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È della fine del sec. XIV, e contiene non l'Inferno e il Paradiso soltanto, ma tutto il poema (eccetto il I canto e i vv. 1-6 del II Inf.), non che il capitolo di Iacopo di Dante, unito alla terza cantica con questa rubrica: « Explicit IIIa cantica comedie dantes allegerij de florentia quae est de paradiso et incipit diuisio a qualitate partium comedie dicti dantis facte per jacobum filium dicti dantis cuius anima requiescat in pace. » Il Moore, al quale sono state comunicate molte lezioni del Ms., lo ha dichiarato di non molta importanza per il testo della Commedia.

G. FINALI, Cristoforo Colombo e il viaggio di Ulisse nel poema di Dante con lettera di F. TARDUCCI e una prefazione di F. FRANCIOSI. Città di Castello, S. Lapi, 1895; 16°, pp. 75 (Collezione di opuscoli danteschi diretta da G. L. Passerini, n. 23). La questione che si tratta in questo opuscolo è la seguente: Dante, introducendo Ulisse a raccontare la sua navigazione oltre le Colonne d'Ercole e la sua morte in faccia ad una nuova terra, intese, come generalmente si interpetra, di biasimare il folle ardimento d'Ulisse per aver voluto trovare colla forza del suo ingegno quel regno de' morti, che Dio concesse di visitare solo a pochi vivi privilegiati; ovvero intese di celebrare nell'antico eroe l'amor della scienza e della virtù, e far di lui quasi il tipo d'uno scopritore del nuovo mondo, che si supponeva anche allora dai dotti dovere esistere? E quella nuova terra è proprio il Purgatorio, o non piuttosto la favoleggiata Atlantide, o Teneriffa o, insomma, una parte qualunque sconosciuta dell'emisfero australe? Sostiene la seconda opinione il senatore Gaspare Finali, si in un discorso che precede, e sì in alcune lettere a F. Tarducci, dal quale, come lodato autore d'una Vita di Cristoforo Colombo, egli sperava la conferma di una sua congettura, cioè che il grande Genovese avesse preso, almeno in parte, da Dante l'idea e il modo della sua magnanima impresa. E all'opinione del Finali suffraga sostanzialmente il Franciosi in una bella prefazione. Invece la prima e antica opinione è tenacemente sostenuta nelle lettere di risposta, qui riprodotte, del Tarducci, il quale, spiegando Dante con Dante, non ammette che nell'oceano possano essere altre terre che il Purgatorio, e dà quindi all' episodio dantesco la spiegazione simbolica di un audace tentativo, punito da Dio. Noi pure crediamo che la cosa stia così, perchè Dante era, prima di tutto, l'uomo de' suoi tempi, e perchè chiamò folle il varco d' Ulisse, anche direttamente e di propria bocca (Par. 27, 83). Ma crediamo ancora che, se biasimava l'effetto, lodasse però in Ulisse la generosa brama di acquistare scienza, e per essa esporsi a fatiche e pericoli. Questa specie, non diremo di contradizione, ma di sottile dialettica nel giudicare le azioni degli uomini, distinguendo il fatto dalle intenzioni, è frequente nell'Alighieri, come altri hanno notato. D'altra parte l'ammirazione grande ch'egli sentiva per Ulisse apparisce chiara da tutto il c. 26 dell'Inferno: e non è inverosimile neppure ch'egli presagisse poeticamente una impresa simile a quella di Colombo, nè che questi si ispirasse anche al suo Ulisse: ma dall'ammetter questo, almeno come ipotesi, a negare la spiegazione simbolica ed ascetica che risulta da tutto il contesto del poema, troppo ci corre. R. F.

Rime di Lapo Gianni rivedute sui codici e su le stampe con prefazione e note a cura di ERNESTO LAMMA. Imola, tip. d' I. Galeati e figlio, 1895, in-16°, pp. LXII-82. — Finalmente il canzonieretto del gentile amico dell'Alighieri potrà leggersi in edizione comoda ed elegante, nè si avrà più bisogno di ricercare le

