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1348. Maii 17. hora vesperar.

Felice

Elice ftato aver giufto fignore.
Ovel ben fama, & piu la

Ove fopra dever mai non fafpira.
Et dove altri refpira.

Ove lalma in pace refpira

4 Lalma Il cor chattende per virtute honore. 4 Et di ben operar fattende honore.

eva nuda

Ialma

5 Lalma de bei penfier nuda, e digiuna 6 Si ftava negligente.

7 Quando amor di queftocchi la percoffe. 8 Poiche fu defta dal fignor valente.

1349. Novemb.30. inter nonam vefper. ocerar. rit hodie. pr. die tranfcripfi infrafcriptam canti. Et h. nudius dum infra fi..

Ante lucem propter memoriam Jac. intenfam licet ultimo accerfitam ad expellendum minimum decorum Philipp. &c. fictum refi duum propter ultimum verbum.

C

HE le fubite lagrime chio vidi.

Dopo un dolce fofpiro nel fuo bel vifo. Mi furon d. p.

Mi furon gran pegno del pietofo core.
Chi prova intende, & ben chaltro fia avifo.
A te che forfe ti contenti, & ridi.

Pur chi non piange non fa che fia amore. Qcchi dolenti accompagnate il core

vel quanto.

Piangete omai mentre la vita dura.
Poichel fol vi fi ofcura.

Che lieti vi facea col fuo fpendore.
Pofcia chel lume de begliocchi ai fpeato.
Morte fpietata e fera.

Che folea far ferena la mia mente.

A qual duol mi rifervi, a qual tormento?

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4

1350. Decembris 15. inter meridiem
nonam Sabato per Confort.
Entil alto fommo defire

GE

1 Move dal cielo il mio dolce defire.

I Dal cielo fcende quel dolce defire

2 Chaccende lalma m.

2 Chenfiamma la mia mente, e poi lacqueta „ 3 Onde penfofa e lieta.

4 Conven chor fi rallegri, edor fofpire.
Decembr. 30. merc. eadem hora fcilicet inter
meridiem & nonam.

A Mor chen cielo, en cor gentile core alberghi.
Tu vedi glinfiammati miei defiri.
De fofterrai, che mai fempre fofpiri.
Altera donna col benigno fguardo
Leva talor fil mio

Softiene. Sollieva tanto mici penfier da terra.
Che de begliocchi suoi molto mi lodo.
Ma dogliomi del peso ondio fon tardo.
A feguire il mio bene, & vivo in guerra.,
Colalma rebellante.

Rompi fignor quefto intricato nodo.
E prego che miei paffi in parte giri
Ove in pace perfetta alfin refpiri.
Veneris 1. Januarii eadem hora.
Amor chen cielo, en gentil core alberghi.
E quanto e di valore al mondo infpiri.
Acqueta linfiammati miei desiri fospiri.
Altera donna con fi dolce guardo.
Eeva talor il mio penfier da terra.

vel il grave penfier talor da terra.. Che lodar mi conven degli occhi fuoi. Ma dogliomi del pefo, vel nodo ondio fon tardo.

A feguire il mio bene, e vivo in guerra..
Colalma rebellante a meffi tuoi.

Signor che folo intendi tutto, e puoi
Piacciati. Pur fpero

Pregoti che miei paffi in parte giri.
Ove in pace perfetta alfin refpiri.
Hic videtur proximior perfectioni

Bef

TAL

Refponfio mea Domino jubente.

AL cavalier tutta una fchiera atterra. Quando fortuna a tanto honore il mena Che da un fol poi fi difende apena. Cofil tempo apre le prodezze, & ferra. Pero forfe coftui choggi diferra.

Colpi morta' ne portera ancor pena. Si poffo un poco mai raccoglier lena O fe dal primo ftrale amor mi sferra. Di quefta fpene mi nudrico & vivo. Al caldo al freddo alalba & ale fquille. Con effa vegghio & dormo & leggo & fcrivo. Quefta fa le mie piaghe tranquille.

Chio non le fento, con tal voglia arrivo. A ferir lei lui che co begli occhi aprille. Non fo fe cio fi fia tardi o per tempo. Che le vendette fono o lunghe o corte. Come fon meno, o più piu o m. le genti

accorte.

