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SONETTO XXIV.

Ueft'anima. gentil che fi diparte Anzi tempo chiamata all'altra vita Se laffufo è, quant'effer de', gradita Terrà del ciel la più beata parte. S'ella riman fra 'l terzo lume, e Marte, Fia la vifta del Sole fcolorita, Poich'a mirar fua bellezza infinita L'anime degne intorno a lei fien fparte.. Se fi pofaffe fotto'l quarto nido,

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Ciafcuna delle tre faria men bella, Ed effa fola avria la fama, e'l grido. Nel quinto giro non abitrebb'ella: Ma fe vola più alto, affai mi fido, Che con Giove fia vinta ogni altra ftella..

SONETTO XXV.

anto più m' avvicino al giorno eftremo, Che l'umana miferia fuol far breve, Più veggio tempo andar veloce, e leve, E'l mio di lui fperar fallace, è fcemo. 1' dico a'miei penfier: Non molto andremo D'amor parlando omai, che 'I duro, e greve Terreno incarco, come frefca. neve,

Si va ftruggendo: onde noi pace avremo Berchè con lui cadrà quella fperanza, Che ne fe' vaneggiar si lungamente; B' rifo, e'l pianto, e la paura, e l'ira.. Si vedrem, chiaro poi, come fovente Per le cofe dubbiofe altri s'avanza? E. coms fpeffo indarno fi fofpira..

SO

V; 3. Sella è lafsto. v. 14. fraz. v. 39. el. . v. 22. al. aremo,

wie

SONETTO

XXVI.

GIÀ fiammeggiava l'amorofa ftella

Per l'Oriente, e l'altra che Giunone
Suol far gelofa, nel Settentrione
Rotava i raggi fuoi lucente, e bella;
Levata era à filar la vecchierella

Difcinta, e fcalza, e defto avea 'I carbone.
E gli amanti pungea quella ftagione
Che per ufanza a lagrimår gli appella
Quando mia fpeme già condotta al verde
Giun fe nel cor, non per l'ufata via,
Che'l fonno tenea chiufa, e'l dolor molle;
Quanto cangiata, oimè, da quel di pria!
E parea dir: Perchè tuo valor perde?
Veder quefti occhi ancor non ti fi tolle."

SONETTO XXVII.

A Pollo, s' ancor vive il bel defio,

Che t'infiammava alle Teffaliche onde E fe non hai l'amate chiome bionde Volgendo gli anni già pofte in oblio ; Dal pigro gielo, e dal tempo afpro, e rio, Che dura quanto 'l tuo vifo s'afconde Difendi or l' onorata e facra fronde," Ove tu prima, e poi fu' invefcat' io; E per virtù dell' amorofa fpeme,

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Che ti foftenne nella vita acerba, Di quefte, impreffion l'aere difgombra. Si vedrem noi per maraviglia infieme Seder la Donna noftra fopra l'erba, E far delle fue braccia a fe ftefs'ombra."

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v. 17. al. cangiato. v. 15. defio. v. 21. al. Sag

gia. v. 27. al, noftra donna.

SONETTO XXVIII.

Solo, e penfofo i più deferti campi

Vo mifurando a paffi tardi, e lenti: E gli occhi porto per fuggir intenti Dove veftigio uman la rena ftampi. Altro fchermo non trovo, che mi fcampi Dal manifefto accorger delle genti: Perchè negli atti d'allegrezza spenti Di for fi legge com' io dentro avvampi: Sì, ch'io mi credo omai, che monti, e piagge, E fiumi, e felve fappian di che tempre Sia la mia vita, ch'è celata altrui. Ma pur si afpre vie, nè sì felvagge Cercar non fo, ch' Amor non venga sempre Ragionando con meco, ed io con lui.

SONETTO XXI X.

S' atterra;

Io credeffi per morte effere scarco

Con le mie mani avrei già pofto in terra Queste membra nojofe, e quefto incarco : Ma perch' io temo, che farebbe un varco Di pianto in pianto, e d'una in altra guerra Di qua dal paffo ancor, che mi fi ferra, Mezzo rimango laffo, e mezzo il varco. Tempo ben fora omai d'avere spinto

L'ultimo ftral la difpietata corda

Nell' altrui fangue già bagnato, e tinto. Ed io ne priego Amore, e quella forda, Che mi lafsò de' fuoi color dipinto, E di chiamarmi a fe non le ricorda.

