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I, 11, 18) va inteso probabilmente come nome di un villaggio nelle vicinanze del Tenna o dell' Ete, i due fiumi che fiancheggiano Fermo (la giovinetta infatti porta il desinare agli « scotitori » che lavorano presso le « rote » del fiume): una fermana da Cásoli (Abruzzo) non avrebbe senso. Per l'interpretazione del passo, su cui fiorisce ormai una piccola bibliografia, mi sia permesso rimandare ad un mio scritto, La Canzone del Castra in Archivum Romanicum, V, 1, 55.69; inoltre il Crocioni, a proposito di questo Cascioli ha affacciato ben più ardite congetture, per cui cfr. Una canzone marchigiana ricordata da D., in Giorn. Stor. d. letter. ital., Miscell. Dantesca, Supplementi n.ri 19-21, pag. 265 e segg.

Il R. con la sua diligente fatica è riuscito cosí a mostrarci << ricomponendo il quadro geografico entro cui a D. appare l'Italia, la suggestiva forza che, nella divinazione dantesca d'una nazione italica, ha l'indistruttibile ossatura unitaria della nostra terra, chiusa fra la zona dei versanti alpini e l'azzurra cintura delle sue marine, cuore dell'Impero, area centrale d'irradiazione civile per necessità di posizione geografica, per maestà di tradizione storica, si rivelò meta ardua, ma di vasti orizzonti, quali intese e vide il maggior Poeta di nostra gente ».

E noi siamo grati, a questo nostro studioso, delle sue diligenti fatiche, compendiate in questo volume vario e complesso, come il mondo che rispecchia e che risuscita.

GUIDO VITALETTI.

ANTONIO MUÑOZ. Roma di Dante. Con 405 illustrazioni. Casa Editrice d'Arte Bestetti e Tumminelli, Milano-Roma, 1921. In-8 grande, di pagg. 420.

Con questo volume dedicato dal valoroso sovrintendente ai monumenti romani a Dante e Roma si colma definitivamente una lacuna, tanto più lamentata in quanto che si è oggi fermamente convinti della presenza del Poeta nella città dei papi. Il Muñoz quindi, interpretando un desiderio degli eruditi e anche dei poeti, ha resuscitato e armoniosamente ricomposto davanti ai nostri occhi tutto un mondo lontano, dal quale affiora a quando a quando il ricordo di Dante, sia che ci parli di Bonifacio VIII e del Giubileo, di Monte Malo o della pina, dell'oltraggio di Anagni o del Bullicame.

Il M. nulla trascura perchè tutti i documenti (bassorilievi, musaici, miniature, vedute, ecc.) convergano ad un unico scopo, quello cioè di darci un'idea esatta di come dovette apparire la città agli occhi dell'Alighieri; e dalle vecchie vie consolari che conducevano a Roma, dalle trecentosessanta torri dentro la cerchia antica, dai ruderi massicci dei monumenti pagani, dalle grandiose basiliche cristiane, dalle minuscole abitazioni del campo Marzio o del Trastevere, dalla vita dei papi e dei nobili a quella del popolo,

sembra elevarsi e fondersi, attraverso mille voci diverse, un poderoso inno alla grandezza della città doma, ma non vinta, deserta di abitanti eppur destinata a ripercorrere le gloriose vie del passato. Tutte le basiliche sono riprodotte, e con esse le torri incastellate, gli acquedotti cadenti, l'agro deserto; ed ecco il Laterano, Bonifacio VIII, i pellegrini con la loro missione ma anche con il loro entusiasmo; ed ecco finalmente Dante, nella cui anima è scolpito a fondo il concetto della grandezza di Roma, centro della podestà civile, legislatrice e maestra delle genti, da cui l'imperatore, indipendente dalla Chiesa, dovrà pur ripetere il suo potere.

