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branza dantesca » in Villani VII, 6 (5, per l'ediz. Murat.) « pur vinsono la punga alla porta » Inf. IX, 7: v. PARODI, La rima e i vocab. in rima nella D. C., Bull. N. S. III, p. 104, e, del Parodi stesso, esempi perspicui dell'uso comune a raffronto di D., Bull. N. S. VI, p. 16-17. E cosi l'uso transitivo di arrosero, notato dal FIAMMAZZO (L'Alighieri, II, 229); la città.... partita (Vill. VII, 56), il fiotto (XII, 54), e gli altri numerosi riscontri all'uso dantesco: fra i quali ricordo il passo del lib. VII, 113, perché mi sembra sia di quelli ove deve considerarsi il gruppo di mss. cui s' accorda l'ediz. Muratori.: « e tutta parte ghibellina d'Italia n'esaltò (v. Riccard. 1533): manca nell'ediz. Moutier (v. Riccard. 1532): ma si cfr. VI, 87 << Tutta la parte imperiale di Toscana e di Lombardia molto n'esaltò ». Una rispondenza testuale, che non può attribuirsi che all' uso, trovo, ad es., nella cronachetta del ms. napoletano, derivata dai Gesta florentinor. (in HARTWIG, Quellen u. Forsch. sur ältesten Gesch. der Stadt Florenz, p. 281): « salvo Conticino lo qual morio nella prigione di Karlo » : Purg., XI, 137. Lo stesso valga per i nomi geografici (V. BELLIO, Le cogniz. geografiche di G. Villani, Roma, 1903): « infino nel ponente allo stretto di Sibilia e di Setta » Villani, I, 4, Inf. XXVI, 110-11; e Majolica, Brandizio, Tanai, ecc.: erano forme normali. Cosi Guizzante, XII, 68 per Wissant, e basta una considerazione glottologica elementare - rassicura che la stessa città, e non Cadsand, sia indicata da Dante, Inf. XV, 4: TOYNBEE, in Dante Studies and researches, p. 270-71, Torraca, Di un commento nuovo, p. 31; la Catona, Par. VIII, 62, può trovar conferma nell'uso del Villani, VII, 63: cfr. S. DE CHIARA, Dante e la Calabria, ed. cit., p. 56 e 58; ed Era per Loira : HAUVETTE e SALVIONI, Bull. N. S. XVI, p. 52-53.

1 CIPOLLA, Di alc. luoghi autobiogr., p. 388.

2 < Loquela tua manifestum te facit »: è una frase generica. « O gente umana perché poni il core.... >> = « Divitiae si affluant, nolite cor apponere » Ps., LXI, 11; Passo che faccia il secol per sue vie » = << In viis suis, in semitis saeculi » IER., XVIII, 15: cfr. CAVEDONI. Raffronti tra gli autori biblici e sacri e la « Div. Comm. », nella Coll. Passerini, Città di Castello, 1896, p. 66, 85. « Ché saetta previsa vien piú lenta » = << iaculum praevisum minus ledit »; DEL LUNGO, Lect. Dantis, Par. XVII, p. 21 n. O simili a citazioni, come i

se il suo pensiero ricorre a quel passo perché v' ha ammirato un' immagine, perché ha voluto adeguarne la bellezza, allora di quell'ispirazione riman chiaro com' egli l'abbia ripresa, o contesa, o dominata: 1 cosí per tutte le fonti virgiliane :

conosco i segni dell'antica fiamma !

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Da una profonda cittadinanza ideale muovono le due opere piú vastamente espressive della Firenze d'allora, e l'esempio non si distruggerà piú nella storia d'Italia; il Cipolla ha penetrato lucidamente questa condizione

