Opere di Dante Alighieri..: La Divina commedia di Dante Alighieri. Con varie annotozioni [di P. Venturi e G. A. Volpi], e copiosi rami adornata

Naslovnica
presso Antonio Zatta., 1757
 

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Stranica cccxxvii - Fuor sei dell' erte vie, fuor sei dell' arte. Vedi là il sol che in fronte ti riluce ; Vedi l' erbetta, i fiori e gli arbuscelli, Che qui la terra sol da sè produce. Mentre che vegnan lieti gli occhi belli, Che lagrimando a te venir mi fenno, Seder ti puoi e puoi andar tra elli. Non aspettar mio dir più, nè mio cenno. Libero, dritto e sano è tuo arbitrio, E fallo fora non fare a suo senno; Perch' io te sopra te corono e mitrio.
Stranica ccix - Onde, poniam che di necessitate surga ogni amor che dentro a voi s'accende; di ritenerlo è in voi la podestate. La nobile virtù Beatrice intende per lo libero arbitrio, e però guarda che l'abbi a mente, s'a parlar ten prende...
Stranica cxxii - Non è il mondan romore altro ch'un fiato di vento, ch'or vien quinci e or vien quindi, e muta nome perché muta lato. Che voce avrai tu più, se vecchia scindi da te la carne, che se fossi morto anzi che tu lasciassi il 'pappo' e '1 'dindi', pria che passin mill'anni?
Stranica ccclxxxviii - Le sette ninfe, con que' lumi in mano Che son sicuri d' aquilone e d' austro. Qui sarai tu poco tempo silvano, E sarai meco senza fine cive Di quella Roma onde Cristo è Romano : Però in pro del mondo che mal vive , Al carro tieni or gli occhi, e quel che vedi , Ritornato di là, fa che tu scrive. Così Beatrice : ed io che tutto a' piedi De' suoi comandamenti era devoto, La mente e gli occhi ov
Stranica lxiii - Atene e Lacedemona, che fenno «L'antiche leggi e furon sì civili, « Fecero al viver bene un picciol cenno, « Verso di te, che fai tanto sottili « Provvedimenti, ch' a mezzo novembre «Non giunge quel che tu d'ottobre fili.
Stranica lxiii - 1 popol tuo l' ha in sommo della bocca. Molti rifiutan lo comune incarco ; Ma '1 popol tuo sollecito risponde Senza chiamare, e grida: Io mi sobbarco. Or ti fa' lieta, che tu hai ben onde, Tu ricca, tu con pace, tu con senno : S' io dico ver, l
Stranica vi - Carro già era sparito, vidi presso di me un veglio solo, degno di tanta reverenza in vista, che più non dee a padre alcun figliuolo. Lunga la barba e di pel bianco mista portava, a' suoi capelli simigliante, de' quai cadeva al petto doppia lista.
Stranica xxix - Ond' io ti prego che, quando tu riedi, Vadi a mia bella figlia, genitrice Dell'onor di Cicilia e d'Aragona, E dichi a lei il ver, s'altro si dice. Poscia ch' io ebbi rotta la persona Di due punte mortali, io mi rendei Piangendo a quei, che volentier perdona. Orribil furon li peccati miei; Ma la bontà infinita ha sì gran braccia, Che prende ciò che si rivolve a lei . Se '1 Pastor di Cosenza, ch'alia caccia Di me fu messo per Clemente, allora Avesse in Dio ben letta questa faccia, L' ossa del corpo...
Stranica cclxi - Facesti come quei che va di notte, Che porta il lume dietro, e sé non giova, Ma dopo sé fa le persone dotte, Quando dicesti: « Secol si rinnuova; «Torna giustizia, e primo tempo umano, » E progenie discende dal ciel nuova.
Stranica cxi - Di che l' animo vostro in alto galla, Poi siete quasi entomata in difetto, Sì come verme, in cui formazion falla ? Come, per sostentar solaio o tetto, Per mensola talvolta una figura Si vede giunger le ginocchia al petto, La qual fa del non ver vera rancura Nascere in chi la vede ; così fatti Vid' io color, quando posi ben cura.

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