con e Poeta); e l'altra, seguita dalla maggior parte Enea invece è stato messo avanti dei commentatori, un personaggio del mondo audacia dal Caetani, il quale se può dirsi forcristiano, midabile nella distruzione delle ipotesi conE abbiamo avuto cosi; Mercurio, l'Angelo, trarie, tal non riesce poi nel sostenere la sua. Enea, l'arcangelo San Michele, Cristo, san Egli infatti, per dimostrare che Angelo non Pietro e altre proposte delle quali non val pro- è, oltre il noto ragionamento dell' Imolese, prio la pena occuparsi. ' porta argomenti saldissimi e convincenti. Che angelo il Messo non sia dimostrò Dei quali il primo è che la descrizione del l' Imolese, il quale, ricordando opportunamente Messo nel IX Canto dell'Inferno non è in le parole dette da Virgilio a Dante nel Pur- nulla simile o paragonabile a quella dell’Angatorio quando apparisce l'angelo nocchiero : gelo fatta dal Poeta nel II del Purgatorio, Omai vedrai di si fatti ufficiali anzi in alcune parti è quasi l'opposto di questa, come ad esempio quando dice che l'Angelo ne deduce con logica inoppugnabile che prima del Purgatorio, benché operante come celedi quel tempo il Poeta angeli non aveva visto stiale nocchiero sdegnava gli argomenti umani, mai; né si può comprendere come una prova né altro remo o vela voleva al suo uffizio cosí sicura non abbia soddisfatto certi scru tranne che le sue ali ; mentre il Messo per polosi chiosatori.' E l'Imolese, sostenitore di aprire ai due Poeti le porte di Dite si serve Mercurio, come Pietro di Dante, continua: d'una verghetta. « volo quod notes necessario lector, quod E inoltre le parole usate contro ai demonii multi decepti sunt hic dicentes quod iste fuit provano ugualmente la mondana natura, perunus angelus, quod tamen alienum est a mente ché si fece a rimproverar loro il vano cozzar auctoris, unde non intellegunt motivum eius, coi fati, rammentando i danni di Cerbero : cose, nam Mercurius poetice loquendo est nuncius queste, che mai il Poeta volle fosser dette per et interpres deorum, qui mittitur a superis ad bocca d'Angelo. inferos ad esecutionem omnis divinae volun Aggiunge il Sermoneta che il Messo, come tatis sicut patet apud Homerum, Vergilium, Dante dice, se ne parti con Statium, Martianum et alios multos ». sembiante Ma poiché questa idea è stata combattuta d'uomo cui altra cura stringa e morda vittoriosamente dalla grandissima parte dei che quella di colui che gli è davante, commentatori, né c'è piú alcuno che voglia e non già come Angelo, il quale, se laggiú sostenerla come buona", è inutile indugiarsi su fosse venuto, sarebbe stato appunto per la cura questo punto. di chi gli era davanti.... Dimostrato non esser Angelo ma uomo 1 Il Rossetti vede nel Messo Arrigo VII di Lussem colui che comparve sulla palude Stige, non burgo, l'ANDREOLI il disprezzo del mondo e l'AVALLE la sapienza della mente (e ciò è spiegare il simbolo adom occorre dichiarare quanto erronea sia l'opibrato del Messo non il Messo come persona), il GEITER nione di chi vide nel Messo o Cristo o la potestà che Cristo diede alla Chiesa contro l'errore e Pietro. l' eresia, il Di GIOVANNI lo spirito di Dio vestito di Passa dopo ciò il Caetani a voler dimostrare, tutto il sublime onde nella Bibbia appare, e secondo in vero con argomenti non molto forti, come il FRANCIOSI il Messo sarebbe « l'angelo di Geova >> l'angelo dell'onnipotenza punitrice, ecc. il Messo sia Enea. 2 Cfr. BARTOLi, op. cit., pagg. 179-181. Rammenta in primo luogo che a Virgilio, 3 A quel che Benvenuto scrive il Borgognoni ag- il quale lo invita e lo esorta a intraprendere il giunge : « ma dal momento che angelo non è, non è viaggio attraverso il regno della morta gente, detto che debba esser Mercurio per forza, potrebbe Dante risponde non credersi degno di tanto essere Enea o anche Giulio Cesare », (op. cit., pagg. e temere che la sua audacia non sia folle. E 46-47). Vedremo in seguito come egli s'inganni. Cfr. pag. 20 in fine. se Enea padre di Silvio poté, essendo ancor • Tranne Salvatore Betti. vivo, andare