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non ingrossare di troppo i volumi sarebbe stato facile trovare il compenso, usando in altre parti maggior sobrietà: per esempio, a che riferire, oltre quelle degli antichi, le testimonianze de' commentatori cinquecentisti e anche de' posteriori, quando specialmente non aggiungono niente di nuovo o dicono degli spropositi, come avviene per Forese Donati, che dal Landino e dal Vellutello è fatto fratello d'Accursio giureconsulto? Vi sono poi nel volume errori che in un autore che da tanti anni s'occupa di Dante non s'aspetterebbero, come l'accettare dal Vernon che la riforma di Baldo d'Aguglione fosse una riforma degli Ordinamenti di giustizia, che mitigasse alquanto la severità delle leggi contro i Magnati » (p. 47) – il dire che «nessuno di famiglia grande o nobile poteva in verun modo essere membro di uno dei consigli della repubblica » (p. 63) – l'affermare che Dante leggeva Omero nelle traduzioni latine, quando nel Convivio è detto (I, 7) « Omero non si mutò di greco in latino » » (p. 594) - lo scrivere che Francesco Alighieri era figlio « probabilmente non di madonna Bella..., si di madonna Lapa di Chiarissimo Cialuffi, seconda moglie di Aldighiero » (p. 839), mentre nell'atto di divisione del 1332 tra i figli di Dante e lo zio Lapa è indicata espressamente come madre di Francesco (IMBRIANI, Studi danteschi, p. 97) - il confondere Forese di Manetto, fratello della Gemma, con Forese di Simone, fratello di Corso e di Piccarda (p. 877, art. Gemma Donati: cfr. DEL LUNGO, Dino Compagni e la sua Cronaca, II, 610 sg., e IMBRIANI, op. cit., p. 72, n.) – l'identificare ancora la Pia senese con la Guastelloni (p. 964), e il continuar a scrivere che Guido Cavalcanti mori nel febbraio del 1302 (p. 973: cfr. DEL LUNGO, op. cit., II, 98, n.). Pochi sono gli articoli in cui si riveli una ricerca nuova e ben condotta; per la parte filologica segue (come del resto avverte) fedelmente la Crusca; per la parte storica, quanto può, Lord Vernon nelle illustrazioni aggiunte alla sua edizione dell' Inferno, anche là dove con poca fatica era possibile, dopo tanto progresso di studi, compilando da sè la notizia, dar più esatte e più compiute informazioni. Le opere minori poi sono troppo trascurate per ogni riguardo di fronte alla Commedia.

M. BARBI.

ANNUNZI BIBLIOGRAFICI

Giornale dantesco, diretto da G. L. PASSERINI, a. IV [I della N. Serie], quad. III. Contiene: G. MELODIA, Dante e Francesco da Barberino (Continuazione e fine), p. 97 [Il M. viene raccogliendo qui le più importanti relazioni fra il Reggimento del da Barberino e l'Inferno di Dante. Alle analogie del senso e della lettera già riscontrate, nella prima parte di questo saggio, fra i proemii delle due opere, l'autore aggiunge ora quelle veramente singolari che si rilevano nel procedimento del lavoro barberiniano: tanto più singolari, quanto maggiore in ser Francesco lo studio di non lasciar mai apparire plagio veruno (p. 67).

