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sultazione e agli opportuni raffronti per indagare quanto fu amplificato o trascurato, chiarito o svisato nei tempi. E ciò agli studî nostri stimo non sia piccolo aiuto, tanto piú considerando quanto rare omai e ricercate siano le stampe, anche relativamente moderne, di molte di queste biografie, e come talune di esse lascino a desiderare per correttezza e compiutezza di testo.

"La raccolta procurata dal prof. Angelo Solerti, quantunque non offra quello che propriamente si chiama un testo critico, al quale non era il caso di pensare, se non forse per piccolissima parte delle biografie, mentre non era opportuno in un libro di comodo e di divulgazione quale vuole essere la mia edizione, si avvantaggia tuttavia per alcuni testi sulle singole stampe precedenti per essere stati questi riscontrati sui manoscritti piú attendibili, mentre gli altri sono tratti dalle edizioni originali, anch'esse non meno rare.

"Le biografie raccolte sono in numero di 32 per Dante, di 31 per il Petrarca, e di 16 per il Boccaccio, e alcune biografie vedono qui per la prima volta la luce. "Si è voluto adornare l'edizione con l'immagine dei tre Grandi, e prescelta perciò la figura che di essi ci ha lasciato l'insigne Andrea del Castagno, cosí per esser questi da loro non molto lontano di tempo, come per l'eguaglianza delle immagini a persona intera, come altresí considerando che quelle del Petrarca e del Boccaccio sono fra le meno divulgate „.

L'opera completa comprenderà circa 550 pagg. in-8° gr., e si pubblicherà a fascicoli di 48 pagg. ciascuno.

Dallo Stabilimento tipografico S. Lapi di Città di Castello sono stati pubblicati quattro nuovi fascicoli (22°-25°) della nuova edizione dei Rerum Italicarum Scriptores, il grande Corpus in cui Lodovico Antonio Muratori raccolse le fonti medievali della Storia italiana e che corretto, riveduto e ampliato con la direzione di Giosue Carducci e Vittorio Fiorini vede la luce coi tipi dello Stabilimento S. Lapi di Città di Castello.

Il fasc. 22°, che inizia la parte 16a del tomo III, contiene la Vita di Paolo II di Gaspare da Verona, preziosa relazione intorno alla società romana ed al mondo vaticanesco ai tempi di quel papa Pietro Barbo (1464-71) che fece costruire il Palazzo di Venezia: a questa Vita, che è molto interessante per la storia della letteratura e del costume nella seconda metà del Quattrocento, seguirà, in un prossimo fascicolo, l'altra Vita che di Paolo II scrisse Michele da Viterbo e che ne è il necessario compimento, perché illustra specialmente la parte politica del suo ponteficato. Il dott. Giuseppe Zippel rinnovò il testo del biografo veronese sui codici di dedica del Vaticano (Vat. lat. 3620-21) e lo ha illustrato con una dotta prefazione e con ampie note storiche.

Nel fasc. 23, con cui ha principio la parte 3a del tomo XXII, il dott. Giuliano Bonazzi ha curato il testo

della Cronica Gestorum in partibus Lombardiae che il Muratori pubblicò col titolo di Diarium parmense e che è documento fondamentale per la storia delle guerre nell'Italia settentrionale dal 1476 al 1482. Il testo fu riveduto e notevolmente migliorato sul cod. 56 della Biblioteca palatina di Parma.

Il fasc. 24° contiene il séguito (parte 3a del tomo XII) del Chronicon de rebus in Apulia gestis, in cui il notaio Domenico da Gravina, che nella sua patria fu il principale campione della parte ungherese, narrò i tragici avvenimenti che in séguito all'assassinio di Andrea, alle spedizioni di re Lodovico d'Ungheria ed alle guerre civili funestarono il Regno di Napoli nei primi anni (1343-50) del governo di Giovanna I. A molti fatti l'Autore stesso prese parte; in questi e generalmente in tutta l'opera degli Ungheresi e Napoletani, egli portò una nota personale che ce ne rende piú simpatica la lettura e dà al racconto una vita ed un colorito cosí vivace che non si riscontra l'uguale in nessuna narrazione del tempo. II dott. Albano Sorbelli ha riveduto il testo, che nel Muratori si presenta scorretto e lacunoso, sull'autografo della Biblioteca imperiale di Vienna (cod. 4365) e lo ha illustrato con note storiche e raffronti con altre fonti.

