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Nel lib. XII, 44, dove ormai la conoscenza di Dante è esplicita nel Villani, si legge : <e d'altri danni fatti par lo 'ngrato popolo maligno, che discese de' Romani e de' Fiesolani ab antiquo »: è tutto un capitolo sull'ingratitudine fiorentina: onde l'espressione < lo 'ngrato popolo » che precede di poco la parafrasi dei versi danteschi ne appare come un ricordo testuale; e possiamo risalire al lib. VI, 78 E cosí si adonò la rabbia dello 'ngrato e superbo popolo di Firenze », ove i Del Lungo ricorda il Purg., XI, 112-14 « quando fu distrutta La rabbia fiorentina che superba Fu a quel tempo.... »: trattano, entrambi, di Montaperti. E VIII, 39: « il peccato della ingratitudine col sussidio dell' inimico dell' umana generazione della detta gras

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e nulla più ». La cronaca di Martino Polono e i cosí detti Gesta Florentinorum, dei quali, sulla scorta di Tolomeo da Lucca, che se ne valse frequente e fedelmente, possiamo formarci un'idea sicura dalla Cronachetta volgare del ms. Magliab. XXV, 505, rappresentano tipicamente il genere di fonti di cui dispose il Villani: v. il raffronto di B. SCHMEIDLER, fra il Villani ed i Gesta Florentin., in append. agli Studi su Tolomeo da Lucca: Neues Archiv der Gesellsch. f. ältere deutsche Geschichtskunde, XXXIV, p. 752-56. Quanto alla derivazione dei Gesta da una perduta cronaca « ufficiale » di Brunetto Latini ipotesi di Max Laue: v. CIPOLLA, Giorn. stor., V, p. 234 essa è destituita di fondamento.

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1 O. ZENATTI, Dante e Firenze, cit., pp. 4 e 5, n.: il Villani non intese rettamente il pensiero di Dante, poiché solo alla discendenza fiesolana questi apponeva la natura del monte e del macigno; cfr. II, 2 << molti che anticamente erano stati discesi di Fiesole.... ». Lo Z. raffronta nello stesso capitolo del lib. XII «....che Iddio non punisca di presente commesso il fallo, ma quando il dispone la sua potenzia » Par., XXII, 16-18 « La spada di quassú non taglia in fretta Né tardo.... » men certo; e il WICKSTEED, p. 191, adduce quei versi a riscontro del Villani, VI, 87: «Ma Iddio giusto signore, il quale indugia il suo giudizio a' peccatori perchè si riconoscano, ma alla fine non perdona a chi non ritorna a lui.... » sono sentenze troppo frequenti.

2 D. ne' tempi di D., cit., p. 84 e n.

3 Di Provenzan Salvani, VII, 31 (cfr. BUSSON, p. 194): « fu grande uomo in Siena al suo tempo ch' ebbe a Montaperti, e guidava tutta la città.... e era molto presuntuoso di sua volontà » : ....e fu presuntuoso Di recar Siena tutta alle sue mani. Purg., XI, 122-23.

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sezza fece partorire superbia e corruzione.... » : è l'inizio delle sette fra Cerchi e Donati, che « l'una parte si mosse per invidia, e l' altra per salvatica ingratitudine »; i Cerchi, parte selvaggia, « uomini erano morbidi, salvatichi e 'ngrati »; qui, soprattutto nell'esempio << e l'altra per salvatica ingratitudine », è certo da scorgere un'accusa alla recente origine rustica, e doveva esser frequente, come accade pei termini di spregio partigiano, senza contare che l'uso legale, attestato in documenti più tardi, di cives salvatichi per una << quasi- cittadinanza» campagnuola doveva poggiare sopra una denominazione già accolta per la distinzione degli abitanti : non ci vedrei, dunque, se non il comune riflesso d'una voce dell' uso, se la forma stessa di quelle invettive non sembrasse evocare una conferma dai versi dell'antico Bianco; e s'aggiunga la condanna della parte, onde il Villani conchiude la narrazione dell'ingresso di Carlo di Valois (VIII, 49): « E per questo modo fu abbattuta e cacciata di Firenze l'ingrata e superba parte de' bianchi con séguito di molti ghibellini di Firenze, per messer Carlo di Valois di Francia per la commissione di papa Bonifazio ».3 3

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Le tre faville: VIII, 68 « e questa avversità e pericolo della nostra città, non fu sanza

1 G. TRENTA, L'esilio di Dante nella « Divina Commedia », Pisa, 1892, p. 8, n. 2: Par., XVII, 64 << Che tutta ingrata, tutta matta ed empia.... » Cfr. VILLANI, VI, 3, 72 fin., 81 « per la sconoscenza dello 'ngrato popolo »; XII, 102, dove lo scrittore oppone, con grandezza, il giudizio divino al detto degli astrologi: «e quando e' vuole, fa accordare il corso delle stelle al suo giudicio >>.

