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Nel cap. 11 del Lib. III vi è un passo che il Vianello traduce cosí (pag. 178): « .... Dio non disvuole quello che ripugna all'intenzione della Natura. E se questo non è falso, non sarebbero neppure false le conseguenze derivanti, perché è impossibile che nelle conseguenze necessarie sia falso il conseguente quando non sia falso l'antecedente. Ma al disvolere di necessità fa seguito una delle due cose, o volere o non volere, come a non odiare segue l'amare o il disamare, perché non amare non è odiare, e cosí non volere non è disvolere, come da sé è manifesto. Se queste proposizioni non sono false, non sarà falsa neppure questa: Dio non vuole ciò che disvuole ». (Il testo dice precisamente il contrario: « Deus vult quod non vult »).

Chi vorrà capire da questa traduzione resterà deluso, e solo ricorrendo al testo potrà capirne qualche cosa. Quel guazzabuglio di volere, disvolere; amare, disamare ecc. le cui parole dovevano essere, a mio giudizio, diversamente tradotte, arruffa e complica il ragionamento rendendolo incomprensibile; ma tralascio questi particolari e mi fermo alla frase: « se queste proposizioni non sono false, non sarà falsa neppure questa.... ecc. » la quale frase non si può riferire alle proposizioni che immediatamente precedono: « non amare non è odiare.... ecc. », che sono proposizioni verissime e che Dante non poteva giudicare false. Mi affretto a soggiungere, a scusare il traduttore, che nel testo è proprio cosí; ma egli non si è accorto che tutto il brano del testo, dalle parole: << Impossibile enim est in necessariis consequens falsum esse.... » sino alle parole: «ut de se patet », è un'osservazione incidentale, una sorta di annotazione, che interrompe il ragionamento, il quale riprende alle parole: «Que si falsa non sunt, ista non erit

falsa...., le quali si riferiscono all'affermazione che precede l'annotazione: « Et si hoc non falsum, nec ea que secuntur ad ipsum ». Se ci proviamo, infatti, a sopprimere tutto l'inciso, vedremo tolta l'incongruenza logica summentovata e rimesse convenientemente le concordanze grammaticali.

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Una somigliante incongruenza ricorre nel cap. XII dello stesso Lib. III: « Homo enim est id quod est per formam substantialem.... pater vero est id quod est per formam accidentalem que est relatio.... Aliter omnia reducerentur ad predicamentum substantie, quum nulla forma accidentalis per se subsistat absque hypostasi substantie subsistentis, quod est falsum ». Il V. traduce in modo diverso da quello che io terrei, ma serbando l'ordine preciso delle parole, senza accorgersi che nel pensiero di Dante, falso non è già l'inciso: « ........... quum nulla forma accidentalis per se subsistat.... ecc. »; ma l'affermazione: «< Aliter omnia reducerentur ad predicamentum substantie » e l'inciso: quum nulla forma.... substantie subsistentis >> è anche qui un'osservazione incidentale che interrompe il ragionamento.

Di ciò che io affermo su questi due luoghi del Lib. III vorrei che tenesse conto la benemerita Società Dantesca, e singolarmente il Dott. Rostagno, nel preparare l'edizione definitiva della Monarchia, perché veggano se non sia il caso di recare qualche mutamento nell'interpunzione dei due luoghi predetti, in guisa che apparisca evidente nei due incisi dei quali ho parlato, il carattere di osservazioni incidentali.

Palermo, gennaio 1923.

G. B. SIRAGUSA.

CRONACA CRITICA E BIBLIOGRAFICA

Echi del centenario dantesco in Francia.

I. Cronaca.

Ardua impresa, forse impossibile quella di dar cronaca compiuta delle innumerevoli manifestazioni letterarie alle quali porse occasione in Francia il sesto centenario della morte del nostro massimo Poeta. Ardua e, per la parte necessariamente effimera di coteste onoranze, anche superflua, specie a distanza di molti mesi, anzi ormai di un paio d'anni da quando esse si svolsero. Giova pertanto fissare i punti piú salienti dell'evento, e segnalare, di tra le molte pubblicazioni, quelle nelle quali resta durevole orma, frutto non caduco del rinnovato fervore di omaggi e di studi.