Nel fasc. 25° continua e finisce il testo e comincia l'ampio e minutissimo indice alfabetico del Chronicon parmense dal 1038 al 1338 che il dott. Giuliano Bonazzi ha ricostruito sui codici della Palatina di Parma, in modo da poter presentare agli studiosi un testo piú autorevole e meno arbitrario non solo di quello che si legge nel Muratori, ma delle edizioni posteriori del Barbieri (Mon hist. ad. prov. parmensem et placentinam pertinentia) e del Jaffè (Mon. Germ. hist.).

Cogliamo l'occasione per annunciare che, dopo la morte del compianto amico nostro comm. Scipione Lapi, si è costituito sotto l'augusto patrocinio di S. M. la Regina Margherita di Savoia, cui l'opera è dedicata, un Comitato di signori e di signore che con generoso contributo assunsero il patronato della nuova edizione muratoriana per assicurarne la continuazione fino al suo compimento.

Emilio Biondi, in un articolo della Scena, intitolato La benefattrice dell'Alighieri, ricollegandosi alle sue recenti ricerche (pubblicate col titolo Frammenti ed. Montanari, Faenza, 1903) e con nuova copia di documenti sinora ignoti tratti dagli archivi di Bagnacavallo, vuol dimostrare che Dante, avanti di muovere per Ravenna, dimorò alcun tempo in Bagnacavallo, amicalmente ospitato dalla famiglia Cerchi; e che la contessa Caterina Malvicini di Bagnacavallo, moglie di Guido Novello da Polenta, ha con ogni probabilità maggior diritto del consorte ad esser lodata benefattrice dell'Alighieri, ché dobbiamo certamente alle sue persuasioni e alla sua personale liberalità se il poeta poté trovare in Ravenna gradito l'ultimo rifugio.

Proprietà letteraria.

Città di Castello, Stabilimento Tipo-Litografico S. Lapi, maggio 1904.

G. L. Passerini, direttore Leo S. Olschki, editore-proprietario-responsabile.

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GIORNALE DANTESCO

GAIA DA CAMINO

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trana davvero la sorte della figliuola del buon Gherardo! La vita di lei trascorse quieta nelle case di sant'Agostino e di san Martino in Treviso, o ne' castelli che il marito suo Tolberto possedeva nel comitato inferiore di Ceneda: 2 rare volte ella apparisce ne' documenti, nessuno de' contemporanei ne parla, i cronisti trevisani stessi non la ricordano quasi affatto. Ma, come le ossa della gentil donna trevisana non riposarono tranquille nell'arca di marmo, ch'ella aveva ordinato le fosse inalzata, pulchra et decens, nella chiesa di san Nicolò,3 cosí la

1 A sant'Agostino era il palazzo di Gherardo, padre di Gaia, ed anche quello di Tolberto da Camino, marito di lei; sappiamo anzi che nelle collette, imposte a Treviso nel 1308 e nel 1310, Tolberto, il quale apparteneva al quartiere di Oltre Cagnano e alla via di sant'Agostino, pagò 15 soldi di grossi (Bibl. Capitolare di Treviso, scatola 24, busta 1, n. 3, f. 9 r; e n. 4). Anche a san Martino Tolberto aveva casa e vi abitava talvolta col fratello Biaquino (documenti del 21 luglio 1308 e 4 gennaio 1312 nell'Arch, Notar. di Tr., atti di Michele del fu Bonifacino di Ciglano, fasc. VI, f. 1 v, e di Nicolò del fu Benvenuto di san Martino, quad. A, f. 1 v e 2 ).

2 In un documento del 25 ottobre 1310 trovo ricordata una curia donnę Gug de Camino posta in Visnado in loco dicto ad Cesas. In quella Gua è certo da riconoscere Gaia; ma curia qui vorrà dire probabilmente cortile, null'altro (Bibl. Comun. di Tr., cod. 109, Scripturae et instrumenta Abbatiae sanctae Mariae Sanae Valis, vol. III, doc. 864, pag. 496).

