Slike stranica
PDF
ePub

generalmente seguíta, la quale vede nel Messo un angelo.

sto

[ocr errors]

Contro il quale -e a maggior ragione contro l'Arcangelo san Michele, san Pietro, Crioltre tutte le altre piú o meno forti, si può portare quest'ultima e inoppugnabile obbiezione: Non è grande e insostenibile assurdità che da un angelo, se per tale si vuole intendere il Messo del Cielo, si faccia fare ai demoni una ramanzina come si farebbe presso a poco con scolaretti indisciplinati, non solo, ma si rinfacci loro, come ammettendolo per istoria, il mito di Cerbero trascinato tremante da Ercole a vedere la luce del mondo? E che dire se s'intende nel Messo san Pietro o Cristo?

Tutto l'episodio, nel complesso e nei suoi particolari, mostra che il Messo non può esser personaggio cristiano, come ben s'apposero i primi commentatori, ma visto che son pure insostenibili le ipotesi di Pietro di Dante e del Caetani su Mercurio ed Enea, non resta che ricorrere ad Ercole, di cui qualche Iscrittore ha fatto cenno, e mostrare con l'attento esame del passo tanto discusso, che se un personaggio il Messo rappresenta, nessuno più di lui ha diritto a questo onore.

Giacché questa d'Ercole è l'ipotesi piú probabile, e direi anche sicura, e quella nello stesso tempo che ci dà dell'episodio una rappresentazione piú coerente e piú conforme di quanto sian le altre al pensiero dantesco.

[ocr errors]
[merged small][merged small][ocr errors][merged small]
[blocks in formation]

Ma, anche non volendo ripetere quel che al riguardo si disse rammentando il centauro Nesso, si può rispondere a costoro che gli Dei del paganesimo nel Medio evo non finiron tutti in una buffa e ridicola caricatura che di loro il Cristianesimo fece; giacché, se la maggior parte d'essi divenne oggetto di riso e di scherno come ad esempio Diana, Pluto, Mercurio rappresentato con la testa di cane, e tanti altri; - pure qualcuno si salvò da tale sfacelo, e mutato, trasformato, adattato ai nuovi tempi e alle nuove coscienze, rimase onorato e rispettato almeno nell'arte e nella poesia. Si potrebbe dir quasi che alcuni pochi furono cristianizzati.

Donde si spiega come Dante non si faccia alcuno scrupolo di chiamar Gesú« Sommo Giove », e d'invocare nel suo Poema sacro alcu

[merged small][merged small][ocr errors][merged small][merged small][merged small]
[blocks in formation]

Hic igitur tibi laeta quies fortissime divúm. Alcide.

e Virgilio in molti passi su per giú come i precedenti. Da questo esame risulta dunque che Ercole passò ben presto nella mitologia romana a occupare il posto di un Dio; non solo, ma di un Dio che protegge e soccorre gli uomini nelle loro avversità, li libera da tutti i mostri, da tutti i mali:

Se tibi pax terrae, tibi se tuta aequora debent 2 e viene invocato come quello che solo li avrebbe potuto sempre liberare:

Sed tu domitor magne ferarum
Orbisque simul pacator, ades.
Nunc quoque nostras respice terras
Et, si qua novo bellua vultu

1 Nel suo commento all'Eneide, G. L. CERDA al verso 203 del libro VIII scrive: « Alcides. Hoc primum nomen viri hujus, si credis Sex. Empyrico Matth. lib. VIII: nam postea Herculis nomen supercinduxit, quum jam Deus. Proprie itaque poeta Alciden nominat, et iterum postea : « Non tulit Alcides animis » quia in his locis de hoc viro loquitur ut de homine. Publius Vergilus Maro etc. Parisiis apud Lemaire 1821, vol. VI, pag. 491.