passi d'Orosio per Semiramis (« ut cuique libitum esset liberum fieret ») e Tamiri (« sanguinem sitisti.... »): TOYNBEE, Dante's obligations to the Ormista, in Dante Studies and researches, p. 128 (trad. ital., S. I, p. 22-23). Per l'« alta gloria » istoriata di Traiano, alcuni appigli, piú che al Fiore di filosofi, alla Vita di S. Gregorio, di Giovanni Diacono (v. GRAF, Roma, II, p. 19 n.) non possono compararsi alle somiglianze che troviamo col Villani; e poi, si osservi che l'analogia, per provare davvero, dovrebbe mostrarsi su fonti volgari. (Cosí mi pare risulti anche dai raffronti istituiti dal BARBI, La legg. di Traiano nei volgarizzam. del Breviloquium de virtutibus di fra Giovanni Gallese, Fir. 1895, p. nozze: la traduz. A che ha le maggiori somiglianze col testo dantesco devia per l'azione di esso: « Successor meus » è naturalm., con gli altri volgarizzam., « Il mio successore », non « Chi sirà dipo' me, la farà » Chi fia dov' io La ti farà -: dal testo latino, senza ragioni di verso, non era necessario: e poco dopo, << E che gloria a te l'altrui ben fare »; cfr. PARODI, Bull. N. S. VI, p. 15-16 e n.). I testi latini, classici o medievali, sono manifestamente in una condizione diversa la versione stessa, temperata, variata, adombra la forma primitiva; nel caso del Villani, sarebbero trasposizioni delle stesse parole e già quasi « per legame musaico armonizzate ». Uno dei passi di cronisti che meglio recano la suggestione dantesca, è il ritratto di Manfredi in Saba Malaspina « homo flavus, amoena facie, aspectu placibilis »; se non proprio in questa, in una descrizione cosí avrà D. cercato il volto del principe ch'egli salva: Biondo era e bello e di gentile aspetto. Di Adriano V. Purg., XIX, 103 « un mese e poco più », da Martino Polono: sedit mense uno, diebus novem ».

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3 <<< Facesti come quei che va di notte.... » : si cita l'immagine di sant' Agostino « O Iudaei ad hoc ferentes in manibus lucernam legis, ut aliis viam demonstretis, et vobis tenebras ingeratis»: Cavedoni, p. 75; ma v. nei commenti moderni come si renda difficile un riscontro esatto.

Giornale dantesco Anno XX, quad. I.

delle origini fiorentine della storia italiana,' e mostrato ancor una volta come i piú sottili problemi stieno dove tutto appar chiaro, e come le indagini piú rigorose sospingano al rapporto iniziale tra i fatti ed il pensiero che li rappresenta. La storia italiana fu condotta sulla trama delle cronache fiorentine, ne accolse i limiti, e soprattutto ne seguí la composi

zione.

Il racconto del Villani ch'è una mente povera, uguale, stagnante non sorge da un' indagine attenta, che voglia ordinare la serie dei fatti, né da una rianimazione di essi secondo una propria visione del cronista: non è che il fatto stesso nella media coscienza contemporanea, il fatto com' era saputo e veduto da un fiorentino del tempo, e da uno come dai molti altri, Se l'accordo fra il poeta e il cronista è in quei tratti, che lo riprodurrebbero non fra due, ma fra dieci, cento fonti,

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nel semplice schema della notizia, dobbiamo svincolarci dall' inganno d'un riscontro, che si fa secondario; ma se volge su tutto il giudizio, noi vediamo che in Dante questo è organico, risponde, con insistenza mirabile, a tutta la sua visione; nel Villani è accessorio, aggiunto, perciò derivato.

Veramente noi abbiamo una storia dantesca, la quale trasceglie, limita ed annoda una serie di fatti e di persone politiche, seguendo un'idea che dapprima è soltanto d' opposizione, designa i nemici di un ordine, di una giustizia, di una dirittura politica ch'egli sente offese: un'idea ancora oscura, che s'affatica, e che poi sembra interpretarsi a sé stessa, dominare gli eventi, farsi risoluta ed attiva nel concetto imperiale. È necessario insistere su questo dinamismo del pensiero dantesco; ' l'assunto del De Monarchia non deve apparire come un dato della politica dantesca tutta intera ed in ogni periodo: in quello essa cul