2 DEL LUNGO, op. cit., pp. 45-46 e 120, n.; VILLARI, I primi due secoli della storia di Firenze, II, p. 115, n.

3 Cfr. VIII, 43: « ed oltre a questo gli diè titolo [Bonifazio a Carlo] di paciaro in Toscana, per recare con la sua forza la città di Firenze al suo intendimento » : v. TRENTA, op. cit., p. 10, n.; Inf., VI, 69 «Con la forza di tal che testè piaggia ». Per l'interpretazione di D., secondo il criterio ch'io seguo, il Villani non può avere se non il valore d'un commento: la sua rispondenza, nei passi dove appare piú esplicito del poeta, non è detto abbia di necessità ad illuminarlo.

(Un esempio chiarissimo, dove tratta di Maghinardo da Susinana, VII, 149: « Ghibellino era di sua

giudicio di Dio, per molti peccati commessi per la superbia e invidia e avarizia de' nostri allora viventi cittadini....» (a. 1303), e VIII,

nazione e in sue opere, ma co' Fiorentini era guelfo e nimico di tutti i loro nimici, o guelfi o ghibellini che fossono » :

Le città di Lamone e di Santerno
conduce il leoncel dal nido bianco
che muta parte dalla state al verno.
Inf., XXVII, 51.

Son due giudizii diversi della condotta politica di Maghinardo chi mirasse ad una fonte comune dovrebbe spiegare Dante col Villani (v. Del Lungo, Dino Compagni, II, p. 496) e accettar quella che potremmo dire l'interpretazione fiorentina e guelfa dei commenti antichi; ma D. giudica, forse con nozione piú diretta, e con diverso sentire, i rapidi mutamenti del signore di Faenza e d' Imola, che ci sono attestati, come avvertí piú d'una volta il Torraca, dalle storie di Romagna).

ma la

Certo, l'espressione stessa di D., con la forza di tal..., può far pensare a Carlo; ma piaggia, con lui, non si può risolvere la sua forza è guidata, è come tutt' una, e propria del pontefice: « E tosto verrà fatto a chi ciò pensa Là dove Cristo tutto di si merca » Par., XVII, 50-51. La chiosa del TOMMASEO (Villani, VIII, 69 «<e i grandi di parte nera e simile quelli che piaggiavano col cardinale » : testo Murat.: «piaggiavano il chardinale », cita il Massera dal ms. Laurenz., pl. XLII, 4) non è che un riscontro lessicale, su cui tornò il Del Lungo; v. per tutto questo A.MASSERA, Il « piaggiare » dantesco in « Giorn. dant. », VII, p. 377: rinnovando un' interpretazione dell'Andreoli egli intende che per oggetto, la parte nera piaggia Bonifazio; e soddisferebbe, se << piaggiare » non valesse che adulare, lusingare nota spiegazione del Boccaccio « dicesi appo i Fiorentini colui piaggiare, il quale mostra di voler quello che egli non vuole.... » cioè nel valore di fingere, s'accorda troppo bene col senso più spontaneo di quei versi e l'allusione a Bonifazio. Quanto al rapporto tra le fazioni pistoiesi e le fiorentine, s'è troppo insistito su alcune affermazioni del Villani, VII, 38, per concluderne ch' egli dia giudizio men retto del Compagni: v. G. LEVI, Bonif. VIII e le sue relazioni col Comune di Firenze, Roma, 1882 (estr. Arch. Soc. rom. di st. patr., V, pp. 19-20: e rinvii al DEL LUNGO, D. Compagni, I, XXV e 195-97) Se il Villani si diffonde sull' origine dei nomi di Bianchi e Neri, nel cap. seguente le cause interne fiorentine della discordia sono esposte chiaramente, e l'esempio di Pistoia vien subordinato a quel « superbio isdegno >> ch' era fra Cerchi e Donati, che allora « maggiormente si riaccese ». Dante aveva inteso nello stesso modo : << Pistoia in pria di Neri si dimagra ».

