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Ch'alla ftráda d' Amor mi furon duci. Le treccie d'or, che dovrien far il Sole D'invidia molta ir pieno;

E' bel guardo fereno,

Ove i raggi d' Amor si caldi fono,
Che mi fanno anzi tempo venir meno;
E l'accorte parole

Rade nel mondo o fole,

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Che mi fer già di fe cortefe dono,
Mi fon tolte e perdono

Più lieve ogni altra offefa,

Che l'effermi contefa

Quella benigna angelica falute,

Che'l mio cor a virtute

Deftar folea con una voglia accefa :

Tal, ch'io non penfo udir cofa giammai Che mi conforte ad altro ch'a trar guai. E per pianger ancor con più diletto; Le man bianche fottili,

E le braccia gentili,

E gli atti fuoi foavemente alteri,
Ei dolci fdegni alteramente umili,
E'l bel giovenil petto

Torre d'alto intelletto,

Mi celan quefti luoghi alpeftri, e feri,
E non fo s'io mi fperi-

Vederla anzi ch'io mora :

Però ch'ad ora ad ora

S'erge la fpeme, e poi non fa ftar ferma;

Ma ricadendo afferma

Di mai non veder lei che 'l ciel onora ;
Ove alberga Oneftate, e Cortefia,

E dov'io prego, che 'l mio albergo fia.
Canzon, s'al dolce loco

La Donna noftra vedi ;

Credo ben, che tu credi,

Ch'ella ti porgerà la bella mano,
Ond' io fon sì lontano.

Non la toccar ma reverente a' piedi
Le dì, ch' io farò là tofto ch'io poffa,
O fpirto ignudo, od uom di carne, e d' offa.

SO

v. 2. devrien. v. 23. al. giovenil. v. 25. lochi. v. 19. Sorge. v. 33. prego. v. 39. al. riverente.

SONETTO XXX.

Rrfo, e' non furon mai fiumi, nè ftagni Nè mare, ov'ogni rivo fi difgombra; Nè di muro, o di poggio, o di ramo ombra, Nè nebbia, che 'l ciel copra e 'l mondo bagni. Nè altro impedimento, ond' io mi lagni,

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Qualunque più l'umana vifta ingombra; Quanto d'un vel, che due begli occhi adom. E par che dica. Or ti confuma, e piagni. (bra E quel lor inchinar, ch' ogni mia gioja Spegne, o per umiltate, o per orgoglio, Cagion farà che 'nnanzi tempo i' moja; E d'una bianca mano ancor mi doglio; Ch'è ftata fempre accorta a farmi noja, E contra gli occhi miei s'è fatta fcoglio.

SONETTO

XXXI.

O temo si de' begli occhi l'assalto, Ne quali Amore, e la mia morte alberga Ch'i' fuggo lor, come fanciul la verga; E gran tempo è ch'io prefi'l primier falto. Da ora innanzi faticofo, ed alto

Loco non fia dove 'l voler non s'erga; Per non fcontrar chi i miei fenfi difperga. Laffando, come fuol, me freddo fmalto. Dunque s'a veder voi tardo mi volfi, Per non ravvicinarmi a chi mi strugge; Fallir forfe non fu di fcufa indegno. Più dico: Che 'I tornare a quel ch'uom fugge El cor che di paura tanta fciolfi, Fur della fede mia non leggier pegno.

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v. 6. al. Qualunche. v. 7. duo. v. 10. al. onefate... 11. al, temp' jo. v. 12. anco. v. 18. al. primo. v. 19. od alto. v. 22. al. tafciando . N. 23. al. tardi.

SONET TO XXXII.

o Morte non dà qualche troppia

S'Amore, o

E s' io mi fvolvo dal tenace vifco, Mentre che l'un con l'altro vero accoppio ; I' farò forfe un mio lavor sì doppio

Tra lo ftil de' moderni, e 'l fermon prifco Che (paventofamente a dirlo ardifco) Infin a Roma n'udirai lo fcoppio. Ma però che mi manca a fornir l' opra Alquanto delle fila benedette,

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Ch'avanzaro a quel mio diletto Padre, Perchè tien verfo me le man sì ftrette Contra tua ufanza? i' priego che tu l'opra: E vedrai riuscir cofe leggiadre.

