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Ch' io nol vedessi sfavillar dintorno,
Qual ferro che bollente esce del fuoco.
E disubito parve giorno a giorno
Essere aggiunto, come quei che puote
Avesse 'I ciel d'un altro sole adorno.
Beatrice tutta nell'eterne ruote

Fissa con gli occhi stava, ed io in lei
Le luci fisse di lassù remote,
Nel suo aspetto tal dentro mi fei,

Qual si fe' Glauco nel gustar dell'erba
Che 'l fe' consorto in mar degli altri Dei.

Trasumanar significar per verba

Non si poria, però l'esemplo basti

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quello che dir vuole nel presente luogo con un accidente di più, ch'è la rattezza del suo volo al termine, onde mira il sole cosi sfavillante. Dice molto, perchè fu rattissimo il volo; ma soggiunge nè sì poco, perche fu per tempo il lungo tratto che trascorse. Qual ferro, ecc. Il gran Buonarroti: Sfavillo come ferro in fuoco ardente.

61-63. Sono not. da Alf. Come quei che puote ; come se colui che può ciò che vuole avesse, ecc. Adorno, adornato.

64-69. Si not. da Alf. Beatrice sta fissa nel sole, Dante ne rimuove gli occhi, gli affissa in lei, e sentesi trasumanato. Ed io, ecc. Ordina: ed io tenendo fisse in lei le luci mie (gli occhi miei) rimote (rimosse) di lassù (dal sole) mi feci nel suo aspetto tale, quale, ecc. Accortosi Glauco che i pesci che posava sull'erba, ripigliavano novello vigore, e saltavano di nuovo in mare, ne attribui la cagione a quell'erba: la gusto, e venutogli il desiderio di viver sotacqua, vi si balzò, e fu fatto dio marino. Con questo esempio, non sapendo altrimenti descrivere il trasumanare, spiega qual ei fece nell'aspetto di Beatrice.

70-y3. Alf. not. la voce trasumanar (andar di là dall'essere umano), e spiega farsi più che uomo. Poria, for. poet. potrebbe. - Però l'esemplo, che

A cui esperienza grazia serba.
S'io era sol di me quel che creasti
Novellamente, Amor che 'l ciel governi,

75 Tu 'l sai che col tuo lume mi levasti.
Quando la ruota, che tu sempiterni
Desiderato, a sè mi fece atteso

Con l'armonia che temperi e discerni,

reco di Glauco, basti a cui la divina grazia serba il farne esperienza. Due cose ha incontrato insino a qui il Poeta, che il parlar nostro non può ritrarre; la presente; e l'addormentarsi che fece per la dolcezza di quel canto, Purg. xxxi.

73-75. Dante non sa se fosse ivi in corpo e anima, ovvero in anima soltanto. Ordina così: o amore, che governi 'l cielo (ch'è Dio), tu, che mi levasti da terra col lume tuo, tu sai se nell'essere di me io era solo quello che creasti novellamente. Essendo sua duttrina ch'appena nel feto l'articolar del cerebro è perfetto, volgesi Dio a lui e spiragli l'anima, chiama questa creazione novella, o sia la parte dell'uomo che Dio cred novellamente, a differenza dell'altra parte materiale, tanto innanzi creata.

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76-81. Alf. not. salvo la voce desiderato, col v. 78. La ruota, la celeste sfera cosi detta dal rotare o girare. Che tu sempiterni, della quale tu fai sempiterno il girare. Desiderato; suppone esser cagione del girar dei cieli, il desiderio impresso in loro dal Creatore d'avvicinarsi a lui; e dice nella più volte citata Pistola: omne quod movetur, movetur propter aliquid quod non habet, quod est terminus sui motus. A sè mi fece atteso, mi fece attento a se. Temperi e discerni; principio e base di ben regolata armonia. Di questa armonia delle sfere di Pitagora e Platone e molti altri antichi filosofi, dice Varrone :

Vidit et ætherio mundum torquerier axe,
Et septem æternis sonitum dare vocibus orbes
Nitentes aliis alios, quæ maxima divis
Lætitia stat; tunc longè gratissima Phœbi
Dextera consimiles meditatur reddere voces.

Parvemi tanto allor del cielo acceso

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Dalla fiamma del sol, che pioggia o fiume 80 Lago non fece mai tanto disteso. La novità del suono e 'l grande lume Di lor cagion m'accesero un disio Mai non sentito di cotanto acume. Ond'ella, che vedea me sì com'io, Ad acquetarmi l'animo commosso, Pria ch'io a dimandar, la bocca aprio; E cominciò: Tu stesso ti fai grosso Col falso immaginar, sì che non vedi Ciò che vedresti se l'avessi scosso.