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96, alla morte di Corso Donati: «questo invidioso portato convenne che partorisse dolorosa fine, che per le peccata della superbia e invidia e avarizia e altri vizi che regnavano tra loro, erano partiti in sette»: credo sia ricordo dantesco, e per il tempo cui si riferisce (i primi anni del 300) e perché l'ordine dei sette vizi capitali, o quello di San Tommaso, o, con poca differenza, d' Ugo di San Vittore, ci avrebbe sempre dato: superbia, invidia, ira. Ed è come un vampo d'invettiva dantesca, ché il Villani, oltre negli anni, si fa piú severo ed amaro ai suoi lib. XII, 55 o maledetta e bramosa lupa piena del vizio dell'avarizia regnante ne' nostri ciechi e matti cittadini, che per cupidigia di guadagnare da' signori, mettono la loro e l'altrui pecunia in loro potenzia e signoría.... »: uno dei capitoli piú indignati e commossi, del buon cittadino che dà esempio a quelli « che sono a venire di migliore guardia ›.

Nei varii passi su Bonifazio VIII (1, VIII, 5 e 6) risulta una comunanza di voci e di giudizi: il capitolo conclusivo, de' suoi morali, ci dà il ritratto che si può dir della storia mondano, superbo, di gran cuore, e << molto pecunioso, non guardando né facendosi grande né stretta coscienza d'ogni gua

1 Zingarelli, Dante, p. 578 e gli scrittori cui rinvia nella n. Ove s'accolga questa rispondenza fra D., Inf., VI, 74-75, e il Villani, cade un'osservazione del PAOLI, in Arch. stor. ital., S. III, vol. XXI, p. 465 : movendo dai riscontri del Busson fra D. e il Malispini (e il B. stesso v'aveva insistito a p. 89, nella chiusa del suo lavoro) onde « l'uso della storia, e propriamente della parte scritta da Ricordano » comincia nella Comedia col Canto X, v. 13, pensa il P. che ciò possa giovare per l'antica supposizione d'una ripresa del poema al Canto VIII, dopo il bando di Dante. Ma anche di per sé, l'osservazione non può riuscire molto conclusiva prima del Canto X, non sono nella Comedia grandi episodi storici, e di Ciacco e Filippo Argenti i cronisti fiorentini non s'occupano.

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<< Grande maestro in divinità [teologia] e in decreto » pel VI libro delle Decretali, a chiarimento di Par., IX, 134-35 «e solo ai Decretali Si studia, si che pare ai lor vivagni » : ma su di ciò, si vedano nei commenti i testi dello stesso Dante.

2 Cfr. II, 15: « e gli baroni di Francia feciono loro re Ugo Ciapetta duca d'Orliens gli anni di Cristo 998. Allora falli la signorìa della schiatta di Pipino e di Carlo Magno ».

3 La dinastia legittima: non « diritto storico reale », come cita il Torraca, ch'è un' espressione troppo moderna perché s' accolga nel Villani.

4 TOYNBEE, Dante's use of « rendersi » etc. in Dante Studies and researches, p. 294. Se queste somiglianze hanno un valore, direi che il Villani ricordava quella terzina, perché proprio con quella esse risultano sole, di tutto il passo. Il cronista ci addita, ad ogni modo, con molta approssimazione quel che doveva contenere la fonte di D., poiché gli sforzi per accordarne la notizia con la cronologia accertata riescono qui superflui: v. la quest, riassunta nel Casini. Quanto al « beccaio di Parigi » (Villani «stratto di nazione di buccieri », ch' egli dà come opinione dei piú) è troppo naturale che movesse dalla fonte, e pare francese (fils de boucher, fi de becer, v. negli es. affini cit. dal Torraca): FARINELLI, Dante e la Francia, I, pp. 57-58.