3 Della tomba di Gaia discorre a lungo il MarcheSAN nel lavoro, che cito nella nota seguente, pagg. 65-67 e pag. 90 n. 2. Ma nella Memoria delle sepolture antiche della chiesa di san Nicolò di Triuigi (Com, di Tr.,

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qual Gherardo è quel che tu, per sa ggio di' ch'è rimaso, della gente spenta in rimproverio del secol selvaggio?

per altro soprannome io nol conosco, s'io non togliessi da sua figlia Gaia. (Purg., XVI, 133-35 e 139-40). fama di lei fu discussa aspramente, e Gaia parve alla fine condannata dai giudici piú autorevoli.

Di recente però la dama ha trovato un cavaliere, il quale con la corazza e la celata, i cosciali e le maglie di ferro, e lance e stocchi è disceso in campo per l'onore di lei. Ed al cavaliere, schiomato forse, ma non tardo, s'è aggiunto un altro valoroso, del quale Gaia può andar altera giustamente. Dopo un libro, elegantissimo e geniale, di Angelo Marchesan ed un articolo di Rodolfo Renier, 1 parrà inutile, o quasi audace, ritornare sull'argomento. Ma, poiché su Gaia da Camino già da piú anni avevo raccolto notizie 2 e per la mia lentezza ho lasciato che altri, ben migliori, mi precorressero, almeno mi sia lecito seguirli, come posso.

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ella fosse nata dalle seconde nozze di Gherardo da Camino, con Chiara della Torre, fu affermato già dal Federici e ripetuto, naturalmente, dal Litta, ma non ne abbiamo prove; e l'indizio, che il Rajna3 trovò nel nome della figliuola di Gaia, Chiara come la nonna, quantunque non sia privo di valore, non è sufficiente, tanto piú che la figliuola di Chiara, a farlo a posta, si chiamò Ailice, il nome di Ailice da Vivaro, prima moglie di Gherardo. E Gaia può aver passata la giovinezza sotto le cure amorose del vigile occhio materno, ma anche potrebbe esser rimasta, fin dai primi anni, orfana della madre, ed essere stata educata, sia pur con affetto, dalla matrigna.

Anche sull'anno della nascita di Gaia e del matrimonio suo con Tolberto de' Caminesi di sotto, nulla si può dire di certo, o di probabile; ed il ragionamento, col quale il Marchesan crede di poter determinare la prima data intorno al 1270 e la seconda al 1293,

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non mi sembra mi perdoni l'egregio Professore affatto convincente. Può essere che le tre figliuole di Gherardo da Camino siano andate spose l'una dopo l'altra, regolarmente, e perciò Gaia come seconda (e chi prova che fosse davvero seconda?) tra il 1287 e il 1297, ne' quali anni presero marito Agnese, la maggiore, e Beatrice, la terza delle sorelle; può essere che fra Gaia ed il marito suo, che nel 1285 aveva intorno a ventitre anni, vi sia stata la semplice e conveniente differenza di sei anni; può essere che l'unica figliuola di Gaia, Chiara, poi sposa del conte Rambaldo di Collalto, sia nata proprio un anno dopo il matrimonio de' genitori; può essere... ma le supposizioni non sono buon fondamento di storia.

1 Notizie storico-genealogiche della famiglia de' signori da Camino nel tomo VIII della Storia della Marca Trivigiana del VERCI.

2 Fam. da Camino, tav. II. Il Litta non fa che ricopiare le notizie, poco sicure, del Federici.

3 Gaia da Camino in Arch. stor. ital., serie 5a, vol. IX,

1892, pag. 290.

4 MARCHESAN, pag. 25.

5 MARCHESAN, pagg. 94-100. Le stesse conclusioni erano state esposte dal valoroso professore trevisano in altro suo lavoro: L'Università di Treviso nei secoli XIII e XIV ecc., Treviso, Turazza, 1892, pagg. 116-117.

