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BOFFITO GIUSEPPE. - Dante e Ugo di Strasburgo: Nota. (Negli Atti della r. Acc. di Torino, 1903-1904).

Il B. istituisce un raffronto tra le opere dell'Alighieri e il Compendium theologicae veritatis di Ugo Argentinate, opera assai cercata nel medio evo, per trarne lume a spiegare alcuni passi delle scritture dantesche. Da queste ricerche risulterebbe, tra altro, che l'A. della Quaestio de aqua et terra abbia fatto ricorso al miracolo per dare una spiegazione del sollevamento della crosta terrestre nella cosí detta quarta abitabile (Compend., I, 28, p. 60, ediz. Venetiis, 1584. Quaestio, ediz. Moore, parte XVIII, p. 428, lin. 57). (2777)

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Estr. dalla Riv. di Fisica, Matem. e Scienze Natur. (Pavia), a. III, luglio 1902, n. 31. Le "questioncelle, sono: La mondana cera (Par., I, 41); Il suggetto degli elementi (Par., XXIX, 51); Il suggetto della neve (Par., II, 107). Quanto alla mondana cera, prese D. l'imagine da Aristotile e da Alberto Magno, il quale, anzi, ci rende chiaro come D. volesse intendere la materia sensibile, vegetabile e animale; quanto al suggetto degli elementi, esso è la materia prima; quanto, infine, al suggetto della neve, vuol ciò dire la materia della neve, cioè l'acqua. (2778) BOFFITO GIUSEPPE. Il punto e il cerchio secondo gli antichi e secondo Dante. (Nei Rendiconti del r. Ist. lomb. di sc. e lett., ser. 2, vol. XXXVI).

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Il dotto Barnabita, già cosí benemerito per i molti suoi pregiati lavori di materia dantesca, prende in esame, in questa sua breve nota, tre passi delle opere di Dante dove si fa menzione del punto e del cerchio in maniera che a noi moderni apparisce ambigua ed oscura; cioè, precisamente: Vita Nuova (§ 12, lin. 31 segg., ediz. Moore; Convivio, lib. III, cap. V, lin. 137 segg.; Paradiso, I, 37, segg.). Quanto al primo il B. conferma con un testo di Boezio la spiegazione già da lui data altrove; quanto ai due altri passi egli dimostra con testimonianze irrefutabili come la parola "punto, abbia nel Convivio il significato di frazione di grado, e come i quattro cerchi menzionati da Dante, formanti con le loro intersezioni

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CANEVAZZI GIUSEPPE. Francesco Selmi, patriotta, letterato, scienziato, con Appendice di lettere inedite. Modena, tipo-litogr. Forghieri e Pellequi, 1903, in-8°, PP. VII-266.

Registriamo qui la notizia di questo libro, che è consacrato a un benemerito e insigne chimico, letterato e ammiratore e studioso di Dante, e del ricordo che il Canevezzi ha voluto dedicare all'uomo dotto e virtuoso, ci è doveroso officio rendere all'egregio Autore tutte le nostre grazie. Solamente avremmo voluto che di questo libro fosse consacrata piú larga parte allo studio e al ricordo dell' insigne dantista, e fosser poste in maggior luce specialmente le sue ricerche intorno al Convivio, nel libro dell'egregio prof. Canevazzi appena ap. pena accennate. (2781)

CAROCCI GUIDO. La questione del ritratto di Dante in Santa Maria Novella. (In Arte e storia, XXII, 77).

In risposta a un articolo del Chiappelli, pubbl. nella Nuova Antol. (cfr. Giorn. dant., XI, 84) osserva che "anche per le indagini fatte recentemente, sembra dimostrato evidentemente come "le figure del gruppo nel quale dovrebbe ritrovarsi il ritratto di D. (nel Paradiso orcagnesco di Santa Maria Novella) sono ridipinte affatto in un restauro abbastanza grossolano che ha caratteri del XVI secolo Cosí stando le cose, mancherebbero le prove piú essenziali dell'autenticità del ritratto additato dall' ill. prof. Chiappelli. (2782)

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CASTELLI GIUSEPPE. Cecco d'Ascoli e Dante: Conferenza. Roma, Soc. Ed. "Dante Alighieri, [Tip. Nazionale Bertero e C.], 1903, in-8°, pp. 31.

