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Circa la relazione tra la « luce piú dia », cioè tra Salomone e le cose che D. gli fa dire: relazione che non manca mai nella Divina Commedia tra i personaggi introdotti a parlare e l'argomento delle loro parole. A Salomone, come si sa, è riserbato l'officio di spiegare al Poeta, nel XIV del Paradiso, quale! sarà la condizione dei beati quando avranno riavuto i loro corpi officio che D. gli attribuí perché egli lo ¦ riteneva autore di quel Cantico che fu allegoricamente interpretato, fino dai tempi piú vetusti, come l'epitalamio di Cristo con la Chiesa, e, per concorde testimonianza di Padri e di Dottori, da s. Ambrogio a s. Tommaso, al tempo stesso e prima di tutto l'epitalamio della umana natura con la divina; cosi che Salomone è pur esso il vate profeta della unione ipostatica in Cristo; lo sposo è il Redentore, la sposa la carne umana e, per essa, il genere umano. Cosi è che qui D. ha operato da teologo e da poeta, scegliendo tra quanti di opportuni, ed erano moltissimi, Padri e Dottori gli offriva la storia, quello che per la sua antichità, per la sua fama di poeta, per la sua profetica inspirazione valeva con la sua sola presenza a rendere la esposizione sommamente suggestiva.

(4874)

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Intorno alla nuova interpretazione dei Canti XV e XVI dell' Inferno di P. Fornari (Dante e Brunetto, Varese, 1911; cfr. il no. 4415 di questo Bull.). In continuazione. (4881)

VULLIAUD PAUL. Enquête sur la pensée dantesque; Dante et les sectes d'amour. (In Les entretiens idéalistes, Paris, 1914, an. 9o).

(4882)

ZUCKERMANDEL L.

Cfr. il no. 4767.

Firenze, 1914.

G. L. PASSERINI.

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La Commissione esecutiva fiorentina della Società dantesca italiana ci annunzia che quest'anno saranno esposti in Or San Michele i Canti dal VII al XVI dell'Inferno dai signori: Giovanni Rosadi, Ettore Romagnoli, Emanuele Magri, E. G. Parodi, Orazio Bacci, Andrea Novara, Vittorio Spinazzola, Pier Liberale Rambaldi, Antonio Cippico e G. A. Borgese, rispettivamente nei giorni 14, 21 e 28 di gennaio, 4, 18 e 25 di febbraio, 4, 11, 18 e 25 di marzo. A queste esposizioni di Canti seguiranno, l'8 e il 15 di aprile, due conferenze « di carattere generale », ad illustrare l'opera del Poeta e, cioè, una su Le arti plastiche e la « Divina Commedia » del prof. Pietro Toesca, una su La « Divina Commedia » nei commenti degli Scienziati italiani del prof. Antonio Garbasso. · Le letture comincieranno alle 15 precise fino a tutto il mese di febbraio nel marzo poi e nell'aprile alle 15 e mezza.

e a Roma.

Il 17 di gennaio, nella cosi detta Casa di Dante a Roma, cioè nel restaurato Palagio degli Anguillara, saranno riprese le annuali letture dantesche con un discorso del prof. Zingarelli su la Vita di Dante. Seguiranno poi lo Scherillo, parlando della Vita nova (24 gennaio) e i professori Parodi, Bacci, Solmi, Galletti, Pietrobono, Rossi e Borgese, leggendo i Canti dal X al XVI dell'Inferno, (nei giorni 31 gen., 7, 15, 21 e 28 febbraio, 7 e 14 di marzo). Dei Sensi terreni nel & Paradiso » dantesco dirà il Bertacchi il 21 di marzo, e chiuderà il corso con una conferenza su L'anima di Dante il Fradeletto, il 28 dello stesso mese. Le letture incominceranno alle 15 precise.

L'Austria contro Dante.

Il 2 decembre scorso un telegramma da Trieste al Secolo di Milano, riprodotto poi e variamente commentato da tutti i giornali d'Italia, annunziava il sequestro avvenuto, presso la Libreria Trani, di tutti gli esemplari del piccolo commento di G. L. Passerini alla Divina Commedia, allegandosi come pretesto alcune << interpretazioni irredentiste » a luoghi del Poema che il commento passeriniano contiene, e le quali suonano offesa contro la duplice Monarchia, dominatrice delle terre italiche della Venezia Giulia. Ma non è certamente inutile ricordare che pochi giorni innanzi la polizia austriaca aveva anche vietato a Trieste una publica lettura nella quale sarebbero stati recitati, tra altro, alcuni passi assolutamente innocui del Poema dantesco. È dunque Dante che si vuole sbandire; e

dati i metodi, ormai noti, della politica austro unga rica, la cosa parrà, a chi ben guardi, perfettamente naturale!