2 OVIDIO, Heroid. Ep. IX.

Quatiet populos terrore gravi, Tu fulminibus frange Trisulcis, 1 Fortius ipso genitore tuo Fulmina mittes. 2

3

E da tutti questi passi citati, come da qualsiasi manuale di mitologia romana, si vede chiaramente come questa figurazione, che s'era venuta a poco a poco evolvendo, e s'era lentamente sviluppata, s'arresta quando s'è fatto d'Ercole il temuto nemico dei mostri infernali, il vendicatore supremo delle offese che da essi venivano fatte ai Celesti, il vincitore dei Centauri, di Gerione, dell' Idra, di Caco, l'eletto dal sommo padre, il quale a lui solo aveva dato la missione e il permesso di fare quanto gli altri non avrebbero potuto o non sarebbe stato loro concesso.

[ocr errors]
[merged small][ocr errors][merged small][merged small]

1 Ercole veniva pure rappresentato col fulmen trisulcum.

2 SENECA. Hercoles Oetens, atto V, versi, 983 e' sgg.

3 F. RAMORINO. Mitologia Classica. U. Hoepli, Milano, 1911. pag. 279, a. 297 e cfr. pure A. FoRESTI. Mitologia Greca, vol. 2, U. Hoepli, 1892. L. PRELLER. Mithologie romaine. Traduction de M. L. Dietz. Paris, Libraire Académique. Didier et C.ic 1865.

4 « Fra i poeti moralisti, Ercole divenne l'ideale dell'eroe che superando innumerevoli difficoltà e combattendo con invitta costanza le battaglie della vita si rende degno d'una gloria immortale ». RAMORINO, op. cit.. pag. 293. Cfr. HORATIUS, Ep. 2, 1, 10 rammentata dal Ramorino. Non si dimentichi l'episodio di « Ercole al bivio » narrato da Prodico (Senof. Mem., 2, 17.

5 Cfr. L. PRELLER, op. cit. pag. 434, 436.

6 E del resto anche i Greci chiamavan Ercole : Σωτήρ, Αλεξίκακος, Παγγενέτωρ, Ούμπιος etc.

7 Tra l'Aventino e il Palatino gli fu dedicato un tempio, fra i tanti altri a lui consacrati, col nome di Hercules Victor. RAMORINO, op. cit., pag. 291.

[blocks in formation]

terrae, maximus ultor, dei quali i primi due con quelli di magnanimus si trovan spessissimo in questi autori; e che nel basso Medio Evo era citato da qualche autore come esempio di forza accanto a Salomone e ad Ovidio (esempî d' intelligenza e d'arte).

3

E che più, quando dirò che nel Medio Evo Gesù Cristo veniva rappresentato, oltre che sotto tant' altre, anche sotto le forme d' Ercole? Di quell' Ercole che Dante stesso in più luoghi del suo poema fa ombra pagana della sola ed eterna protesta ? 5

Vengan pure a dirci i commentatori che un dio o un eroe mitologico non può esercitar tanta tanta signoria sopra i piovuti dal cielo !

[blocks in formation]

E qui i commentatori ad affannarsi a dimostrar ciascuno la sua tesi con argomenti, come ora vedremo, del tutto insostenibili, giacché i sostenitori dell'Angelo sono tutti in contraddizione l'uno con l'altro nell' interpretazione delle terzine o dei versi, e, quel che più pare incredibile, in contraddizione con sé stessi! Ed è proprio l'assurdità manifesta della loro ipotesi che li conduce a ragionamenti fantastici e a strane incoerenze. Le

Disse argutamente il Manzoni che, giacché quali verranno eliminate quando s'intenderà

[ocr errors]

il Poeta non s'è voluto spiegar chiaro, bisogna rispettar il suo silenzio; ma è poi proprio vero che il Poeta non s'è voluto spiegar chiaro? A me quel « fata e quel « Cerbero vostro » fan pensare diversamente. Vostro! di chi? dei Demoni? Ben si vede come chi parla non pensava affatto che Cerbero ha poco da vedere con i demoni del Cristianesimo; tolti i quali, è questo un episodio che ben potrebbe stare in un poema pagano.