Ο

SONETTO XXXIII.`

Wando dal proprio fito fi rimove
L'arbor ch' amò già Febo in corpo umano
Sofpira, e fuda all' opera Vulcano

Per rinfrefcar l'afpre faette a Giove :
Il qual or tona, or nevica, ed or piove
Senza onorar più Cefare, che Giano:
La terra piagne, e'l Sol ci sta lontano,
Che la fua cara amica vede altrove
Allor riprende ardir Saturno, e Marte,
Crudeli ftelle, ed Orione armato
Spezza a' trifti nocchier governi e farte.
Eolo a Nettuno, ed a Giunon turbato
Fa fentir, ed a noi, come fi parte
Il bel vifo dagli Angeli aspettato. -

SO.

V. 3. al. Svolgo. v. 10. al. alquante . V. 13. prego. v. 15. al. propio. v, 10. Sanza. V. 34. Al Maligne.

MA

SONETTO XXXIV.

A poi che'l dolce rifo umile, è piano
Più non afconde fue bellezze nove;
Le braccia alla fucina indarno move
L'antichiffimo fabbro Siciliano:
Ch'a Giove tolte fon l'arme di mano
Temprate in Mongibello a tutte prove;
E fua forella par, che fi rinnove
Nel bel guardo d'Apollo a mano a mano.
Dal lito occidental fi move un fiato,
Che fa fecuro il navigar fenz' arte,
E defta i fior tra l'erba in ciafcum prato's
Stelle nojofe fuggon d'ogni parte

Difperfe dal bel vifo innamorato,
Per cui lagrime tante fon già fparte.

SONETTO

XXXV.

L figliuol di Latona avea già nove Volte guardato dal balcon fovrano Per quella ch' alcun tempo mosse in vano I fuoi fufpiri, ed or gli altrui commovę: Poi, che cercando ftanco non feppe, ove S'albergaffe, da preffo, o di lontano; Moftroffi a noi qual uom per doglia infano, Che molto amata cofa non ritrove. E così trifto ftandofi in difparte

Tornar non vide il vifo che laudato Sarà, s'io vivo, in più di mille carte E pietà lui medefmo avea cangiato

st, ch'a' begli occhi lagrimavan parte : Però l'aere ritenne il primo ftato.

D

v. 1. Da poi. v. 4. al. antiquigimo. v. 1o. al. Neuro e fanz', v. 14. molte. 25. al, piarà.

QUA

SONETTO XXXVI.

Uel ch' in Telfaglia ebbe le man sì pronte
A farla del civil fangue vermiglia;.
Pianfe morto il marito di fua figlia
Raffigurato alle fattezze conte:

E' paftor ch' a Golia ruppe la fronte,
Pianfe la ribeliante fua famiglia,

E fopra' buon Saul cangiò le ciglia:
Ond' affai può dolerfi il fiero monte.
che mai pietà non difcolora

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E ch'avete gli fchermi fempre, accorti Coutra l'arco d' amor, che 'adarno tira Mi vedete traziare a mille morti

Nè lagrima però difcefe ancora

Da' be' voftr'occhi; ma disdegno, ed ira

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SONETTO XXXVII.

L mio avverfario, in cui veder folete
Gli occhi voftri, ch'amore, e 'l ciel onora
Con le non fue bellezze y'innamora
Più che 'n guifa mortal, foavi e liete
Per configlio di lui, Donna, m'avete
Scacciato del mio dolce albergo fora;
Mifero efilio! avvegnach' io nou fora,
D'abitar degno ove voi fola fiete.
Ma s'io v'era con faldi chiovi fiffo,
Non devea fpecchio farvi per mio danno
A voi fteffa piacendo, afpra e fuperba.
Certo fé vi rimembra di Narciffo;

Quefto, e quel corfo ad un termine vanno
Benchè di sì bel fior fia indegna l'erba.,

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V. 1. Quei. v. 4. al. Raffigurare le . v. 7. al. cambid. v. 9. ale cui . v. 11. al, Contro all'.v. 12. al. Iẞtraziar mi vedete. v. 12. al. fete. v. 24. dovea

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