Slike stranica
PDF
ePub
[merged small][ocr errors][merged small][ocr errors][merged small]

Notizie sui grammatici e dittatori dello Studio bolognese, tratte dai memoriali di notai, già esplorati in parte dal Gaudenzi e dal Sarti, tra i quali è quel Guidotto che compose il Fiore di Rettorica; si parla poi di Pier Crescenzi, Tommaso Gozzadini, Giovanni da Viterbo, Soffredi del Grazia, Monte Andrea, Federico Gualterotti, Lambertuccio de' Frescobaldi, Paolo Lanfranchi, Lemmo Orlandi, Tommaso da Faenza, Guido Ghisilieri, Guido Guinizelli, Fabruzzo Lambertazzi, Paolo Zoppo di Castello: tutti o scrittori didattici e morali o rimatori. (4654)

[merged small][ocr errors]
[merged small][merged small][ocr errors][merged small][merged small][merged small][ocr errors][merged small][merged small][ocr errors][merged small][merged small][merged small]
[blocks in formation]
[graphic][subsumed][subsumed][subsumed][merged small][merged small][ocr errors][merged small]

NOTIZIE

[merged small][merged small][ocr errors][merged small][merged small]
[ocr errors]

<< Ed eccoci, signore e signori, per la seconda volta, al termine della « Lectura Dantis », che giova sperare lasci onorata memoria fra queste solenni pareti di Orsanmichele, dall' una delle quali il nome di Giosue Carducci, che volemmo lettore postumo (?) ammonisse lettori e uditori, quanto di grave ed austero e insieme di geniale ed alato debba a sé medesima e all'Italia che l'ascolta, una lettura di Dante : quella lettura che nel 1373 Popolo e Comune di Firenze decretavano fosse sposizione morale e retorica, in servigio anche dei non grammatici, del libro che si chiama el Dante'; e fosse istituzione che dai cittadini d'allora si perpetuasse ai posteri e discendenti', e informativa di aborrimento dai vizi, e di ispirazione a virtú, e di bel parlare '. E lettore chiamavano, ormai contento ne' pensier contemplativi', Giovanni Boccaccio, che il parlare vivo del popolo, l'umile 'volgar fiorentino', sollevato dal Cantore dei tre regni alle sublimità ideali della visione poetica, aveva costituito in sua dignità di prosa rappresentativa della realtà umana, coronando l'opera intellettuale ed arti

stica del glorioso triumvirato toscano, pel quale la letteratura d'Italia conquistava la primogenitura di onore fra le generate dalla lingua e dalla letteratura di Roma. E noi oggi, i 'posteri e discendenti' di quelli uomini del Trecento, alla iterata lettura del Poema dantesco soggiungeremo, in quattro consecutive letture commemoranti il sesto centenario natalizio del suo primo Lettore, le lodi di lui qui dalla cattedra che nel cuor di Fiorenza dentro dalla cerchia antica' ha consacrato perpetuo quel magnanimo vóto del nostro magistrato repubblicano.

<< Sono ormai fra pochi giorni quattordici anni, che da questo nido di auguste memorie della Firenze trecentesca, sotto le volte che ne custodirono le sudate ricchezze, all'ombra dei vessilli delle Arti per le quali essa fu libera e grande, contiguamente al palagio d'una di coteste Arti che riconsacrammo nel nome di Dante, la Lettura del Poema si annunziava come cosa nuova che non tanto si continuasse alla tradizione degli antichi spositori dottrinali, quanto avvivasse, governata da intendimenti critici, e lumeggiasse di sentimenti e affetti, moderni, la interpretazione di quel solenne documento della mente e dell'anima italiana... Verso quell' obietto desiderabile la ermeneutica dantesca ha fatto pur qualche passo da allora; e questa nostra istituzione, non da Firenze soltanto e da Roma, ma da altre ancóra città d'Italia, ha recato e reca al movimento che noi iniziammo, sí lo speciale contributo di non volgari studi su questo o quel Canto, e sí inoltre la diffusa nota di quella genialità che non dev'esser mai disgiunta dalla interpretazione d'una poesia sublime com'è il Poema di Dante. Opera unica al mondo anche per questo: che la sua universalità, e con essa congiunto lo specchiarvisi la soggettività individuale e storica del Poeta, aprono alla critica un campo sconfinato di osservazioni e di riferimenti, la cui mèsse, da quanti piú è raccolta, tanto n'è più ricco ciascuno; com' egli stesso filosofò del bene, ed altri del bello :

che un ben distribuito

i piú posseditor faccia più ricchi di sé, che se da pochi è posseduto.