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Per i versi 46-48 dello stesso canto XX del Purgatorio, di storia più recente, — l' insurrezione fiamminga, vorrei dir che il Cipolla abbia scorto fra i due testi una somiglianza maggiore che non sia in realtà: « Chi volesse trovare, l' uno accanto all'altro, i nomi delle città qui ricordate da Dante, e vederle rammentate proprio per le loro guerresche e infauste relazioni col re di Francia, legga i capi 19 e 20 del libro VIII della Cronaca del Villani. Dante ricorda appunto le città maggiori della Fiandra, quelle ch'ebbero, come la la sovranità in pace, cosí il pericolo delle guerre, e che ogni storia, anche d'oggi, ricorda: Doagio, Guanto, Lilla, Bruggia; e il Villani, che fa il racconto d'una rubellazione cosí fortunosa e tenace, deve naturalmente nominarle.

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Il suo lib. VIII è una delle fonti piú antiche per la storia di Fiandra; egli v'era stato proprio in quegli anni, e dei fatti recenti ha notizie larghe, e impressioni vivaci, e commenti: cosí, per la grande rivolta, e la battaglia di Courtrai, 1302 (ibid.,

Il trattato « De Monarchia », cit., p. 339. 2 << Il cronista fiorentino adoperava proprio la parola rubellare, che riproduce esattamente il pensiero dantesco » CIPOLLA, 1. c.; non è la parola spontanea per designare l'opposizione all'autorità regia, o imperiale, sovrana in genere? V. per es. due volte in V, I le città di Lombardia si rubellano a Federico I; e a Federico II, lib. VI, 20, 21; i Colonnesi si rubellano a Bonifazio, 1. VIII, 23; e per il proposito nostro, VIII, 63, Bonifazio « favorava i fiamminghi suoi ribelli» (di re Filippo), e abitualmente per i casi di Fiandra; e VII, 25 e 30, per le terre di Puglia e Carlo d'Angiò, che quasi non n'era ancor propriamente signore.

3 ZINGARELLI, Lect. Dantis, Purg. XX, p. 45, nella n. 15; e l'osservaz. del PARODI, Lect. Dantis genovese, p. 113, per Guizzante e Bruggia, Inf. XV : << Ai tempi di Dante, parlar delle Fiandre agli Italiani e specialmente ai Fiorentini era come parlar di casa loro.... come oggi di Buenos-Aires ai Genovesi ». V. nello pseudo-Brunetto (ap. TORRACA): al 1297, « e prese e vinse Guanto, Bruggia e Lilla e tutta la contea di Fiandra » ; e Villani, VIII, 19, e di continuo, IX, 310.

4 Lo vediamo citato assai presto, per le matines de Bruges, dall' annalista Jacques Meyer (Annales rerum flandric.): v. Annales Gandenses, ed. FunckBrentano, Paris, 1896. p. V e n. 3.

Giornale dantesco, anno XX, quad. I.

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cc. 55-58), cui mira la profezia dantesca, quale conoscenza degli ordini di battaglia, e dei giudizi e delle voci subito corse, in frasi pur colorite e volgari! L'antica nobiltà e prodezza francese, il fiore della cavalleria del mondo << isconfitta e abbassata dai loro fedeli, e dalla piú vile gente che fosse al mondo, tesserandoli e folloni, e d'altre vili arti e mestieri », da quei << conigli pieni di burro » com'eran nominati per dispetto; e la baldanza del guerriero mercante, che dopo quella vittoria, << a piè con uno godendac in mano avrebbe atteso due cavalieri franceschi! » Non v'è qui riscontro preciso; inoltre, si veda la differenza: Dante, per avventare lo strale della prossima iattura di Filippo, ricorda la battaglia di Courtrai; ma anche perché degli eventi di Fiandra egli risente, nella sua vita ormai divelta dal nido fiorentino, gli echi più sonori, e di quella sconfitta, come lo stupore, fu la conoscenza più vasta in Europa; il cronista, che dispone di più sicura informazione, ed è stato sul luogo, nota con egual cura (VIII,

