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eius quod debet recipere passionem. Corpora enim terrestria duritiem habent etiam si sint calida; corpora vero aquea indurantur per hoc quod superfrigidantur. Et propter praedictas causas, illi qui sunt multum novi sicut pueri, et etiam senes, sunt immemores, quia corpora puerorum sunt in fluxu propter augmentum, senum vero propter decrementum; ideo in neutris bene retinetur impressio.... Subiungit autem quod similiter propter praedicta, neutri videntur esse bene memores: neque illi qui sunt multum velocis apprehensionis, nec illi qui sunt multum tardae. Illi enim qui sunt multum veloces, sunt magis humidi quam oportet. Humidi enim est facile recipere impressiones. Illi autem, qui sunt magis tardi, sunt etiam magis duri: et ideo velocius non remanet impressio phantasmatis in anima.... ›1

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Ancóra: piú oltre, in fine del trattato, parlando della reminiscenza, e di come è impedita da alcuna disposizione corporale, ripete ciò che ha detto dei ragazzi; e san Tommaso espone: Secunda dispositio impediens est, quod illi qui sunt penitus novi, sicut pueri nuper nati et multum senes sunt immemores propter motum augmenti, qui est in pueris, et decrementi, qui est in senibus.... ».

Adunque, poiché è necessario che rimanga nell'anima l'impressione prodotta dal moto della cosa sensibile, per aversi memoria, quando, per l'età deputata all'aumento o al decremento, si è in molto moto, non si può ritener quel

A bene intender questa dottrina è necessario richiamarsi al precedente paragrafo di Aristotele, il quale è cosí esposto da san Tommaso: « Dicit ergo primo, manifestum esse quod oportet intelligere aliquam talem passionem a sensu esse factam in anima, et in organo corporis animati, cuius quidem animae memoriam dicimus esse quemdam quasi habitum, quae quidem passio est quasi quaedam pictura; quia scilicet sensibile imprimit suam similitudinem in sensu, et huius similitudo remanet in phantasia, etiam sensibili abeunte. Et ideo subiungit quod motus, qui fit a sensibili in sensum, imprimit in phantasia quasi quamdam figuram sensibilem, quae manet sensibili abeunte, ad modum, quo illi qui sigillant cum annulis imprimunt figuram quamdam in cera, quae remanet etiam sigillo vel annulo remoto.... ». Tenendo presente questa dottrina, noi ci spieghiamo mirabilmente le imagini usate da Beatrice e Dante, nel Purg., XXXIII, 64-81, e quella usata nell' invocazione del Par., I, 22-24. Ma di ciò meglio altrove.

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cipit vita nova?

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Si sono date di essa parecchie spiegazioni, le quali tutte si possono aggruppare in due: la prima, che vede il quel nova il significato di diverso da quel di prima, di rinnovellato da un sentimento; la seconda, che vede in esso il significato del latino novus, cioè fresco, recente, ecc.

La prima interpretazione sembra ormai insostenibile, dopo tante obbiezioni, alle quali non ha potuto resistere.

Anzitutto, si è osservato, si rinnova una vita, che ha avuto già un passato pieno, concreto ma dov'era questo passato nella breve vita di Dante, che non serba nessun ricordo di tutto il tempo antecedente a quello, in cui incipit vita nova?

Si è citato l'esempio di quel Muzio, delle Vite dei SS. Padri, (part. I, cap. XLVII), che << voleva incominciare vita nuova ». Io ne cito

Il Gelli avverte (SCARTAZZINI, Comm. lips., III, 622), che Temistio nella Parafrasi sopra il libro della Memoria o Reminiscenza di Aristotele, dice la fantasia nostra un libro, nel quale legge continuamente l'intelletto, e i fantasmi e le imagini serbate da quella sono le lettere. Ma dubito molto che Dante conoscesse la Parafrasi di Temistio, specialmente a quel tempo; come dovea conoscere la Rhetorica ad Herennium, e forse l'operetta aristotelica commentata da san Tommaso.

2 Le varie spiegazioni sono riassunte benissimo nel Commento alla Vita Nuova di G. MELODIA, Milano, Vallardi, 1905.

un altro, della Vita di S. Giovambattista (Vite dei SS. Padri, III, p. 207): « .... e imperò a me conviene incominciare nuova vita ». E posso citare un passo più importante, di s. Agostino; il quale, nelle Confessioni (VIII, 6), ci parla di quel compagno di Pontiniano:

.... turbidus parturitione novae vitae.... ». Sta bene: ma qui si tratta sempre di vera trasformazione di una vita passata, di una vera rigenerazione; che non si può ammettere in Dante.