Due cerimonie solenni meritano ricordo, compiutesi entrambi a Parigi, con enorme concorso di pubblico, con la partecipazione del fior fiore degli uomini della Francia contemporanea, eminenti in ogni campo della politica e degli studi: promossa l'una dal Comité français catholique nella vetusta, << dantesca » chiesa di Saint-Séverin, il 27 aprile 1921 e cioè da una schiera insigne di studiosi che si ricollegano a Henry Cochin, Pierre de Nolhac, André Pératé, Alexandre Masseron; per iniziativa, l'altra, di carattere prevalentemente universitario, dell' Union Intellectuelle Franco-Italienne, presieduta da Henri Hauvette, docente di letteratura italiana alla Sorbonne, il 2 giugno 1921 nel grande Amphithéâtre della Sorbonne medesima.

Di quest'ultima furono raccolti in apposito opuscolo, in due redazioni, francese e italiana i Discours [prononcés à la Sorbonne à la Séance solennelle organisée sous le patronage de l'Université de Paris par l'Union Intellectuelle Franco-Italienne, le Comité d'Union Latine, l'Union des Grandes Associations Françaises sous la Présidence de M. A. Millerand, Président de la République, le 2 juin, 1921, Paris, Impr. Lang, Blanchong et C.ie, 1922 pagg. 1-37 testo francese; pagg. 43-78 del testo italiano. Eccone la Table: Avant-Propos; Discours de MM. Raymond

Poincaré; du Comte Bonin-Longare; de Francesco Ruffini; de A. Millerand]. Il discorso in Saint-Séverin, l'antica chiesa parrocchiale dell' Università di Parigi e della rue du Fouarre », il « vico degli strami » rammentato da Dante, fu pronunciato da monsignor Pierre Batiffol su: La foi de Dante; noi avremo occasione di citarne la stampa più sotto (vedi resoconto n. 4 del Bulletin du Jubilé).

Citeremo pure, in forma bibliografica, quanto di altri infiniti discorsi, conferenze, letture, dizioni ecc. ebbe l'onore dei torchi e non tutto, naturalmente, neppure, ma quanto almeno ha riflesso nelle due grandi pubblicazioni commemorative delle quali qui diamo conto.

Esse sono rispettivamente, emanazione del Comité catholique e della Union Intellectuelle anzidetti e costituiscono colla raccolta completa del Bulletin du Jubilé da un lato, con un volume dottissimo di Mélanges dall'altro, diremo cosí, gli Annali illustri e memorabili di queste quant'altre mai cospicue onoranze dantesche in Francia.

II. Cronaca bibliografica.

Singolarmente segnalabile è la bella iniziativa dovuta al Comité Français Catholique pour la célé bration du sixième centenaire de la mort de Dante Alighieri (1321-1921) di pubblicare - dal gennaio 1921 al gennaio 1922 - uno speciale Bulletin du Jubilé, apparso infatti, in cinque fascicoli con un complesso di oltre 600 pagine nel corso dell'anno giubilare. La direzione fu affidata a due valentuomini, esimii cultori degli studi italiani, a Henry Cochin e ad André Pératé; l'edizione A l'Art Catholique (Paris).

Eccone uno spoglio forzatamente sommario:

(n. 1) H. COCHIN, La gloire de Dante Alighieri, saggio inteso a dimostrare che « pendant ces six siècles, sa gloire n'a fait que croître, e a raccontare per l'appunto « l'histoire de la gloire de Dante ». Egli mette in evidenza questo pensiero centrale, che informa tutta l'opera del presente Bulletin : « Dante