disiecta membra per entro le raccolte di rime antiche. Il Lamma, che n'è l'editore, qualche anno addietro pubblicò sul Gianni uno studio che trovò contradittori e su alcuni dei punti controversi egli torna a ragionare, confermando le sue antiche opinioni, in una introduzione, dove si raccolgono anche le notizie che si hanno su Lapo, e si dichiara il metodo seguito nel preparare l'edizione delle rime. Il Lamma insiste sulla influenza diretta dell'arte provenzale sulla poesia del notaro fiorentino, ed insiste anche su un altro punto, che vorrei veder ben chiarito, sulla precedenza che il Gianni avrebbe sugli altri poeti dello Stil nuovo. Perchè mi pare che per esser riconosciuto come il primo poeta dello Stil nuovo, il Gianni abbia da fare i conti col Cavalcanti per la questione del tempo in cui visse e poetò; e quanto all'onore di esser colui che trasse fuori le nuove rime, li ha da fare con Dante, che s'arroga tal vanto e non merita una smentita senza prove. Servendosi specialmente di una pubblicazione di U. Marchesini (Arch. Stor. Ital., Serie V, t. 13) il Lamma sceglie, tra i quattro Lapi di Gianni venuti fuori dai documenti dei sec. XIII e XIV, quello che sembra essere stato il poeta, cioè Lapo Gianni della famiglia Ricevuti, e argomenta che sia vissuto press' a poco tra il 1260 e il 1321. Nel preparare la presente edizione il Lamma si è valso di ventiquattro manoscritti, quanti ha potuto o esaminare direttamente o fare esaminare ad altri, ma ha preso per base il cod. Chig. L, VIII, 305, che conserva quasi tutte le rime del Gianni; e degli altri testi s'è servito per correggere gli errori di questo. Ha tentato anche una specie di classificazione dei manoscritti sulla cui attendibilità è difficile farsi un'idea; non capisco poi che partito ne abbia tratto per fermare il testo. Per buona sorte grandi varietà di lezione non ci sono: il Gianni è stato assai fortunato per questo, come per un altro rispetto, per quello dell'autenticità, a cagion della quale il Lamma non ha avuto da faticare. Speriamo che da questa pubblicazione si sentano stimolati a mettere alla luce i loro lavori, da lungo tempo attesi, G. S. Gargáno e G. Salvadori, che hanno studiato il primo la lirica di Lapo e il secondo quella dello Stil nuovo in generale. G. VOLPI.

U. MARCHESINI, Filippo Villani pubblico lettore della Divina Commedia in Firenze. Nell' Archivio storico ital., S. V, t. XVI, pp. 273-79; e anche a parte per le Nozze Flamini-Fanelli, Firenze, Cellini, 1895; 8°, pp. 15. Un fatto assai notevole nella storia della cultura e in quella del culto di Dante è l'istituzione d'una pubblica lettura della Commedia in Firenze nella seconda metà del secolo XIV. Come è noto, fu da prima chiesta dal popolo e fatta per il popolo in una chiesa (1); poi entrò fra gli insegnamenti dello Studio fiorentino, non però come cosa a sè: aliquando chi insegnava rettorica accanto agli auctores majores, i latini, doveva legger Dante, che venne così a ricevere pubblicamente il battesimo di scrittore classico. Dei lettori che succederono al Boccaccio non abbiamo notizie molto precise e sicure. Ora al prof. Marchesini alcuni docu

:

(1) Si scrive ordinariamente che il Boccaccio sponesse il divino poema in S. Stefano al Ponte Vecchio. Ma il prof. Dazzi ci faceva avvertire la inverosomiglianza che si fosse scelto per tal cosa quel luogo doveva essere invece S. Stefano di Badia. E Benvenuto da Imola infatti al v. 97 del c. XV del Paradiso scrive .... in interiori circulo est Abbatia monachorum sancti Benedicti, cuius ecclesia dicitur Sanctus Stephanus, ubi certius et ordinatius pulsabantur horae quam in aliqua alia ecclesia civitatis; quae tamen hodie est satis inordinata et neglecta, ut vidi, dum audirem venerabilem praeceptorem meum Boccacium de Certaldo legentem istum nobilem poetam in dicta ecclesia. >