Si è voluto trovare anche un puntello a questa interpretazione in una frase della canz. E' m' incresce, che tanti punti di contatto ha col principio della Vita Nuova.

In quella canzone Dante dice:

Lo giorno che costei nel mondo venne,
secondo che si trova

nel libro della mente che vien meno,
la mia persona parvola sostenne
una passion nuova,

tal ch'io rimasi di paura pieno;
ch' a tutte mie virtú fu posto un freno
subitamente si, ch'io caddi in terra
per una voce che nel cuor percosse :
e (se 'l libro non erra)

lo spirito maggior tremò si forte,
che parve ben, che morte

per lui in questo mondo giunta fosse : ora ne incresce a quei che questo mosse. Si è detto: ecco qui la passion nuova, che ci mostra il significato preciso della parola nuova: perché la vita nuova, che comincia con quella passion nuova, deve esser la stessa cosa. Ma prima di tutto, il nuova, dato a passione, significa strano, straordinario, come vedremo ; quindi, anche questo dovrebbe significare, dato

a vita. Poi, per aversi la identità della passione con la vita, bisogna spiegar, come pur fecero alcuni, il v. Lo giorno che costei nel mondo venne, per lo giorno che costei apparve agli occhi miei, tenuto conto, che si ha lo stesso fenomeno dello spirito vitale, che trema fortemente. Ma questo è impossibile; prima, perché è un forzare il significato preciso delle parole; poi, perché è Dante stesso, che pone il distacco fra la venuta al mondo e l'apparizione a lui di Beatrice. Infatti, la strofa seguente comincia:

Quando m' appare poi la gran beltate...

È chiaro, quindi, che la passion nuova precede l'apparizione, d'onde comincia la vita nuova di Dante. Ma v'è di piú.

Il ricordo di quella passion nuova, che la persona parvola sostenne, si trova nel libro della mente che vien meno », cioè in quella parte del libro della memoria, nella quale poco si potrebbe leggere; e quindi precede la rubrica incipit vita nova; perciò non vi può esser niente di comune fra i due fatti. E anche le conseguenze dei due fatti sulla persona di Dante li distingue: poiché la prima volta, è lo spirito vitale soltanto che si è commosso: la seconda volta, invece, cioè all' apparizione di Beatrice, è tutta l'anima che si commuove. È necessario, dunque, accogliere l'opinione del Barbi, che Dante imaginasse il suo spirito... in comunicazione miracolosa con quella gentilissima sin da ch'ella comparve alla luce; e questo appunto indica l'espressione passion nuova, cioè straordinaria, meravigliosa.

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Tutto questo si ammette; ma non pare possibile che Dante ricordasse, serbasse ricordo di un fatto accaduto, quando aveva appena otto mesi. Orbene, nel su citato passo del commento tomistico al testo del De memoria et reminiscentia aristotelico, s. Tommaso, dopo di avere spiegato perché i fanciulli del tutto nuovi, cioè appena nati, non possono serbare i ricordi, aggiunge: « Contingit tamen quod ea quae quis a pueritia accipit, firmiter in memoria tenet propter vehementiam motus; ex quo contingit ut ea quae admiramur, magis memoriae imprimantur. Admiramur autem nova praecipue et insolitu: pueris de novo mundum ingredientibus maior advenit admiratio de aliquibus quasi insolitis: et ex hac etiam causa firmiter memorantur... ».

infantile, anche in quella parte ove poco si può Perciò Dante serba impressa nella memoria leggere, il ricordo di quella passion nuova, che sostenne la sua persona parvola, cioè da poco, de novo, venuta al mondo; perché nel passo tomistico è precisa la distinzione fra il primo significato di nuovo, cioè meraviglioso, e il secondo di pueri multum novi, oppure de novo mundum ingredientes."

Conchiudendo, se non possiamo identificare

1 Cfr. Bull. Soc. dant. N. S. XI, 5. S'intende che non può trattarsi d'un fatto reale; ma d'una imaginazione. D'onde si vede che l'elemento mistico non sempre è accresciuto nella Vita Nuova !

2 La stessa distinzione è nella canz. Donna pietosa, fra la novella etate e la nova fantasía.

Giornale dantesco, anno XX, quad. II-III.

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la passion nuova, col punto ove comincia la vita nuova; ne risulta anche che, se prima già Amore avea preso possesso in certo modo della vita di Dante, non potrebbe aversi in séguito, una vita rinnovellata, quando l'apparizione di Beatrice non sarebbe che un secondo momento di quell'amore, il cui terzo momento è il saluto, che Dante ebbe nove anni dopo.