Ma non potrebbesi supporre che « dei due, Dante e il Barberino, l'imitatore sia quegli e non questi »? No: imitatore qui è chi guasta goffamente il proprio modello, chi, col notato geloso studio di parer sempre originale, sarebbe poi stato superbo di coglier in altrui, specie nell' Alighieri, un plagiario, ciò che avrebbe messo in evidenza nella importante glossa a' Documenti ove accenna all'opera dantesca, quod dicitur Comedia et de infernalibus inter cetera multa tractat ». Quant'è alle allegorie del Reggimento, « quasi compiuto nel 1309 », il da B. <«< ha indubbiamente imitato le idee fondamentali dei primi canti dell' Inferno e ci ha rivelato cosí un termine avanti il quale essi furono pubblicati »: nuovo argomento onde ricomincia ad apparire probabile quella data (1309) che si fondava finora soltanto sulla lettera di frate Ilario, evidentemente apocrifa, e, per ciò, già dai piú tenuta falsa. L'autore non osa affermare che il «< nuovo argomento » sia decisivo: consiglia per ciò un nuovo ma spassionato esame di tutti gli elementi, relativi alla questione, ch'egli annovera; e, per toglier via subito uno de' preconcetti, chiude « col mostrare come non abbia valore nessuno di quegli argomenti con cui si vorrebbe sostenere non esser possibile che l'Inferno fosse pubblicato avanti il 1309 »]. L. MASCETTA-CARACCI, Dante in Shakespeare, p. 110 [Lo Shakespeare conobbe, come che sia, la lingua e la letteratura italiana: in Italia egli pone la scena di moltissimi drammi, senza contare quelli d'argomento classico, e in molti altri fra gli stranieri fa spiccare i nomi italiani: Orlando; Dromio e Angelo; Cordelia e Ofelia; frequente uso egli fa di parole, di frasi, anzi d'intieri versi italiani, che dovevano dunque sonar cari agli orecchi inglesi: certamente egli ebbe conoscenza de' principali nostri poeti. Il M.-C. mostra che il Petrarca, l'Ariosto e il Tasso furono i meglio messi a profitto dallo Shakespeare, il quale, pur avendo comuni con l'Alighieri le più nobili doti, non può sostenere il confronto, per questo rispetto, né col Chaucer che lo precedette, né col Milton che lo seguí, i quali « sono pieni zeppi di reminiscenze dantesche ». Tuttavia. se pur pochi, singolarmente notevoli sono i luoghi che nelle opere del drammaturgo inglese attestano del costui amore per il poeta nostro]. Lettere di dantisti, pubblic. a cura di A. Fiammazzo: C. WITTE all' ab. G. J. FERRAZZI, IV-V, p. 119 [L'editore avverte che queste due lettere dovevano seguire immediatamente alla prima del Witte già pubblicata e, per singolar errore, seguita invece da una dello Zamboni, attribuita per giunta al W. - Questi, in data di Halle, 29 dic. 1872, accompagna le fotografie del Krigar e del Blanc per « l'album di ritratti de' piú insigni dantisti » che l'ab. F. metteva insieme; in data de' Bagni da Bormio, 18 ag. 1873, aggiunge il ritratto del Kannegiesser e si giustifica d'una calunnia raccolta dall' ab. F. nel Man. dant. IV, 522: cfr. quivi V, 544]. G. MARUFFI, Chiosa al « Parad. » XXI, 121-123; p. 121 [Lo stile dantesco, anzi l'italiano in generale, non consente la spezzatura del verso 122; « la casa di Nostra Donna » ecc. dovrebbe valere semplicemente il celebre santuario di Ravenna, in luogo della città stessa natale di P. D.; la terzina significherebbe dunque: « Io mi chiamai Pier Damiani nel monastero di Fonte Avellana; ma semplice Pietro peccatore (come del resto dovrebbero dirsi tutti i credenti) fui, cioè indegnamente nacqui, dov'è la casa di Nostra Donna in sul lito adriano »]. Polemica: F. RONCHETTI, Risposta al prof. Filomusi-Guelfi, p. 128 [Per la questione (che qui si chiude, avendo già il F.-G. dichiarato di non voler piú replicare) si vegga questo Bullett., N. S. II, 93 e III, 59]. Rivista critica e bibliografica: Recensioni di G. L. PASSERINI, p. 126 [G. JORIO, Una nuova

notizia della vita di Dante. In un cod. dell' Archivio vaticano che conserva il frammento d'un processo svolto nel 1320, alla corte d'Avignone, contro Matteo e Galeazzo Visconti per tentato sortilegio verso Giovanni XXII, « Dante Alegriro de Florencia » è indicato come « capace nell' arte dell' incantesimo ». Il Passerini chiarisce, con l'aggiunta di due lettere del papa G. stesso rinvenute nell'Arch. vaticano, la notizia dell'Iorio, limitandone, sensatamente, il valore.], di G. AGNELLI, p. 130 [V. Russo, Per un nuovo disegno del « Purgatorio » dantesco, Appunti. Consentendo col R. rispetto all'itinerario ed all'orario, fondati nel testo dantesco, l'A. si distende in una critica severa su tutt' il resto del « nuovo disegno del Purgatorio ».] e di G. BIAGI, p. 138 [W. WARREN VERNON, Readings on the « Inferno » ecc. (v. questo Bullett., N. S., II, p. 112). Il Biagi dà del lavoro meritata ed ampia lode all'autore, augurandone « sollecito il proseguimento e il compimento »]. Notizie, p. 141 [Fra gli annunzi di libri ed articoli danteschi, ha largo posto una relazione di A. Dobelli sulla seduta inaugurale della costituzione del Comitato provinciale milanese di questa nostra Società, sul discorso che vi tenne il prof. Novati, vicepresidente, e sul rapido aumento del numero di aderenti alla Società nel Comitato di Milano]. A. F.