Il terzo cap., Summa Petri sedes, è destinato alla basilica di S. Pietro, verso cui, confuso nella calca dei pellegrini, divisi a schiere secondo la loro nazione e salmodianti nelle loro lingue, ci sembra intravvedere i P., urtato forse dai mille fanatici che cercavano farsi largo, battendosi il petto e flagellandosi a sangue e che non certo pensavano che di tutta la grande festa del Giubileo, la gloria maggiore sarebbe stata quella di aver contribuito all' ispirazione della Commedia. Anche qui tutti i documenti iconografici, a cominciare dalle vestigia sepolte nelle Cripte Vaticane, dalla Navicella di Giotto, ecc. sono riprodotte, nè sono trascurati i particolari minori, gli oggetti del Tesoro, le suppellettili sacre, le vesti, i codici, i tessuti preziosi.

Col cap. V, Nel beato chiostro, passiamo in rassegna alcuni dei chiostri più sacri di cui Roma, l'Agro e l'Umbria sono così ricche: il M. è stato indotto a questa sua rassegna più che dal ricordo del chiostro benedettino presso la foce della Magra, in cui l'esule stanco domandava pace all'umile frate Ilario, dalla chiosa di un antico commentatore « Il Paradiso è chiusura de' beati, come lo chiostro è de' religiosi chiusura consolatoria e refrigeratoria ». Ci soffermiamo quindi davanti alle arcatelle sorrette da svelte colonnine, cui sovrastano fregi decorativi e simbolici, per vedere nelle incisioni del capitolo seguente, Ed ora ha Giotto il grido, gli affreschi e i mosaici bizantineggianti che saranno << cacciati di nido» dal nuovo astro che sorge, Giotto. Ricorda il M. che nel 1272 il maestro suo figura in Roma come testimone (Cimabove pictore de Florencia), quindi s' intrattiene su quanto appartiene a Giotto e alla sua scuola, e in modo speciale al Cavallini. Passa poi alla scultura col cap. VII, Magister Arnolfus, cui si deve oltre la statua bronzea di s. Pietro, quella marmorea di Carlo d'Angiò nel Palazzo dei Conservatori, il sepolcro di Adriano V a Viterbo e quello di Bonifacio VIII nelle Cripte Vaticane; ci trasporta, col cap. VIII, Quale del Bullicame esce il ruscello..., a Viterbo la caratteristica e silente cittadina fiorita di tanti tesori d'arte, ci parla dei recenti restauri alla Loggetta dei Papi e a S. Silvestro, del sepolcro di Clemente IV, di Giovanni XXI e di quello supposto

dell'arcivescovo Ruggeri, ci ricorda l'uccisione di Enrico di Cornovaglia (riproduce la miniatura del Codice del Villani della Chigiana); ci fa soffermare presso la chiesa di S. Silvestro, in cui fu compiuto per mano di Guido di Monforte e dei suoi, il delitto e su cui fu dipinto il triste episodio accompagnato da un'iscrizione riportata dalla Cronaca di Matteo Westmonasteriense, e che è stata, dallo stesso M., completamente restaurata. Nelle vicinanze di essa, D. fu colpito dallo spettacolo inaspettato del fumante Bullicame, quindi per la Via Cassia, secondo l'itinerario comunemente seguíto dai pellegrini, il P. si avviò a Roma.

II IX cap., Veggio in Alagna entrar lo fiordaliso, è dedicato agli antichi ricordi e quanto suggestivi! — della turrita cittadina, ne rivediamo le chiese e i palazzi, ci soffermiamo davanti ai sepolcri dei Caetani e alle statue di Bonifacio VIII, ammiriamo i piviali, le tuniche, i paliotti, le mitrie, le borse veramente preziose, sostiamo lungo i saloni o presso le colonne del palazzo in cui risuonò l'oltraggio di Sciarra Colonna. E col cap. X, Spirto gentil, dedicato all' alto Arrigo, ci allontaniamo da quest' interessante volume, degno commento ai ricordi romani (e non a questi soltanto) dell'Alighieri.

GUIDO VITALETTI.

Prof. GIUSEPPE BASSI, Nuovi commenti su Dante. Itinerario del Paradiso (con 4 pag. illustrative). Lucca, Cooperativa tip. 1921; in-8, fig. pagg. 98.Su l'anno della visione; in-8, pagg. 3. Estr. d. Atti d. R. Accad. Lucchese, to. 37°.