Su questa linea la Lettura del Poema, e le conferenze dichiarative del suo mistero e della sua bellezza, sono state, ed è desiderabile e sperabile continuino ad essere una libera funzione di vita letteraria italiana da tutte le regioni della patria, che la defunta Italia dei principati, l'Italia illegittima, non avrebbe potuto esercitare funzione, dunque, anche questa, normale funzione di vita, nell'Italia quale, o signori, ci è nel cospetto quale, dai padri nostri dolorosamente sospirata, e nel lungo martirio invocata, ci è dinanzi trionfatrice; nazione rivendicata a sé stessa, che i cinquant'anni della sua politica e morale unità, la pienezza delle sue forze benefiche alla civiltà umana, alla giustizia sociale, al buon diritto delle genti, consolida nelle arti laboriose della pace, afferma tra le armi, suggella col sangue.

<< La Società dantesca italiana, che sulla tomba di Dante nella ospitale Ravenna ha suscitato il lume cui l'oliva de' colli fiorentini alimenta, porterà fra otto anni, nel sesto centenario del Poeta e Profeta, a quel tempio della religione nazionale, non solo l'edizione critica delle Opere che felicemente, ci è lecito dirlo, iniziata, procede alacre (?!) e non interrotta; ma altresi dalle cento voci di questa Lettura d' Orsanmichele e delle altre una nota italica di studio e d'amore, di devozione agli alti ideali che sono l'anima delle cose grandi, di fede nei destini della patria concorde operosa e potente ».

La Lettura di Dante a Ravenna.

Riceviamo da Ravenna, in data 1o giugno :

<< Stamane, nella magnifica sala della Biblioteca Classense gremita di rappresentanze ufficiali, delle più chiare personalità cittadine e di una folla numerosissima ed elegante di signore, ha avuto luogo la solenne inaugurazione della Lettura di Dante che intende soddisfare ad un bisogno spirituale delle classi più intellettualmente elevate, di gustare cioè il Poeta d'Italia e di ridursi in intimità con l'opera divina da Lui lasciata. Il rito augusto d'oggi in Ravenna, custode delle ceneri del Poeta, è stato celebrato con la piú nobile e squisita elevazione d'animo e di pensiero da Giovanni Bertacchi, con un discorso intorno all' opera dantesca e al suo imperituro valore artistico, morale e civile.

« Gli applausi piú vivi, schietti ed entusiastici sono scoppiati di frequente, durante la magnifica orazione di Giovanni Bertacchi; e fra i presenti era l' on. Rava, che vivamente si è congratulato con l'oratore.

<< Prima del discorso, il segretario del Municipio, l'egregio avv. Piccioni, aveva con parola simpatica ed efficace esposte le finalità nobilissime di questa lettura che aggiunge decoro alla città nostra.

<< Dimani mattina l' on. Rava inaugurerà l'Archivio Storico con un discorso nella sala maggiore della Biblioteca Classense ».

Un sonetto inedito dello Zanella a Dante. Lo vediamo nel Giornale d'Italia del 23 maggio. Il primo febbraio 1881 lo Zanella scriveva a Isidoro Del Lungo:

<< Pregato dalla presidenza del Circolo filologico mandavo al prof. Ambrogi un sonetto per l'occasione della festa 27 gennaio passato. La lettera s'è forse smarrita? Il sonetto fu trovato inopportuno? Lo trascrivo per lei. Mi sembra, se non leviamo alta la voce contro il mal andazzo presente, actum sit della nostra letteratura e credo che questo obbligo non stringa fortemente alcun altro più che i toscani.

<< Ecco il pensiero che cercai di porre in quei miei quattordici versi »>.

Il due febbraio Isidoro Del Lungo gli scriveva :

«

<< Rispondo alla sua carissima di ieri, che mi reca un dono cosí gradito come il suo bel sonetto a Dante: nel cui concetto, che io consenta di cuore con lei, credo e spero non aver bisogno di dirglielo.

« Nella commemorazione dantesca del 27 gennaio io non ebbi altra parte (non appartengo nemmeno al Circolo filologico), che di tenere l'invito fattomi di essere io l'oratore. Dopo il mio discorso furono letti i nomi di coloro che avevano risposto all'invito di partecipare alla festa; e tra quei nomi sentii anche il suo. Fu detto altresi, dal presidente marchese Ricci, che le risposte, i componimenti, i telegrammi, ecc., sarebbero raccolti in una specie d' albo da potersi leggere dai soci del Circolo. Ecco quanto posso dirle ».