menti tratti dai quaderni d'uscita della Camera del Comune di Firenze, permettono di determinare in quali anni abbia letto nello Studio Filippo Villani. L'A. premette che « il non trovare nei quaderni di un dato anno la partita di pagamento a un dato lettore non ci licenzia in nessun modo a dire ch'egli in quell'anno non abbia letto », perchè probabilmente << i camarlinghi del Comune si limitavano a pagare al camarlingo degli Ufficiali dello Studio, o a chi per esso, la somma complessiva destinata pro dando solvendo et convertendo in salariis doctorum, pensionum domorum et aliarum opportunitutum.... Studii, onde i pagamenti a' singoli lettori non avevano più luogo a comparire, salvo eccezioni (forse di cattedre, per così dire, soprannumerarie), nei registri della Camera Comunale ». Avverte pure che non tutti i quaderni dell'uscita sono pervenuti fino a noi; e, per parte sua, non garantisce che in mezzo a migliaia di nomi non gli sia sfuggito in qualche posto quello di Filippo Villani. Del quale ha trovato dunque menzione la prima volta nei registri del bimestre per il dicembre 1391 e il gennaio 1392: Heliconico viro domino Filippo Villani, deputato ad captedram lecture Dantis Aldighierii, vatum modernorum eximii, pro tempore et termino unius anni initiati die XVIII octobris proxime preteriti, cum salario florenorum centumquinquaginta pro anno, sibi solvendo in duabus solutionibus, ecc. Nei quaderni dell'aprile-maggio 1392 è registrato il pagamento della seconda rata del medesimo anno. Poi per gli anni seguenti, fino al 1397, non venne fatto all'A. « di ritrovare il nome del Villani; ma nel 1397 egli è di nuovo cletto e deputato a leggere esporre e dichiarare il Dante, per un anno a partire dal 1° gennaio, con lo stipendio, questa volta, di soli fiorini 80. Il prossimo anno scolastico, che fu il 1397-98, venne riconfermato alla medesima cattedra per due anni a far tempo dal 1° novembre '97, e lo stipendio gli fu portato a 100 fiorini; e in tutt' e due gli anni lesse regolarmente, come dimostrano i pagamenti delle rate semestrali ». Per il 1399-1400 e per il 1400-1401 il M. non ha trovato alcuna partita a favore di messer Filippo : che però egli leggesse nel 1401-1402 deduce da un documento del quale ha cercato invano l'originale, ma « che ci è noto per via di estratti attendibilissimi. » Risulta da questo documento che « il Villani venne eletto per un anno a contare dal 18 ottobre 1401 con lo stipendio di 80 fiorini e con l'obbligo di leggere nello Studio i giorni di festa. La qual lettura è molto probabile, sebbene non ne abbiamo prova sicura, che gli sia stata confermata negli anni immediatamente seguenti, poichè tre anni più tardi, il 13 ottobre 1404, la Signoria ordinava agli Ufficiali dello Studio di nominarlo a spiegare la Commedia · modo et forma hactenus per eum usitatis'. Questa elezione doveva essere per cinque anni, con lo stipendio di 50 fiorini l'anno: se non che sulla fine del 1405 lo studio fu chiuso, nè si pensò a riaprirlo fino al 1412. In tale anno troviamo succeduto al Villani, come lettore della Divina Commedia, Giovanni Malpaghini da Ravenna. >>

ATTI E COMUNICAZIONI DELLA SOCIETÀ

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COMITATO PROVINCIALE MILANESE. Anche a Milano si è costituito un comitato provinciale della Società, che ha già procurato ad essa buon numero di nuove adesioni. Ne è presidente il senatore GAETANO NEGRI, vicepresidente il prof. FRANCESCO NOVATI, segretario il prof. MICHELE SCHERILLO, tesoriere il prof. LUIGI ROCCA, consiglieri i signori prof. LEANDRO BIADENE, comm. GIU

SEPPE GIACOSA, prof. VIGILIO INAMA, dott. EMIDIO MARTINI come bibliotecario della Braidense, prof. G. A. VENTURI. Presto si inaugurerà solennemente la costituzione del Comitato con una pubblica adunanza, in cui a un discorso del presidente sulla storia della Società, seguirà una conferenza del prof. Novati sopra le fonti medievali della Divina Commedia.

NUOVI SOCI. Si sono ascritti recentemente alla Società: come socio promotore, il barone GIOVANNI RICASOLI FIRIDOLFI, Firenze; come soci ordinari, i signori ed istituti seguenti:

Agliardi Luigi, Milano.

Albicini march. dott. Alessandro, Bologna.

Arietti prof. Giuseppe, Torino.

Banti prof. Carlotta, Milano.
Barzellotti prof. Giacomo, Napoli.
Beck dott. Friedrich, Neuburg a. D.
Beltrami arch. Luca, deputato al Par-
lamento, Milano.

Biadene prof. Leandro, Milano.
Biblioteca (R.) di Parma.
Bibliothèque Universitaire, Grenoble.
Bisi Albini Sofia, Milano.
Boito Arrigo, Milano.

Brambilla dott. Rinaldo, Milano.

Calvi nob. Felice, Milano.
Capelli Luigi Mario, Milano.
Carbonelli Pierina, Milano.
Collegio Alessandro Manzoni, Merate
in Brianza.

Comi prof. Antonietta, Milano.
Convitto Nazionale Cicognini, Prato.
Crespi avv. cav. Camillo, Milano.

De Marchi prof. Attilio, Milano.
De Marchi prof. Emilio, Milano.
Dobelli Ausonio, Milano.

D'Ovidio prof. Francesco, Napoli.

Finali comm. Gaspare, senatore del Regno, Roma.

