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aver ricevute sue lettere, ed aver per mano un'opera sopra le acque di Abano, ed i Colli Euganei, la quale, compita che sia, l'assoggetterà al di lui acre e forbito giudizio, aggiungendo di attribuire alle moltiplici di lui cure il non aver ricevuta risposta alle lettere indirizzategli in Germania, dicendo quoniam antehac in aulicis negotiis fueris occupatus, quando FERD. IMP. a secretis eras, nunc vero cum episcopus patriæ tuæ divino consilio creatus sis, et ad honestandam hanc dignitatem plurima sane adjumenta virtutis, probitatis, ingenii attuleris, vix tibi tempus ad hujusmodi scriptiones suppetere arbitror: e chiude inviandogli due epigrammi latini in morte di due suoi cari amici, l' uno certo Gualdo elegante poeta toscano, dei primarii nobili di Vicenza, e l'altro il precettore Antonio Fracanziano, del quale dice egli, che sempre ne avrà luttuosa la memoria, dandogli con questi epigrammi un testimonio di non avere ancora dimmesso le poetiche facoltà.

Nell'anno stesso 1566 il vescovo Rapiccio fu incaricato dall' arciduca Carlo a de

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finire certa contesa insorta per un canoni cato di Aquileja, per cui dà S. Carlo Borommeo gli fu scritta l'annessa lettera commendatizia datata in Milano 5 maggio 1566, la qual lettera si conserva religiosamente compiegata, e graziosamente all' intorno adornata in un quadro nella casa Rapiccio in Pisino, e tenuta con divozione. (a)

(a) Al Molto Reverend. S. come fratello
Monsignor il Vescovo di Trieste.

Molto Reveren. S." come Frèllo. Sono molti mesi, che essendo vacato un canonicato di Aquieleia per morte di m. Hieronimo Frangipane da Castello, io ottèni dal papa mio zio di santa mèmoria che, per essere vacato nel mese di sua S. si .conferisse al conte Barth. di Portia, il quale conoscevo molto degno di questo, ed di maggior grado. Ed scrissi in quel tempo al cardinale Delfino, ch' era nunzio a sua M. Cesarea, che in nome di N. S. ed mio ne dovesse ricercare al Sèrenis. Arciduca Ferdinando il possesso temporale per il conte. Ed il nunzio poi mi rescrisse, che sua altezza si contentava di concederglielo. Mà perche il conte quasi subito si rissolse di cedere il canonicato a m. Fulvio Frello del canonico morto, non si curò di pigliare il possesso, con dissegno, che si

Che il nostro Rapiccio esercitasse la giurisdizione vescovile in Trieste nel 1566 dice anche il Mainati nelle cronache di averne trovato memorie in quel capitolo. Dobbiam credere che nato fosse colla corte di Roma qualche dissapore per questa nomina, e che perciò fosse ritardata la conferma ed instituzione pontificia, mentre traspira dalla bolla stessa che il diritto di elezione si pretendesse dalla sede romana; ma questa

transferisse in lui questa grazia insieme col canonicato. Nendimeno hò inteso, che in questo mezzo vi si intruse un Fromontino, ed ora, che il Frangipane ha es pedito le sue bolle, ed tolto il possesso spirituale dal patriarca, s'è mosso senza alcuna raggione a fargli contrasto. Di che ho sentito gran dispiacere, parendomi, che se N. S. a miei prieghi haveva conferito questo benefizia al conte, ed esso l'haveva ceduto a m. Fulvio, che n'è molto meritevole, per quanto io ne sono informato, non ne dovesse esser ritardata, non che impedita la esecuzione, massimamente essendoci concorso il consenso del serenissimo Arciduca. Piacemi bene, che questa causa; come ho presentito, sia stata rimessa al giudizio di V. S. la quale come saprà conoscere

mala intelligenza fu sopita, mentre con bolla di Pio V. del giorno 11 kalendas augusti 1567, il Rapiccio è confermato ed istituito in vescovo di Trieste, portando l'intestatura dilecto filio Andrea Rapitio electo Tergestinæ, dicendo che da gran tempo le provisioni delle chiese vacanti sono

le raggioni di m. Fulvio, così credo, che vorrà torre la sua protezione contra di chi lo cerca molestare indebitamente. Ed la prego di cuore a' voler abbracciar la espedizione di questo negozio con quella affezzione ed prontezza, che io userei in favorire, ed ajutare ogni onore, ed commodo di V. S. ed mettere m. Fulvio in possesso pacifico. Che oltra che farà quello, che s' aspetta dalla bontà, ed giustizia sua, ed è conforme alla promessa del serenissimo Arciduca, io reputerò, che questo piacere sia posto nella mia propria persona, ed ne terrò con lei particolar conto, ed obbligazione non lasciando nelle occorenze di mostrarle la mia gratitudine. Ed a V. S. mi raccomando di tutto cuore. Di Milano a v. di maggio MDLXVI.

Di V. S. M. Rev.

Come fratello

Il Card. Borromeo.

state riservate alla disposizione de' pontefici, decernentes ex tunc irritum et inane, si secus super his a quoque, quavis auctori tate scienter, vel ignoranter contingerit attentari; poscia soggiungendo che il Rapiccio gli è stato presentato da Carlo arciduca d' Austria, a cui compete la nomina, come si riscontra da autentica copia di detta bolla (b).

L'imp. Massimiliano II. avendo avuta notizia che il vescovo Rapicio era per pren

(b) Erra il Mainati (chron. di Triest, Tom. III. p. 112) portando la bolla pontificia all'epoca 1568, mentre questa vi precede di un anno: un poco di riflessione, che avesse fatto ai suoi stessi scritti, ne avrebbe riscontrata l'implicanza e la contraddizione, mentre la lettera di Massimiliano dei 7 ottobre 1567 indica, che il Rapiccio celebrerà in breve le di lui primizie. Non poteva ciò indicare il Rapiccio se prima non avesse ricevuta la Bolla da Roma, la quale doveva precedere la lettera dell'imperatore, che accompagnava il dono, e destinava la deputazione; così fu diffatto, mentre la Bolla è di 21 agosto 1567, ed è la lettera dei 7 ottobre di detto anno, perciò la lettera di Massimiliano è posteriore di 47 giorni alla data della Bolla.

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