Ma la prova intera e piú convincente che il Messo sia Ercole scaturirà dall'esame della descrizione fatta dal Poeta nel IX dell' Inferno. Egli dice:

[blocks in formation]

nel Messo Ercole, al cui appressarsi fuggono atterriti i mostri infernali;

[blocks in formation]

quello che scrive Pietro nel suo commento all'opera del padre. Egli dice: « Iuno vero ipsum Herculem ejus privignum ibi voluit ejus privignum ibi voluit detineri (nell' Inferno) et fecit Medusam sibi (sic) apparere, ut lapis efficeretur. Sed ab ea evasit...».

Che relazione ha invece con Medusa Enea Cesare o Saladino e tanto meno l'Angelo ?

coltà ci presenta, intendendo nel Messo Ercole, la spiegazione dei versi 128-130 del Canto precedente, perché il :

passando per li cerchi senza scorta 1 conviensi benissimo ad Ercole, che già una prima volta era stato all' Inferno, ed era arrivato fin davanti al trono di Pluto, solium regis, e, a quanto si sa, senza alcuna scorta anche allora.

Ma dove l'incoerenza raggiunge il colmo è nell' interpretazione data dei versi 80-81. Gran parte dei commentatori, come per esempio il Casini, annotano al passo: «al valico, al punto in cui si passa » non rammentando che nulla ci sarebbe di strano nel passar con le piante asciutte « al valico» (potrebbe farlo anche un bambino), e sarebbe veramente curioso che un angelo, se tale il Messo fosse, si preoc-glio dobbiamo, pensare il contrario. cupasse di cercare il valico; o che non poteva passare ovunque gli fosse piaciuto?

Né so donde il Cipolla abbia ricavato che il Messo sia « velocissimo »; perché né dai versi 79-81, né da quanto appresso il Poeta dice ci è lecito argomentarlo, anzi possiamo con maggiore fondamento e sicurezza, e me

E come se non bastasse questo, il Casini, commentando poco dopo il verso 85, ci dice, che l'Angelo volava (donde l'ha argomentato?); dunque riassumendo: l'Angelo arrivò « al valico »; avrebbe potuto benissimo passar all'altro lato, ma invece.... volò!

Quel che a Dante importava far notare come una singolarità era il passaggio con le piante asciutte, il fatto cioè che il Messo, pur camminando sulla palude, non si bagnava. È assurdo dunque spiegare al passo « al valico », giacché la spiegazione che ci si presenta come la piú giusta è d' intendere: di passo, con passo naturale, onde il senso sarebbe vidi uno che passava Stige (non volava) camminandovi sopra coi propri piedi senza bagnarseli, come se fosse passato su terra dura.

Che poi Ercole passi con le piante asciutte Stige, non deve sembrar strano a chi rammenti come Dante stesso passò il fiumicello che circondava il nobile castello del primo cerchio << come terra dura ». Né alcuna diffi

1 Op. cit., pag. 127.

3

2 La « Divina Commedia » di Dante Alighieri col Commento di T. Casini. Quarta edizione. Firenze, Sansoni, 1889.

3 Inf., IV, 106.

Venimmo al pie' d'un nobile castello,
sette volte cerchiato d'alte mura
difeso intorno da un bel fiumicello.

Questo passammo come terra dura.

Le parole infatti con le quali Dante indica il muoversi del Messo sono:

passava

Stige», «giunse alla porta », « poi si rivolse per la strada lorda »; parole che si addicono molto meglio ad uomo che cammini, e non ad Angelo « velocissimo ». Senza rammentare poi che la giusta interpretazione delle parole: « al passo » è, come s'è detto, di passo, con passo naturale.

82.

Ma ritorniamo al Poeta.

Dal vólto rimovea quell' aer grasso
menando la sinistra innanzi spesso
e sol di quest' angoscia parea lasso.