Fogazzaro prof. Antonio, Vicenza.

Galante Anna, Milano.

Giacosa comm. Giuseppe, Milano.
Giussani prof. Carlo, Milano.
Gregory Olga, Milano.

Greppi conte Emanuele, Milano.
Guastalla colonn. Enrico, Milano.
Gugelloni prof. Giuseppina, Milano.
Guicciardi dott. Decio, Milano.
Hoepli comm. Ulrico, Milano.
Inama prof. Vigilio, Milano.
Kerbaker prof. Michele, Napoli.

Lampertico comm. Fedele, senatore del Regno, Vicenza.

CARLO DRIGANI, Responsabile

Lattes prof. Elia, Milano.
Lesca prof. Giuseppe, Pisa.
Magnocavallo Arturo, Milano.
Mariani prof. Carlo, Milano.
Morosini Ilda, Milano.

Negri Ada, Milano.

Negri comm. Gaetano, senatore del Regno, Milano.

Nicolussi Giovanni, Milano. Nigherzoli prof. Vittorio, Cremona. Papengouth Nicolao, Milano. Pellegrini prof. Flaminio, Vigevano. Pellegrini prof. Francesco Carlo, Li

vorno.

Pestalozza dott. Uberto, Milano.

Ratti sac. dott. Achille, Milano.
Rotta Paolo, Milano.

Rusconi prof. D. Pietro, Milano.

Sanesi prof. Ireneo, Reggio Calabria.
Sanvisente Bernardo, Milano.
Scaetta avv. Valerio, Bardolino sul
Lago di Garda.

Scuola (R.) Normale Superiore di
Pisa.

Scuola superiore femminile Alessan-
dro Manzoni, Milano.
Sensi prof. Filippo, Milano.
Silvestri Teodolinda, Milano:
Tedeschi Rosa, Milano.
Treves comm. Emilio, Milano.
Treves Virginia, Milano.

Venturini dott. Luigi, Milano.
Vignati comm. Cesare, Milano.
Vigo Magenta Pia, Milano.
Visconti-Venosta Emilio, senatore del
Regno, Milano.

Visconti-Venosta comm. Gino, Milano.
Volpi prof. Guglielmo, Arezzo.
Volpi-Bassano Alessandro, Milano.
Wechssler dott. E., Halle.

Weillschott cav. Filippo, Milano.

Werner Adolfo, Milano.

Zazzi Maria, Milano.

307-1896. Firenze, Tip. di S. Landi

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Annunzi

Sommario: E. G. PARODI, La rima e i vocaboli in rima nella Divina Commedia. bibliografici (Pubblicazioni varie di P. Rajna, M. Scherillo, F. D' Ovidio, F. Torraca, P. Toynbee, R. Petrosemolo).

LA RIMA E I VOCABOLI IN RIMA NELLA DIVINA COMMEDIA

Mentre il divino poema è da cinque secoli frugato e rifrugato, negli angoli più nascosti, per chiarirne gli oscuri enigmi dei simboli e delle allusioni storiche, per metterne in luce i profondi intendimenti morali e politici, infine per misurare e determinare l'estensione e la configurazione dei tre regni oltremondani, manca pur sempre un lavoro complessivo sulla lingua di esso, che ci esponga con precisione scientifica in quanta parte Dante attinse al tesoro comune della lingua del tempo e in quanta parte fu innovatore, e ci dia modo di apprezzare, anche sotto questo rispetto, gli scopi, i motivi determinanti, l'efficacia e le deficienze dell'arte dantesca.

Utili ma sparsi contributi furono portati a codesto lavoro nei tempi pas. sati, giacchè ad esso s'applicarono un po' tutti, con varia fortuna, dai primi commentatori al Borghini e al Nannucci; e quest'ultimo in ispecie raccolse un immenso materiale di lingua antica, illustrando o tentando di illustrare l'uso di Dante, e di giustificare quelli che a troppo corrivi espo sitori erano sembrati arbitrî del poeta, stretto dalle necessità della rima. In questi ultimi anni apparve la nota memoria dello Zingarelli (1), che ha confini sufficentemente estesi; ma, se il Nannucci, nonostante la sua vastissima conoscenza degli antichi testi e un singolare buon senso, cade in gravi e frequenti errori, perchè nulla può supplire la mancanza di

(1) Parole e forme della Divina Commedia, aliene dal dialetto fiorentino; negli Studi di filol. romanza, 1. Si può ricordare anche la memoria dello ZEHLE, Laut- und Flexionslehre in Dante's D. C., Marburg, 1886, che contiene utili spugli, ma infine è poco più d'un buon lavoro scolastico.

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