a secolo immortale, ciò non deve san sono parere indegno a uomo di sano intelletto, la lezione giusta fosse la prima, evidentepensando l' alto effetto, che uscir dovea di lui, mente quando Virgilio dice: tal ne s'offerse, giacché egli fu eletto nel Cielo come padre e immediatamente dopo : Oh quanto tarda a dell'alma Roma e del romano Impero, che me ch'altri qui giunga !, intende parlare di furono stabiliti per lo luogo santo u' siede il due persone, una che gli s'era offerta e un'alsuccessor del maggior Piero. Ma, continua Dante, tra che dovea giunger davanti la Città di io perché venirvi ? o chi 'l concede ? Dite, non già di una sola come dovrebbe inio non ,Enea, io non Paolo sono: tendersi, se si seguisse l'ipotesi del Caetani. me degno a cið né io né altri crede. Come ben si vede, le prove addotte dal Persuaso da Virgilio essergli concessa Duca di Sermoneta per sostenere la sua tesi, l'andata per dono della grazia figurata dalle non poco deboli, né maggior valore Donne benedette della Corte del Cielo, preso hanno i passi riferentisi ad Enea nelle altre lui per duce e maestro, entrò per l'alto e sil opere di Dante da lui citati : il Convivio, VI, vestro cammino della sua peregrinazione. 5 e 26; il De Monarchia, II. Gli venne quindi mostrato il Limbo, ove E un' altra grave difficoltà sorge dopo la vide i grandi poeti e con loro gli spiriti ma prima, ed è questa : immaginando Enea sceso gni d'Enea, di Cesare, di Camilla, di Pente dal Limbo e mandato, per volere divino, a socsilea. Da questa dimora, scendendo per i correre i due poeti, se ne sviserebbe complecerchi infernali, fu Dante guidato alle mura tamente il carattere quale ci appare in Virdella città di Dite, fatta a guisa di fortezza e gilio, senza dire poi che si farebbe aprir la difesa dai demoni. porta di Dite a un dannato giacché il A Virgilio venne quivi vietata l'entrata Limbo altro non è che il primo cerchio delperché aveva seco Dante ancor vivo a cui l'Inferno - dandogli tanta superiorità su Virmostrar voleva le colpe per ritrarlo dalla gilio che le Donne del cielo avevano prescelto dannazione colla penitenza, alla qual cosa op come guida e maestro di Dante, su Virgilio porsi dovevano i demoni, se non si faceva ch'era pure del Limbo. loro alcun manifesto segno del volere divino. E osservando attentamente come il Poeta Questo segno che doveva aprir quelle porte, latino ha creato questo suo personaggio; quel era dato a Virgilio da tale, siccome a Dante senso di mitezza e di religiosa pietà che lo acavea detto,' che non potea dubitare che quel compagnano per tutto il Poema; ricordando la passo potesse venir loro tolto da alcuno. E sottomessa preghiera che rivolge alla Sibilla disse che tale gli si fu offerto, il quale non perché gli conceda di veder i suoi Trojani ; poteva esser che nel Limbo luogo di sua di leggendo ora Dante, osservando la finezza, il mora (di Virgilio). disdegno, la forza onnipotente, la violenza di Qui navighiamo in pieno mare di fanta questo Messo pauroso e terribile, a tutti gli sticherie. Quando e come si è offerto Enea altri personaggi dell'antichità possiamo pensare, per aiutar Virgilio e, di grazia, da che cosa ad Ercole sopratutto, ma giammai ad Enea del lo argomenta il Caetani ? O che Virgilio aveva quale splendidamente dice il Poeta : « spem parlato solamente con Enea ? Anzitutto, con vultu simulat, premit altum corde dolorem ».' E la concezione dell' Eneide, quale opera questo guazzabuglio di codici non si è sicuri se il tal ne s'offerse del verso go debba leg- allegorico-morale sorta già nella tarda antigersi, come alcuni (fra i quali M. A. Zani 9) ? chità, come il Gaspary osserva, aveva domisostennero, tal ne s'offerse; e poi, quand' anche nato attraverso il Medio Evo e avea visto nel grande Eroe virgiliano l'uomo che dopo 1 Verso 8 dello stesso Canto. 2 Di varie lezioni da sostituirsi alle invalse nell'«Inferno » di Dante Alighieri. Saggio di Marco AURELIO ZANI DE' FERRANTI. Bologna, 1855 (1 volume in-12). 