1 Prelez. cit., v. p. 30.

2 Sul valore delle narrazioni sincrone per lo studio del medio evo, v. una questione di metodo storico, in princ. del cit. art. del Levi su Bonifazio VIII e le sue relaz. col Com. di Firenze. Fra i grandi cronisti nelle lingue moderne, questo appare soprattutto in Froissart, il quale è cosí persuaso che i fatti non sono che le loro immagini, che introduce a narrare il testimonio, o anche più d'uno, lasciando come tanti quadri diversi dello stesso avvenimento, invece di comporne una narrazione sua, che sarebbe opera lontana e arbitraria: un « fiore di narratori » è la sua cronaca, e tanto è l'eco di piú campane che fu detta un carillon. È venuto al mondo « en même temps que les faits et aventures », e vi si è compiaciuto : ma sono sempre avventure, e che la storia degli uomini si possa ordinare nel suo insieme, sotto una ragione qualsiasi, egli non pensa nemmeno. Cfr. VILLEMAIN, Cours de littér. franç. Tableau de la littér. au m. a., lez. XIV, ed. Bruxelles, 1840, p. 630: è la parte piú acuta del « confronto » col Villani, sebbene la differenza non sia essenziale; nel Villani, il ricordo dei classici, maestri di storie pur nei poeti, non mira che ad una preistoria leggendaria, può dirsi, di quella ch'è poi veramente la sua narrazione. Fino ai Longobardi, ai Normanni, gli accenni di Dante e del Villani appariscono vaghi e frammentarî (CIPOLLA, La supposta fusione dei Longobardi colla popolazione italiana secondo G. Villani e Gabrio de' Zamorei, in Atti R. Accad. Sc. di Torino, XLV, p. 774-75; TORRACA, Il regno di Sicilia nelle opere di D., nel vol. Nel VI centenario della visione dantesca, Palermo, 1900, p. 134). Lo storico dei fatti antichi è ignoto al medio

evo; essi trattano il passato recente, perché su di esso il pensiero si trasporta per le stesse cause che gli fanno osservare il presente; questo, che fu attribuito allo stato dei mercanti < che davano importanza vera solo alle cose del loro tempo » (SANTINI, Arch. stor. italiano, S. V. t. XII, p. 411), si osserva anche nella fioritura letteraria di Sir Raul e di Ottone Morena: tutta la storiografia « attratta dall'interesse dei fattti contemporanei abbandonò le antiche memorie » (Cipolla, La supposta fusione, cit., p. 776). — Che altro se non la narrazione sanese, nel senso più ricco, della battaglia di Montaperti è quella gesta esultante del ms. chigiano?«< Seguita la storia, racconta e dice.... », cioè l'antico racconto che si mantiene nella tradizione letteraria della città fino al sec. XV: rinvio alla nota del D'ANCONA e BACCI, I, p. 184, di valore definitivo.

La trattazione, ch'è la più recente e, per l'autorità dello scrittore, notevole, di H. FINKE, Dante als Historiker (in Histor. Zeitschrift, III S., 8, p. 473 segg), può sembrare più rigida, come una vasta pittura sullo stesso piano: cf. DEL LUNGO, La | figuraz, storica del m. e. ital. nel poema di D., in Dal secolo e dal poema di Dante. Quanto scrive il Finke della composizione drammatica (p. 494-95) è un riconoscimento delle ragioni dell'arte; ed a questo s’aggiungano le ricerche, dal Bartoli al Gorra, per il soggettivismo storico nella Comedia, le quali consistono in una valutazione parziale dei giudizi di Dante; ora, una trattazione sintetica deve rappresentare quella visione storica ch'è ordine soggettivo degli eventi passati nel suo stesso divenire.

mina e pare concludersi, ma l'ardore stesso della difesa esprime un consentimento interno e quasi novello, vorrei dire una aufklärung.