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est le plus grand poète du monde, celui auquel le temps a le moins touché, celui dans l'œuvre duquel tient la moindre place ce qui est périssable dans toute œuvre humaine. Il occupe dans l'humanité un point central. Plus il s'éloigne de nous et plus nous voulons le connaître; non pas seulement le connaître, mais l'aimer ». H. FRANCOIS DELABORDE, Le silence de Dante sur Saint Louis e cioè intorno al celebre e pio Louis IX, « roi tel que nul autre pays n'en vit jamais », pare argomento che militi in favore di coloro, tra gli altri il Farinelli in Italia, l'Hauvette in Francia, che negano l'andata di Dante a Parigi. Strano, inesplicabile sarebbe questo silenzio se egli«< avait vécu dans ce monde des bourgeois et des étudiants parisiens chez qui la mémoire du roi modèle était plus vivante que jamais au moment de son prétendu séjour ». PAUL MONCEAUX, Un guide des ámes dans l'autre monde, notevolissimo per lo studio delle fonti della Divina Commedia. Precedono talune considerazioni su Virgilio, scelto da Dante a guida. « D'abord, on peut se demander si un poète païen, même à demi christianisé par la légende, était le guide le plus autorisé pour expliquer à un chrétien les mystères de l'au-delà ». Virgilio aveva, certo, condotto Enea all'Inferno, ma « c'était un Enfer païen »; egli ora doveva invece far vedere a Dante « l'Enfer et le Purgatoire chrétiens, tels qu'on pouvait se les représenter dans l'Italie du XIIIe ou du XIVe siècle. Pour ce voyage, Virgile était assurément un maître et un interprète bien novice.... En fait à certains moments, on dirait qu'il découvre, lui aussi, l'Enfer et le Purgatoire ». Poi l'autore si domanda se era proprio necessario per Dante di prescegliersi una guida, dato che « les nombreuses Visions antérieures à Dante prouvent que d'ordinaire on s'aventurait seul dans l'autre monde ». Ciò posto, si domanda se Dante non fu condotto all'idea di cercarsi una guida « par le souvenir de quelque récit antérieur ». Ed uno, infatti, ne trova e ne illustra <<< qui paraît avoir échappé à la critique dantesque et qui présente de singulières analogies avec la Divine Comédie c'est une vieille légende, relative à Saint Jérôme », conservataci nel De Miraculis Hieronymi che è datato da un'epoca anteriore a Dante e che egli poté conoscere.

Narra, quindi, per disteso: I, questa « Légende de Saint Jérôme », ne studia, II, le « Origines et la popularité », la illustra con tre nitide e sugge stive riproduzioni di quadri di Sano Di Pietro e con una di Fiorenzo di Lorenzo; pone, infine, III, di fronte Saint Jérôme et Dante » e perviene a queste importanti conclusioni: è verosimile, se pur non provato, che Dante abbia conosciuto questa leggenda «<< sur saint Jérôme guide des âmes aux Enfers » diffusissima in Italia, al tempo suo e non senza influenza sull'arte e sulla letteratura. Inoltre « il y a des curieux rapports entre cette légende et la con

ception de la Divine Comédie » dove, del resto, « Jeronimo » è nominato (Paradiso, XXIX, 37-39). Si avverte che « non seulement Saint Jérôme conduit successivement les âmes dans l'Enfer, au Purgatoire et au Paradis; mais encore, les théories du De Miraculis sur les degrés dans les châtiments des damnés, dans les peines du Purgatoire, dans le bonheur des élus, sont précisément les théories d'où sont sorties les visions dantesques des Cercles ». Dante insomma ha potuto ricavare da S. Jeronimo « l'idée, qui n'était pas courante alors, et qui ne s'imposait pas à première vue, de prendre un guide pour son voyage aux Enfers ». E aggiunge ancora che questo santo « célèbre Père de l'Eglise, initiateur des fidéles aux choses divines, interprète officiel des Livres Saints, auréolé encore de gloires posthumes, devenu patron des clercs et promu cardinal, messager du Christ, avocat des morts, courrier des Enfers, conducteur des âmes, pouvait sembler un guide plus autorisé qu'un poète païen, même transfiguré par la légende ». Poteva sembrare.... dice il sagace studioso francese ma noi opiniamo invece che a Dante occorreva un poeta, precisamente il maggiore poeta, per lui, dell'antichità, quegli che « famoso saggio », o mago, non ignorava anche quanto a lui pagano avrebbe potuto essere ignoto, fra l'altro la bontà e la verità del cristianesimo e l'eccellenza del Dio di fronte agli dei falsi e bugiardi » che, proprio lui, è introdotto a sconfessare. JEAN BABELON, Faux Monnayeurs dà precise determinazioni numismatiche, saggi illustrativi di monete dell'epoca, a commento particolarmente dell'allusione dantesca a «quel di Rascia», del Paradiso (XIX, vv. 140-41). ALEXANDRE MASSERON, Chronique du Jubil.

(n. 2) PAUL CLAUDEL, Ode jubilaire pour le sixcontième anniversaire de la mort de Dante. Ecco, per darne un'idea, un passo pieno di maliose e vibranti suggestioni :

« Je sais ce que peut la parole éternelle, tout ce qui sur la terre déjà ou dessous souffre la Justice a beau fuir!

