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SONETTI E CANZONI

DI MESS.

F. PETRARCA

IN VITA DI

MADONNA LAURA

SONETTO I.

TOI ch'afcoltate in rime fparfe il fuono
Di quei fofpiri ond'io nudriva il core

In ful mio primo gřovenile errore, (fono;
Quand' era in parte altr' uom da quel ch' io
Del vario ftile, in ch'io piango, e ragiono
Fra le vane fperanze, e'l van dolore;
Ove fia chi per prova intenda amore,
Spero trovar pietà, non che perdono.
Ma ben veggi'or, sì come al popol tutto
Favola fui gran tempo, onde fovente
Di me medefmo meco mi vergogno
E di mio vaneggiar vergogna è 'l frutto,
E' pentirfi, e 'l conofcer chiaramente,
Che quanto piace al mondo è breve fogno.

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N. 8. al. piaĈ. v. 12. E del, v. 13. penterfi,

SONETTO II.

DER far una leggiadra fua vendetta,

Celatamente Amor l'arco riprefe,
Com'uom ch'a nocer luogo, e tempo afpetta.
Era la mia virtute al cor riftretta,
Per far ivi, e negli occhi fue difefe
Quando 'l colpo mortal là giù difcefe
Ove folea fpuntarfi ogni faetta.
Però turbata nel primiero affalto
Non ebbe tanto nè vigor, nè spazio,
Che poteffe al bifogno prender l'arme;
Ovvero al poggio faticofo, ed alto

Ritrarmi accortamente dallo strazio;
Del qual oggi vorrebbe, e non può aitarme.

SONETTO III.

'RA 1 giorno ch' al fol fi fcoloraro

ER

Per la pietà del fuo Fattore i rai: Quand' io fui prefo, e non me ne guardai, Che i be' voftr' occhi, Donna, mi legaro. Tempo non mi parea da far riparo Contra colpi d' Amor: però n'andai Secur, fenza fofpetto, onde i miei guai Nel comune dolor s'incominciaro. Trovommi Amor del tutto disarmato, Ed aperta la via per gli occhi al core; Che di lacrime fon fatti ufcio, e varco.. Però, al mio parer, non li fu onore Ferir me di faetta in quello fato,

E a voi armata non mostrar pur l'arco.

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v. 4. loco. v. 12. al. monte. v. 16. al. piatà. v. 17. i' fui. v 20. al. m'andai. v. 21. fanza. v. 29. al. in pale..

Qu

SONETTO IV.

Uel ch'infinita provvidenza, ed arte 1
Moftrò nel fuo mirabil magistero;
Che criò quefto, e quell'altro emifpero,
E manfueto più Giove, che Marte';
Venendo in terra a illuminar le carte,
Ch' avean molti anni già celato il vero
Toife Giovanni dalla rete, e Piero,
E nel regno del Ciel fece lor parte.
Di se nafcendo a Roma non fe' grazia
A Giudea st: tanto fovr' ogni ftato
Umiltate efaltar fempre gli piacque :
Ed or di picciol borgo un Sol n' ha dato
Tal, che natura, e 'l luogo fi ringrazia,
Onde sì bella Donna al mondo nacque.

SONETTO V.

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Uand' io movo i fofpiri a chiamar voi,
El nome che nel cor mi fcriffe Amore;
LAUdando s'incomincia udir di fore
Il fuon de' primi dolci accenti fuoi.
Voltro ftato REal, che incontro poi,
Raddoppia all' alta imprefa il mio valore:
Ma, TAci, grida il fin che farle onore
E d'altr'omeri foma, che da' tuoi..
Così LAUdare, e REverire infegna
La voce fteffa, pur ch'altri vi chiami,
O d'ogni riverenza, e d'onor degna:
Se non che forfe Apollo fi difdegna,
Ch'a parlar de' fuoi fempre verdi rami
Lingua mortal prefontuofa vegna.

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v. 1. Que'. v. 3. al. cred. v. 5. Vegnendo. v. 6. avien. al, avian. v. 7. al. dalle reti, v. 10. al. Judea. v. 13. e 'l loco. v. 17. al, udir. v. 23. al. REverir ne 'nsegna.

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E de lacci d' Amor leggiera, e fciolta. Vola dinanzi al lento correr mio: Che quanto richiamando più l'invio Per la fecura ftrada, men m'afcolta Nè mi vale fpronarlo, o darli volta ;; Ch' Amor per fua natura il fa reftio. E poi che fren per forza a fe raccoglie fo mi rimango in fignoria di lui, Che mal mio grado a morte mi trafporta,, Sol per venir al Lauro onde fr coglie Acerbo frutto, che le piaghe altrui › Guftando affligge più, che non conforta.

SONETTO VIL

A gola, e'l foano, e l'oziose piume

Ond'è dal corfo fuo quasi smarrita
Noftra natura vinta dal coftume:
Ed è sì fpento ogni benigno lume
Del ciel, per cui s'informa umana vita
Che per cofa mirabile s'addita

Chi vuol far d'Elicona nafcer fiume.
Qual vaghezza di Lauro, o qual di Mirto ??
Povera, e nuda vai, Filofofia

Dice la turba a vil guadagno intefa
Rochi compagni avrai per la tua via
Tanto ti priego più, gentile fpirto,
Non laffar la magnanima tua imprefa..

SO

v. 1. diño, v. 25. al. v, 26. l'altra. v. 27. prego. v. 28. al, lafciar.

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