Dalle ricerche fatte i sonetto dello Zanella non fu pubblicato, e noi dobbiamo alla squisita cortesia dell'illustre professor Del Lungo di poterlo oggi qui pubblicare.

Ed ecco il sonetto:

A DANTE

Abbia Ravenna il fral; ma dentro questa attica Flora, bella ed infelice, ove il tuo Paradiso e tanta festa pria leggesti ne' rai di Beatrice,

dell' italiche glorie a guardia resta. Non vedi? Dal Cenisio alla pendice Etnea trascorse nordica tempesta che al nostro lauro scossa ha la radice. Strane armonie, quali fischiando il vento trae dalle selve caledonie, intende l'aere già pien del tuo divin concento.

Re degl' inni! se cura non ti prende del nido tuo, se il pensier tosco è spento, chi, dal fulvo invasor, chi ne difende?

Voltaire e Dante.

Da uno scritto inedito di Voltaire, publicato nella Revue des deux Mondes da F. Caussy spigoliamo questi suoi curiosi giudizi sulla lingua e sul genio italiano. « ..... In principio del secolo XIV, quando la lingua italiana incominciò ad affinarsi ed il genio de

gli uomini a svilupparsi nella loro lingua materna, furono i fiorentini che dissodarono per i primi quel campo coperto di rovi... Quanto vi era di eloquenza in Italia era racchiusa si può dire intieramente in Toscana. Se ne ebbe una prova ben strana quando Bonifazio VIII diede udienza nello stesso giorno a dodici inviati da differenti Principi d' Europa, venuti a complimentarlo sulla sua accessione al pontificato. Si trovò che quei dodici oratori erano tutti di Firenze ». Per Dante il Voltaire non ha molta ammirazione, benché ammetta esser cosa mirabile che un poema scritto all'inizio del secolo XIII abbia sfidato impavido il passar dei secoli, restando moderno di stile e di forma. Quanto alla Divina Commedia trova « che la lunghezza del poema, la bizzarría e l'intemperanza di un'immaginazione che non sa frenarsi, il cattivo gusto (?) del fondo del soggetto, non impedirono che l' Europa leggesse avidamente quel lavoro e che in tutte le edizioni non si desse all'autore il nome di divino ». Dopo aver fatto queste censure, il Voltaire si degna di tro vare che i versi dell'Alighieri hanno spesso della armonia e dell' eleganza, che il suo stile è naturale, le sue imagini variate, ma che è talvolta ingenuo e talvolta sublime. Quello che avrebbe contribuito al trionfante esito della Divina Commedia, sarebbe stato sempre, secondo il Solitario di Ferney, «< il piacere maligno ch'ebbero i lettori di trovare in un'opera ben scritta la satira del loro tempo ». Però il Voltaire ammette che « se la satira fa valere il libro, il genio di Dante fa valere di rimando la satira. Vi si trovano delle pitture della vita umana, che per piacere non hanno bisogno della malignità del nostro cuore. Dante resterà sempre un bel monumento dell'Italia; quelli che sono venuti dopo di lui, l'hanno sorpassato (?) senza eclissarlo »>.

Dante nel Teatro.

Scrivono da Parigi 13 marzo:

<< La Grimace », recente « Società di arte drammatica », nel suo secondo spettacolo che fu dato al Teatro Michel ha rappresentato La morte di Dante, un poema filosofico in un atto, e in versi, di Edmondo Bastiole, sottolineato da una « musica di scena» tolta a imprestito dal Saint-Saens, dal Grieg, dal Pierné, dal Fauré e dal Debussy. L'orchestra, composta di varii « prix » del Conservatorio, ha commentato il dialogo, sempre alto, nobile e ricco di sincera commozione drammatica.

<< Dante, morendo in mezzo ai suoi discepoli e amici dubita della sua gloria fortunosa. Ma un mendicante, da lui raccolto e che simboleggia l'anima popolare, gli prova che il suo nome vivrà nei secoli, e che la sua gloria rifulgerà siccome il sole ».

