraca.

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In quanto poi allo spezzar la nebbia,, si trova ancor un passo importante nella Meteorologia di Alberto Magno. Distinguendo un quadruplice suono del vapore agitato" in interioribus nubis humidae,, egli pone in terzo luogo: "Aliquando autem ha"bet sonum maximum uno impetu venien

"inferius cum sit ignea, et de proprietate ignis sit " ascendere,.

1 Meteoror., lib. III, tract. III, cap. 4, pag. 643.
2 Loc. cit., cap. 9, pag. 650.

3 Loc. cit., cap. 4, pag. 643.

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Riassumo: " vapor siccus e "vapor humidus,, operando insieme, quello "comprehensus, in questo, fanno nascere la tempesta, la quale dirige all'infuori il suo effetto distruggitivo. E parimente nell'imagine dantesca il vapor,, il marchese Moroello Malaspina, cui "Marte tragge di val di Magra,, è l'innata forza motrice dell'uragano di guerra, i "nuvoli, ne sono la manifestazione esterna, tutto il congegno dell'impresa guerresca del partito nero. Eil vapor, involuto dai nuvoli, va avvicinandosi alla città, condannata alla rovina. Gli avvenimenti di Serravalle, Larciano, Montale sono il brontolare e lampeggiare lontano e minac⚫ cioso della tempesta, mentre il cielo va facendosi sempre piú caliginoso e più "intento di sopra a Pistoia, al nido del seme di Catilina, a campo Piceno „. E giunta al colmo la tensione, si scatena la battaglia degli elementi — "fia combattuto,, "pugna fiet,, come dice Benvenuto Rambaldi e scarica tutta la sua veemenza funesta addosso alla sfortunata acropoli del partito bianco:

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lettera ha i suoi termini, e già nella scrittura sacra si legge: "littera enim occidit, spiritus autem vivificat,.

Questa sentenza mi è rammentata in modo speciale anche da un altro rimprovero, che il Torraca mi muove. Egli dice (pag. 1), ch'io abbia a torto incolpato Dante e il Villani dello sbaglio, di avere trasportato il campo Piceno a Pistoia, perchè si trovi già menzionato un secolo prima di Dante e del Villani questo campo Piceno pistoiese. Ma egli stesso ricorda (pag. 2), che io ho riconosciuto già espressamente nelle Orme (pag. 617) che il campo Piceno, come luogo della disfatta di Catilina, si trova già nelle cronache fiorentine più antiche, e la domanda del Torraca: “E non vi si trova anche come luogo, nel quale fu edificata Pistoia?, non la capisco. Naturalmente come luogo, nel quale fu edificata Pistoia,,! Che altro? Questo risulta da tutto il contesto della mia dimostrazione nelle Orme. Ma ho detto, e lo ripeto questo campo Piceno di Pistoia, menzionato dagli scrittori medioevali, "non è un luogo che esista sulla terra,, quale per esempio i campi Catalaunici o il piano di Roncalia; non deve la sua esistenza immaginaria che a un malinteso luogo della storia di Sallustio, là dove parla della battaglia finale di Catilina. Perché mai dovunque se si parla di questo campo Piceno pistoiese, se ne parla sempre in qualche relazione con la disfatta di Catilina? Perché questo campo, come ho detto (pag. 168), è il frutto della "dottrina desunta dai libri, e non ha mai avuto alcun fondamento nella realtà.

E con questa verità non contrasta nemmeno il passo del Sanzanome, allegato dal Torraca (pag. 1). Perché in esso non si tratta

come si potrebbe desumere dalle parole del Torraca di quello che realmente nel 1228, in un consiglio di guerra, un certo nobile uomo disse tra le altre cose, "ma si tratta semplicemente di uno di questi esercizi retorici, adornati di reminiscenze classiche, quali Sanzanome arbitrariamente suole mettere tante volte in bocca ai suoi personaggi.' E di fatti anche questa volta ac

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canto al campo Piceno troviamo, al solito, il "nobile Catilina „.