Per l'insidia di Carlo di Valois, per la città fiorentina ch'essa dirompe e squilibria, Dante guarda con ira alla stirpe di Francia; e nell' età stessa del priorato, l'azione oppressiva di Bonifazio aveva diviso nel suo pensiero la tradizione incrollabile della grandezza di Roma dal giudizio delle passioni tiranniche del papa: sono due avversioni germinate dalla sua breve esperienza politica, nella coscienza d'un cittadino, chiuso nel governo della sua terra, in lotta fra quei partiti. Con l'esilio, l'incrudirsi di questi odî nella solitudine politica, nell' abbandono della parte, sembra invocare un proposito nuovo, un' antitesi effettiva a quelle forze nemiche; e l'idea imperiale gl' illumina la stessa lotta trascorsa, e gli appare come un ordine nuovo, più vasto, in cui l'origine della condizione attuale è pur essa compresa e spiegata. 1 La monarchia francese s'incunea fra il Papato e l'Impero; di quello sostiene l'ambizione terrena per poi asservirlo ed ergersi quasi sopr' esso di contro alla corona di Germania. Gli sembra di poter di

1 Intorno all'espressione dell'idea imperiale, colta nel suo affermarsi graduale nel Purgatorio ed esaltata nel finale Trionfo della chiesa, e poscia per lo ciel di lume in lume echeggiante delusa, v. le belle pagine del PARODI, nell'art. cit. degli Studi romanzi [e la ripresa, dopo le note del Gorra, in Bull., N. S., XV, p. 50]; la tesi, soltanto accennata (p. 47-48 e 52 n. 2), e di cui l'a. annunzia un maggiore sviluppo, << che tutta la costruzione dell' Inferno si accentra in Firenze e in Bonifazio, e il resto è quasi episodico », è già di per sé, con lo studio della Comedia, persuasiva. Debbo ricordare anche le osservaz. del MASI (nella lettura fiorentina Svevi e Angioini) sull'elemento politico generatore del poema storico, onde i grandi silenzi sono spiegati dal profondarsi del poeta nelle lotte contemporanee e soprattutto fiorentine.

2 Un'esposizione animata dei giudizi di D. sulla politica francese, in FARINELLI, Dante e la Francia, I, p. 47 segg.; cfr. HAUVETTE, Dante et la France (extr. de la Grande Revue, 25 juin 1909, p. 16-19), e nel vol. Dante, cit., p. 140 e passim. La crisi profonda del Papato, con la sconfitta di Bonifazio VIII e l'assunzione di Clemente V, è vigilata dalla figura di Filippo il Bello, il quale fu certo, nella sua azione ostinata - e che di lontano doveva apparire enimmatica, come ancora « insolubilmente » agli storici —, di coloro che non lasciano appiglio ad un giudizio

chiarare a sé e ad ognuno perchè tutta l'opera della monarchia francese fu ingiusta; sa la legge che la condanna. Quindi risale alla prima irruzione di Carlo d'Angiò:

La spietata ventura, c'ò vista

per l'altezza del fiordaulis! 1

La storia dantesca comincia, ne' suoi tratti definiti e concordi, con Benevento.

Federico II, che per i moderni è una figura cosí viva, energica, molteplice, che sembra segnare sull'Italia il cammino per il quale rovinerà la sua stirpe e s'inseguiranno i re nuovi, rimane sui confini della cerchia dantesca; onde è osservazione comune che nel giudicarlo pugnassero in Dante la memoria sua guelfa recente e le nuove convinzioni

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ghibelline ». Il Bartoli (Storia, VI, II, p. 37-38) ha forse troppo severamente interpretato i pochi accenni di Dante, sí da opporre loro, come animato di maggior giustizia, il ritratto del Villani; Dante non gli dà minor lode di nobiltà e di studio nel De vulg. eloquentia, I, 12, 3: (ed. Rajna) Siquidem illustres heroes Federicus Cesar et benegenitus eius Manfredus, nobilitatem ac rectitudinem sue forme pandentes, donec fortuna permansit.... >>: il concerto grottesco dei signori d'Italia la tuba dell'ultimo Federico (d'Aragona), la campanella di Carlo II, i corni dei marchesi Giovanni ed Azzo stona le sue note viziose perchè meglio risalti il mecenatismo svevo; e dal verso di Pier della Vigna, il signore, venerato, assolto da quell'ombra straziata, si solleva pur dall' arca in cui il poeta

intermedio; ch' esasperano l'opposizione degli idealisti perché sembrano, negli atti, negarne i principii, o li lasciano alle prese col « savio clerico », Di Nogaret. Cfr. l'opera cit., Philipp der Schöne von Frankreich, del WENCK, e FINKE, Papsttum, ecc. cit., I, p. 91 segg.; CH.-V. LANGLOIS, in Hist. de France del Lavisse, t. III, 2, p. 119; 'HOLTZMANN, Wilhelm von Nogaret, Freiburg, 1898, p. 11 segg.