Una Storia della Letteratura italiana >> ci annuncia la Casa editrice Francesco Vallardi di Milano. L'opera, largamente illustrata di riproduzioni di

autografi, di manoscritti, di miniature, di ritratti, ecc., sarà partita in tre volumi; dei quali il primo, per cura di Ferdinando Neri, tratterà delle origini e della letteratura nostra fino a tutto il Trecento; il secondo, per Luigi Fassò, del Quattro, del Cinque e del Seicento; il terzo del Sette e dell'Ottocento, per Benedetto Soldati.

E ben venga la nuova storia, la quale avrà carattere divulgativo, e sarà diretta, per la parte letteraria, da Vittorio Cian e per l'artistica da Paolo D'Ancona.

La « Francesca » del D'Annunzio secondo il giudizio di Gustavo Salvini.

F. M. Zandrino, riportando sulla Vita (26-27 maggio) un colloquio da lui avuto con Gustavo Salvini, riferisce tra altro questo giudizio dell'insigne tragico intorno all'opera dannunziana e alla Francesca dantesca.

« La Francesca da Rimini di Gabriele d'Annunzio, rimane certamente il tipo della grande tragedia moderna. É opera grande. Ad essa, io preferisco tuttavia Più che l'amore dello stesso D'Annunzio. È opera teatralmente mancata, ma psicologicamente potentissima. Nella Francesca sono mirabili la forma e il colore storico, e vi sono caratteri (Malatestino, Ostasio, Gianciotto) scolpiti in bronzo. Mancano invece Paolo e Francesca. Il poeta li ha fatti troppo trascendentali. << Ma Paolo e Francesca mancheranno sempre in qualunque tragedia si attenti di rinarrare i settanta versi del quinto Canto dantesco. Lo stesso Dante vi sarebbe inferiore a sé stesso. La situazione ch' egli ha creato è cosí fatta, che quale si sia tentativo di ricavarne una situazione drammatica, deve naufragare nel paragone. La tragedia di Francesca vivente non può che essere umanizzata, e sarà perciò inferiore alla dantesca, che è oltreumana. Nell' Inferno dell'Alighieri, l'amore dei due che insieme vanno è più forte non solo della vita e della morte, ma più forte della stessa Divinità punitrice. Attraverso al loro pianto, nello stesso castigo che li mena trascina e percuote, essi continuano il loro dolce peccato, al di là della vita, per l'eternità. Contro il loro eterno peccato Dio stesso è impotente, ché solo annientando la loro coscienza, ei potrebbe impedirlo! Quale tragedia d' uoNesmini può giungere questa tragedia divina? suna. In tutto il teatro, dirò meglio, in tutta la letteratura antica e moderna io non vedrei una situazione tragica che potesse competerle nell' arditezza divina, se ne togli, forse, per quanto sia soltanto umana, la situazione di Elena Alwing nell' ultimo atto degli Spettri di Enrico Ibsen.

Il Monumento a Dante in Roma.

Poiché di un monumento a Dante in Roma si torna, ahimé, a parlare spesso, sebben, per buona sorte, con poca speranza, almeno per ora, di venire

a una conclusione, non sarà inutile riportar qui ciò che scrive il Colucci nella Vita (14-15 giu. 1913), rifacendo la storia di questa iniziativa.

<< Nella primavera del 1900 ad alcuni soci della Dante Alighieri l'ingegnere Achille Levi accennava all'idea di un monumento a Dante in Roma che significasse la riconoscenza della Patria verso l'im mortale vaticinatore della sua libertà. Tale idea nasceva spontanea allora che l' Italia, commemorando il sesto centenario della visione dantesca, offriva lo spettacolo confortante e lieto di un' alta coscienza della sua storia e delle sue tradizioni.

« La proposta piacque e si deliberò, senz'altro, di costituire fra i presenti un gruppo promotore per la formazione di un grande comitato nazionale, del quale poi fecero parte il sindaco di Roma, il sindaco di Firenze ed altri insigni italiani : Giovanni Bovio, Isidoro Del Lungo, Alessandro D'Ancona, Pasquale Villari. Ma il comitato nazionale non ebbe o non trovò modo di esplicare l'opera propria.

<< Nel settembre del 1901, al Congresso della Dante Alighieri, a Verona, l'ing. Levi propose che la Società stessa avesse fatta propria l'iniziativa di un monumento a Dante in Roma, mettendo a concorso l'autorità e la simpatia che essa gode nella Nazione, e traendo partito dalla sua stessa organizzazione per accogliere le offerte dei cittadini italiani. E l'assemblea fu unanime nell' accogliere la proposta, che trovò una simpatica eco di consensi e di adesione nella stampa della penisola.