4 Aen., I, 209. Per il carattere d'Enea nel poema virgiliano cfr. il bello studio di F. VIvona, Il dolore nel maggior poema latino. Palermo, 1906. molti errori giunge al sommo bene, alla con- lo spavento delle altre anime davanti a lui, templazione del divino. «E per Dante - sono come non convenivano né si dànno a Virparole del Cesareo – il senso letterale, storia o gilio che è pur dello stesso grado e condimito che fosse, non perdea nulla del suo va- zione d'Enea ». lore reale, della sua significazione interiore, Il Cipolla, in un suo studio su questo del suo particolare carattere. Non egli subor- Canto dell' Inferno, ripiglia la questione deldinava la lettera all'allegoria; ma voleva che l'Angelo, che secondo lui sarebbe non un ansotto la lettera fosse indagata l'allegoria. Egli gelo qualsiasi, ma lo stesso san Michele, e · insomma credeva, come i mistici del Medio porta come prova della sua ipotesi il confronto Evo, che il simbolo fosse già nelle cose, e della descrizione del Messo con la descrizione che quindi non ci fosse bisogno di far loro dell'Angelo nel II del Purgatorio, che serve, violenza per ricavarne il significato allego- secondo lui, a confermare come quel Messo rico >> sia precisamente un angelo, se pure fa mestieri E qualunque interpretazione dell' Eneide conferma ! ! non l'avrebbe mai persuaso a mandar contro Difatti, dice il Cipolla, un fracasso Spai demoni, che s'opponevano al cammino suo ventoso, quale da terribile vento annuncia e di Virgilio, il pius Aeneas quasi come un l'arrivo del Messo, e un lume che muove dalgradasso. l'Angelo, ma che non lo lascia discernere, anE per non dilungarmi troppo su questa nuncia la venuta di questo ; velocissimo il parte, finisco con le parole del Bianchi, il Messo, ' velocissimo l’Angelo; superiore alla quale dice che «mal si conviene a un'anima triste natura del luogo il Messo che di nulla del Limbo, che è pur nel-numero dei reprobi, teme, tutto vince, passa Stige con le piante la superiorità e la potenza che qui assume, e asciutte e solo sembra lasso dell' aer pingue della palude che si rimuove dal volto con la sinistra, ma non è che quell'aer grosso possa 1 G. A. CESAREO. Storia della Letteratura ita- recargli offesa, è l'atto anzi (di superiorità !) liana. Terza edizione. V. Muglia, Catania, 1913. ond' egli, con tutta facilità e nobiltà, domina Parte 1a, pagg. 60-61. quelle nature cosí opposte alla sua; e anche ? E del resto a un certo punto il Caetani si dà per superiorità distinguesi l'Angelo del Puregli stesso, come si dice, la zappa sui piedi (op. cit., pag. 29), poiché volendo prevenire un' obbiezione che gatorio, ecc. ecc. sorge naturale e spontanea scrive : « Né deve opporsi Strano come il Cipolla voglia dimostrare a questa nuova dichiarazione il non aver Dante rico. che il Messo sia l'arcangelo Michele, servennosciuto Enea allorquando giunse ad aprire le porte dosi proprio delle prove addotte giustamente di Dite, poiché quand'egli lo vide la prima volta nel dal Caetani per provare il contrario, cioè che Limbo fra gli spiriti magni del nobile castello si fu in luogo aperto, luminoso e alto, e quando discese Angelo non era; eppure con tutto ciò Flaminel fondo sulla palude Stige fu in mezzo al sumo piú nio Pellegrini segue l'ipotesi del Cipolla, acerbo, ove l'occhio suo no 'l potea menare a lunga rammentando, per corroborarla, questi versi del per l'aer nero e la nebbia folta ». E non s'accorge Poeta : il Caetani che lo condanna proprio la ragione da lui e santa Chiesa con aspetto umano addotta per difendersi, giacché Dante avrebbe dovuto Gabriele e Michel vi rappresenta per l'appunto riconoscere Enea perché l'aveva visto e l'altro che Tobia rifece sano. 2 in luogo aperto, luminoso e alto, e quindi ne viva l'immagine nella mente ; e poi da che cosa se Con ciò però Dante vuol dire non che si non dall'espressione del volto del Messo poter argo- avesse la possibilità o la facoltà di rappresenmentare che gli parea pien di disdegno? Ciò che fa supporre come il Poeta questo Messo dovette ben vederlo e certamente l'avrebbe