110 Nell'ordine ch' io dico sono accline Tutte nature, per diverse sorti, la toccata norma (l'accennato ordine) è fatta, perchè universa propter semetipsum operatus est Dominus. 109-111. Accline, propense, inclinate, spiega Alfieri. Tutte nature, tutti gli enti di qualsivoglia natura. Per diverse sorti, giusta l'essenza loro più o meno nobile. Più al principio loro, ecc. Eccone la ragione nel vu di questa Cantica: Che l'ardor santo ch'ogni cosa raggia, 112-114. Si not. da Alf. Onde, per esser nelPordine che ha detto tutte nature accline, ecc. Si muovono, tutte nature. 4 diversi porti, comparando l'immensità dell'essere a un mare immenso, dice a diversi porti, in luogo di a diversi fini, vale a dire al fine a ogni diversa natura sortito. Con istinto, con quella inchinevole propensione o tendenza al fine dal Creatore trasfusole. Istinto, significa propriamente stimolo dentro o interno, però i materialisti intendono per esso l'aggregamento delle impressioni sentite per inezzo degli organi interni. Ma il Poeta l'adopera nel suo comun senso. A lei, a ogni diversa natura. La porti, questo verbo sta in congiuntivo in virtù di quel volere, a cui nulla può far contrasto, ch'è il divino. 115-117. Questi, quest' istinto, dice Alfieri. Nè, dalla terra. Inver la luna. Purg. xvIII: Poi, come 'l fuoco muovesi in altura, Ne cuor mortali è promotore. Intendo, diversamente Questi la terra in se stringe e aduna. Nè pur le creature, che son fuore D'intelligenzia, quest'arco saetta, Ma quelle ch'hanno intelletto e amore. La providenzia, che cotanto assetta, Del suo lume fa 'l ciel sempre quïeto, Nel qual si volge quel ch' ha maggior fretta. 120 da tutti, in ogni ente che ha vita animale, e però mortale, uomini e bruti, nel cuore dei quali questo istinto, o primo impeto al suo fine, si fa sentire, ch'è, nei bruti la vita; negli uomini il principio loro, o sia il fin vero della loro beatitudine, ch'è il cielo. Questi la terra, ecc. Dice nel Convito: ciascuna cosa ha 'l suo speciale amore, come le corpora semplici hanno amore naturato in sè al luogo proprio. E però la terra sempre discende al centro, il fuoco alla circonferenza di sopra lungo l cielo della luna, e però sempre sale a quello. 118-120. Le creature fuori d'intelligenzia, sono tutte le irragionevoli; quelle ch' hanno intelletto ed amore, le ragionevoli, pel solo intelletto dalle altre distinte. E tanto le une quanto le altre sono allo stimolo del detto istinto sottoposte, sentimento ritratto in questo bel figurato modo, quest'arco saetta. 121-123. Alf, not. i due primi. Cotanto, quanto detto è; il sopraccennato maraviglioso ordine di tutte quante le cose. Assetta, lo stesso che assesta, ordina e misura. Del suo lume, per mezzo del suo divino splendore, nel quale ogni beatitudine si contiene. Fa sempre quieto. Nel Convito e quieto e pacifico è lo luogo di quella somma deità che sè sola compiutamente vede e pongono gli cattolici esso essere immobile, per avere in sè, secondo ciascuna parte, ciò che la sua materia vuole. - Nel qual (cielo) si volge quel (cielo) chha, ecc., intende il primo mobile, il quale, dice il Poeta nel Convito per lo suo ferventissimo appetito d'essere congiunto col divinissimo quieto in quello, si rivolve con tanto desi cielo e , ... velocità è sua derio che la Dante, vol. III. , quasi incomprensibile. 2 Ed ora li, com'a sito decreto, Che ciò che scocca drizza in segno lieto. 130Cosi da questo corso si diparte Fuoco di nube) se l'impeto primo 135 A. terra è torto da falso piacere. 