6 Oltre alle attestazioni riferite dal MARCHESAN, pag. 27 e doc. II A, pag. 162, abbiamo nel medesimo Processo per Oderzo del 1285 una deposizione di Pichignotto della Motta, il quale afferma che Tolberto era minore di 23 anni e nato in febbraio: dunque nel 1263 (Capitol. di Tr., scat. 20, car. 124).

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V'è anzi motivo di riportare alquanto piú indietro quelle due date. Gli Annales Veronenses de Romano, parlando del tentativo di Tolberto contro Gherardo da Camino nel 1291, dicono che Gherardo era suocero di Tolberto: e se l'annalista scriveva, come pare al Cipolla, ciò che di mano in mano gli si annunziava siccome allora avvenuto, conviene ritenere che il matrimonio di Gaia fosse anteriore al 1291. E poi, dalle nozze di Chiara, figliuola di Gaia, col conte di Collalto nacque forse una Saray, che nel 1323 aveva già figli,3 certo Ailice, che fin dal 1321 era sposa a Ziliolo Tempesta. Ora, se pur non si vuole ammettere che per le fanciulle trevisane il tempo d'andar a marito fuggisse la misura in un modo veramente strano, converrà ritenere che Ailice non fosse nata dopo il 1307, né, per conseguenza, Chiara sua madre dopo il 1290.5 E, lasciando altre osservazioni, che confermerebbero questa tèsi, possiamo con

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1 Antiche cronache veronesi in Mon, stor, pubbl, dalla r. Dep. veneta di st. patr., serie 3a, Cronache e Diari, vol. II, pag. 439.

2 Nella prefazione agli Annales, pag. XLIV.

3 Saray, sposa di Lodovico di Villalta, è ricordata con Federico suo figlio nel testamento del padre, Rambaldo di Collalto, 14 dicembre 1323 (MARCHESAN, Gaia, doc. XXVI, pag. 216) e non è detto che fosse naturale, anzi ha posto tra i figli legittimi. Nè poteva esser nata da Costanza de' Guidotti, prima consorte di Rambaldo, perché costei era morta prima del 31 maggio 1297, lasciando gli tre soli figliuoli: Roberto, Guidotto e Manfredo (Raccolta Mondini nella Bibl. del Seminario di Ceneda, cod. M. 44, vol. III, tometto XXVII, pag. 817). Vedi anche il primo testamento di Rambaldo, 3 dicembre 1300 (MARCHESAN, pag. 78 n. 3).

4 Di lei e del testamento, che essa, antiqua et vidua et continens a pluribus annis fece il 24 dicembre 13S0, vedi MARCHESAN, pagg. 90-91 e note 1 e 2, e VERCI, St. della M. T., XV, doc. 1736, pag. 47. Rambaldo, suo padre, ricorda nel testamento del 1323 la dote, che le era stata assegnata, quando fuit viro tradita suo. Ora nell'Arch. Notar. di Treviso ho trovata appunto la ricevuta, che il marito di Ailice fa della dote, il 27 giugno 1321. A quel tempo, Ziliolo era sotto tutela, ed anche Ailice minorenne; ma il matrimonio era già stato celebrato alias e Pasio de Fontanis notaio ne aveva steso l'atto (Atti di Vendrame del fu Zanino di Ricardo, fogli staccati e logori).

5 Non credo però che Chiara fosse nata prima di quest'anno, perché il 31 maggio 1315, nell'approvazione di una vendita, promette di non contrafacere uel uenire racione minoris ettatis (Capit. di Tr., scat. 20, busta 1, n. 1, Quaternus abreuiationum mei Asenoli de Adelmario not., f. 3 v; MARCHESAN, doc. XX, pagg. 192-193). Ciò fa supporre ch'ella non avesse raggiunta la maggiore età legale di venticinque anni, o l'avesse passata di poco e le contestazioni fossero possibili ancora.

6 Nel testamento di Rambaldo del 1323, Chiara è no

chiudere che le nozze di Gaia furono certo prima del 1290; forse la mano di lei e la ricca dote, ch'ella ebbe dal Comune, furono premio a Tolberto dell'aiuto, che aveva dato a Gherardo ad ottenere la signoria nel novembre del 1283, o pegno di riconciliazione dopo la lite fra Tolberto ed il Comune per il castello di Oderzo (1286). Cosi la nascita di Gaia può essere stata intorno al 1270; ma, se si tien conto della strettezza de' limiti, che ho segnati, sembrerà piú ragionevole crederla di qualche anno anteriore.