Alia Refponfio mea. Domino materiam
dante, & jubente.

QUE

Uella che gli animali del mondo atterra.
Et nel primo principio gli rimena.
Percoffe il cavalier del qual e piena
Ogni contrada chel mar cinge & ferra.
Ma quefto e un bafilifco che diferra
Gliocchi feroci a porger morte & pena.
Talche giamai nè lancia ne catena
Porian far falvo chi con lui fafferra.
Un fol rimedio a il fuo guardo nocivo.
Di fpecchi armarfi a cio chegli sfaville
Et torne quafi ala fontana il rivo.
Mirando fe conven che fi deftille

Quella fua rabbia al mondo chio ne fcrivo.
Fia afficurata quella & laltre ville.

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CANZONE

DI GUIDO CAVALCANTI,

Accennata dal Petrarca nella fua XVII. pofta a c. 97.

Don

Onna mi priega; perch' io voglio dire D'un accidente, che fovente è fero, Ed è si altero, ch'è chiamato Amore: Si chi lo niega poffa'l ver fentire. Ed al prefente conofcente chero: Perch' io non fpero ch' uom di basso core A tal ragione porti conoscenza ; Che fenza natural dimoftr mento Non ho talento di voler provarę Là dove pofa, e chi lo fa criare: E qual fia fua virtute, e fua potenza: L'essenza poi, e ciascun movimento; E' piacimento, che'l fa dir amare ; E se uom per veder lo può moftrare. In quella parte dove fta memora Prende fuo ftato, sì formato, come Diafan da lome d'una ofcuritate La qual da Marte viene, e fa dimora. Egli è creato, ed ha fenfato nome: D'alma coftome, e dir cor volontate: Vien da veduta forma, che s' intende; Che prende nel possibile intelletto, Come in fuggetto, loco, e dimoranx?. In quella parte mai non ha pofsanza. Perche da qualitate non difcende. Rifplende in fe perpetuale effetto. Non ha diletto, ma confideranza ; Sicch' ei non puote largir fimiglianza. Non è vertute, ma da quella viene, Ch'è perfezione, che fi pone tale. Non razionale, ma che fente, dico: Fuor di falute giudicar mantiene; Che l'intenzione per ragione vale. Difcerne male in cui è vizio amico.

Di fua potenzia fegue uom fpeffo morte,
Se forte la vertu folle impedita,
La quai aita la contraria via:
Non perchè oppofita natural fias
Ma quanto che da buon perfetto tort' è,
Per forte non può dir uom ch'aggia vits,
Che fabilita non ha fignoria,

A fimil può valor, quando uom l'obblia.
L'effere, quando lo voler, è tanto
Fuor di natura, e di mifura torna ;
Poi non s'adorna di riposo mai.
Move, cangiando color, vifo in pianto,
E la figura con paura torna

Poco foggiorna. Ancor di lúi vedrai,
Che 'n gente di valor lo più fi trova.
La nova qualità move fofpiri;

E vuol ch' uom miri in un formato loco:
Deftandofi ira, la qual manda foco:
Immaginar nol puote uom, che nol prova.
Ne muova già però, che lui fi tiri,
E non fi giri per trovarvi gioco,
Nè certamente gran faper, nè poco.
Di fimil tragge compleffione fguardo,
Che fa parere lo piacere certo?

Non può coperto ftar quando è sì giunto, Non già felvagge le biltà Jon dardo; Che tal valere per temere efperto Confegue merto Spirito ch'è punto: B non fi può conoscer per lo vifo Comprifo, bianco in tal obbietto cade: E, chi ben vade, forma non fi vede s Perchè lo mena chi da lei procede Fuor di colore d'effere divifo, Afifo in mezzo ofcuro luci rade. Fuor d'ogni frade dice degno in fede: Che folo di coftui nafce mercede. Canzon mia, tu puoi gir ficuramente Dove ti piace; ch'io t'ho st adornata, Ch' affai laudata fard tua ragione Dalle perfone c'hanno intendimento. Di far con l'altre tu non hai talento.

GAN.

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