-

Il campo Piceno di Pistoia è uno sbaglio dell'erudizione medioevale, né se anche lo si ripeta cento volte, questo sbaglio può trasmutarsi in verità. Anzi, chiunque lo ripete, si rende colpevole di nuovo dello stesso errore. Non mi è mai venuto in mente di farne rimprovero né al Villani né a Dante, ed è interamente superfluo che il Torraca si accinga a difendere i suoi connazionali contro me, straniero. È un tributo codesto l'ho già detto nelle Orme (pag. 168) che hanno pagato al loro tempo. Ma se il Villani, trattando della disfatta di Catilina e del campo Piceno di Pistoia, attinge espressamente e manifestamente alla fonte di questo sbaglio, al racconto di Sallustio intorno alla congiura Catilinaria e ne desume la sua asserzione erronea, non si potrà mai negare che il Villani stesso abbia per conto suo fatto rinascere ancor una volta questo sbaglio. perché in lui, piú che in un altro, appare, donde l'errore provenga, mi sono attenuto ad esso per dimostrare siffatta origine. E quanto a Dante, vista la vastità della sua erudizione, non sarà troppo ardito l'analogismo, che anche egli non abbia messo il campo Piceno nel vaticinio di Vanni Fucci senza conoscere - e fraintendere Sallustio, tanto più che nell'imprecazione contro Pistoia nel Canto XXV dell'Inferno ritroviamo appunto l'allusione al seme di Catilina.

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"tia quia sic crevit audaciam infructibilem generando, "sine dubio preliabimur cum eadem. Opus est igitur 'patrum vestigia sequi. quam in partibus istis in cam" po Piceno tempore nobilis Catiline fuerunt adepti victo"riam, expedit recordari HARTWIG, Quellen und Forschungen, Marburg, 1875, I, pag. 25. Cfr. inoltre l'apprezzamento di Sanzanome nella prefazione del HARTWIG, loc. cit, pag. IX.

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è altro che il terreno stesso di Pistoia.1

Cosí sta la cosa, e sarebbe peccato se, per obiezioni che non entrano in causa, venisse rioffuscato ciò che è stato messo da me in chiaro, facilmente, forse, come crede il Torraca, ma nondimeno soltanto dopo sei secoli di vani sforzi dei commentatori danteschi di sciogliere un tale enimma.

**

In ultimo debbo dire due parole sur un rimprovero fattomi dal mio avversario, rimprovero che mi ha sorpreso ancora più di tutti gli altri. Mi ripugna quasi il dover annoiare i lettori con delle meschinità di questa sorta; ma non vorrei lasciare al mio contraddittore l'ombra del diritto di potere dire, ch'io non abbia osato seguirlo in ogni angolo piú remoto da lui scelto per assalti inconsueti. Inoltre questo esempio è tanto evidente, che esso mi fa concepire la speranza di riuscire a dimostrare al Torraca quanto gli abbia fallito il colpo e quanto male egli

conosca il suo avversario.

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l'originale tedesco - precauzione, che, francamente, data la gravità delle sue accuse, sarebbe stata doverosa egli avrebbe potuto convincersi che non ho punto mancato di esprimere la mia gratitudine verso l'Ampère. Nella prefazione enumerando, infatti, tutti i libri a cui in un modo speciale andava debitore di qualche lavoro preparatorio, ho pure onorevolmente menzionato l'Ampère con le seguenti parole: "Tutta l'Italia, natura e arte, è trattata nel viaggio dantesco dell'Ampère, libro venusto e genia

Nella nota, con la quale il Torraca termina il suo articolo, egli m'incolpa d'ingratitudine verso i miei precursori, in ispecie verso l'Ampère e lascia intendere ch'io mi sia appropriato le idee di lui senza citarlo. Come argomento principale per sostenere questa accusa, egli dice che una parte delle osservazioni fatte da me intorno all'origine del nome dei Bianchi e dei Neri si accorda in un modo sospetto con quelle dell'Ampère. Ma se il Torraca vorrà aprire l'edizione italiana delle Orme, pag. 146, egli troverà colà la spiegazione di questi nomi, ferno, Dante's Hoelle, Heidelberg, 1892, pag. 55. 1 Si trova già espressa nel mio commento dell'In

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la quale prescelgo io, che cioè il colore non

,,,

1 Devo confessare che non posso spiegarmi come il Torraca trovi una contraddizione fra i due passi tolti dal mio libro, che cioè il campo Piceno Pistoiese "non è un luogo che esista sulla terra, e che esso è "il territorio della stessa città di Pistoia,,. Il secondo passo nel contesto (Orme, pag. 167) si legge cosí: "il campo Piceno altro non è per lui (= Dante) se non il territorio della stessa città di Pistoia, Nel primo passo dico la mia opinione, nel secondo quella di Dante. E l'obiezione del Torraca (pag. 1, n. 2): " C'è, su la terra, un luogo, al quale Dante ed altri dettero, sia pure erroneamente, il nome di campo Piceno mi pare piuttosto fatta per ischerzo. O non è vero, che erroneamente,, equivalga ad una negazione e che ciò, di cui si asserisce soltanto 66 erroneamente che esista, in verità non esiste punto?!