Je l'ai arrêté pour toujours, je l'ai pris avec mon vers qui ne cessera pas !

Je le donne à tous les siècles à regarder, dans le signe qu'il a tracé pour toujours je le donne à lire.

J'ai fixé chaque adjugé à sa place tout vivant dans la chose qu'il voulait dire:

Il est là, parfait dans son insuffisance pour toujours, tant que durera à entendre mon vers qui ne cessera pas.

Ni ce qui endure la Justice me suffit, ni ce qui veut me captiver avec la grâce!

Tout ce qui vient à moi, butin de la rime que je lui propose à voix basse,

Tout ce qui avait besoin de ma mesure pour être mesuré,

Tout ce qui de ce monde avec mes vers que je fais me défie d'être séparé,

Tout ce qui varie et reparaît avec les lignes que j'entrecroise,

Tout ce qui se dérobe et revient, suivant le son que ma pensée à chaque pause suspend et pèse,

Ni ce concert à m'enchanter ne suffira de ceux qui furent, ni ce maître derrière ma chaise,

Ni ces yeux comme pour chanter qui m'attendent, ni vos lèvres, ombres courtoises,

Qui veulent parler et se taisent ». ALEXANDRE MASSERON, La date du voyage d'OutreTombe; rassegna con brio le infinite disquisizioni in materia: parla dei « livres, articles, brochures... calendriers, tableaux astronomiques » posti a contributo per determinare, insomma, se il poeta a « franchi la porte de l'Enfer le 8 avril 1300, ou le 25 mars 1301 ed esclama: « Et à quoi cette histoire d'almanach peut-elle bien nous servir pour interpréter exactement son œuvre et en mieux comprendre la beauté ? ».... Ma dopo aver predicato bene, anche egli.... da buon dantofilo, rifà per conto proprio la storia della questione, ne vaglia la documentazione, e, sia pure col suo consueto scettico sorriso, ci porge con bel garbo la sua brava conclusione : « En dépit donc de la lune, et de Vénus matutinale, et de la précision de tous les calculs astronomiques, le vendredi saint de l'an 1300, semble bien être la date que Dante a lui-même choisie pour commencer son voyage d'outre-tombe ». Mademoiselle LAMY, Un traducteur de Dante, Artaud de Montor (1772-1849) che fu il primo a dare « au dix-neuvième siècle une traduction convenable de la Divine Comédie ». Egli è « une figure représentative de ce que l'on pourrait appeler le romantisme du dix-huitième siècle et du Premier Empire ». Fra l'altro, Artaud de Montor ebbe un finissimo gusto d'arte, e, vissuto parecchio tempo in Italia, possedette « une collection de peintres primitifs dont la composition est étroitement mêlée à ses préoccupations de traducteur ». La sua traduzione, a dir vero, « avec ses perpétuelles réminiscences antiques », cadde presto nell'oblio; ma pur tuttavia cotesto « collectionneur-traducteur,... médiévaliste et antiquisant, collectionneur de camées, de médailles grecques et romaines, de peintures des trois siècles qui ont précédé Raphaël, est une intéressante personnalité ». ALEXANDRE MASSERON, Chronique du Jubilé.

(n. 3) ANDRÉ PÉRATÉ, La Bolge des Serpents, è un saggio della « traduction française nouvelle rythmée» procurata dal Pératé con profonda cultura e delicata arte. Qualche verso, (C. XXIV) dell' Inferno riportato, val meglio d'ogni elogio:

Ni O si tôt, ni I ne s'écrivit, Comme il flamba et brûla, et tout cendre Dut, à l'instant qu'il tomba, devenir;

Et lorsqu'ainsi détruit il fut à terre, Se rassembla la cendre d'elle-même, Et retourna d'un trait au même corps.

Ainsi par les grands Sages il se prouve Que le Phénix meurt et puis il renait, Quand il approche le cinq centième année.

C'è l'afflato dantesco, e nelle similitudini, come nella seguente (ivi, C. XXV), il tono evocativo dell'immagine, e il colorito pittoresco della descrizione :

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Comme un lézard, sous la grande ferveur Des jours d'été, lorsqu'il change de haie, Semble un éclair, traversant le chemin :

Ainsi semblait, s'élançant vers le ventre Des autres deux, un serpenteau brûlant, Livide et noir ainsi qu'un grain de poivre.