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Finsero ancora gli antichi le celesti sirene, dette poi Muse da Platone; ond' Ennio: Musce quæ pedibus magnum pulsatis olympum; che fece poi immaginare ad Alessandro Efesio in ciascun pianeta una lira di sette corde. Tanto... del cielo, tanto spazio del cielo. Dante s'è alzato in questo breve intervallo sino alla regione del fuoco, della quale ragioneremo più sotto. Che pioggia o fiume, ecc. Un torrente di fuoco, vasto quanto il cielo, e però maggiore della sua vista, la circonda; e ben l'esprime per questa similitudine. 82-84. Alf. not. Di lor cagione, ecc. Accesero in me un desiderio tale di saper la cagion loro, quale non era mai stato da me sentito si veemente. Acume, può esser sinonimo di forza, considerando gli effetti che dall'acuità, come dalla forza d'un corpo in altro introdotto risultano.

85-87. Vedea me, per entro i miei pensieri. Commosso, per l'ip

Com'io, suppl. vedeva me. quietudine del desiderio detto. Pria ch' io; suppl. aprissi la aprissi la bocca.

88-90. Ti fai grosso, intendi nell' ingegno tuo, e

Col falso im

puoi tradurre offuschi la ragion tua. maginar; quello di credere ch'egli è ancora in terra.

Se l'avessi scosso, se tu avessi da falso immaginare.

te

rimosso il tuo

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Tu non se' in terra sì come tu credi;
Ma folgore, fuggendo 'I proprio sito,
Non corse, come tu ch'ad esso riedi.
S'i' fui del primo dubbio disvestito,
Per le sorrise parolette brevi,
Dentro a un nuovo più fui irretito;
E dissi: Già contento requïevi

Di grande ammirazion; ma ora ammiro

,

91-93. Alf. not. Ma folgore, ecc. Dice che il folgore, lasciando il proprio sito non casco mai a terra sì veloce, come egli da terra, lassù. Il sito proprio del fulmine si è la regione del fuoco, la quale è, dice il Poeta nel Convito, alla circonferenza di sopra, lungo I cielo della luna. E Aristotile: Est enim terra tanquam mundi centrum in medio omnium, circa quam aqua, circa aquam aer, circa aerem ignis illic purus et non turbidus, lunce attingens. - Ch'ad esso riedi. Questo verbo riedi l'usa in sentimento di vieni, siccome il Petrarca adoperò tornare per andare : O torni giù nell'amorosa selva; considerando l'uno e l'altro Poeta l'azione nel solo riguardo del fine.

94-96. Alf. not. S'i' fui, sottintendi come fui di fatto. Disvestito, quasi fossegli quel falso immaginare alla mente, quello che l'acqua d'Elsa. Per le sorrise parolette; se traduci questa frase, ne spegni ogni luce; bastiti che per essa ti si ricorda quel desiato riso, onde rimasero abbagliati i più miseri e avventurosi amanti che fosser mai, Inf. v. Irretito, intricato, come l'uccello nella ragna. Nella Fiammetta: nè gli è a cura il compor fittizie parole, le quali lacci sono ad irretire gli uomini di pura fede.

,

97-99. Alf. not. ora ammiro col vers. seg. Contento requievi di grande ammirazion; cessata l'una delle cagioni della sua grande ammirazione, rimane per questa parte adagiata la mente. Requievi, è forma del lat. requiescere trapiantata nel sermon nostro. Traduci: già cessò la commozion mia dell'un soggetto del mio ammirare. Come io trascenda,

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Com' io trascenda questi corpi lievi. Ond'ella, appresso d'un pio sospiro, Gli occhi drizzó ver me con quel sembiante Che madre fa sopra figliuol deliro; E cominciò: Le cose tutte quante Hann'ordine tra loro, e questo è forma Che l'universo a Dio fa simigliante. Qui veggion l'alte creature l'orma Dell'eterno valore, il quale è fine Al quale è fatta la toccata norma.

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suppl. avviene che. - Questi corpi lievi, l'ingombro dell'aere.

100-102. Alf. not. - Appresso, suppl. l'atto. Deliro, delirante, fuor di senno. Il Petrarca:... Che del cor mi rade Ogni delira impresa. E tu, lettore, fissa l'occhio un istante a questo guardar di Beatrice qual pietosa madre il figlio deliro.

103-105. Alf. not. - Questo profondo ragionamento di Beatrice 'ha per iscopo di far cessar l'altra cagione dello ammirare di Dante per trascendere quei lievi corpi. Breve, vuol dire che ogni creato ha un ultimo fine a cui tende; questa nell'uomo è il cielo; adunque è naturale, perché conforme al suo fine, che dispogliato d'ogni impedimento che a terra il costringa, ei s'alzi al cielo, come fa vivo fuoco. Ma tu, discente, seguita stretto stretto la parola, se vuoi che sia il tuo diletto eguale alla fatica: È forma che, ecc., perchè questo miro ordine ha faccia d'unità. Il sig. can. D. legge, v. 103, tulte e quante, forma irregolare; e, vers. 105, similante ante per simigliante, parola barbara.

106-108. Qui, nel detto ordine. L'alte creature, quelle, vers. 120, ch' hanno intelletto e amore; quelle dell'umana specie, la quale, Inf. n:

..

eccede ogni contento

Da quel ciel ch' ha minor li cerchi sui. L'orma, l'impronta. Dell'eterno valore, della virtù o passanza eterna, di quel Dio il quale è il fine a cui

,

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