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"

2 Nel testo tedesco si legge in questo luogo invece

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di "interessante,, l'espressione piú decisiva „ ansprechend, accettabile, plausibile.

2 Il Torraca si piglia di nuovo la pena di segnare con un sic le "striscie, nere e bianche, che si trovano nella traduzione italiana delle Orme in questo luogo (pag. 148). Il prof. Gorra, che è Italiano anche lui, saprà perché abbia scelta questa espressione. Io per conto mio ho scritto Streifen e posso assicu

"

rare il Torraca che cosí si dice in tedesco.

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3 AMPÈRE, Voyage dantesque, nella "Revue des Deux Mondes tomo XX, pag. 548. - Potrei allegare in mio favore una circostanza abbastanza curiosa, che cioè nell'edizione tedesca dell'Ampère, fatta dal TH. HELL (= Winkler), della quale mi sono servito per le citazioni, tutto questo passo intorno al Ciampi e il marmo bianco e nero delle chiese di Pistoia è tralasciato. È vero, che aveva letto anche l'originale francese, ma si può credere ch'io non abbia dato piú grande importanza a questa osservazione che non mi disse niente di nuovo, che non l'Ampère stesso.

4 Piccola edizione tedesca del 1898, pag. IX-X1.

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le, che fa prova tanto di un vivo sentimento per le bellezze del Poema quanto di un occhio aperto per le bellezze dell'Italia. Però non è altro che un disegno schizzato, e con poche eccezioni il viaggio segue la strada maestra, di modo che una serie dei piú importanti luoghi danteschi rimane da banda Mi pare che questa qualificazione renda giustizia intera al merito dell'Ampère. Che dopo questa allegazione generale io non abbia ripetuto ad ogni pié sospinto: "questa e quella e quell'altra osservazione l'ha fatta anche l'Ampère,, mi pare cosa semplicemente naturale. Se osservo anticipatamente: "ho letto questo libro e approvo il suo contenuto,, dico con ciò che ho fatto tesoro di questo contenuto, e chi vuol valutare il mio libro, deve naturalmente dedurne i meriti di questo lavoro precedente. Che le mie citazioni siano troppo scarse, certamente nessuno potrà rimproverarmelo, poichè le citazioni, per non doventare, alla lunga, fastidiose od inutili, debbono, in un libro d'una certa mole, aver pur finalmente i lor termini. Altrimenti si arriverebbe fino a citare il "liber genesis parlasse della creazione del mondo!

* ***

quando si

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Ma questo fatto non può menomamente alterare l'interpretazione del vaticinio di Vanni Fucci esposta da me, e deplorerei profondamente, se lo zelo soverchio del mio avversario riuscisse a rovesciare di nuovo ciò che io ero riuscito a mettere al suo posto.

Lo deplorerei per gli studî danteschi, non per me. Quanto a me, la "fiamma d'esto incendio non m'assale,. Ho scritto il mio libro con tutto l'impegno della mia coscienza e del mio amore per il sommo Poeta. Che con la ricchezza svariata della materia che aveva da trattare, vi siano entrati parecchi errori, lo so io meglio dei miei avversarî. Ma io so pure quello che nel mio volume c'è di buono, e li invito di proporsi, prima di attaccarmi cosí violentemente, la questione, perché nessuno di essi non abbia pensato, molto prima di me, a un simile lavoro.

Quanto ai rimproveri personali, cioè di mancanza di imparzialità nella mia narrazione e di mancanza di gratitudine verso i miei precursori,

coscienza mi assicura,

la buona compagnia che l'uom francheggia sotto l'osbergo del sentirsi pura.