<< Poco, dopo nel maggio del 1902, mentre erano vivi gli echi di polemiche suscitate da una proposta partigiana del Consiglio comunale di Roma, Giuseppe Zanardelli presentava alla Camera un disegno di legge per il monumento: si proponeva una spesa di L. 150 mila, aumentate successivamente a 250. Ma la Commissione parlamentare compilò un controprogetto in opposizione a quello governativo, obiettando che con quei mezzi limitati non era possibile onorare degnamente cosí grande nome e proponendo, nel tempo istesso, una sottoscrizione nazionale, in cui il primo firmatario fosse lo Stato. Il disegno di legge non giunse neppure all'onore della discussione, e cadde col chiudersi della Legislatura.

<< Due anni dopo, a Napoli, nel quindicesimo Congresso nazionale, Achille Levi tornò con eloquente parola a ricordare la proposta, ed il ministro onorevole Gianturco, che presiedeva il Congresso, aggiunse fra le acclamazioni che il Governo avrebbe ascritto a suo onore di sciogliere il voto della Dante Alighieri.

« Le vicende parlamentari del monumento si accrebbero di una nuova iniziativa dovuta nel 1908 a 123 deputati di ogni settore politico, tra cui molti bei nomi, come Luigi Luzzatti, Leonardo Bianchi, Guido Baccelli, Fani, Bissolati, Barzilai, Alessio. Il disegno di legge che fu svolto alla Camera dall' on. Al

fredo Baccelli, stanziava nella parte straordinaria del bilancio della pubblica Istruzione una somma di due milioni; ma anche la nuova proposta rimase ad arricchire la collezione dell' archivio parlamentare. E l'iniziativa del monumento continuò a svanire nell'inerzia ufficiale del consiglio Centrale della Dante Alighieri.

<< E sarebbe ormai lungo proseguire nella enumerazione delle date e nel ricordo delle vicende più salienti della storia del monumento. A titolo di onore è qui da aggiungere che Achille Levi, animato da quel fervore di entusiasmo che è una caratteristica cosí simpatica del suo temperamento giovanile, non lasciò passare occasione senza ricordare il debito che la Patria ha verso l'altissimo poeta. E negli annuali congressi della Dante Alighieri, nei pubblici consessi, nelle private associazioni, su per i giornali e per le riviste, con la parola e con la penna, egli — novello Pier l' Eremita fu banditore, di città in città, di un programma onorevolissimo non solo pel monumento a Dante, ma anche, e segnatamente, per lo studio di Dante : erigersi in Roma la casa di Dante che contenga la scuola, la biblioteca dantesca e tutte le memorie del Poeta.

<< Ma quale che sia la forma, onde il popolo d' Italia dovrà attestare la propria riconoscenza al padre dell'italianità, sia essa una statua presso le origini a Piazza del Popolo come scrisse Vincenzo Morello, o un edifizio nel cuore della capitale, secondo la geniale propaganda di Achille Levi, è necessario, prima di tutto, risolvere la questione come la chiamano i pratici del quantum.

<< Niuno vorrà mettere in dubbio che un monumento a Dante in Roma non possa non consistere in un'opera severamente degna del nome che si vuole onorare, e non debba quindi, necessariamente, richiedere l'impiego di una somma cospicua. Come dunque mettere assieme tale somma? In un modo semplicissimo: mediante sottoscrizioni e pubblici trattenimenti intellettuali, che i vari Comitati nazionali della Dante Alighieri dovrebbero promuovere.

Nel programma nobilissimo della Dante Alighieri è appunto il compito di suscitare e mantenere alto, al disopra e al di fuori dei partiti, il sentimento di patriottismo, che è la sola, la grande, la consapevole forza di un popolo nei momenti decisivi della sua esistenza. Quale occasione piú propizia di questa per raccomandare; dentro e fuori i nostri confini, il culto del Poeta, al cui nome si legano con indelebili segni le fortune della lingua, che rese la patria una di tradizioni, di leggi e di costumi? E quale italiano rifiuterebbe il proprio contributo per un'opera cosi doverosa e cosi degna?

<< Ricordo che non appena nel 1900 La Tribuna annunziò la costituzione del Comitato promotore, un connazionale mandava da una nostra lontana colonia una offerta per poter essere il primo oblatore. Quanti e

« PrethodnaNastavi »