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teologo. Chi sosteneva il buon partito di Roma acquistava fama, ed ottenneva premj; ed il Muzio era avido dell' una cosa, e dell' altra. Aveva amicizia col Grisoni, onde da questo, e da' varj frati, era prevenuto contro il suo vescovo; e però andò ricercando l'occasione di attaccarlo direttamente. Si fermò sulle prime parole di quella lettera con cui il Vergerio volle scusarsi di non avergli scritto prima, dicendo : Muzio mio dolce si scrive quando Dio vuole, non quando vogliamo noi; e cosi è di tutte le altre cose che fanno gli uomini cristiani, o guidati dallo spirito di Dio. Questo modo di dire, che gli uomini agiscono quando possono, e non quando vogliono, somministrò l'arme al Muzio per attaccarlo, come negasse il libero arbitrio, non vergognandosi di voler insegnare al suo vescovo gli articoli della nostra credenza, mostrando dubbio, che fosse tinto delle dottrine di Lutero, senza ricordarsi, che scriveva ad uno il quale fu due volte nunzio in Germania, e che operò sempre contro i protestanti in favore della S. Sede. Il Ver

gerio non gli rispose, e s'avviò al concilio di Trento.

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Mentr'era il Vergerio al concilio, il nunzio Della Casa suo nemico per sentimento anche del Fleury mandò gli sgherri nel di lui palazzo vescovile per ricercare se vi fossero de libri degli eretici. Pare a (dice il Vergerio nella difesa IV.) che grande ingiuria mi sia stata fatta quando il legato Della Casa mandò in Capodistria con molto scandalo di tutto quel popolo i pubblici sbirri cercando per tutta la casa mia s'io aveva di que' libri (eretici), et mandò a far questo romore appunto in tempo ch' io era nel concilio di Trento.

Convien credere che il Della Casa informasse di tutto questo i legati del papa al concilio, e dipingesse il Vergerio come un uomo accusato, e sospetto di luteranismo; se è vero che s' inducessero ad impedirgli l'intervento a quel concilio, a cui dovevano esser ammessi i medesimi eretici per intendere, esaminare, e decidere intorno la loro opinione. Egli si ritirò a Riva sul lago di Garda giurisdizione di Trento, per

attendere di essere ammesso, ed ascoltato nel concilio. Con lettera de' 25 febbrajo 1546 scritta al cardinale di Trento si osserva quanto fervidamente richiedesse di esservi ammesso, e qual dolore provava nel non potervi intervenire, e qual scandalo pubblico portava tale condotta. Egli era stato allontanato per ordine di Roma, perchè si voleva che si giustificasse a Venezia. Finalmente il cardinale di Trento gli ottenne licenza a comparire a Trento a condizione di andar a Venezia. Tre erano i legati, cioè i cardinali Giammaria del Monte vescovo di Palestina, Marcello Cervino (a) e Reginaldo Polo. Il Vergerio però ebbe ordine di non intervenire alle cessioni del concilio ed egli andò dal cardinale Cervino a chiederne la ragione; al che il cardinale rispose, perchè ho inteso che voi negate la verità delle leggende di S. Giorgio, e di S. Cristoforo. È verissimo,

1546

(a) Il cardinale Cervino fu poscia papa nel 1555 col nome di Marcello II, il quale ebbe soli giorni 21 di pontificato.

rispose il Vergerio, o la nego ancora sul-, l'autorità di Paolo III, il quale comandò che ammendue coteste leggende fossero tolte via dal breviario, dicendo nella prefazione che si toglievano via quelle che non eran conosciute per vere. Cervino vedendosi convinto non seppe dir altro se non che: non doversi tenere per gente da bene quelli che in qualche cosa qualunque ella sia, sembrano accordarsi con i luterani; e però ritiratevi, disse, dal nostro concilio. Gli altri due legati non approvarono la condotta del Cervino, e fattosi mormorio fra i vescovi si risolvette di scrivere al papa; e Girolamo Vida vescovo di Cremona capo di questo partito aveva di già estese le lettere per essere sottoscritte da lui, e dagli altri vescovi; ma per la violenza del cardinale Cervino fu a' vescovi tolta la libertà di spedirle ; e però il Vergerio dovette allontanarsi da Trento.

Dalle lettere e memorie del celebre Vergas dirette al vescovo d'Arras segretario e ministro dell'imp. Carlo V, e da quelle del nunzio Visconti al cardinale Boromeo, come

da tanti scrittori e vescovi apparisce che i legati facevano tutto, e che a' vescovi non era permesso di fare, che ciò ch'essi volevano, esprimendosi il vescovo di Asterga al vescovo d' Arras 26 novembre 1551 noi facciamo qui ciò che ci lasciano la libertà di fare, e non ciò che voressimo fare. Il vescovo di Verdun ardi di sostenere doversi fare dal Concilio una vera riforma di tutti gli abusi: il legato Crescenzio si.scagliò contro trattandolo da stordito, da sciocco, da ragazzo, minacciandolo che saprebbe punirlo. Il vescovo d' Orense di Galizia alla proposizione del Crescenzio, che il papa fosse superiore al Concilio, rispondendo che dubitava della verità di questo articolo, si sentì a dir dal legato: Chi dubita in materia di fede è eretico; onde voi lo siete. Conseguenza dunque di tanto dispotismo dei legati fu la violenza usata al Vergerio coll'allontanarlo dal Concilio, ed a tutti gli altri vescovi che in di lui favore volevano scrivere al papa.

Qual ragione avesse M. Della Casa di essere così aperto nemico del Vergerio è

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