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Della vita, che la figliuola di Gherardo condusse dopo il matrimonio suo con Tolberto, scarse notizie ha potuto dare il Marchesan: una compra di mulini sul Sile presso la porta di san Martino (luglio 1301), una

minata tutrice del figlio Schinella, e da atti del 1328 vediamo che fu anche dell'altro figlio Tolberto (MARCHESAN, doc. XXVII e XXVIII, pag. 220-225). Il maggiore, Gherardo, non è posto sotto tutela; doveva quindi nel 1323 avere almeno 14 anni, nella quale età, secondo gli statuti del Comune di Treviso, poteva essere dichiarato sui iuris existens (Com. di Tr.: St. Caminese, libro III, rubr. XIV, XLV, f. 70 r.)

1 Gaia, oltre ai mulini di san Martino, ch'essa comprò nel 1301, possedeva case ed edificî presso il Cagnano a san Leonardo e aveva diritti su quella parte della piazza di san Leonardo dov'era il mercato delle frutta (Cap. di Tr.: Quaternus cit., f. 1 v; MARCHESAN, doc. XVIII, pag. 189); ma come avesse avuti questi beni, e da chi, non sappiamo. Certo però le erano state date dal Coinune terre e giurisdizioni nella curia di Mussa e Mussetta presso il Piave (ivi, f. 4 r e seg.; MARCHESAN, doc. XXII, pag. 200 e seg.); e si può credere che il Comune le assegnasse questi beni, quando ella sposò Tolberto.

2 Su quest'affare di Oderzo, mi basti accennare qui che in un documento del 7 novembre 1286 si parla di una sentenza contro Tolberto e Biaquino da Camino, in favore del Comune (VERCI, M. T., III, doc. 296, pag. 136); ed il castello rimase invece ai da Camino, che ebbero dal vescovo di Feltre e Belluno la conferma dell'antica investitura, il 7 settembre 1292 (Arch. di St. di Venezia: Atti diplom. restituiti dal governo austriaco, busta 15, n. 217, perg. 9; cfr. MARCHESAN, doc. IV, pag. 168).

3 Sul marito di Gaia, uomo di governo e di guerra. dà copiose notizie il MARCHESAN: io avrò occasione di di discorrerne altrove; qui aggiungo solo qualche parola della sua famiglia. Le tre sorelle di lui, delle quali il Marchesan non ha alcuna notizia, avean nome Aica, Mabilia ed Agnese (Racc, Mondini, tometto XXIX, pag. 873).

4 Vedi i documenti dell'11 e 13 luglio in MARCHESAN, doc. VI e VII, pag. 170 e seg. Questi mulini erano stati venduti dal Comune di Treviso a Uberto Areta da Milano il 9 ottobre 1296, per 500 lire di piccoli (Bibl. Cap. di Tr., perg., scat. 1, fasc. 21); Gaia li comprò per la stessa somma dai figli di Uberto, e dagli eredi di lei poté ricuperarli il Comune (Quaternus cit.,

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lettera del doge di Venezia a lei e a Tolberto per ringraziarli di aver protetto le terre del vescovado di Città Nova dai tentativi di alcuni malfattori (28 luglio 1309); il testamento che Gaia dettò vicina a morte nel suo castello di Portobuffolé. Posso aggiungere un altro documento, che m'avvenne di ritrovare in quell'ammasso enorme e disordinato, che sono le pergamene de' conventi soppressi all'Archivio di Venezia. È un testamento, purtroppo mutilo, che Frixa del fu Pietro Margniga fa a Padova, in una casa di Strà maggiore, il 18 maggio 1302. La donna, trevisana probabilmente, vuol essere sepolta a san Nicolò o a san Martino e lascia molti legati, tra i quali parecchi a Rizzardo e a Tolberto. Gli altri beni lascia a Gaia, perché ne disponga ad suam voluntatem: essa dovrà vendere, si ei placuerit, due letti con tre piumacci, due coltri ed una veste, e dare ai poveri il ricavato per l'anima della testatrice: del rimanente potrà fare, sicut ei melius placuerit. È il caso di domandarci qui, se per avventura sia frequente che si lasci erede fiduciaria una donna diffamata, vere gaia et vana, come ci suole essere dipinta la figliuola di Gherardo da Camino.