11 prof. Giuseppe Bassi di Lucca era già noto ai dantisti per alcuni suoi commenti danteschi che videro la luce fin dal 1899 negli Atti della R. Accademia Lucchese di Scienze lettere ed arti, vol. XXX (e a

parte: Lucca, tip. Giusti, 1899, in-8, pagg. 73). In essi tra l'altro egli sosteneva, con ragioni non trascurabili, che la lonza simboleggiava l'invidia, che lo bel pianeta era il sole, che Matelda era la gentildonna di famosa beltade della Vita Nova, ecc. In occasione del Centenario dantesco egli ha ora pubbli cato questi suoi nuovi eruditi commenti, sui quali ci duole di non potere in questo fascicolo per ra gioni di spazio trattenerci a lungo, come meriterebbero. Non possiamo però tacere la nostra mara viglia nel vedergli ancora sostenere la data del 1301 come quella della Visione dantesca. Vero è che l'A. persiste a credere che lo bel pianeta ch'ad amar conforta (Purg., I, 19) sia il Sole e non Venere I che noi stentiamo ad ammettere per varie ragioni, cioè: 1. per una ragione astrologica, malamente, secondo noi, potendosi dire che il Sole, di cui Dante ha così alto concetto da farlo esempio di Dio (Conr., III, 12 e altrove) e sede nel cielo dei sapienti di vini, dei teologi, influisca per sé amore, quell'amore umano a cui il Poeta nov ancora purificato, potera ben accennare; - 2. per una ragione astronomica, essendo il Sole, al momento dell'arrivo di D. nel Purgatorio, troppo ancora sotto l'orizzonte: solo infatti al v. 115 l'alba vince l'ora mattutina e si può di scernere il tremolar della marina e soltanto col c. II v. 1 il Sole giunge all'orizzonte; e d'altronde, se il Sole fosse stato già per apparire, non avrebbe potuto la fiaccola di Catone essere illuminata dallo splendore delle Stelle australi, le quali avrebber già dovuto aver perduto il loro fulgore; 3. su una ragione filologica, sembrandoci poco felice, se non ridicola, l'espressione far rider l'oriente applicata al Sole, e peggio poi l'attribuire a scorta del Sole che si trovava nell'Ariete ed era da questa costellazione scortato, la costellazione ben più lontana dei Pesci.

P. GIUSEPPE BOFFITO.

CRONACA CRITICA E BIBLIOGRAFICA

D. GUERRI. Le opere minori trascelte e commentate con traduzioni originali e introduzione. Firenze, Perrella, 1922. In-8, di pagg. LXXXIII, 307.

Fa parte della Bibliot. Scolast. Ital, ed è una guida diligente per gli studenti e le persone colte. Precede un'ampia Introduzione dedicata alla Vita Nuova, al Canzoniere, al Convivio, al De Vulgari Eloquentia, alla Monarchia, alle Epistole in cui il G. cerca di rilevare le caratteristiche più importanti di ciascuna opera e al tempo stesso ne segnala la varia importanza e il contenuto poetico, letterario, biografico. L'autore si mostra al corrente delle ultime indagini sopra i molteplici argomenti che presentano interferenze colla sua trattazione ma senza abusare di richiami bibliografici e di pedanterie che oscurerebbero le note semplici ma chiare e vivaci. Gran parte del vol. è dedicato alla Vita Nuova, al Canzoniere e al Convivio del De Vulg. El. il G. riproduce dall'ediz. Rajna i passi I, Ix; I, x; I, x1, xv; I, XVI-XIX; quanto cioè è sufficiente perché si abbia una adeguata idea del testo dai nostri alunni. Lodevoli le traduzioni di cui ha corredato ciascun brano e che proseguono anche per alcuni passi della Monarchia e delle Epistole di cui riproduce la I, II, III. Avremmo voluto ricordato insieme al Rajna, al Witte, al Moore, al Toynbee, anche il Bertalot, la cui illustrazione del Codice Bini ha apportato nuovi fermenti nell'esegesi della Monarchia e del De Vulg Eloq. In complesso un volume snello e per molti rispetti degno di lode.