Timori e paure dantesche nella D. C. pel sac. GIUSEPPE TRAINA. Castellammare di Stabia, tip. Di Martino, 1895; 8°, pp. 11. L'articolo è dedicato a Federigo Verdinois, che nella Scena illustrata (ottobre 1887) scrisse uno studio, intitolato Dante pauroso; e tratta lo stesso tema; che dall'Inferno, a cui lo aveva limitato il Verdinois, il Traina estende al Purgatorio e, per quanto era possibile, anche al Paradiso. Notiamo intanto che fra i segni di paura enumerati dal Traina, sulla scorta del Verdinois, nell'Inferno, non è bene interpretato quello che si riferisce al traeva la parola tronca del c. IX, per effetto certamente di una svista; e che nel Paradiso è poco fondata la congettura sul colore che reste il vetro. La conclusione a cui viene il Traina è questa: che Dante mentre era ben fornito di quel coraggio che viene dall'anima, difettava poi di quello che viene dal corpo. Ma se, non erriamo, in questa tesi ci è confusione fra il Dante della leggenda poetica da lui immaginata, e il Dante reale e storico. Il primo è rappresentato giustamente come pauroso, sì perchè un mortale che si trova nel regno de' morti deve aver paura di tutto, chè tutto gli riesce nuovo, sì anche forse perchè il poeta fa la parte del senso, come Virgilio quella della ragione. Il secondo invece resta fuori dell'azione del poema, e va giudicato soltanto secondo la storia, la quale certo non ci offre in Dante un tipo d'uomo pauroso. R. F.

Cenni biografici di Iacopo del Cassero cittadino fanese del secolo XIII. Nell' Indicatore scolastico di Pesaro (Società tipogr. A. Nobili), a. I., 1896, nn. 6 e 7. - Oltre ad alcune notizie tratte da opere a stampa ci vien dato il sommario di alcuni documenti, che si conservano nell'Archivio di Stato bolognese, concernenti: a) la elezione di m. Iacopo a podestà del comune di Bologna per il secondo semestre del 1296 (2 aprile 1296); b) la sua nomina a capitano della guerra (insieme con Raynaldus de Buscollis de Aretio) dal dì del suo arrivo al primo giugno, quando dovrà assumere l'ufficio di podestà; c) la delegazione fattagli in dicembre e il suo rifiuto di nominare chi gli succeda nella podesteria; d) la facoltà concessagli l'11 dicembre di partire da Bologna quando voglia, senza esser sottoposto a sindacato, in vista dell'odio che s'è acquistato nella difesa del

Comune contra Marchionem estensem perfidum thyrannum et inimicum comunis et populi bononiensis et eius seguaces, poichè si dice quod intenditur per aliquos amicos ipsius Marchionis ad lexionem ipsius potestatis et eius familie in recessu tempore sui sindacatus; e) la sua rinunzia alla fine di dicembre di protrarre la podesteria. Sono anche riferite alcune intestazioni di volumi d'atti e un passo di due mandati, donde abbiamo il nome del padre di m. Iacopo, che fu m. Uguccione.

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PAGET TOYNBEE, Le teorie dantesche sulle macchie della luna. Nel Giornale storico d. lett. ital., XXVI, pp. 156-161. Mostra come l'opinione sulle macchie della luna espressa nel Convivio (II, 14) sia tolta dal De substantia orbis di Averroè (cap. II); e ricordato che gli argomenti addotti da Beatrice nel c. II del Paradiso sono fondati in gran parte sul De coelo et mundo (II, 2, 3) di Alberto Magno, come dimostrò già Filalete, riferisce dalle Quaestiones super quatuor libros Aristotelis de coelo et mundo (lib. II, qu. XXIV), attribuite ad Alberto di Sassonia, una discussione sulle varie teorie intorno all'origine delle macchie della luna, che forma un istruttivo commento alle teorie proprie di Dante.