La donna pistoiese del tempo antico

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è il promettente titolo di un libro di geniale erudizione messo insieme da Luigi Chiappelli, noto illustratore della sua Pistoia, amoroso, instancabile, segnalatissimo. E il titolo della bella monografia dice tutto, e invoglia alla lettura al tempo stesso dilettevole ed erudita di queste pagine, nelle quali si cerca qual fosse lo stato morale della donna a Pistoia in quel periodo di tempo durante il quale la nobile città si facea sempre più bella e abbondevole, stendendo attorno e accrescendo il suo contado e la sua giurisdizione, afforzandosi pur tra lo strepito delle interne discordie con avveduti commerci e ordinamenti civili. Un bel libro e una buona azione: perché tutto quello che tende a mettere in luce le glorie passate e i dolori della patria ad ammaestramento degli Italiani, è anche opera di sincero e illuminato civismo, specie in questi momenti di aspettativa angosciosa in cui ogni nostra virtú deve esser messa in valore pel bene pre-" sente e futuro della stirpe.

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BIAGI ILARIO. Dante e Seneca: Saggio di uno studio « Dante e i poeti latini ». Pisa, tip. Ferdinando Simoncini, 1913, 8" [dall'autore]. CORBELLINI Alberto. Di un rimatore pavese veneziano del secolo XVI (Antonio Isidoro Mezzabarba): Contributo allo studio del petrarchismo e del sensualismo nel Cinquecento. Pavia, Fratelli Fusi, 1913, 8° [dall'autore].

GUERRI DOMENICO. Caratteri e forma del « Comento di Giovanni Boccaccio sopra la « Commedia » di Dante ». Barga, tip. Bertagni, 1913, 8° [dall'autore]. BUSNELLI GIOVANNI. L'« Avvocato dei tempi cristiani»: Indagine dantesca. Roma, Stab. tip. Befani, 1914, 8° [dall'autore]. SINOPOLI DI GIUNTA G. PIETRO. Il pastore di Hermas e la « Divina Commedia ». Palermo, tip. Pontificia, 1913, 8o [dall'autore].

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La scuola del Bartoli. Roma, tip. dell'Unione editrice, 1913, 80 [dall'autore]. BARBI MICHELE.

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PEDRAZZOLI UGO. Qual'è la seconda redazione del « Trattatello in laude di Dante »? Firenze, tip.

E. Ariani, 1913, 80 [dall'autore]. TRAINA GIUSEPPE.

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DOZSA ENDRE. Timori e paure nella « Divina Commedia» e nelle altre opere dantesche. Recalmuto-Palermo, Casa editrice di « Vita ed arte », 1914, 16o [dall'autore]. FILIPPINI FRANCESCO. Personaggi danteschi in Bologna, di G. Zaccagnini (recensione). Bologna, 1914, 8° [dall'autore].

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- L'orologio celeste di Dante e altre noterelle: sesta Ricreazione dantesca. Torino, Ditta G. Paravia e C., 1914, 80 [dall'editore]. Czinka Panna. Kolozsvár, Martinoviz Andor, 1913, 8° [dall'autore]. FOLGORE DA SAN GIMIGNANO. I Sonetti, per cura di FERDINANDO NERI. Città di Castello, S. Lapi, 1914, 8° [dall' editore]. HAUVETTE HENRI. Boccace: Étude biographique e litteraire. Paris, Armand Colin, 1914, 8° (dall'editore]. TORRACA FRANCESCO. Studi danteschi. Napoli, Francesco Perrella e C., 1912, 8° [dall'autore]. BERTACCHI GIOVANNI. Ore dantesche. Milano, Casa Editrice Baldini e Castoldi, 1914, [dall'editore]. Aristotele. · L'Etica Nicomachea, a cura di ARMANDO CARLINI. Bari, Gius. Laterza e figli, 1913, 8o [da A. Carlini].