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v. 2. radi. v. 4. al. la terra. v. 7. al. negli occhi. v. 13. al. Trovar. al, vegna . v. 16. al. afferra. v. 26. prego. v. 27. de' fuo'.

!

CANZONE VIII.

Sià debile il filo a cui s' attiene

La gravofa mia vita,

Che s' altri non laita,

Ella fia tofto di fuo corso a rivas
Però che dopo l'empia dipartita,
Che dal dolce mio bene

Feci, fol'una fpene

E' ftata infin a qui cagion ch'io viva
Dicendo, Perchè priva

Sia dell' amata vista.;.
Mantienti, anima trifta:

Che fai, s'a miglior tempo anco ritorni,
Ed a più lieti giorni a

O fe'l perduto ben mai fi racquista?
Quefta fperanza mi foftenne un tempo
Or vien mancando, e troppo in lei m'attempo».
E'l tempo paffa, e l'ore fon sè pronte

A fornir il viaggio,

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Ch'affai fpazio non aggio

Pur a penfar, com' io corro alla morte.
Appena fpunta in Oriente un raggio

Di fol, ch' all'altro monte

Dell'avverfo orizzonte

Giunto l vedrai per vie lunghe, e distorte-. Le vite fon sì corte,

sì gravi i corpi e frali
Degli uomini mortali,

Che quand' io mi ricordo dal bel vifo
Cotanto effer divifo,

Col defio non poffendo mover l'ali;

Poco, m' avanza del conforto ufato:

Nè fo quant' io mi viva in questo stato.

Ogni loco m' attrifta ov'io non veggio
Que' begli occhi foavi,

Che portaron le chiavi

De' miei dolci penfier mentr'a Dio piacque: E perchè 'l duro efilio più m'aggravi,

s'io dormo, o vado, o feggio,

Altro

v. 1. al, debole, al, a che, v. 8. al, infino . va

ar. Il tempo. v. as. ritrovo. V. 30. difio.

Akro giammai non chieggio;

I ciò ch' io vidi dopo lor, mi fpiacque.
Quante montagne, ed acque,
Quanto mar, quanti fiumi

M'afcondon que' duo lumi,

Cae quafi un bel fereno a mezzo'l die
Ter le tenebre mie,

Aociò che 'l rimembrar più mi confumi;
E quant'era mia vita allor giojofa,
M'infegni la prefente afpra, e nojofa.
Laffo, fe ragionando fi riafresca
Quell' ardente defio

Che nacque il giorno ch'io

Laffai di me la miglior parte a dietro;
E s'Amor fe ne va per lungo obblio;
Chi mi conduce all' efca

Onde 'l mio dolor crefca?

E perchè pria tacendo non m'impetro?
Certo criftallo, o vetro

Non moftrò mai di fore

Nafcoftó altro colore,

Che l'alma fconfolata affai non metri
P.ù chiari i penfier noftri,

E la fera dolcezza ch'è nel core

Per gli occhi, che di sempre pianger vaghi Cercan dì, e notte pur chi glien' appaghi. Novo piacer, che negli umani ingegni Speffe volte fi trova,

D'amar, qual cofa nova

Più folta fchiera di fofpiri accoglia!

Ed io fon un di quei che'l pianger giova:
E par ben, ch'io m'ingegni

Che di lagrime pregni

Sien gli occhi miei, ficcome 'l cor di doglia:
E perchè a ciò m'invoglia

Ragionar de' begli occhi

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(Nè cofa è che mi tocchi,

O fentir mi fi faccia così addentro)
Corro fpeffo, e rientro

Cola donde più largo il duol trabocchi,
E fien col cor punite ambe le luci,

D 2

Ch

v. 1. cheggio. v. 12. difio. v. 14. al. Lafciai .v. 21. Nafcofo. v. 24. al, fiera. V, 30. al, folte fchieve.

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