Ricorderemo inoltre che il G. ha pubblicato, con i medesimi criteri, un commento al testo della Vita Nuova, pur esso pubblicato dal Perrella, in edizione a parte, nel 1922.

G. ZUCCANTE. Figure e dottrine nell'opera di Dante. Milano, Treves, 1921. In-8, di pagg. xv, 279.

L'autore riunisce in questo volume alcuni suoi scritti danteschi pubblicati sparsamente in circostanze e tempi diversi. S'aggirano essi, in gran parte, intorno al pensiero filosofico del Poeta, di cui lo Z.

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LEONARDO OLSCHKI. La Divina Commedia. Vollstän

diger Text, mit Erläuterungen, Grammatik, Glossar und sieben Tafeln. Heidelberg, Julius Groos, 1922. In-8, di pagg. XIX, 640.

È la seconda ediz. del commento apprestato dal giovine professore dell' Università di Heidelberg, ad uso degli scolari di filologia romanza e delle persone colte. Precede una rapida Vita di D., poi il testo, per cui l'O. ha tenute presenti le ediz. del Witte e del Moore e qua e là ha scelto, tra i codici più antichi, le lezioni che alla sua sensibilità e agli scopi della pubblicazione potevano sembrargli piú acute o piú adatte. Ogni canto è preceduto da un breve sommario e costellato da glosse marginali in tedesco, come pure è in tedesco il sobrio ma fine commento, in cui l'O., sfrondando il « troppo e il vano », ha condensato quanto di meglio ha saputo darci la dantologia italiana e straniera in questi ultimi anui. In una prima tavola, alla fine del Purg., l'autore traccia un grafico del Paradiso Terrestre, nella II la forma della mistica rosa con i seggi dei beati, nella III ricostruisce l'Italia centrale nel ricordo e ai tempi di D. (In questa preferiremmo vedere la lezione tra

dizionale Agobbio (Gubbio) ad Aggubbio). Il glossario con le voci italiane e il corrispondente significato tedesco, è redatto con la sicurezza di chi possiede perfettamente le due lingue, con le loro più sottili sfumature e le ultime conquiste della filologia. Segue un indice dei nomi propri, una grammatica dantesca e infine alcune notizie sulla terzina, sul verso, sull'accentazione e sulla rima in D. Quattro tavole fuori testo (l'Inferno, il Purg., il mondo di D. con la posizione delle costellazioni e dei pianeti al 14 aprile 1300) completano questa diligente fatica, frutto di studi severi e di grande amore. Il vol., oltreché agevole per il formato, è stampato nitidamente e su carta cosí sottile che le sue 700 pagg. hanno appena lo spessore di un centimetro. Ed anche questa è comodità non lieve.

C. H. GRANDGENT. The power of Dante. Boston, Marshall Jones Company, 1918. In-8, di pp.

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A C. H. Grandgent noi italiani dobbiamo molta riconoscenza giacché dalla cattedra di letterature romanze dell' Università di Harward, e con una serie di scritti che si susseguono ininterrotti, egli volgarizza il verbo dantesco o s'indugia nella ricostru zione del mondo poetico evocato da D., in conferenze chiare e velate di poesia che gli hanno creato una notevole fama nei centri di cultura americani. Anche alla vecchia Europa non trascura di inviare il risultato delle sue letture e delle sue ricerche: ecco infatti un primo volume in cui sono raccolte le conferenze tenute al Lowel Institute nel 1917 e che segue il suo Dante (1916) e il volume The ladies of Dante's Lyrics (1917). Il libro ha per titolo The power of Dante, e comprende le seguenti letture: I. Faith; II. Morality; -III. Temperament; IV. Experience; - V. Vision; VII. WorkVI. Conception; manship; VIII. Diction. Questi saggi hanno il grande merito di non essere assiepati da citazioni e da richiami, ma di essere redatti in forma piana per cui facilmente possono esser letti e gustati anche da persone non addentro all'ermeneutica dantesca. Il Gr. cerca di approfondire molti problemi relativi alla mistica e all'allegoria degli scrittori medievali e i capit. XI e XII del suo Dante (Allegory; The Medieval Temper) sono tra i più riusciti; le vicende della società e della politica dei tempi di Dante sono esaminati nel cap. II, Society and Politics in the Middle Ages; né manca una larga conoscenza delle visioni e delle leggende che al Paradiso Terrestre e all'opera dantesca in vario modo si riferiscono. L'autore non trascura alcuno dei capisaldi che la critica moderna è venuta conquistando e i tredici capitoli che costituiscono il volume formano un insieme armonico da soddisfare compiutamente alla curiosità del colto lettore.