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INGOGLIA G. Virgilio Marone e Dante Alighieri at-
traverso 14 secoli. Edizione riveduta. Catania, tip.
Monaco e Mollica, 1914, 8° [dall'autore].
TOMMASEO NICOLO.

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Scritti di critica e di estetica. Napoli, R. Ricciardi, editore, 1913, 16o [dall'editore]. BELLEZZA PAOLO. Cnriosità dantesche. Milano, Ulrico Hoepli, 1913, 8o [dall'editore]. ALIGHIERI DANTE. Vita nuova, con proemio, note e appendice di G. A. Cesareo. Messina, Gius. Principato, editore, 1914, 8° [da G. A. Cesareo]. LOZOVINA VINKR. Povijest Talijaniske Knjizevnesti. U. Zagrebu, Izdala « Matica Hrvatska », 1909, 8o [dall'autore]. D'ANCONA ALESSANDRO. Scritti danteschi. Firenze, G. C. Sansoni, editore, 1913, 8o, [dall'editore]. RIEDISSER IDA. Inscriptions from Dante's « Divina Commedia » in the streets of Florence, explained and illustrated. Firenze, Succ. B. Seeber, 1913, 16o fig. [dall'autore]. PELLIZZARI ACHILLE. Dal Duecento all'Ottocento: Ricerche e studi letterari. Napoli, Francesco Perrella, 1914, 80 [dall'autore].

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Leo S. Olschki, editore-proprietario-responsabile.

1915

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Tipografia Giuntina, diretta da L. Franceschini Firenze, Via del Sole, 4.

IL CANTO DI BRUNETTO LATINI *

Alla memoria del poeta Giuseppe Morgheni, di Arco.

Ho avuto, alcune settimane fa, a Londra, l'apparizione improvvisa raccapricciante dell'atmosfera di color perso e di notte, quale quella che tutt' intorno ravvolge il terzo gi rone infernale, dove

si vede di giustizia orribil' arte.

Il cielo di mezzodi là su Tamigi era, in alto, cielo di nubilosa mezzanotte, e tutto l'orizzonte chiuso intorno era tra del color del sangue e quello della pece. Profonde caverne di crepuscoli d' apocalissi s' aprivano e si chiudevano nella mutevole e pur greve e afosa atmosfera. Non era che un'ora, non forse troppo inconsueta in quei cieli iperborei, di graveolente nebbione. Ma io, non so perché, ne ho avuto, quel giorno, un' impressione nuova paurosa e forte, ché m' era parso quell'aria negra e cuprea, vivida di opachi riflessi sanguigni, stesse per arroventarsi sinistramente d' intorno e v' incominciassero d'un cader lento a piovere, per entro, di fuoco dilatate falde,

come di neve in alpe senza vento.

Fu l'illusione d' un attimo: e fu un attimo d'eternità. Tanto che, come mi trovavo, per mero caso, non lunge alla porta dell'abbazia

* Da una lettura fatta a Firenze, nella Sala di Dante, nel marzo 1915.

di Westminster, v' entrai, quasi a cercarvi rifugio da quella oscura minaccia.

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Vagai per breve ora, piú che nell'angolo degli statisti o che in quello dei poeti due angoli fondamentali della storia tra di perpetua realtà e poesia, dell' Inghilterra, per le cappelle dei Re morti. Spettri giacenti, in quella irreale penombra, fra le tombe terragne nel barbaglio fioco di qualche candela remota, apparivano e sparivano le figure di pietra o di bronzo di quei gravi monarchi della storia. Ma spettri immani e piú veri e piú vivi, in quella giallastra nebbia che s' era infiltrata pur sotto le tenebrose agili vôlte del gotico tempio, sorgevano d' intorno a me e dentro di me quelle figure di Edoardi, di Enrici e di Riccardi, i quali, meglio che nella storia o che nella leggenda, sono immortali nelle tragedie dello Shakespeare. Non da quei loro chiusi sepolcri, intorno a me, sorgevano nell'ombra le pallide ombre regali, ma dalla realtà eterna della poesia.

Seguíto, dunque, da quello stuolo, che mi bisbigliava dietro le musiche dei grandi versi famigliari, riuscii, per qualche istante, all'aperto; e per un piccolo chiostro, nel quale il verde vellutello dell'erba sembrava, sotto l'invisibile cielo, l'acqua quasi stagnante di un sotterraneo fiume silenzioso, entrai a mano sinistra, in un'alta cappella ottangolare, cappellȧ

Giornale dantesco, anno XXIII, quad. II.