1 FUNCK-BRENTANO, Mém. sur la bataille de Courtrai.... et les chroniqueurs qui en ont traité, in Mémoires présentés par divers savants à l'Acad. des Inscriptions et Belles-Lettres, Ire S., t. X, pp. 278-79. La fonte del Villani non è in nessun' altra cronaca nota; sulle obbiezioni sollevate, dopo il Muratori, dal PIRENNE (La version flamande et la version française de la bataille de Courtrai in Acad. Royale de Belgique, Compte rendu des séances de la Commission royale d'histoire, IV s., t. XVII, 1890, pp. 38 sgg.), dobbiamo notare che per « fonte fiamminga » del Villani non si può intendere che la colonia » dei mercanti fiorentini il Funk-Brentano crede si valesse di missive dalla Francia e dalla Fiandra. La veridicità del Villani (<< oggi cosí pertinacemente calunniato », Marzi, Cancell. fiorent., p. 72, n. 4, 378-79) era già stata difesa, per i viaggi di Fiandra, dal MASSAI, Elogio cit., pp. XIX-XXI n.; cfr. WENCK, op. cit., pag. 29, n. I V. FRIS, L'historien Jean Villani en Flandre Compte rendu succit., LXIX [V S., X], 1900, p. I sgg.; sui documenti, rilevati dal de Pauw e dal Fris, che attestano il soggiorno del Villani a Bruges nel 1306, cfr. anche DAVIDSOHN, Forsch., III, p. 98.

2 Questo, e non un argomento cronologico, voglio rilevare dai versi danteschi; credo poi che il canto sia stato scritto avanti la morte di Filippo il Bello (non accettando le conclusioni del GORRA, Quando Dante scrisse la « Divina Commedia », in Rendic. R. Istit. Lomb., S. II, XL, p. 236).

76-79) il fine della rivolta, la riscossa del re, la battaglia di Monsimpeveri, quand' egli vide sul campo i Fiamminghi uccisi, ancora non intamati, cui era vietata la sepoltura « ad esemplo e perpetuale memoria»: la penosa ribellione si conclude sotto una luce ben diversa dalla vendetta che Ugo invoca da « Lui che tutto giuggia ».

Dante (Purg., XX, 91-93) e il Villani (VIII, 92) appartengono entrambi al gruppo degli scrittori italiani che affermano l' innocenza dei Templari e l'ingiustizia di Filippo il Bello: ma qui l'accenno di Dante è incisivo e rapido:

senza decreto

porta (r) nel Tempio le cupide vele, 3

mentre il Villani espone distesamente la denunzia di Squino di Floriano e Noffo Dei ; se v'è raffronto con Dante, può trovarsi nelle parole « mosso da avarizia » (che pure sono la spiegazione naturale della violenza) e nelle altre che seguono : « E lo re di Francia e' suoi figliuoli ebbono poi molte vergogne e avversitadi, e per questo peccato, e per quello della

1 Mons-en-Pévele (Mons-en-Puelle): FUNCK-BRENTANO, mem. cit., p. 263, n. 1.

' SALVEMINI, L'aboliz. dell'ordine dei Templari, in Arch. stor. ital., S. V, t. XV, pp. 227-28, ed ampliato negli Studi storici, dello stesso, Firenze, 1901, pp. 93-94 (cfr. LANGLOIS, in Hist. del Lavisse, III, 2, pp. 230-38); a pp. 132 sgg. per la denunzia di Noffo Dei, che infatti ebbe parte nei processi politici del regno di Filippo, e par bene descritto « pieno d'ogni magagna ». La tradizione riuni presto gli artefici, o strumenti, di quelle imprese giudiziarie ispirate dalla stessa causa: v. A. Rigault, Le procès de Guichard, évêque de Troyes, Paris, 1896, pp. 23, 99, 103 e C. PITON, A propos des accusateurs des Templiers, in Revue de l'Orient latin, t. III (1895), pp. 423-32. L' intervento del « priore di Monfalcone », Esquius de Floyrac, o, sui documenti aragonesi, Esquivus de Floyrano, è ormai accertato: v. l'opera ultima e fortissima del FINKE, Papsttum und Untergang des Templeordens, Münster i. W., 1907, I, p. 111, n. 2 e sgg. (anche per la critica del Villani) e II, 83.

3 P. GAUTHIEZ, Lect. Dantis, 2a del Purg., XX, pp. 29-30, vi scorge la nave dello stemma di Parigi (onde prova che D. vi sia stato); è meglio richiamare una considerazione del BETTI, Scritti danteschi, Collez. opusc. dant., 4, p. 121 vela: Feo Belcari, Volgi in verso di Dio tutte tue vele.