Con buono entusiasmo per il martire che mostrò d'aver animo dinanzi alla morte e per il pensatore che precorse con tante verità tempi lontani, l'A. libera dalla taccia d'invidioso e di vile l'Ascolese, mostrandocelo tale qual fu, dotto ricercatore di verità che disputa a viso aperto contro un gigante della parola ancor vivo e lo rimprovera acerbamente, ma franco e senza possibile sospetto d'invidia. (2783)

CHIAPPELLI ALESSANDRO. Per i ritratti di Dante. (Ne La Nazione, XLV, 175).

Risposta a una nota di G. Carocci, in Arte e storia, XX, 77. Cfr. il no. 2782 di questo Bull. (2784)

CONTARINI ETTORE.

Catterina Malvicini moglie di Guido Novello da Polenta. Imola, Coop. tip. ed., 1903, in-8°, pp. (2)-19.

È la narrazione particolareggiata della vita della moglie di Guido Novello; si accenna ai luoghi della Commedia dove si parla de' Malvicini o di loro parenti (Inf., XXX, 73-90: dei Conti da Roména; Purg., XIV, 107-8: degli Anastagi di Ravenna; ib., 115-7: di Malvicino, padre di Caterina; Par., XVI, 65, 94-8: dei Cerchi). (2785) DANTE e a musica. (In Jornal do Commercio, di Lisbona, 15 aprile 1903).

A proposito di uno studio di C. Bellaigue. Cfr. Giorn. dant., XI, 27.

DEL BADIA IODOCO.

(2786)

Le case degli Alighieri. (Nella Nazione, 16 gennaio 1904).

Cfr. Giorn, dant., XII, 10.

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(2787)

I due Papi nati "tra feltro e feltro: Benedetto XI e Pio X. (Nel Giorn. d'Italia, III, 233).

Cfr. Giorn. dant., XI, 160.

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(2788)

Una profezia medievale in versi di origine probabilmente umbra. Edizione critica. Perugia, Un. tip. cooperativa, 1903, in-8, pp. 48.

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(2789)

...e

Cfr. Giorn, dant., XI, 186. GIANNINI Alfredo. Nota dantesca: " ciò sa il tuo Dottore,. (Nel Fanf. d. dom., XXV, no. 43).

Francesca, vedendosi innanzi i due ignoti visitatori, ha compreso che l'un d'essi è vivo, l'altro un morto relegato come lei nel doloroso regno. Questo dato sicuro è quanto occorre a lei per avvalorare, senza allusione possibile a persona determinata, con la testimonianza di un misero come lei, che di qualunque cerchio egli sia, bene ricorderà e rimpiangerà, al pari d'ogni altro dell' Inferno, la vita bella, il tempo felice insomma, un sentimento non soltanto suo, ma vero e spontaneo, per dura esperienza, in ogni dannato. La espressione il tuo Dottore richiama quella di Minosse di cui tu ti fide, ma in senso rispettoso; e, meno la forma interrogativa, è la stessa di quella di ser Brunetto questi che mostra il cammino. (2790)

GORRA EGIDIO. Carlo I d'Angiò nel "Purgatorio, dantesco. (Nella Miscellanea di

studi critici, ed. in onore di Arturo Graf).

Con la valletta dei Principi D. volle "darci un'idea di quella monarchia universale cristiana, ch'egli avrebbe bramato si trovasse sulla terra a vantaggio dell'umanità,. Ora, "tra i Principi cristiani del tempo, famosissimo era Carlo I d'Angiò. Egli, valoroso guerriero, diplomatico esperto, capo di un gran regno, amico o nemico temuto di Papi, di Principi e dell' Imperatore, non poteva essere escluso da un congresso di potentati europei. Se gravi colpe aveva commesso, non in questo momento doveva ricordarsene il poeta civile. Questi ora mira diritto al suo fine, che è un fine politico; gli altri suoi giudizî ci riserberà ad altra occasione, (2791)

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LUISO FRANCESCO PAOLO.

(2793)

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Tra chiose e commenti antichi alla" Divina Commedia „ Capitolo 1: Le "Chiose, all' "Inferno, di Jacopo Alighieri sono traduzione informe di un originale latino. (Nell' Arch. st. ital., disp. 1a del 1903.)