DANTE. La vita, Le opere, Le grandi città dantesche. Dante e l'Europa. Milano, Frat. Treves edit., 1921. In-4 gr., di pagg. 378.

È un bel volume commemorativo, scritto da dantisti di chiara fama, che gli editori hanno voluto intitolare a D., coordinando il materiale in modo da offrire un'idea possibilmente completa della sua vita e delle sue opere, nonché de' suoi sentimenti rispetto alle città d'Italia e alle nazioni dell' Europa alle quali egli volse maggiormente il pensiero e che del nostro Poeta mostrarono piú vivo culto.

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S. Fatini.

D, e Arezzo. I. Sanesi. D. e Siena. F. P.
Luiso. D. e Lucca. G. Biadego. D. e Verona.
M. Porena. D. e Roma. N. Zingarelli.
D. e il Regno. C. Ricci. D. e Ravenna. S. Mu-
ratori. Il Sepolcro e le ossa di D. M. Mignon.
D. e la Francia. P. Toynbee. D. e l'Inghilterra,
C. de Lollis. D. e la Spagna. G. Gabelli.
D. e la Germania. P. Errera. D. e le Fiandre.
G. L. Passerini. Le biografie di D. - L. Rocca.
I primi interpreti della “Div. Comm.".
turi. D. e l'Arte. G. Fogolari. Gli illustratori
della Comm. ".

A. Ven

CORRADO RICCI. L'ultimo rifugio di Dante. Seconda edizione, con ventidue illustrazioni e diciassette tavole. Milano, Ulrico Hoepli edit., M.CM.XXI. In-8 grande, di pagg. 490.

In edizione di mille esemplari numerati con caratteri appositamente fusi e riccamente illustrato (ben riuscite le 30 xilografie, iniziali e finali del Cisari) ricompare, a trent'anni di distanza, questo bel libro del R., scritto negli anni migliori della sua giovinezza. Com'è noto, gran parte delle sue conclusioni furono accettate, in talune altre invece fu combattuto certo il lavoro era vitale e rimase nella lette ratura danteca: il R. quindi si indusse a rivederlo e ad accrescerlo, l' Hoepli a ristamparlo.

La sua vasta diffusione ci dispensa da maggiori notizie; non sarà inutile però avvertire i cambiamenti più importanti. Dove si parla di Beatrice Alighieri, di Taddea e di Caterina Malatesta, il R. ha corretto; altrove, specie di fronte a incertezze o a polemiche ancor vive, l'autore mantiene e rafforza le sue vecchie opinioni. Il maggior lavoro d'amplia

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DANTE E IL PIEMONTE. Pubblicazione della Reale Accademia delle Scienze, a commemorare il VI Centenario della morte di Dante. Torino, Frat. Bocca edit., 1922. In-4, di pagg. VI, 647.

L'idea di questa voluminosa pubblicazione, attuata con mezzi adeguati, torna ad onore di un comitato di studiosi tra cui il Ruffini, il Cian, lo Stampini, il Patetta, il De Sanctis ecc. i quali fortissimamente vollero che della celebrazione dantesca in Piemonte rimanesse duraturo ricordo.

