FROTTOLA DI MESSER FRANCESCO PETRARCA Tratta dal libro VI. del 1. Volume delle Lettyre di M. Pietro Bembo; da lui mandata a M. Felice Trofimo Arcivescovo Teatino Si trova a carte 174. dell' Edizione di Gualtera Scoto del 1552. in 8. DI rider ho gran voglia Se non foffe una doglia Che m'è nata nel fianco Di fotto al lato manco, Talch'io fo'ftanco omai d'andar per l'Alge. Ho molte udite e lotte. E pur quefto fentiero foffe ferrato. Ch'io me n'ho tutto il danno. Poche perfone il fanno e ond' io m' allegro. Deh che mal aggia il negro di Marrocco. Ancor fon io si fciocco, com'io foglio. Non pur ad uno fcoglio Ho ftroppicciato il legno. Un picciolin difdegno m'è rimafoe E forfe vorrà il cafo, Che non fia fempre indarno. Bel fiumicello è l'Arno, là 'v'io nacqui: Già lungo tempo in pace. veramente fallace è la fperanza. Un configlio m' avanza, e questo è folo; th' io non mi levi a volo, e non mi parta Con piccioletta carta Veggio Damafco, e Cipri, E fe Borfella ed Ipri mi vien meno. Ecco 'I tempo fereno, ch'è buon gir nudo, Trovato ho un forte fcudo. Q 6 Con Contra la mia némica. Dacchè vuoi ch'io 'I ti dica; egli è da nulla E lafcia enfiar le pancie de' poltroni : Che i buon fon pofti in croce. Se io avelli voce, i' parlerei ; O Signor degli dei, che fai tu? c' dorme . Son qui: chi non s'accorge, Dolci parole porge tal, c'ha mal fatti. Coperfe l'onde falfe : E quanto Roma valfe, quando fu ricca. E giovenette donne Sotto leggiadre gonne andar cantando. Ancor altro domando; il quale è fempre. Ecco ben nove tempre; e pare un fogno. Certo affai mi vergogno dell' altrui colpe. Che gran coda ha la volpe! e cade al laccio. Fuor è di grande impaccio, Chi vano fperar perde. Tal arbufcello è verde, e non fa frutto: E talor tra le foglie giace il vefco. Gran traditor è il defco, e 'l vin foverchio. In fu la riva ha 'l Serchio molti bugiardi. Non più fumar, anzi ardi, Legno nodofo, e torto. È così feco l'osto, Così caduto il tetto, Cost PETRARCA. Così fparfo il facchetto de' bifanti. Una zoppa bugia Voler à lunga via Guidar molti c'han fenno! 373 Vedete com'io accenno, e non baleftro. Frottola col fuon chioccio. Ma dar le capre a foccio è pur il meglio. Come non fon io veglio Oggi più ch' jeri al vefpró? Ed anco ha lafciat' Efpro i monti Schiavi. Ch'or volaffer le navi in un dì a Roma. Sì bionda ha ancor la chioma Una donna gentile, Che mai non torna Aprile, ch' io non fofpiri. Convien pur ch' io m'adiri Meco medefmo un poco. Non farò perchè fioco mi fa 'l guazzo. Non entra in poca rima. Fa le tue fchiere in prima Sopra 'l fiume Tofcano; Evieni a mano a mano; vien, ch'io t' afpetto. Deh che fia maledetto chi t'attende; E fpera in trecce e 'n bende. Già corfi molte miglia: Or non fia maraviglia, S'io mi fon grave e zoppo, E 'n ogni cefpo intoppo. Udite il tordo. So ben ch'io parlo a fordo; ma io scoppio Quefto detto con quello: Poich' agli uomin scarfi Sovente innamorarfi par gran cofa D'una vecchia tignofa. Addio: l'è fera. Or fu vengan le pera, Il cafcio, e 'l vin di Creti. Fior Fior di tutti i poeti Qmero trovo. Una caftagna, un ovo Val ben mille lufinghe. Trova un altro, che fpinge a cotal verfo. Che bel color è il perfo, e 'l verde bruno! Non far-motto a veruno. Che gran cittade egregia È la bella Vinegia! Qui il mar, qui l' acque dolci, Le gelatine, i folci. Or tu m'intendi. Ed è così difcorfa La fperanza, e la fede. Certo l'Adice e Pò fon due bei fiumi. Or vo in giù, or vo in fu E fon pur fempre bu, com'ognun fape. E le campagne molli, e la neve alta. Or ti vefti di vento. Ma io non mi spavento, e non mi lagno. vil animal è il cane; ma l'uom più affa Al tuo effer m' appiglio. Non più fognar: queft'è il miglior configlio. STRA STRAMAZZO DA PERUGIA L4 A fanta fama, della qual fon prive Quafi i moderni, e già di pochi fuona, Meffer Francefco, gran pregio vi dona, Che del teford Apollo fate dive. Or piaccia, che mia prece si votive. La voftra nobil mente renda prona Participarme al fonte d' Elicona : Che par più breve, e più dell'altre vive: A nefun uom afconde fuo veffillo; La rifpofta del Petrarca, che incomincia GERI GIANFIGLIAZZI A M. F. PETRAR QA. MEller Francefco chi d'amor fofpira ་ Per donna, ch'effer pur voglia guerrera ; E com' più merce grida, e più gli è fera, Celandoli i duo Sol ch'e' più deftra: Quel che più natură, o feienza vi spira, Che deggia far colui che 'n tal maniera Trattar fi vede; dite e fe da schiera Partir fi de, benchè non fia senz' ira Voi ragionate con Amor fovente; E nulla fua condizion v'è chiusa Per l'alto ingegno della voftra mente. La mia, che fempre mai con lui è ufa, E men ch' al primo, il conosce al prefente, Configliate e ciò fia fua vera fcufa RIS. |