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sconsacrata oggi e destinata a piccolo museo o archivio di atti notarili e di storiche bolle.

Non ero mai stato, prima, in quel sacello. E sotto la luce scialba di alcune lampadine elettriche, mi diedi, con distratti e indifferenti occhi, a esaminare quei documenti chiusi e quei vermigli enormi sigilli nelle basse vetrine degli armadi. Quando, gittato lo sguardo nella vetrina del centro, « qual meraviglia ! » fui costretto dentro a me stesso, come è nel verso di Dante, a gridare. Un brivido mi corse per l'anima e per le ossa. E vidi, bianca nitida vergata d'eleganti caratteri trecenteschi, una pergamena. Era un atto di notaro, rogato in francese a Bar-sur-l'Aube, nel 1262, se ben mi rammento, da uno chiamato Ser Brunetto Latini. « Siete voi qui, Ser Brunetto? » dissi a voce alta, nella cappella tenebrosa e silente, e la mia voce parve a me stesso ignota, a quella nuova e a me anche piú viva ombra, che in quello strano apocalittico giorno di nebbione londinese, in quella straniera abbazia, mi si parava, improvvisa e tacita, davanti.

L'altra masnada, quella degli shakespeariani Re d'Inghilterra, all' apparire di quell'antico dettator fiorentino, era scivolata in silenzio via, fuori della cappella e della memoria. E io me ne rimasi solo, a faccia a faccia, in quella luce quasi di girone dantesco, con Brunetto di Bonaccorso Latini. E ripetendo nella commosa memoria i versi alti dell'Alighieri, consideravo quel bianco antico foglio con quella chiara antica firma snella ed adorna : e nel mio più profondo me evocavo, meglio

che il fantasma infernale del vecchio fiorentino col suo « cotto aspetto », << la cara e dolce imagine paterna » di colui, il quale

Là su di sopra in là vita serena,

al Poeta nostro, che non pure una firma sua ha di sua mano a noi posteri lasciata, non inutilmente aveva insegnato « come l'uom s'eterna ».

I.

Se oso, dunque, pure dinanzi alle anime vostre, rievocar la luce e l'atmosfera di quel mio primo inatteso incontro londinese con Ser

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Brunetto, non è già per tentar di comunicarvi ché sarebbe, temo, impossibile, il brivido mio spirituale e fisico, per quella inattesa apparizione; sí per indurvi a considerar piú vive e vere che le creature della effimera vita che viviamo, le creature che l'eterna poesia ha rivivificate una volta e fatte immortali.

Ora, sotto quella luce e in quell' atmosfera, con in piú l'eternale ardore della pioggia di fuoco, m' era apparso sempre prima, e m' appare pur oggi nella fantasia, il paesaggio desolato e spaventevole, lunghesso il quale c'imbattiamo nelle tormentate anime di Capaneo, di Brunetto e di Guido Guerra.

Di qua dal tristo fosso e di qua dalla selva dolorosa dei violenti contro sé, è la landa, che dal suo letto ogni pianta rimuove.

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Su per quest' arena arsiccia passano, dunque, dinanzi ai nostri occhi, innumere greggi di anime nude: le une, di coloro che a Dio hanno fatto violenza, sono supine; sedute tutte raccolte, quelle che furono contro l'arte; ma quelle che fecero violenza alla natura vanno continuamente. È questa ultima gente, più molta, ché le peccata loro di violenza sono più frequenti delle altre. E vanno sempre senza tregua mai, sotto le falde di fuoco, ché la colpa loro immonda, colpa, per lo piú, di gente sedentaria, di cherci, di grammatici, di teologi, di notari e d'altra gente letterata, è contrapposta, nell' inerzia sua, a questa tormentosa continua pena del movimento. Tutte coteste anime ignude sono abbruciate e sanguinanti nere e rosse, in una; e piangono roventi lacrime sempre; e le membra hanno, oltre che aduste, pustolose e irriconoscibili, e senza riposo mai è la tresca delle misere mani.

Corre lungo la landa, come lungo il bosco delle maledette arpie correva un asciutto vivagno ( Li margini fan via, che non son arsi»), un margine impietrito. E di là da questo, spicciato fuor della selva dopo essere co

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