124-126. Alf. not. Ordina: ed ora la virtù di quella corda, che drizza in segno lieto ciò che scocca, cene portali, com'a sito decreto. Figura nell'arco l'anzi detto istinto; nello strale, la creatura che l'impeto suo seconda; e dice che la corda d'esso strale drizza ciò che scocca in segno lieto, perocchè il segno, o sia il fine a cui muove l'istinto detto, si è quello posto dal Creatore. Com'a sito decreto, Alfieri spiega prefisso dai fati; noi: decretato o destinato dalla providenza divina. 127-129. Alf. li not. Vuol provare pei due esempi che pone, che se, non ostante l'istinto datogli, si declina l'uomo dal suo fine, ciò avviene per falso piacere che ne lo diverge. Come forma non s'accorda, ecc. Avviene molte fiate che, per essere la materia sorda (non arrendevole) all' intenzione dell'arte (dell'artista o artigiano) la forma ideata dall'artista non s'accorda coll' intenzion sua (coll'idea dell'artista). e 130-135. Alf. not. saivo sì come veder si può, con se l'impeto primo, e'l vers. seg. che forse non intese. Ordina: così la creatura che, quantunque naturalmente sia pinta così, nondimeno ha podere di piegarsi in altra parte, si diparta talora da questo corso, se l'impeto suo primo (l'anzi detto istinto) è Non dei più ammirar, se bene stimo, 140 torto a terra da falso piacere; e questo avviene sì, come si può veder fuoco cader di nube, se, per dilatarsi sì che non vi cape, s'atterra in giù fuor di sua natura. Le parole che s'aggiungono sono veramente sottintese, e si leggono nel xx di questa Cantica, vers. 40, 41, 42. Il modo che ho diviso le parti subalterne di questo periodo, dimostra chiaro che gli Accademici della Crusca non hanno inteso il suo sentimento. Lombardi spiega bene; Venturi sbalestra; gli altri non so. 136-138. Alf. not. Ordina: adunque, se stimo bene, tu non dei più ammirare il tuo salire, se non come ti maravigli d'un rivo, se da alio monte scenda giù in basso. 139-142. Privo, privato, essendo privato, vale a dire essendo stato privato. - D' impedimento. Intendo col Venturi per questo impedimento i terreni affetti, nel quale sentimento mi rafferma il sottoposto luogo del Purgatorio, xn: O gente umana, per volar su nata, E il seguente del XIV: Chiamavi 'l cielo e 'ntorno vi si gira, Com'a terra, ecc., come se fuoco vivo stesse a terra quieto: Per la sua forma ch'è nata a salire Quinci, avverbio di luogo, e, per analogia, di tempo. ARGOMENTO. Salita nella prima stella: sua forma e sostanza. Erronea opinione di Dante intorno alle macchie del corpo lunare da Beatrice falsificata: cagione e ragione delle medesime. 5 O voi che siete in piccioletta barca, Dietro al mio legno che cantando varca, Non vi mettete in pelago, che forse, L'acqua ch'io prendo giammai non si corse: 1-6. Alf. not. - Volge il parlare a coloro che l'hanno seguitato insino a qui nel difficil suo viaggio, prima in mare tempestoso, che figura l'Inferno, poscia in acqua migliore, che rappresenta il Purgatorio, ed entrando adesso in pelago profondo, e quasi senza fine, dice a chi gli è venuto dietro in picciola barchetta che se ne torni tosto onde si parti; perciocchè , perdendolo un istante di vista, potrebbe forse smarrirsi; volendo dire, che chiunque non ha quel corredo di scienza che a sì ardua lettura si conviene, lasci stare questo libro, perchè senza dubbio si troverà tra mille difficoltà avviluppato e confuso. E sono sicuro che nello studio di questa terza Cantica, dei mille uno è stato sin ora chi riuscito è a lieto fine. Siete... seguiti, puoi dire siete venuti seguitando. - Varca, intendi le acque di questo pelago senza fine. do 7-9. Alf. nota il primo. - L'acqua ch'io preno, ecc., suppl. a solcare. - Giammai non si corse ; trascorrerà nell'ultimo cielo, il quale, come scrive Platone, nessun poeta canto o canterà mai degnamente. |