E nell'edizione integrale di questa traduzione in tre bei volumi, l'amorosa fatica del Pératé riceve degna e cospicua illustrazione dai « bois dei disegni del Botticelli conservati ora al Museo di Berlino. PAUL FOURNIER, Le « De Monarchia » de Dante et l'opinion française mostra più precisamente « comment la nation française et son roi, à l'époque même où vivait Dante, accueillirent les projets de monarchie universelle dont le grand poète attendait le salut du monde chrétien ». ALEXANDRE MASSERON, Dante est-il allé à Paris? ecco un vecchio quesito, che ancora ritorna ad ogni pié sospinto, direttamente o indirettamente, negli studi italo-francesi e franco-italiani prodotti dal secentenario, e che non poteva non essere preso di fronte pure in questo Bulletin che, in certo senso, è di tali contributi la sintesi piú eloquente. Il Masseron poi, colto cronista « spirituel », era il piú indicato per redigerne la cronistoria minuta e spinosa dotato com'egli è di quell'arte, tutta francese, facile solo in apparenza, di alleggerire i periodi troppo gravi d'idee, di schiarire le idee che s'affoltano, di sveltire insomma, la piú opaca erudizione.... Egli dà battaglia con ardore e con ardire. Schiera le due schiere di fronte: « Contre le voyage à Paris MM. F. D' Ovidio, V. Imbriani, F. Novati, A. Farinelli, M. Scherillo, H. Hauvette, F. Torraca, etc.; Pour le voyage à Paris: MM. N. Zingarelli, E. Moore, F. X. Kraus, A. Bassermann, A. Bartoli, V. Rossi, G. A. Scartazzini, G. L. Passerini, P. Rajua, etc. ». Passa in rassegna gli argomenti con scrupolosa imparzialità, e qua e là con qualche digressione gaia.... Ma dopo aver poste innanzi al lettore << les pièces du procès » par che dica anche egli come Dante: «omai per te ti ciba ». Conclude: «Que Dante soit allé à Paris, cela n'est point prouvé avec certitude »; parole che s'intonano e s'accor dano perfettamente con quelle del suo esordio. E, ancora e sempre,... historici certant. CAMILLE BELLAIGUE, Dante et Boito con pregevolissime note ine

dite di Arrigo Boito su Dante e la musica. Eccone qualche linea : « Dante a créé la polyphonie de l'idée; ou, pour mieux dire, le sentiment, la pensée, la parole s'incarnent chez lui si miraculeusement, que cette trinité ne fait plus qu'une unité, qu'un accord de trois sons, parfait, où le sentiment (qui est l'élément musical) domine. La divination par laquelle il choisit la parole, la place que cette parole occupe, ses liens mystérieux avec les vocables, les rythmes, les assonnances, les rimes qui précèdent et qui suivent, tout ceci, et quelque chose de plus arcane encore, donne au tercet de Dante la valeur d'une véritable musique de musicien >>. Contesse HORACE DE CHOISEUL, L'âme noble à travers les quatre âges de la vie, d'après le Convivio de Dante, e piú precisamente del quarto trattato, e cioè « dans l'adolescence, dans l'âge parfait, dans la vieillesse, dans la décrépitude ». Da ultimo « dégagée et libre de toute entrave, cette âme, comme un vaisseau chargé de trésors, entre suavement et majestueusement au Port, c'est-à-dire dans le repos éternel, qui n'est autre que le sein de Dieu même ». ALEXANDRE MASSERON, Chronique du Jubilé.