1 Canzone di Arrigo di Castiglia: cfr. F. SCANDONE, in Studi d. lett. ital., V, p. 334.

2 U. CHIURLO, Le idee polit. di D. A. e di Fr. Petrarca, in Giorn. dant., XVI, p. 20 e n.; FINKe, Dante als Historiker, cit., p. 491-93; VOSSLER, La D. C. studiata nella sua genesi, trad. ital., II, p. 506.

3 VI, 1; cfr., con Inf. X, 119, « e quasi vita epicuria tenne, non facendo conto che mai fosse altra vita», e la sentenza analoga di Salimbene: Tocco, Dante e l'eresia, p. II e 20 [Villani, IV, 30].

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l'ha steso con altri mille; ma è certo che Dante non è risalito fino a lui, a giudicarne l'opera nella sua pienezza, o v'è giunto come la luce orientale che si propaga su d'una vasta città, e delle moli lontane non rischiara che la fronte piú alta, o, s'altre s'interpongano, alcune parti, una statua, un culmo, una torre. Manfredi appare fra le due età, esaltato nella sua bellezza di vittima: la stirpe sveva

non è se non compianta nella Comedia per il sopravvento angioino.

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Il cuore della sua storia è negli anni suoi presenti, onde si dirama ad abbracciare gli eventi immediati. Solo per un'idea, per una volontà convinta a sé stessa di giustizia, per l'invocazione di una prossima realtà imaginata, in ordine alla quale l'uomo finisce per vedere quella stessa in cui vive, può esaltarsi nella storia un' età, e disporsi nell'azione di un dramma; la discesa di Arrigo è in sé una debole e trepida gesta: l'invocazione dei

1 Nel Purg. XVI, 117 << Prima che Federigo avesse briga fu scorto come un rimprovero all' im- Fiorentini vinti o dispersi l'investe del pro

peratore che « ha fallito » cosí ad uno degli intenti della sua missione, il « coordinamento dell'azione sua all'azione di Pietro pe' fini celesti » (DEL LUNGO); ma, oltre al giudizio che di quelle guerre, o ribellioni, troviamo nell' Epist. agli scelestissimi Fiorentini (? 5), la stessa forma aver briga esprime un'azione altrui che stringe Federico, non ch' egli l' inízii, e l'esulare, per quelle lotte, del valore e della cortesia dalla terra rigata dall' Adige e dal Po, non risale a sua colpa: v'erano, anzi, prima di quelle discordie e guerre, suscitate dai nemici dell' Impero. Invece, nel Tesoro, volg. Giamboni, 1. II, c. 29 « Questo Federico.... nel suo imperio fece briga con la santa Chiesa ». All'accenno delle cappe di piombo « che Federigo le mettea di paglia », non si può dare valore profondo di testimonianza. D'altra parte, si può dire che Federico mantenne, nel ricordo degl' Italiani, una grandezza, un' originalità, più che politica, personale: si studiano di ritrarne la figura per l'interesse delle sue passioni: voluttuoso, scettico, crudele; giocondo, industrioso, poeta: è il ritratto di Salimbene (v. CIAN, Bull. N. S. XVIII, p. 85-86); come un « dilettante », un gran signore, un tiranno intelligente: non il campione appassionato di una causa, ed è a vedere quanto il concetto morale pur fuori dei preconcetti di parte e delle alterazioni calunniose potesse nelle menti di quel tempo, dove l'energia individuale non riesce quasi mai a sopraffar, nel giudizio, il valore o la dignità della causa, degl' interessi comuni.