Vuol dimostrare, come par chiaro dall'intitolazione dello studio, che il testo delle chiose iacopiane all' Inferno non solo non è opera del figliuolo del Poeta, ma è una traduzione, o, peggio ancóra, un " cincischiamento e deturpamento in lingua volgare, di un commentario latino più antico e a noi ignoto. A prova di ciò il Luiso cerca di ricostituire il testo latino rozzamente travestito dal grossolano volgarizzatore, mostrandoci molti luoghi delle chiose italiane e proponendo le frasi latine corrispondenti che servono a dilucidarle.

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PIRANESI GIORGIO. Di alcune lapidi dantesche apposte in Firenze a cura del Comune. Firenze, E. Lumachi edit. libraio [presso lo Stab. tip. di O. Paggi], 1903, in-8°, pp. 30-(2).

Osservazioni sopra alcune tabelle con versi della Divina Commedia apposte in Firenze in alcuni luoghi o negli edifizî ricordati nel Poema dantesco. Dal Bruscolo, periodico domenicale fiorentino. (2801) POZZOLINI-SICILIANI CESIRA. -- Pellegrinag gio alla tomba di Dante. Firenze, Ufficio della "Rass. Nazion., [Prato, Tip. Succ. Vestri], 1902, in-8°, pp. (2)-38-(2).

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PROTO ENRICO. Per un passo oscuro della "Vita Nuova ". (Nella Rass, crit, d. Lett. ital., VII, 193).

Il passo del Par., XII: "Ego tamquam centrum circuli, cui simili modo se habent circumferentiae partes; tu autem non sic : cioè le parole che Amore dice in sogno a Dante e che a Dante stesso suonaron oscure. Il Proto osserva che Amore risponde alla domanda e perché piangi tu?, dopo che D. lo ha chiamato "signore della Nobiltà „. Dunque, il dirsi Amore centro di un circolo, dev'essere in relazione al chiamarsi "Signore della Nobiltà, e la ragione del suo pianto dev'essere tutta in quella avversativa "tu autem non sic

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cioè che D. non è il "centrum circuli,, come lo è Amore. Quindi è da cercare perché D. lo chiama signore della Nobiltà „. Nobiltà, secondo l'Alighieri (Conv., IV, 16) è seme delle virtú morali e intellettuali; ogni virtú (IV, 18) procede da nobiltà come l'effetto dalla sua cagione. Ora, poiché per D. Amore è (III, 8) " diritto appetito, per lo quale e dal quale nasce origine di buono pensiero: e non solamente fa questo, ma disfà e distrugge lo suo contrario, cioè li vizii innati, li quali massimamente sono de' buoni pensieri nemici „; e il diritto appetito è seme infuso nell'anima umana dalla divina bontà ed è cagione delle virtú, quindi è principio di nobiltà (IV, 22-23). Ecco perché Amore (il “ diritto appetito „) è detto "signore della Nobiltà Inoltre, Nobiltà è "perfezione di propria natura in ciascuna cosa,, (IV, 16); e il Filosofo, nel VII della Fisica dichiara: "Ciascuna cosa è massimamente perfetta, quando tocca e aggiugne la sua virtú propria e allora è massimamente perfetta, secondo sua natura. Onde allora lo circolo si può dicere perfetto, quando veramente è circolo, cioè quando agiugne la sua propia vertú; e allora è in tutta sua natura; e allora si può dire nobile circolo,. Le quali ultime parole sono traduzione delle latine "centrum circuli, cui simili modo se habent circunferentiae partes,. Dunque, Amore è centro di questo circolo che rappresenta la Nobiltà, in quanto è equidistante dai punti della circonferenza; però signore della Nobiltà „ Ma poiché questo può essere non spiegazione ma solo un chiarimento dell'oscuro passo dantesco, il Proto cerca la spiegazione nell'Etica nicomachea, cioè nella fonte dell'etica dantesca, esposta e commentata dall'Aquinate. Il fine della vita, cosí secondo Aristotile come secondo san Tommaso, è la felicità, che consiste nell'operare secondo virtú in vita perfetta. La virtú morale è nella parte appetitiva dell'anima e quando l'appetito è retto da ragione, allora è l'esercizio della virtú, che è giusto mezzo fra gli estremi, cioè fra i vizî. Sono le dottrine dantesche esposte nel Convivio e siam qui ad Amore, retto appetito, ecc. Secondo spiega san Tommaso, il peccato nell'azione umana si ha quando ognuna delle parti circostanti è posta in modo disordinato: ma "la rettitudine delle azioni umane non sarà, se non in tutte le circostanze ordinate nel medesimo modo „. E ciò accade nel cerchio, ove tutte le parti della circonferenza sono equidistanti da un punto, che è il centro. Se dunque Nobiltà è cagione delle virtú, la sua perfezione, la rettitudine, cioè, dell'azione umana, è rappresentata dal cerchio il cui centro, equidistante da tutti i punti della circonferenza, deve essere Amore, il retto appetito, perché principio della nobiltà e delle virtú, poiché appunto delle virtú è la medietà. Ma toccare quel punto equidistante dagli estremi, i vizî, è difficile, com'è facile usare in modi infiniti per quanti punti infiniti sono oltre quel centro. Questo concetto appar chiaro anche in un altro luogo di Aristotile (II, 11, b.), che è la evidentissima fonte del passo oscuro della Vita Nuova, dove Tommaso spiega: "difficile est esse studiosum idest virtuosum. Quia in omnibus hoc videmus, quod accipere medium difficile est, declinare autem a medio est facile. Sicut accipere medium in circulo non est cuiuslibet, sed scientis, idest Geometrae. Declinare autem a centro quilibet potest et faciliter Cosi tutto è chiaro: e la similitudine del Convivio e il passo della Vita Nuova, Amore, principio d'ogni virtú, deve occupare il centro del cerchio che rappresenta la Nobiltà, e il centro dev