Ma tutti questi puntelli saltano via, appena si presenta l'osservazione capitalissima, che Beatrice, nel Purgatorio (XXX, 115-17) dice di Dante:

Questi fu tal, nella sua vita nuova, virtualmente, ch'ogni abito destro fatto averebbe, in lui, mirabil prova.

Qui vita nuova non vuol dir vita rinnovellata, perché, come osserva acutamente il Rajna, si tratta del principio della vita, ed è detta nuova non rispetto ad un'età che precede, ma ad un'età che segue. Ed io aggiungo che non può voler dire neppure vita mirabile, meravigliosa, appunto perché in essa ogni abito destro non fe' quella mirabil prova, che avrebbe potuto fare.

Or, poiché Beatrice segue (124-126):

Si tosto come in su la soglia fui di mia seconda etade, e mutai vita, questi si tolse a me, e diessi altrui;

e poiché Dante di poco era innanzi negli anni a Beatrice, anch'egli dovea trovarsi sulla soglia o appena entrato nella seconda età. Vuol dire che la vita nuova, nella quale è compreso l'amor di Beatrice terrena, indica la prima età. E siccome nuovo, novello, nell' antica nostra lingua vale spesso giovane, giovanile (e se ne citano. moltissimi esempî); si è conchiuso che la vita nuova è la vita giovanile, la giovinezza.

Ma il Pascoli ed altri, dietro a lui, han fatto rilevare che nella divisione delle quattro età, che Dante fa nel Convivio (IV, 23 sgg.), la prima è l'adolescenza, la quale finisce appunto a 25 anni, dopo i quali Beatrice pone la soglia della seconda età. Si aggiunga che Dante nel proemio del Convivio, affermando di di non voler derogare in parte alcuna alla Vita Nuova, chiama questa fervida e passionata, e la nuova opera temperata e virile; i quali caratteri corrispondono perfettamente a quelli dell'adolescenza e della gioventú, nel Convivio (IV, 24-26). Infatti, egli aggiunge avere scritto la Vita Nuova all'entrata della gioventú, e il Con

vivio già trapassata questa. Adunque, la Vita Nura non può indicar che l'adolescenza.

Ma a tutto questo v'è un grave ostacolo; ché, neanche a farlo apposta, nella Vita Nuova non si parla di adolescenza, ma di puerizia e giovinezza. Scrive, infatti, Dante (Cap. II):

Apparve (Beatrice) vestita di nobilissimo colore, umile ed onesto, sanguigno, cinta e ornata a la guisa che a la sua giovanissima etade si convenia... Elli (Amore) mi comandava molte volte che io cercasse per vedere questa angiola giovanissima; onde io ne la mia puerizia molte volte l'andai cercando... E però che soprastare a le passioni e atti di tanta gioventudine... ». E più in là (XII), Amore gli dice: « ... e come tu fosti suo tostamente da la tua puerizia ». Parrebbe, dunque, che Dante nella Vita Nuova non tenesse presente la fonte del Convivio, che, come ognun sa, è Alberto Magno; e invece non è cosí; anzi è da dire che vi si tenne piú fedele.

Perché scrive Alberto Magno (De Iuventute et Senectute, I, 2): « Etas autem in omnibus etate participantibus in quatuor etates dividitur, scilicet in etatem congruentem tam substantiam quam virtutem; et in etatem standi tam in substantia quam in virtute; et in etatem diminuendi virtutem sine diminutione substantie, et in etatem minuentem tam substantiam quam virtutem. He autem in homine magis note sunt, et ideo in homine nomina specialia receperunt. Quarum prima vocata est puerilis; secunda autem juventus sive virilis (rectius autem vocatur virilis quam juventus, quia juventus ad pueritiam videtur pertinere); tertia vero vocata est senectus; et quarta et ultima senium sive etas decrepita... ».

Dunque, non adolescenza, ma puerizia si chiama la prima età, a cui spetta anche la gioventú; ecco perché Dante usa indifferentemente, nella Vita Nuova, puerizia e gioventú. Che più? Anche nel Convivio non v'è sicurezza intorno al nome della prima età; perché Dante (IV, 19), spiegando i vv. E noi in donne, ed in età novella Vedem questa salute, In quanto vergognose son tenute, scrive: « Poi quando dice: E noi in donne, ed in età novella, prova ciò che dico; mostrando che la nobiltà si stenda in parte dove vertú non sia; e dice: noi Vedem

Cfr. PAGET TOYNBEE, Ricerche e note dantesche, I. Bologna, 1899 (pp. 42-43).