Frugando nelle stesse buste delle Manimorte all' Archivio di Stato, mi venne tra mano quel testamento di Gaia da Camino, che Vittorio Rossi vi ricercò invano alcuni anni fa. È soltanto un estratto: e convien perdere la speranza di trovar mai intero il testamento di Gaia, perché quest'esemplare

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f. I re3 ; MARCHESAN, doc. XVI e XX, pagg. 185 e 193).

1 Arch. di St. di Ven.: Manimorte, Perg. del conv. di san Nicolò di Treviso 1228-1330. Vedi qui appresso doc. I.

2 Frixa era sorella di un tal Guglielmo Margniga, il quale nel suo testamento fatto in castro Franche are il 10 aprile 1260, l'aveva lasciata erede di tutti i suoi beni (ivi, S. Nicolò di Tr., secolo XIV, in una busta, che ho segnata g; notaio Andreas qu. Petri de castro Franchere).

3 Il Rossi lo cercò nella busta delle pergamene di san Nicolò dal 1228 al 1330 (RAJNA, pag. 288, n. 2). È invece in una delle molte buste, segnate san Nicolò sec. XIV, che ho distinta con la lettera a; se le pergamene non hanno mutato posto, dev'essere l'undecimo documento di detta busta. Vedi doc. II.

4 Nel Memoriale antiquitatum, Reddituum et Onerum Conuentus sancti Nicolai de Taruisio del 1526 (Cap. di Tr., n. 665), citato anche dal MARCHESAN, pag. 53, n. 1, si

alcuni errori dell'editore; e fra questi quel Petro phisico de Padua, che già al Rajna, ed ora al Marchesan, 1 fece supporre che al letto della consorte moribonda l'affettuoso Tolberto abbia chiamato nientemeno che Pietro d'Abano. E Pietro era invece un modesto medicuccio di Prata, in quel di Pordenone, probabilmente quello stesso Pietro di Prata, che fin dal 1303 era tra i familiari del capitano Rizzardo. 2

Con l'unica figliuola Chiara, sposa al conte Rambaldo di Collalto, 3 matrimonio onorevole certo, ma forse non lieto per la differenza grande d'età e per i costumi del Conte

la discendenza di Gaia già s'era innestata a quella stirpe antica de' Collalto, della quale forse i Caminesi erano un ramo e che certo

ricorda alla pag. 672 il testamento di Gaia, che aveva al segnatura M. XV. A. E sul verso della pergamena da me rinvenuta, è scritto appunto Testamentum domine Gaye de Camino. M. XV. A. Vedi poi FEDERICI, loc cit., pag. 73, e VERCI, M. T., V, doc. 534, pag. 145.

1 RAJNA, pag. 287 e n. 3; MARCHESAN, pag. 54. 2 È ricordato, con un Viviano di Prata, tra i familiari di Rizzardo presenti ad una grazia concessa da questo il 7 agosto 1303 (Arch. Not. di Tr.; atti di Desiderato di Franchino, f. 3 v).

3 II MARCHESAN, pag. 97, dice che Chiara apparisce dal testamento di Gaia come nubile. Certo non è detto che ella fosse sposa, ma il silenzio non prova molto, perché il testamento non è intero ed il marito di Chiara poteva essere ricordato nella parte che ci manca, E poi anche nel testamento di Rizzardo da Camino (VERCI, V, doc. 544, pag. 159) Chiara parrebbe nubile, ma parrebbe, per la stessa ragione, anche Agnese, sorella di Rizzardo e maritata già dal 1287. Abbiamo anzi, oltre a quello che dicemmo, un altro indizio che Gaia fosse ancora viva, quando la figliuola andò sposa al conte di Collalto; sappiamo infatti che ella aveva prestato ad Alberto di Altofiore giudice cento fiorini d'oro, nomine et vice dicti domini Rambaldi et de denariis et pecunia ipsius, e che Alberto li restituí al conte nel 1320 (Arch. Not. di Tr.: atti di Vendrame di Zanino di Ricardo, libro L, f. LXXII v; cfr. MARCHESAN, doc. XXIII, pag. 204-205). E si noti che quell'Alberto nel 1305 (13 novembre) è detto procurator generalis domini Rambaldi comitis Taruisii ad omnia sua negocia (Arch. di St. di Ven.: Manimorte; Ognissanti di Tr., sec. XIV, busta a). Chiara fece testamento il 7 settembre 1348, e morí il 1o ottobre (Arch. Cap. di Treviso: Necrologio, n. 749 a, f. 53 v).