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2 Nel Convivio, IV, 3-4, dove commenta (« Le dolci rime d'amor ch' io solía ») Tale imperò, che gentilezza volse, ch'è Federico di Soave, l'ultimo imperatore dei Romani la sentenza n'è discussa soltanto per la « imperiale maestà » dell' opinante. - Il GORRA (Quando D. scrisse la Div. Comm., nota 2a, in Rendiconti del R. Istit. Lomb., S. II, XXXIX, p. 841-42) ha insistito nel raffronto fra le teorie politiche esposte nel Convivio e quelle del Purgatorio (e su ciò PARODI, rec. cit., p. 9-10); ma che dice il Convivio sulla casa di Francia? Ora a quell' attrito sfavilla la teoria imperiale del De Monarchia e del Purgatorio.

prio sogno, e pur dopo il naufragio la consacra come l'ultimo episodio della lotta medievale, quasi sorreggendo le figure già spente, ostinandosi ad additare come protagonisti l'imperatore e il pontefice, quando già del primo la dignità è mancata, del secondo, dopo la pertinacia e la violenza di Bonifazio, è depresso l'ufficio, e di entrambi costretta la missione universa fra il nuovo disegno delle nazioni che già si afferma con la Francia.

Cosí accade, per chi segua la storia di quegli anni sotto la luce di Dante, che dopo la morte d' Arrigo è il dissiparsi, pei cieli, dell' idea

Le vittorie di Carlo, a Benevento ed a Tagliacozzo, sono attribuite al tradimento, all'astuzia: vedi Pozzi, art. cit., p. 319 segg. Le accuse più gravi a Manfredi (i peccati « orribili ») si trovano nei cronisti più tardi, e da quella tradiz. guelfa mosse l'Alighieri: MERKEL, L'opin. dei contempor. ecc., cit., p. 144-45. Non credo si possa ricostituire un confronto, o una scelta, nel pensiero di Dante, tra Federico e Manfredi, ch' egli abbia voluto salvare almeno uno di quegli <«< illustri eroi », e preferito, su di una corsa leggenda, Manfredi: v. SCARANO, Il Manfredi di Dante, in Riv. d'Italia, IX, II, p. 205 (Bull., N. S., XV, p. 67) e Saggi danteschi, Livorno, 1905, p. 178-79; NOVATI, Indag. e postille dantesche, cit., p. 118.

2 A. CARTELLIERI. Kaiser Heinrich VII, in Neue Heidelberger Jahrbücher, XII, p. 254-66 (come la sintesi degli studi recenti su Enrico); le testimonianze già interpretate con chiarezza e vivo senso storico, in ARMSTRONG, L'ideale politico di D., Bol. 1899, p. 25-26, 37; CAGGESE, Bull. N. S. XIII, p. 114; Torraca, Ibid., XVII, p. 177 segg. Sono poeti dei signori itaiani e dei comuni ghibellini quelli che per tutto il sec. XIV si tramandano « come la coppa dell'ospite greco la tradizione e la speranza della gloria dell'Impero v. RODOLICO, Lect. Dantis, Parad. XXV, p. 12; ma basta, di fronte ad essi, il Petrarca: «Non fate idolo un nome.... ».

imperiale: rimangono sotto una sfera piccola le città piccole, quasi in lotte svalorate d'ogni senso; il cittadino non dirige il suo pensiero politico oltre le mura; e la storia dev'esser ripresa su d'un concetto nuovo, disingannato da quella finzione dominatrice e da quel sogno nobilissimo: può ritrarre, o un moto di cultura che fa capo all'individualismo del Rinascimento, onde il dissidio tra l'organarsi dell' Europa nazionale e il dissolvimento della coscienza morale italiana, che spiega la decadenza: ed è la linea classica della storia, riassunta nell' imperialismo disperato del Machiavelli; o, rinunziando ad ogni ordine drammatico delle opposte vicende, muovere dalle istituzioni cittadine e sociali, lasciando scisse

(come in una specie di federalismo storico) le regioni e gli stati, riflettendo di ciascuno piú che l'atto politico la vita dei gruppi umani, accettando cioè come un << dato » le relazioni esterne e studiandone circoscritte le forme.

APPENDICE

I.

Un passo di Ricobaldo.