très reconnaissables, des principales idées de Dante sur les rapports et les limites du spirituel et du temporel ». Ed è condotto a dire che « Dante et Saint Bernard condamnent ce que les théologiens ont appelé le pouvoir direct du spirituel sur le temporel; et ce qu'ils soutiennent, c'est la doctrine de la coordination: l'entente entre deux pouvoirs nettement distincts, relevant l'un et l'autre immédiatement de Dieu ». Ne conclude che « les précurseurs de la philosophie politique de Dante il faut les chercher dans ce qui fut peut-être la période la plus féconde et la plus brillante, en tous cas la mieux équilibrée du Moyen Age. Il n'a fait que reprendre ou retrouver leurs idées, en les exposant avec plus de logique, de rigueur apparente et de méthode, car il était l'hé ritier d'un siècle et demi de scolastique, et avec une tournure plus agressive, car il réagissait contre un siècle et demi d'impérialisme papal ». ALEXANDRE MASSERON, Les « Sources Musulmanes » de la « Divine Comédie », dà conto del grosso volume, di cui vasto fu l'eco anche in Italia: La Escatologia musulmana en la « Divina Commedia » di D. Miguel Asin Palacios (1919). A parer suo questa indagine, che ha suscitato tante discussioni, non fu ancora valutata convenientemente, meglio, esaurientemente. « On n'en a pas fait la véritable critique ». Bisogna essere nel tempo stesso arabisti e dantisti consumati; conoscere fra l'altro << la théologie et la philosophie médiévales aussi bien chrétiennes que musulmanes car la question du thomisme ou de l'averroïsme de Dante va se trouver indirectement en discussion ». Il dotto spagnuolo ha posto sul tappeto « un problème presque entièrement nouveau »; questo, o presto o poi, va discusso a fondo. LÉON PRIEUR, Le droit public dans la « Divine Comédie », distinto in: I. Formation juridique de Dante; II. Définition du Droit; III. Synthèse de la Raison antique et de la pensée chréALEXANDRE MASSERON, Chronique du Jubilé.

(n. 4) PIERRE BATTIFOL, Le Catholicisme de Dante, discours prononcé à l'église de Saint-Séverin le 27 avril 1921. Ricorda anzitutto che Papa Benedetto XV rivolto ai cattolici lanciò la frase: « Dante è nostro »>: ne spiega la portata dichiarando « la Divine Comédie est une construction doctrinale d'essence théologique » e illustra quindi i seguenti punti. Anzitutto dimostra che « Dante appartient à la famille spirituelle des convertis »; poi definisce la théologie de cet autodidacte » ; indi prende a considerare « ce converti, ce théologien » che « s'est donné une mission de prophète ». Conclude che quello di Dante fu un << catholicisme tourmenté » ma « authentique » anzi, com'egli dice un « catholicisme enraciné dans l'unité et dans la tradition ». tienne. PAUL DURRIEU, Dante et l'Art français du XVe s.e, contrariamente all'opinione corrente secondo la quale parrebbe che « la prise de contact de l'art français avec la Divine Comédie » sia avvenuta soltanto al tempo di Francesco I quando si cominciò a tradurre in francese in tutto o in parte il poema dantesco, egli riesce a provare che ciò accadde in epoca anteriore, già nel secolo successivo alla morte del poeta. Fonda questa affermazione sulla testimonianza de « ces trois miniatures qu'a peintes, au plus tard en 1465, dans l'exemplaire italien du poème de Dante venant de Charles de France, frère de Louis XI ce charmant maître français » di cui resta ignoto il nome, ma di cui son note altre opere pregevoli quali « entre autres volumes précieux, les Heures d'Olivier de Coëtivy et le Boèce de Jean Budé ». E. JORDAN, Dante et Saint Bernard raf. fronto che tende a « dégager entre eux une ressemblance, et montrer dans Saint Bernard qu'il y ait rencontre ou imitation les premiers linéaments,

(n. 5) FR. P. MANDONNET, « Theologus Dantes » vastissima indagine che ha la mole di un intero volumetto. È un omaggio di « un frère prêcheur, studieux des doctrines et des institutions religieuses du moyen âge à celui qui a si bien glorifié le fondateur des Prêcheurs, les Prêcheurs eux-mêmes et plus particulièrement le plus illustre d'entre eux il buon Fra Tommaso d'Aquino ». E questo fa, in umiltà di spirito, con fervore. Egli intraprende l'esame del poema considerandolo « à la lumière de la théologie catholique et de la théologie de Saint Thomas d'Aquin en particulier ». Il procedimento da lui seguito nel suo studio è questo. Vede « d'un côté et tout d'abord, l'auteur (I) et le dessein (II) qu'il a poursuivi : c'est la cause efficiente et la cause finale; de l'autre, l'œuvre elle-même, qui se répartit entre sa forme (III) et sa matière (IV): soit le procédé poétique de Dante dans la Comédie et le contenu du poème, qui est d'ordre théologique » .

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