questa salute; tocca nobiltade (che bene è vera salute) essere dov'è vergogna, cioè téma di disonoranza, siccome è nelle donne e nelli giovani, dove la vergogna è buona e laudabile: la qual vergogna non è vertú, ma certo passion buona. E dice: E noi in donne, ed in età novella, cioè in giovani; perocché, secondoché vuole il Filosofo nel quarto dell'Etica, vergogna non è laudabile, né sta bene ne' vecchi, né negli uomini studiosi; perocché a loro si conviene di guardare da quelle cose che a ver gogna gli inducono. Alli giovani e alle donne non è tanto richiesto (dico tale riguardo); e però in loro è laudabile la paura del disonore ricevere per la colpà: che da nobiltà viene : e nobiltà si può credere il loro timore, e chiamare, siccome viltà e ignobilità la sfacciatezza; onde buono e ottimo segno di nobiltà è nelli pargoli e imperfetti d'etade, quando, dopo il fallo, nel viso loro vergogna si dipinge, ch'è allora frutto di vera nobiltà ».

E noi sappiamo che in séguito l'esser vergognosa, o la virtú di Vergogna, è appunto un attributo dell'adolescenza (Convivio, IV, 2325). Sicché, anche qui la vita nuova, l'età novella, che dovrebbe riferirsi all'adolescente, si riferisce ai pargoli ed ai giovani; cioè, come nella Vita Nuova, è un' età che comprende un'età puerizia e giovinezza, formanti un tutto insieme di età fresca e tenera, che potremo anche chiamare o soltanto puerizia o soltanto giovinezza, tenendo presente lo scambio facile dei due nomi nella Vita Nuova; ma, stando ad Alberto Magno, dovremmo dir soltanto puerizia, perché, com' ei dice, questa è la prima età e ad essa sembra appartener la gioventú. 1

Ad ogni modo, comunque debba chiamarsi, sembra probabile concludere che Dante, nel suo libretto, facesse della puerizia e della gioventú una sola età, la prima età dell' uomo, che chiamò vita nuova.

E che la vita nuova sia, comunque debba dirsi, la prima età della vita, appare evidente anche da altre osservazioni.

Scrive Alberto Magno, nel luogo sopra citato « Dicit autem Ptolemaeus has etatum differentias sumi ad lune circulum, eo quod

Aristotele però, nella Rettorica (II, 12) pone la giovinezza come prima età e soggiunge: « nei primi tempi dell'età nulla ricordare ».

luna maxime principatum habeat in corporibus terrenorum propter duas causas vel tres..... Differentia autem circulationis eius est differentia etatum. Primo enim cum accenditur est calida et humida per effectum sicut prima etas; et currit hec usque quo efficitur dimidia, et talis est prima etas. Et deinde calido paulatim extrahente humidum efficitur calida et sicca sicut est elas secunda. Tertio autem cum humido egrediente deficit calidum, eo quod humor erat proprium subiectum caloris; et talis est etas tertia, scilicet frigida et sicca, et talis luna cadens a plenitudine usque ad hoc quod efficitur dimidia secundo. Et tunc frigiditate invalescente inducitur humidum extraneum non nutriens vel augens sed humectans extrinsecum quod est humidum flegmaticum; et talis est etas ultima. Senium sive etas decrepita est que est frigida et humida »,

Ognuno sa che Dante, nel Convivio (IV, 23), si serve soltanto dei rapporti delle combinazioni delle qualità contrarie con le quattro età dell'uomo, sopprimendo la relazione, che Alberto pone, con le varie fasi della luna, corrispondenti alle varie età. Or bene, se la prima fase della luna corrisponde alla prima età dell' uomo, ne consegue che, come in quella la luna si dice nuova, cosí la vita dell'uomo nella prima età deve dirsi nuova.

Ma c'è ancora di più. Quelle quattro conbinazioni delle qualità contrarie, erano poste in rapporto, non solo delle fasi lunari con le quattro età dell' uomo, ma anche in rapporto delle quattro età dell' uomo con le quattro stagioni dell'anno: e ognuno può sincerarsene, dando un'occhiata a due capitoli del Tesoro di Brunetto Latini (trad. Giamboni, libro II, capp. XXX, XXXII), senza ricorrere a trattati piú gravi. E alle quattro stagioni, anche, rapporta le quattro età dell'uomo, Dante, scrivendo: << E queste parti si fanno simigliantemente nell'anno in Primavera, in Estate, in Autunno e in Inverno ». E appunto altri spiegano vita nuova per primavera della vita; perché, come osserva il Pascoli, la vita nella prima età si può chiamar nova, come in latino novum si aggiunge a ver. Io aggiungo qualcosa di più importante.