Vill., VI, 69 « E nota, che al tempo del detto popolo, e in prima, e poi a gran tempo, i cittadini di Firenze viveano sobrj, e di grosse vivande, e con piccole spese... e molti portavano le pelli scoperte sanza panno,.. e tutti con gli usatti in piede, e le donne fiorentine co'calzarisanza ornamenti1 e le più delle pulcelle aveano venti o piú anni, anzi ch'andassono a marito... » : 2 il capitolo che si raffronta a Parad., XV, 97 sgg., per la descrizione del vivere semplice ed antico in Firenze.

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L' Ozanam aveva ricordato a questo proposito il passo di Ricobaldo, sui rudi costumi in Italia al tempo di Federico II, che si ritrova nel Pomerium, 1297, come nelle successive redazioni della sua opera storica; è una pagina preziosa, come una stampa fiamminga, nel ritrarre l'interno delle vecchie case:

Il libro del Villani è « storia » per largo tratto del '200: la favola appassionata, dalla quale sembra fiorire la sua città, riesce a un immediato risalto di alcune figure, e primo Carlo d'Angiò, severo, regale, aspro nell'opera paropside;... unus vel duo scyphi in familia

sua, e come stupito che non gli sia bastato il valore e la crudeltà ad assicurarla, per un ostile provvedimento di Dio: egli è ritratto dalla coscienza guelfa del tempo, che scorge in lui un campione necessario ». Ma dove la trama storica non è facilmente disposta in un conflitto d'impero, quasi innervata su due o tre linee chiare, emergenti, atteggiate in alcune persone visibili, ferme già nella tradizione e nel poema l'occhio del cronista come del contemporaneo non vede piú nel passato recente se non una congerie di fatti, disgregati, inuguali, discordi; il suo stupore sarà dinanzi all'immensità d'una strage, la rispondenza d'un presagio, lo splendore di una meteora. La storia interna di Firenze, dopo gli Ordinamenti di giustizia, ed il fazioso periodo dei Neri e dei Bianchi, diverrà inerte, inespressiva; l'indizio di una ragione comune, o sociale, si può scorgere nei lamenti del borghese vecchio che registra sui costumi le nuove tendenze; la cronaca procede per minuti episodi, e l'autore li guida come un gregge »; sembra che l'età stessa declini nel crepuscolo.

FERDINANDO NERI.

<< In cenis vir et uxor una manducabant

erant: nocte cenantes lucernis vel facibus

1 Chiarisce «Non donne contigiate », secondo la lettura tradizionale: anche se il testo abbia ad essere << gonne » (v. l'ediz. TORRACA).

2 Testo curato dal Lami, in D'ANCONA e BACCI, I, p. 455-56, ma non varia essenzialmente dalla vulgata; cfr. Busson, op. cit., p. 72-73; G. PIRANESI, Fiorenza dentro dalla cerchia antica, in Rass. nazionale, 1° ott. 1907, p. 457.

3 Poëtes franciscains, p. II.

4 R. I. SS., IX, col. 128 e (nella Compil. chronolog. Sermo de ritibus antiquorum), col. 247. Sulla valutazione cronologica di Ricobaldo, P. FABRE, Sur un ms. nouveau du chroniqueur Ricobalde de Ferrare, in Comptes rendus des séances de l'Acad. des Inscript. et Belles-Lettres, IV S., t. XIX, p. 378-84: giudizio che rappresenta ancora, nelle sue linee schematiche, la posizione attuale degli studi: v. M. LONGHENA, Ricob. da Ferrara e la sua « Orbis et insul. oceanique ecc. » in Atti del sesto congr. geograf. ital., Ven., 1908, p. 328; C. FRATI, Volgarizzam. di un'opera storica ined. di Ricobaldo Ferrarese, in Miscell. di studi in onore di A. Hortis, p. 855 (a p. 859 n. è dato il volgarizz. del capit. « De gli antichi costumi >> dall'Hist. romana abbreviata). Alla nuova ed. di Ricobaldo attende da piú anni l'ALBINI: N. Antol., 1° sett. 1895, p. 52-53.

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