Nel Bollettino della Società Umbra di stor. patr. (vol. II, pp. 567–570), per confutazione d'un articolo di A. Bartolini su Dante a Gubbio, che leggesi nel fasc. 6° del III vol. dell'Arcadia, si ripetono le ragioni già addotte da G. Mazzatinti nel vol. I degli Studi di filologia romanza e da P. Papa nel Pantagruel di Trani (22 maggio 1888) contro le supposte relazioni politiche e letterarie di Dante con Bosone da Gubbio. Si riproduce anche fedelmente, dal preteso autografo di Dante, il sonetto falsamente attribuitogli O tu ch'habiti il colle ombroso e fresco.

Altre recenti pubblicazioni dantesche:

ANZOLETTI LUISA, A Dante Alighieri nell'occasione che s'inaugura in Trento il suo monumento: canzone. Firenze, tip. dell'Arte della Stampa, 1896; 8°, pp. 15.

BERNARDINUS A FOSSA, min. obs., Super laude ad Beatam Virginem in trige

simo tertio cantico Paradisi Dantis Alighieri. Firenze, tip. di Enrico Ariani, 1896; 8°, pp. 20. (Pubblicato da fr. Marcellino da Civezza e da fr. Teofilo Domenichelli per l'onomastico del pontefice Leone XIII).

COLOSIO sac. G. B., Pape Satan, pape Satan aleppe: commento al verso primo del canto settimo dell'Inferno di Dante Alighieri. Milano, tip. di Lombardi di M. Bellinzaghi, 1896; 8°, pp. 16.

FRANCO prof. ITALO, Dante Alighieri, il maestro di color che sanno, precursore d'ogni moderna pedagogia, ovvero la pedagogia nella Divina Commedia : operetta dedicata specialmente agl'insegnanti elementari, ai padri e alle madri di famiglia ed agli amici dell'educazione popolare. Torino, tip. collegio degli Artigianelli, 1896; 8°, pp. 96.

PEREZ PAOLO, I sette cerchi del Purgatorio di Dante: saggio di studi. - Delle fragranze che spirano dal Purgatorio e dal Paradiso di Dante. Terza edizione. Milano, tip. edit. L. F. Cogliati, 1896; 8°, pp. 339, con ritratto L. 2,50.

INDICE

DEGLI AUTORI E DELLE MATERIE DI QUESTO VOLUME

Abborra, 90, 140.

Accaffare, 148.

Accisma, in rima, 90, 93, 95.

Acheronte (il passaggio di), 63.

Acuto, 149.

Adesso, subito, 132, 133.

Adona, in rima, 145.

Affige, in rima, 109.

Agnelli Giovanni, Della creazione dell'« Inferno » secondo D. e secondo alcuni suoi commentatori, 176; Per un nuovo disegno del Purgatorio dantesco, 199. Agosta, in rima, 96.

Agresti Alb., Breve notizia di un manoscritto dantesco inedito di Nicola Sole, 63. Agugna, in rima, 93.

Alberico da Rosciate, commento, 49.

Alberto Magno, 159.

Ale, in rima, 117.

Alessandro (Inf. XII, 107), 178.

Alfragano, studiato da Dante, 158, 159.

Alighieri Franc., 197; Jacopo, il Dottrinale, 64.

Alla fiata, 145.

Ancidere, 146.

Ancoi, 133, 145.

Andi, in rima, 130.

Antonelli Rosina, L'idea guelfa e l'idea ghibellina dal Dictatus Papae al libro de Monarchia, 64.

Anzoletti Luisa, A Dante Alighieri nell'occasione che s'inaugura in Trento il suo monumento, canzone, 200.

Appel Carlo, Das Sonett Guido Cavalcantis « I'vegno 'l giorno a te infinite volte », 47.

Appoia, in rima, 99.

Argenti Filippo, 23, 175.

Ariosto, sua rima e quella di Dante, 90.

Aristotile, studiato da Dante, 158.

Aronta, in rima, 120.

Assai, abbastanza, 135.

Attuia, 90, 137, 138.

Austerich, 143.

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