1 Cfr. Inferno, XV, 19: Guardar l'un l'altro sotto nuova luna.

Ovidio (Amor, II, IV, 45) usa nuova età a indicar la fanciulla:

Me nova sollicitat, me tangit serior aetas. Mentre poi chiama la primavera nuova età dell'anno (Fasti, I, 151):

Omnia tunc florent: tunc est nova temporis aetas; et nova de gravido palmite gemma tumet....

Che più? Cicerone (De senectute, XIX) chiama primavera l'adolescenza: Ver enim. tamquam adolescentiam significat, ostenditque fructus futuros.... ». Ma quel, che è più importante, Ovidio stesso ha una lunga e dettagliata comparazione delle quattro età dell' uomo con le quattro stagioni dell' anno (Metam., XV, 199 sgg.):

«

Quid? non in species succedere quatuor annum adspicis, aetatis peragentem imitamina nostrae ? Nam tener, et lactens, puerique simillimus aevo vere novo est: tunc herba nitens, et roboris expers turget, et insolida est, et spe delectat agrestem. Omnia tum florent; florumque coloribus almus ridet ager; neque adhuc virtus in frondibus ulla est.... Il passo è cosí tradotto dal Simintendi: 1 Or non vedi tu che l'anno si divide in quattro parti, a similitudine della nostra età? però ch'egli è tenero e lattante, simigliante all'etade del fanciullo nella nuova primavera. Allora è l'erba fresca; e, senza parte di fortezza, ingrossa, e non è ferma; e di speranza diletta e villani. Allora tutte le cose fioriscono; e 'l campo, bello del colore de' fiori, giuoca; e ancora non è niuna virtú nelle frondi.... ».

Questo fa proprio al caso nostro; perché la primavera, la nova età dell'anno, è assomigliata alla puerizia, che per Dante costituiva la vita nova.

Ma, se si tien presente il famoso passo, a cui ci siamo già riferiti, del rimprovero di Beatrice a Dante (Purg., XXX, 109 sgg.), in cui si accenna alla Vita nuova, e lo si pone in relazione con alcuni brani del Convivio (IV, 21 sgg.), in cui si parla del seme divino infuso nell'anima umana, non solo per opra delle ruote magne, ma per larghezza di grazie divine; la relazione suddetta, fra vita

Le Metamorfosi d' Ovidio volgarizzate da Ser Arrigo Simintendi da Prato, III. Prato, Guasti, 1850, p. 215

nuova e primavera, diventa gravida di profondi significati, che il Pascoli ha già indicati.

Perché il primo e piú nobile rampollo che germogli di questo seme per essere fruttifero, si è l'appetito dell'animo, il quale in greco è chiamato hormen: e se questo non è bene culto e sostenuto diritto per buona consuetudine, poco vale la sementa, e meglio sarebbe non essere seminato. E però vuole santo Agustino, e ancóra Aristotile nel secondo del

Etica, che l'uomo s'ausi a ben fare e a l' rifrenare le sue passioni, acciocché questo tallo, che detto è, per buona consuetudine induri, e rifermisi nella sua rettitudine, sicché possa fruttificare, e del suo frutto uscire la dolcezza della umana felicità ». Ancóra (23): « .....è da sapere che questo seme divino, di cui parlato è di sopra, nella nostra anima incontanente germoglia, mettendo e diversificando per ciascuna potenzia dell'anima, secondo la esigenzia di quello. Germoglia adunque per la vegetativa, per la sensitiva e per la razionale; e disbrancasi per le virtú di quelle tutte, dirizzando quelle tutte alle loro perfezioni, e in quelle sostenendosi sempre infino al punto che con quella parte della nostra anima, che mai non muore, all'altissimo e glorioso Seminante, al Cielo ritorna.... ».

Ora, come nella primavera, dirò con Ovidio, l'erba è fresca e senza parte di fortezza ingrossa, e tutte le cose fioriscono, per dar frutti nell' estate forte e possente; cosí nella prima età della vita è necessario che questo tallo, cioè l'appetito dell'anima, « per buona consuetudine induri e rifermisi nella sua rettitudine, sicché possa fruttificare.... ».

E questo, appunto, è quello, che non fece. Dante nella sua vita nuova ; e di ciò lo rimprovera Beatrice.

Certo, noi non possiamo affermare che questa dottrina sia già organizzata chiaramente e precisamente nella Vita Nuova; má potremo ammetterne gli elementi, sparsi ancóra, su cui sarà poggiata la dottrina futura del Convivio.

La relazione della vita nuova con la primavera, d'onde veniva il significato complesso di primavera della vita, menava direttamente all'amore; perché era concetto comune, nella poesia anteriore, specialmente occitanica, che il bel tempo, la primavera invi

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