Poi la rividi in altro abito fola Tal, ch' io non la conobbi,(o senso umano!) Anzi le diffi'l ver pien di paura; Ed ella nell' ufata fua figura Tofto tornando, fecemi, oimè laffo, Che tremar mi fea dentro a quella petra. La penna al buon voler non può gir presso; Vo trapaflando: e fol d'alcune parlo, Ond'io gridai con carta, e con inchiostro, Non fon mio, no, s'io moro, il danno è voftro. Ben mi credea dinanzi agli occhi fuoi D' indegno far così di mercè degno: E quefta fpeme m' avea fatto ardito Ma talor umiltà fpegne difdegno; Talor l'infiamma e ciò fepp' io dappoi Lunga ftagion di tenebre veftito: Ch'a quei prieghi il mio lume era sparito. Gittaimi ftanco fopra l'erba un giorno Nè V. 3. al. Sanza paura. v. 5. al aimè. v. 43. quei preghi, v. 37. Gittàmi, Kuda) Nè giammai neve fotto al fol difparve Dell' un mal, chi dell'altro s'apparecchia Chiamando Morte, e lei fola per nome. Si ftava, quando 'I fol più forte ardea. Stet V. 1. fort' al. v. s. udì'. v. 6. at. to pario. V. 9. al, ritiene. v. ra. al. quantunque, al: viene. v. 19. al. ricognobbe. v. 21. e al mondo. v.25.dell' V. 28. al. Spilonche, al. pellegrine . Stetti a mirarla: ond'ella ebbe vergogna . E per farne vendetta, o per celarfe, L'acqua nel vifo con le man mi fparle. Vero dirò, forse parrà menzegna : Ch'i'fentì trarmi della propria immago, Ed in un cervo folitario, e vago Di felva in felva ratto mi trasformo, Ed ancor de' miei can fuggo lo ftormo. Canzon, i' non fu' mai quel nuvol d'oro, Che poi difcefe in preziosa pioggia, sì che 'l foco di Giove in parte fpenfe.: Ma fui ben fiamma ch' un bel guardo accenfe, E fui l'uccel che più per l'aere poggia Alzando lei che ne' miei detti onoro: Nè per nova figura il primo alloro Seppi laffar, che pur la fua dolce ombra Ogni men bel piacer del cor mi fgembra SONETTO X X. E l'onorata fronde, che prefcrive Giove tons, Non m'aveffe difdetta la corona Che fuole ornar chi poetando fcrive; l'era amico a quefte voftre Dive, Le qua'vilmente il fecolo abbandona Ma quella ingiuria già lunge mi sprona Dall inventrice delle prime olive: Che non bolle la polver d' Etiopia Sotto' più ardente Sol, com' io sfaville, Perdendo tanto amata cofa propia. Cercate dunque fonte più tranquillo ; Che'l mio d'ogni licor foftiene inopia, Salvo di quel che lagrimando #illo. v. 16. al. lafciar. v. 30. al, foßene » 50. SONET TO XXI. Amor piangeva, ed io con lui talvolta Dal qual miei paffi non fur mai, lontani Mirando, per gli effetti acerbi, e ftrani L'anima voftra de' fuoi nodi fciolta. Or ch'al dritto cammin l'ha Dio rivolta; Col cor levando al cielo ambe le mani Ringrazio lui, ch'i giufti prieghi umani Benignamente, fua mercede, afcolta. E estornando all'amorofa vita, Per farvi al bel defio volger le spalle, Trovafte per la via foffati, o poggi; Fu per mostrar, quant' è fpinofo calle E quanto è alpeftra, e dura la falita, Onde al vero valor convien ch' uom poggi SONETTO XXII. ù di me lieta non- fi vede a terra Nave dall' onde combattuta, e vinta Quando la gente di pietà dipinta Su per la riva a ringraziar s'atterra; Nè lieto più del carcer fi differra, Chi'atorno al collo ebbe la corda avvinta, Di me, veggendo quella fpada fcinta, Che fece al Signor mio sì lunga guerra. E tutti voi ch' Amor laudate in rima, Al buon teftor degli amorofi detti Rendete onor, ch'era fmarrito in prima. Che più gloria è nel regno degli eletti D'un fpirito converfo, e più s'eftima Che di novantanove altri perfetti. v. 2. mie'. v. 4. al. del fuo nodo. v. s. a dritto. v. 7. preghi. v. 8. al. merzede. v. 10. difio. V. 14. al. conven. v. 17. al. piatà. v. 27. al, uno Spirto, fi ftima « IL fucceffor di Carlo, che la chioma Con la corona del fuo antico adorna; Afpettata in ciel beata, e bella Onde al fuo regno di quaggiù fr varca; D'un vento occidental dolce conforto ; Al verace Oriente, ov'ella è volta. Che V. 11. al, Qualunque. v. 18. al. fien. v. 19. al. divota. v. 27. al. da' lacci . v. 30. al. devoti, al e gli amorofi preghi. |