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Poi la rividi in altro abito fola

Tal, ch' io non la conobbi,(o senso umano!) Anzi le diffi'l ver pien di paura;

Ed ella nell' ufata fua figura

Tofto tornando, fecemi, oimè laffo,
D'un quafi vivo, e sbigottito falso.
Ella parlava si turbata in vifta,

Che tremar mi fea dentro a quella petra.
Udendo, I' non fon forfe chi tu credi,
E dicea meco: Se coftei mi fpetra,
Nulla vita mi fia nojofa, o trifta:
A farmi lagrimar, fignor mio, riedi.
Come, non fo, pur io moffi indi i piedi,
Non altrui incolpando, che me fteffo,
Mezzo tutto quel dì tra vivo, e morto.
Ma perchè 'l tempo è corto,

La penna al buon voler non può gir presso;
Onde più cofe nella mente fcritte

Vo trapaflando: e fol d'alcune parlo,
Che maraviglia fanno a chi l'afcolta.
Morte mi s'era intorno al core avvolta
Nè tacendo potea di fua man trarle,
O dar foccorfo alle virtuti afflitte:
Le vive voci m'erano interditte:

Ond'io gridai con carta, e con inchiostro,

Non fon mio, no, s'io moro, il danno è voftro. Ben mi credea dinanzi agli occhi fuoi D' indegno far così di mercè degno: E quefta fpeme m' avea fatto ardito Ma talor umiltà fpegne difdegno; Talor l'infiamma e ciò fepp' io dappoi Lunga ftagion di tenebre veftito:

Ch'a quei prieghi il mio lume era sparito.
Ed io non ritrovando intorno intorno
Ombra di lei, nè pur de' fuoi piedi orma,
Com' uom che tra via dorma,

Gittaimi ftanco fopra l'erba un giorno
Ivi accufando il fuggitivo raggio,
Alle lagrime trifte allargai 'l freno,
E lafciaile cader, come allor parve:

V. 3. al. Sanza paura. v. 5. al aimè. v. 43.

quei preghi, v. 37. Gittàmi, Kuda)

Nè giammai neve fotto al fol difparve
Com'io fentì me tutto venir meno,
E farmi una fontana a piè d'un faggio
Gran tempo umido tenni quel viaggio.
Chi vide mai d'uom vero nascer fonte
E parlo cofe manifefte, e-conte.
L'alma, ch'è fol da Dio fatta gentile ;
(Che già d'altrui non può venir tal grazia >>
Simile al fuo fattor fato ritene:
Però di perdonar mai non è fazia
A chi col cuore, e col fembiante umile
Dopo quantunque offefe a mercè vene:
E fe contra fuo ftile: ella foftene..
D'effer molto pregata, in lui fi fpecchias
E fal perchè 'l peccar più. fi pavente:
Che non ben fi ripente

Dell' un mal, chi dell'altro s'apparecchia
Poichè Madonna da pietà commoffa
Degnò mirarmi, e riconobbe, e vide
Gir di pari la pena col peccato,
Benigna mi riduffe al primo ftato.
Ma nulla ha 'I mondo in ch'uom faggio fi fides
Ch' ancor poi ripregando, i nervi e l'affa.
Mi volfe in dura felce; e così fcoffa
Voce rimafi dall'antiche fome,

Chiamando Morte, e lei fola per nome.
Spirto dogliofo errante, mi rimembra,
Per fpelunche deferte e peregrine,
Pianfi molt' anni il mio sfrenato ardire
Ed ancor poi trovai di quel mal fine,
E ritornai nelle terrene membra,
Credo , per più dolor ivi fentire.
1' fegul tanto avanti il mio defire,.
Ch'un di cacciando sì com' io folea,
Mi moffi; e quella fera bella, e cruda:
In una fonte ignuda

Si ftava, quando 'I fol più forte ardea.
Io, perchè d'altra vita non mappago,

Stet

V. 1. fort' al. v. s. udì'. v. 6. at. to pario. V. 9. al, ritiene. v. ra. al. quantunque, al: viene. v. 19. al. ricognobbe. v. 21. e al mondo. v.25.dell' V. 28. al. Spilonche, al. pellegrine .