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toccare chi voglia esser perfettamente virtuoso. Ma toccar quell'unico punto è difficile, mentre è facile sfuggirlo in molti modi. E Dante, nuovo seguace di Amore, aveva, appunto, errato, nell'andar tropp'oltre in quel suo amore schermo, tanto da far parlar di quella donna oltre i limiti dell'onestà ("cortesia „). Cfr. Conv., II, 11; e non aveva perciò ottenuto il saluto della "reina delle virtudi,. Ecco perché Amore piange, e perché, sentendosi chiamar "Signore della Nobiltà, e domandar la cagione del suo pianto, volge a D. la nota risposta: "Tu non sai trovare il centro del cerchio, che suona oscura a D. come a tutti i non intendenti di filosofia Ma Amore lo ammonisce: "Non dimandare piú che utile ti sia,, perché ad Amore non premeva di spiegare a D. una parte del trattato di etica, ma di fargli soltanto capire ch'egli aveva errato e che doveva giustificarsi con Beatrice. (2803)

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L'iscrizione degli Ubaldini e il suo autore. (Nell'Arch. st. it., ser. 5a, vol. 31°).

L'iscrizione

riprodotta recentemente, con una dotta nota dello stesso prof. Rajna, dal Biagi e dal Passerini nel 6° fasc. del loro Codice diplomatico dantesco - è una falsificazione di G. B. Ubaldini, che la divulgò nella sua Istoria degli Ubaldini (Firenze, 1588) dopo aver tratto in inganno l'erudito Borghini che la riprodusse ne' suoi Discorsi (Firenze, 1585). Questa iscrizione, incisa nel marmo, trasportata a Firenze in casa di un Ubaldini nel 1570, riportata nel Mugello sul finire del Settecento e ora depositata nella villa del Monte presso Galliano, proprietà del comm. Luigi Vaj, non deve dunque, d'ora innanzi, annoverarsi piú fra i monumenti venerabili e vetusti del volgare italiano. (2804) RIZZACASA D'ORSOGNA GIOVANNI. Se Dante fu un precursore di Copernico: studio de' versi: " ...e vidi com' si move Circa e vicino a lui Maia e Dione (Par., XXII, 143-4). Sciacca, Tip. ed. di Bartolomeo Guadagna, 1903, in-8', pp. xvi-61-(3), con tavola litografica.

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Il passo va interpretato: E vidi come Mercurio e Venere si muovono in giro sui loro epicicli (circa), sempre vicino al Sole. (2805)

ROMANI FEDELE. - Poesia pagana ed arte cristiana. Firenze, Leo S. Olschki, edit. [Stab. tip. L. Franceschini e C.] 1902, in-8°, pp. 70.