Il CIAN apre il volume con Il Dante nostro, discorso commemorativo tenuto il 21 giugno 1921 nella Aula Magna dell' Università di Torino, in cui, tra gli altri, svolge ampiamente il concetto dell'umanità e modernità in Dante, irrobustendo la sua indagine critica con note conclusive che ci fanno deprecare ancora una volta il dilettantismo e la tronfia retorica di molte pubblicazioni venute fuori per la ricorrenza del secentenario; C. CALCATERRA s'indugia a lungo su Gli studi danteschi di V. Gioberti (pagg. 42-256); E. PASSAMONTI parla di Cesare Balbo e la sua « Vita di Dante ; L. PICCIONI de La fortuna di D. nell'opera di Giuseppe Baretti; D. BIANCHI istituisce un parallelo: D. e Vittorio Alfieri; F. BARBIERI riprende il tema La « Vita di Dante » di Cesare Balbo; L. NEGRI scrive di Un dantista piemontese in America: Vincenzo Botta; P. EGIDI segnala alcuni Frammenti di codice della Div. Comm. (sono posseduti dall'Archivio Civico di Verzuolo (Saluzzo) e contengono il c. XXIII del Purg. dal v. 40 in poi, i canti XXIV e XXV e i primi 9 vv. del XXVI; un frammento minore i vv. 120-148 del c. XXVIII, i primi 20 e i 121-154 del XXIX, e i primi 12 del XXX; l'autore pensa ad un copista nord-orientale, che abbia avuto sott'occhio un esemplare dell' Italia media con qualche venatura meridionale).

Chiude il volume l'accurato Saggio di bibliografia dantesca per gli antichi stati sabaudi di L. Negri,

diviso in due parti: I) Opere di D.; II) Bibliografia della critica. L'ordine seguíto è quello alfabetico e il compilatore vi apporta ogni sua cura. Questo ed altri lavori del genere sono utilissimi e degni di molta lode se ogni regione d'Italia avesse provveduto alla compilazione di altrettanti indici con la diligenza del Negri, oggi avremmo come risultato positivo delle onoranze dantesche un corpus bibliografico di indiscussa importanza.

DANTE E IL FRIULI (1321-1921). Udine, Tip. Doretti, 1922. In-4, di pagg. vII-200, con 4 illustrazioni.

A cura dell'Accademia di Udine e della Società Filologica Friulana esce il presente contributo che s' inizia con la descrizione dei Codici « Bartoliniano » e « Florio » della Biblioteca Arcivescovile di Udine, di cui sono riprodotte alcune pagg.; A. FIAMMAZZO instituisce opportuni raffronti tra i codici friulani e il testo critico della Div. Comm., dividendo il suo saggio in tre parti: 1. Grafia del testo critico. 2. Spoglio di varianti fra il testo critico attuale e quello di Edward Moore. 3. Raffronti, per un centinaio e mezzo di luoghi del poema, fra il testo critico e i codici friulani. Il Fiammazzo riprende poi la questione del codice Bartoliniano e ci dà un accurato Spoglio di varianti fra il testo critico e quello di questo codice. Il bibliotecario dell'Arcivescovile, G. VALE, s'intrattiene su La dimora di D. in Friuli e su i Codici e studiosi della D. C. in Friuli, cui aggiunge un' Appendice bibliografica. Non mancano gli argomenti e i compendi delle conferenze tenute per il secentenario nella Biblioteca Comunale di Udine. In complesso un contributo diligente e di notevole utilità, specialmente per quel che si riferisce allo spoglio dei codici redatto dal Fiammazzo.

STUDI SU DANTE e sulla scienza del suo secolo. Roma, Casa Editrice Leonardo da Vinci, 1922. In-4, di pagg. XII-344.

È un volume che onora la scienza italiana, e che costituisce insieme ad altri scritti che si allontanano dai nostri studi, il terzo tomo dell'Archivio di storia della scienza diretto da ALDO MIELI. Gli articoli originali sono i seguenti: BEGUINOT A., Le piante nella Div. Comm.; BILANCIONI G., Dante e i medici; BOFFITO G., Distanze e dimensioni cosmiche secondo D.; CASTIGLIONI A., La medicina ai tempi e nell'opera di Dante; EMANUELLI P., L'astronomia in D.; LIPMANN E., Chermisches und Technologisches bei Dante; LORIA G., Le matematiche nel secolo PASSERA

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di D.;
MORI A., La geografia in D.;
E., Le cognizioni oftalmogiche di D.; SARRA R.,
Le cognizioni zoologiche di D.

A questi scritti fanno seguito altri lavori, recensioni, notizie. Il volume è vario e importante ed ha

Giornale dantesco, anno XXVI, quad IV.

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