Stetti a mirarla: ond'ella ebbe vergogna . E per farne vendetta, o per celarfe, L'acqua nel vifo con le man mi fparle. Vero dirò, forse parrà menzegna : Ch'i'fentì trarmi della propria immago, Ed in un cervo folitario, e vago

Di felva in felva ratto mi trasformo, Ed ancor de' miei can fuggo lo ftormo. Canzon, i' non fu' mai quel nuvol d'oro, Che poi difcefe in preziosa pioggia, sì che 'l foco di Giove in parte fpenfe.: Ma fui ben fiamma ch' un bel guardo accenfe, E fui l'uccel che più per l'aere poggia Alzando lei che ne' miei detti onoro: Nè per nova figura il primo alloro Seppi laffar, che pur la fua dolce ombra Ogni men bel piacer del cor mi fgembra

SONETTO

X X.

E l'onorata fronde, che prefcrive

Giove tons,

Non m'aveffe difdetta la corona Che fuole ornar chi poetando fcrive; l'era amico a quefte voftre Dive, Le qua'vilmente il fecolo abbandona Ma quella ingiuria già lunge mi sprona Dall inventrice delle prime olive: Che non bolle la polver d' Etiopia Sotto' più ardente Sol, com' io sfaville, Perdendo tanto amata cofa propia. Cercate dunque fonte più tranquillo ; Che'l mio d'ogni licor foftiene inopia, Salvo di quel che lagrimando #illo.

v. 16. al. lafciar. v. 30. al, foßene »

50.

SONET TO XXI.

Amor piangeva, ed io con lui talvolta

Dal qual miei paffi non fur mai, lontani Mirando, per gli effetti acerbi, e ftrani L'anima voftra de' fuoi nodi fciolta. Or ch'al dritto cammin l'ha Dio rivolta; Col cor levando al cielo ambe le mani Ringrazio lui, ch'i giufti prieghi umani Benignamente, fua mercede, afcolta. E estornando all'amorofa vita,

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Per farvi al bel defio volger le spalle, Trovafte per la via foffati, o poggi; Fu per mostrar, quant' è fpinofo calle E quanto è alpeftra, e dura la falita, Onde al vero valor convien ch' uom poggi

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SONETTO XXII.

ù di me lieta non- fi vede a terra Nave dall' onde combattuta, e vinta Quando la gente di pietà dipinta

Su per la riva a ringraziar s'atterra; Nè lieto più del carcer fi differra,

Chi'atorno al collo ebbe la corda avvinta, Di me, veggendo quella fpada fcinta, Che fece al Signor mio sì lunga guerra. E tutti voi ch' Amor laudate in rima, Al buon teftor degli amorofi detti Rendete onor, ch'era fmarrito in prima. Che più gloria è nel regno degli eletti D'un fpirito converfo, e più s'eftima Che di novantanove altri perfetti.

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v. 2. mie'. v. 4. al. del fuo nodo. v. s. a dritto. v. 7. preghi. v. 8. al. merzede. v. 10. difio. V. 14. al. conven. v. 17. al. piatà. v. 27. al, uno Spirto, fi ftima «

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IL fucceffor di Carlo, che la chioma

Con la corona del fuo antico adorna;
Prefe ha già l'arme per fiaccar le corna
A Babilonia, e chi da lei fi nomas
E' Vicario di CRISTO con la foma
Delle chiavi, e del manto al nido torna;
Sicchè, s'altro accidente nol diftorna,
Vedrà Bologna, e poi la nobil Roma.
La manfueta noftra, e gentil agna
Abbate i fieri lupi e così vada
Chiunque amor legittimo fcompagna.
Confolate lei dunque, ch' ancor bada ;
E Roma, che del fuo fpofo fi lagna ;
E per GESU' cingete omai la fpada.

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Afpettata in ciel beata, e bella
Anima, che di noftra umanitade
Vestita vai, non come l'altre carca;
Perchè ti fian men dure omai le ftrade,
A Dio diletta obbediente ancella,

Onde al fuo regno di quaggiù fr varca;
Ecco novellamente alla tua barca,
Chal cieco mondo ha già volte le spalle
Per gir a miglior porto,

D'un vento occidental dolce conforto ;
Lo qual per mezzo quefta ofcura valle,
..Ove piangiamo il noftro, e l'altrui torto •
La condurrà de'lacci antichi fciolta
Per drittiffimo calle

Al verace Oriente, ov'ella è volta.
Forfe i divoti, ed amorofi prieghi,
E le lagrime fante de' mortali
Son giunte innanzi alla pietà fuperna
E forfe non fur mai tante, nè tali,

Che

V. 11. al, Qualunque. v. 18. al. fien. v. 19. al. divota. v. 27. al. da' lacci . v. 30. al. devoti, al e gli amorofi preghi.

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