E qui inciampano di nuovo i sostenitori dell'angelo. Perché quell' angoscia non può affatto convenire a quest'ultimo, tanto meno a san Pietro o a Cristo, e le ragioni furon dette in principio; non potrebbe nemmeno convenire ad Enea, perché Virgilio non ne aveva sofferto, ed era pur del Limbo. Ma non cosí per Ercole; di che cosa altro infatti poteva egli parer lasso? Quale altra angoscia lo avrebbe potuto turbare avviandosi, esecutore del divino ed eterno volere, ad aprire le porte di Dite?2

Inf., VIII, 128.

e già di qua da lei discende l'erta,
passando per li cerchi senza scorta,

tal che per lui ne fia la terra aperta.

2 Ed è naturale che Ercole sia turbato dall'aer pingue della palude, giacché anche Mercurio è ritar

[blocks in formation]
[ocr errors]

com

Alle parole « ben m' accorsi» il Casini annota: << per il fenomeno che l'avea preceduto e piú per il miracolo di passare sulla palude con le piante asciutte, volando, e per tutta la maestà che si diffondeva dall'aspetto dell'angelo ». Come è chiaro, qui il mentatore spiega non tanto il pensiero del Poeta quanto il suo, perché il fenomeno che precede l'arrivo del Messo si può addire tanto a un demonio quanto a un angelo, e non parliamo piú della malaugurata idea del volare; e del resto, quanto a maestà, dall' aspetto del l'angelo doveva diffondersene ben poca, poiché doveva essere piú lo spavento e il terrore che egli comunicava al luogo, anziché questa angelica maestà. Tanto che il Bianchi sentí il bisogno di commentare (e anch' egli è sostenitore dell' angelo !): « E ragionevolmente Dante, introducendolo (il Messo) a spaventare i demoni, lo fa precedere dal terrore, e lo presenta in forma piú di espugnatore di città, che di angelo beato.

Che il Poeta lo presentò in forma di espugnatore di città è verissimo, e si comprende, giacché nel Medio Evo dovevan essere noti i miti delle spedizioni intraprese da Ercole contro Eraclia, contro Troia, contro Pilo, ecc.; né deve quindi sembrar strano o misterioso che il Messo sia presentato in forma di espugnatore di città. Ma non si può esser d'accordo

dato nel suo cammino, al ritorno dell' Inferno, dall'aer torbido:

....undique pigrae

ire vetant nubes, et turbidus implicat aër
nec Zephyri rapuere gradum, sed foeda silentis
aura poli.

STAZIO, Tebaide, II, 2-5. È su questo passo specialmente che i sostenitori di Mercurio si appoggiano per dimostrare la loro tesi, ma è inutile parlarne, giacché s'è ben risposto loro. E nei versi 1-31 del II° della Tebaide non si legge affatto, come dice il Casini, (commento al verso So del Canto IX) « che il figlio di Giove e di Maria fu mandato a introdurre nella città infernale l'ombra di Laio; » ma che invece fu mandato per trarnelo fuori.

[merged small][merged small][merged small][ocr errors][merged small]

88.

Ma seguitiamo a leggere.

Ahi quanto mi parea pien di disdegno! Giunse alla porta e con una verghetta l'aperse, che non v'ebbe alcun ritegno.

Manfredi Porena, in una sua lettura su questo Canto dell' Inferno, dopo aver messo avanti i motivi, simili press' a poco a quelli addotti dai sostenitori dell' angelo, per i quali egli dice che il Messo non può essere un personaggio storico o mitologico fra questi, è un motivo abbastanza forte!, che se tale il Messo fosse stato, Dante avrebbe detto chi egli era; proprio per far piacere al Porena!, prosegue : « Ragioni suppergiú di questo genere valgono contro l'altro pretendente mitologico, Ercole, i cui diritti mi paion tanto deboli, per lo meno quant' egli era forte. E alle sue mani poi, in luogo della tradizionale e rituale clava, non converrebbe menomamente quella verghetta, che, trattandosi di Mercurio, poteva almeno rappresentare il caduceo ».

Prima di tutto si dovrebbe far notare al

4 Cfr. BORGOGNONI, op. cit., pag. 136.

2 Cfr. Rassegna bibliografica della Letteratura italiana, luogo citato: «< .... messo del cielo può esser chiunque, sebbene più probabilmente possa essere un angelo »>.

« PrethodnaNastavi »