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1 Comm. SCARTAZZINI. L'ediz. Muratori: «O che Iddio il dimostrasse per miracolo per questo, o per la presura di papa Bonifazio, il Re di Francia e' suoi figliuoli ebbono poi molte vergogne e avversitadi, come innanzi diremo»: dove la semplice inversione par nondimeno raccostarci di più a D. Il CIPOLLA, mem. cit., p. 341, annota il riscontro di alcuni commentatori fra Parad. XIX, 118-20 « il duol che sopra Senna Induce falseggiando la moneta Quei che morrà per colpo di cotenna » e Villani, VIII, 58 << per fornire sua guerra si fece falsificare le sue monete »: questa accusa, insussistente, fu originata dalle variazioni monetarie di Filippo il Bello: v. A. Franco, Numismatica dantesca, Fir., 1903, pp. 14-17 e FARINelli, op. cit., p. 64, n. 1. Per la morte, Villani, IX, 65: v. BOUDON DE MONY, La mort et les funérailles de Phil. le Bel, in Biblioth. de l'École des chartes, LVIII, p. 8, n. 6.

2 La guerra del Vespro sicil., Mil. 1886, vol. III, p. 125. Liber Jani de Procita : « E tornoro in Palermo, e cominciono a gridare, muoiano, muoyano y francieschi. E furono in su la piaça tuti armati.... E incontanente gridarono, muoya, muoya y francieschi » ; Leggenda di Messer Gianni di Procida (preced. al Liber Jani, AMARI, p. 216): « Tornaro in Palermo e cominciarono a gridare: muoiano i Franceschi, e fuoro in su

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denti. Noterò invece che quel grido di sterminio, agitato, espressivo, certamente, ch'è in Dante e nel Villani, ricorre in ogni descrizione di rivolta: << per la mala singnoria ch' elli usava, a furore di popolo.... con grande romore gridando: Muoia, muoia! fu preso... >: non pare una fonte assai piú vicina ai versi di Dante? V'è pur la mala signoria; e questo passo è nello Pseudo-Brunetto, ove descrive l'insurrezione di Pisa colla forza dell'Arcivescovo degli Ubaldini » contro il conte Ugolino. Merita maggiore considerazione un' altra frase del Villani (cap. 57): « che i Franceschi teneano i Ciciliani e' Pugliesi per peggio che servi»: è la giustificazione naturale, e storica veramente, del Vespro, sebbene sia come impoverita dalla leggenda delle brighe di Giovanni da Procida: la giustificazione che campeggia, sola, nei versi di Dante, ed inclino a riconoscerne l'eco nel Villani. Comunque, in questo passo non abbiamo piú la rispondenza testuale, su cui volge la discussione, ed avverto qui, come accadrà anche in seguito, che i due problemi sono distinti, quello delle tradizioni storiche di cui possono

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la piazza tutti armati.... incontanente gridando muoia, e cosi furono tutti morti ». Il giudizio dell'Amari, p. 230, che l'autore del Chronicon Promense (R. I. SS., nuova ed., Bonazzi, p. 43 « Et incontinenti quasi vox de celo procedens Moriantur, moriantur Francisci.... >>) non attingesse ad altra fonte scritta, ma avesse << raccolta la voce popolare che corse immediatamente dopo il fatto », deve attribuirsi alla datazione del Muratori (-1308), mentre il Chron. giunge, sebben frammentario, sino al 1338.

1 O. CARTELLIERI, Peter von Aragon und die sizilianische Vesper, Heidelberg, 1904, pp. 223-235, e G. B. PALMA, Lu rebellamentu di Sichilia, in Arch. stor. sicil., N. S., XXXV, pp. 399 sgg. Converrà ritornare sopra il giudizio della relaz. Sicardi (FIORINI, Dei lavori preparatori, cit., p. 42).

.2 Ap. VILLARI, I primi due secoli della storia di Firenze, vol. II, pp. 249-50.

3 Né gli fu misurata la giusta lode v. le maggiori addotte da L. ROCCA, Lect. Dantis, Parad., VIII, Fir. [1903], p. 28. Contraddirebbero i versi dell'Inf., XIX, 97-99, posti a fronte del Villani, VII, 54: « e per moneta che si disse che ebbe dal Paglialoco, acconsenti e diede aiuto e favore al trattato e rubellazione ch' al re Carlo fu fatto dall'isola di Cicilia ». La mal tolta moneta costituisce la colpa di Nicolò, e quando il poeta lo rampogna: E però guarda ben...., che ben la conservi, nella borsa dove s'è fitto, addita in

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