Il primo de' due studi contenuti in questa pubbli cazione intorno a L'Inferno di Virgilio, l'A., ormai noto anche a' Dantisti per alcuni suoi lavori meritamente pregiati, descrive l'Inferno virgiliano, ne studia le origini, ne mostra le somiglianze e le dissomiglianze coll' Inferno cristiano e dantesco e, con l'aiuto di una carta, traccia l'itinerario del cammino di Enea fin al Tartaro. (2806)

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SOCIETY [THE DANTE] Cambridge, Mass.

Twentieth annual Report. 1901. Boston, Ginn and Company, 1902, in-8°, pp. XVII(1)-37-(1).

Contiene, oltre le regole della Società la nota dei soci e il Rapporto annuale, la riproduzione di un ritratto di Dante, di pittore anonimo, che si conserva, sotto il no. 504 nella Gallerie des Primitifs del Museo del Louvre, con una notizia illustrativa di Theodore W. Koch; uno studio di Charles Eliot Norton, The Epitaph of Dietzman Landgrave of Turingia, ascribed to Dante; e alcune Notes on the Latin Translation of, and Commentary on, the "Divina Commedia Serravalle, a cura di G. L. Hamilton.

by Giovanni (2808)

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NOTIZIE

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La Lectura Dantis a Roma. Nell' ultimo fascicolo del Giornale dantesco, pubblicandosi il resoconto delle entrate e delle spese per la Lettura di Dante a Roma, fu detto, per errore, che alla Società per l'istruzione della donna spetta il merito di avere instituito nella Capitale la pubblica esposizione del Poema. È nostro debito ora avvertire che tale instituzione si deve solamente alle cure di uno speciale Comitato presieduto dalla Maestà della Regina Margherita, e del quale sono benemerite e solerti consigliere la contessa Natalia e la contessina Ilda Francesetti.

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Premio per un lavoro Petrarchesco. Un signore forestiero ha avuto la generosa idea d'offrire la somma di lire 2500 per un premio da conferirsi ad opera veramente degna intorno al soggetto che qui si specifica: Francesco Petrarca e la Toscana.

Indagini e studî intorno a quanto riguarda le relazioni tra il Petrarca e la regione che gli dié i natali e la lingua; movendosi dalla famiglia e dai genitori di lui, e seguitandosi, anche oltre la morte sua, per tutto ciò che concerne la diffusione, l'efficacia, i giudizi dell'opera da lui compiuta, nei secoli dal XIV in poi.

A maggiore schiarimento si riportano le specificazioni che, rispetto al modo di trattare il tema, sono

state date, nell'atto di offrire il premio, dal munifico signore che ne ebbe l'idea:

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"La trattazione dovrebbe contenere ragguagli compiuti per tutto ciò che ricongiunge il Poeta, in ogni "tempo e in ogni modo, alla Toscana: la famiglia sua e della madre, la dimora all' Incisa, quella del padre a "Pisa, il carteggio di Messer Francesco coi reggitori "della città di Firenze, le offerte che da questa gli furono fatte, i benefizî che ebbe nella città di Pisa, le "relazioni sue col Boccaccio, le visite di Toscani a lui, "il carteggio suo con loro, i manoscritti delle opere sue e delle lettere sue e a lui che siano stati procacciati o esemplati da Toscani, le sculture, le pitture, le meda"glie, i ritratti, che si fecero in Toscana ad onore di lui o per la sua efficacia civile, letteraria artistica „.

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È desiderabile che l'opera, mentre dovrà essere frutto di scienza, abbia le qualità che si richiedono ad un libro destinato anche alla coltura generale. E per contribuire alle spese di stampa, e segnatamente delle illustrazioni. onde sarà accompagnato il testo, il donatore porrà a disposizione dell'autore premiato una somma supplementare di lire 1000.

La Commissione giudicatrice per volontà del donatore è costituita dai signori GUIDO BIAGI, Guido MazZONI E PIO Rajna.

I lavori in lingua italiana, inediti, manoscritti, oppure stampati non anteriormente al 1904, anonimi o recanti il nome dell'autore, dovranno esser indirizzati alla R. Biblioteca Medicea Laurenziana in Firenze, non oltre il dí 8 aprile 1905 (anniversario della incoronazione del Petrarca in Campidoglio).

Qualora nessuno dei lavori presentati paresse meritevole del premio, il concorso sarà rinnovato.

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Proprietà letteraria.

Città di Castello, Stabilimento Tipo-Litografico S. Lapi, marzo-aprile 1904.

G. L. Passerini, direttore Leo S. Olschki, editore-proprietario-responsabile.

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