Chiara, come si vide, doveva esser nata intorno al 1290, e Rambaldo, che nel 1283 aveva preso parte alla cacciata de' Castelli, aveva figliuoli prima dell'8 settembre 1287, nel qual giorno è ricordato, in una donazione, suo figlio Guidotto, che non era nemmeno il primogenito (Racc. Mondini, vol. IV, tometto XXXIV, pag 1015). Quanto ai costumi di Rambaldo, nel testamento del 1300 sono ricordati nove figli naturali, ed in quello del 1323 sei, di cui due sembrano nuovi.

prima di essi era fiorita e più a lungo visse, e vive splendidamente tuttora.

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Ma se di Gaia da Camino noi sappiamo poco, sapevano, almeno, qualche cosa di piú i primi commentatori di Dante? È da dubitarne. La frase di Jacopo della Lana (nel commento a Purg., XVI, 140) che Gaia fu donna di tale reggimento circa le delettazioni amorose, ch'era notorio il suo nome per tutta Italia, è, osserva bene il Renier, una frase equivoca, che male addirittura non dice, ma al male fa pensare. 2 Ma l'equivoco non credo sia stato voluto malignamente: de' signori da Camino il commentatore bolognese conosceva il nome o poco piú: a persuadercene, basta leggere ciò che dice qui di Gherardo e altrove (Par., IX, 49-51) di Rizzardo, che pure dovevano essere piú noti di Gaia. E Francesco da Buti confessa candidamente, discorrendo proprio di Rizzardo, che queste sono istorie nostrali, che non si truovano scritte da autori e che egli le ha cavate brevemente come ha potuto comprendere per lo testo e come le ha trovate scritte da altrui. Non aveva, del resto, bisogno di metterci in guardia; a levar ogni tentazione di dargli fede, quando parla di personaggi e di fatti trevisani, è anche troppo l'errore, in cui cade a proposito di Rizzardo. * L'Ottimo copia il Della Lana; e lo copia anche l'Anonimo Fiorentino, dove parla di Gherardo e di Rizzardo, ma quanto a Gaia cambia l'accenno equivoco in aperto elogio, e forse voleva solo parafrasarlo, com'egli l'aveva inteso. Giovanni da Serravalle e Stefano Talice sono posteriori d'un secolo, ed il primo sembra disposto a lodare questi signori piú del dovere, il secondo a parole d'elogio aggiunge una frase davvero peggio che equivoca e tolta quasi di peso da Benvenuto."

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1 Le parole de' commentatori, antichi e moderni, su Gaia sono raccolte dal MARCHESAN, pagg. 133-158. 2 RENIER, articolo citato.

3 Di Gherardo non sa nemmeno che fu signore di Treviso; e di Rizzardo dice soltanto che si vedrebbe in desolazione e bassa condizione.

4 È noto che Rizzardo fu ucciso nell'aprile del 1312 per una congiura, della quale cercherò di chiarire nel mio lavoro le ragioni; il Buti narra che esso fu preso da' Padovani e perdette Trivigi.

5 Dice di Rizzardo che era bonus homo et iustus et bene dominabatur. E pure del signore dalla test'alta i contemporanei e Dante stesso avevano fatto ben altro giudizio.

6 Gaia pulcherrima, sagax, stimatissima. Et breviter: multa possem dicere de ista, sed non me decet. L'ultima frase ricorda troppo il quae dicere pudor prohibet dell' Imolese.

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