Ma quando il Torraca avrà letta questa mia risposta, aspetto dall'acutezza del suo ingegno, e dalla sua lealtà, ch'egli si convinca di avermi fatto torto, e credo che non vorrà esitare a confessarlo francamente.

Schwetzingen, 23 luglio 1904.

ALFRED BASSERMANN.

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PER DUE ACROSTICI NELLA "COMMEDIA„, e non per essi soltanto

Jella critica dantesca si accumula ogni giorno cosí vasto il lavoro, in libri, articoli di riviste, memorie accademiche, in Italia ed all'estero, che non è mai soverchia la prudenza, prima di metter fuori qualche osservazione, di ricercar minutamente se altri l'abbia già fatta; per evitar ripetizioni ingombranti il già troppo ingombrato campo della letteratura dantesca.

E, pur cosí facendo, non è raro il caso, che, dopo mille ricerche, ci accada di credere nuova una osservazione, che altri fece. prima di noi. Non se l'abbia a male, quin di, il sig. Santoro, autore del garbato articolo pubblicato in questo Giornale (XII, 2), se io qui rilevo che i due acrostici da lui segnalati nella Divina Commedia, altri li aveva già avvertiti, e vi aveva sopra anche ragionato, com'egli fa. Il primo acrostico uom, del Canto XII del Purgatorio, lo aveva indicato l'illustre prof. Teza al chiaro prof. Medin; il quale ne scrisse, facendo altre osservazioni importanti sul luogo, ove esso acrostico si trova, in una memoria inserita negli Atti e Memorie d. r. Acc. di sc. lett. ed arti di Padova (XIV, 11); sulla quale ebbi io a recare il mio giudizio nella Rassegna critica di Napoli (III, 207-8); il secondo acrostico lue, del Canto XIX del Paradiso, lo rivelò di recente il chiarissimo prof. F. Flamini in alcuni assennati Appunti di esegesi dantesca, inseriti nella Miscellanea di studi critici in onore di Arturo Graf (pagg. 445-454), della quale hanno dato annunzî le principali riviste di critica letteraria. 1

Ma non è solo per questo appunto bibliografico, che io invoco la ospitalità gentile del Giornale dantesco per questo mio articolo; sí bene per recare qualche altra osservazione, che credo nuova (se anche a

1 Ne parlò, fra gli altri, anche il Savj-Lopez nel Bull, della Società dantesca (X, 327-8).

me la critica dantesca non fa un simile tiro), e su quei due acrostici, specialmente sul primo, in relazione al contenuto delle terzine, che lo contengono, e sugli altri espedienti, sui quali lo stesso sig. Santoro richiama l'attenzione dei lettori. Cosí si spiega il titolo di questo articolo, titolo che mi son permesso di rubare ad un noto studio dell'illustre prof. Rajna.

I.

Il Medin, nella rappresentazione dei superbi puniti nel Purgatorio, vide ben altro

che il solo acrostico. Cominciò col notare che gli esempi in tutto sono dodici, non tredici, come parrebbe dalle terzine, per l'identità del 2o col 3° (Briareo e giganti fulminati), che debbono essere un solo, anche per mantener l'ordine alternato degli esempî: di pci notò la distribuzione di essi, secondo le tre parole iniziali delle terzine, ripetute quattro volte (Vedeva, O, Mostrava) riepilogate nell'ultima terzina. Avvertí che tale artifizio non è nuovo, avendosi nella canz. X di Guittone d'Arezzo (Rime, Firenze, 1828), ove si ha relazione fra la parola ripetuta nella strofa e il contenuto di essa, e parole e contenuti delle strofe sono riepilogati nel commiato; e nella canz. IX di Bindo Bonichi, guittoniano e contemporaneo di Dante.

Or bene, messo sulla via da questi esempî, il Medin, vide che le tre parole iniziali delle terzine indicano tre gruppi di superbi, distinti dagli autori della punizione, e cioè: "... nel primo gruppo i superbi puniti dalle divinità, nel secondo quelli che si puniron da sé per effetto del loro rimorso, nel terzo i superbi castigati dagli uomini; e, come le parole, cosí questi gruppi si assommano dall'esempio di Troia, punita contemporaneamente dagli Dei, da sé stessa e dagli uomini, (pagg. 7-8 dell'estr.). Quindi conchiudeva

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