riconosciuto se fosse 1 Non si comprende affatto da che cosa il Cipolla stato Enea. E per maggior prova si legga quel che argomenti, come vedremo in séguito, che il Messo sia scrive il Pascoli : « Sotto il velame », pag. 287 velocissimo. in fine. 2 Parad., IV, 46-48. aveva 1 2 3 an tare con forme umane gli Angeli e quindi siasi cosa laggiú, non avrebbero risentito, segli sarebbe stato lecito, secondo il Pellegrini, condo Dante, e non potevano però dimostrare, farlo nel IX dell'Inferno ; ma che volendo nessun dispiacere, nessun affanno, nessun'anrappresentare un angelo non si poteva fare a goscia. meno di attribuirgli aspetto umano, perché l'in- E per tornare ad Enea, non molto in vetelletto dell'uomo apprende solamente dagli rità aggiunge il Pascoli a quanto il Caetani oggetti sensibili ciò che poi diviene dottrina scrisse, e, bisogna confessarlo, forse reca piú intelligibile. E, dice il Poeta, confusione e oscurità anziché luce con le sue citazioni dell' Eneide di Virgilio e di altri passi Per questo la Scrittura condiscende a vostra facultate, e piedi e mano della Commedia, qualche volta anche fuori di attribuisce a Dio e altro intende. 1 luogo. Il Fornaciari, E del resto è ben differente il rappresen senza pretender di fornire, dice, una vera e propria dimostrazione, ma tare un essere divino, un angelo, con forme contentandosi di stare entro i limiti di conumane, come Dante stesso fa nel Purgatorio, getture piú o meno ragionevoli; premetto, pur parlando di faccia, ’ di piante, ' di testa continua, che io non credo niente affatto che bionda, 'di braccia, di ali, dal rappresentare , tale personaggio possa essere un angelo, opiun uomo qual'è quello del Canto IX dell'Inferno. nione sostenuta da quasi tutti i commentatori, E oltre le prove sudette, altre ancor piú e le ragioni di questa mia incredulità sono evidenti, messe avanti da acuti commentatori, quelle stesse accennate dal Duca di Sermo neta nella dissertazione da lui scritta su queci costringono a rigettare quest'ipotesi del sto argomento. l'Angelo comunemente sostenuta. Molto convincente quel che il Borgognoni dice nel suo Ma non ricorda l'egregio uomo quello che studio sulla questione, ove fra le altre argute il Caetani scrisse per dimostrare che se e geniali osservazioni è anche questa : « Di gelo non è a maggior ragione non può essere piú vi ricorda quel che risponde Beatrice a Cristo, e a quello riinando il lettore. E segui tando : « Ma se ripudio l'opinione che vede Virgilio che le aveva domandato come mai nel nostro Messo un angelo, non posso nepella non si guardasse di recarsi laggiú da lui nell' Inferno ? ». Ella risponde : pure accordarmi con chi vuol trovarci un dio o un eroe della mitologia.... ; non tanto perché lo son fatta da Dio sua mercé tale s' appoggiano su troppo deboli e incerte rache la vostra miseria non mi tange né fiamma d'esto incendio non m'assale. gioni, ' quanto perché un Dio o un eroe mi tologico non può esercitar si piena signoria Dunque le anime beate, e, a piú forte ra sopra i piovuti dal cielo », senza pensare che gione, gli angeli, che fossero discesi per qual proprio il centauro Nesso, eroe della mitologia, ha da Chirone l'incarico di proteggere i Poeti 1 Parad., IV, 44-46. contro altri demoni nei quali si fossero potuti 2 Purg., VIII. 34-35. imbattere, e proprio Nesso, la scorta fida, Ben discerneva in lor la testa bionda ; guida i due Poeti lungo la riviera di Flegema nella faccia l'occhio si smarria. 3 Purg., IX, 103-104. Sopra questo teneva ambo le piante 4 Minerva oscura, pag. 154-159. Sotto il velame, l'angel di Dio.... 281-300. Al Caetani obbietta il Bianchi : « anche con4 Purg., XII, 88-92. cesso che questo Messo del Cielo potesse essere A noi venía la creatura bella personaggio del Limbo, non vi è piú ragione di crebianco vestita e nella faccia quale derlo Enea, che Cesare o Saladino »; ma neppur quepar tremolando mattutina stella. sto è esatto ; cfr. pag. ix in fine. Le braccia aperse ed indi aperse l’ale ; 2 Op. cit., pagg. 94-101. disse : 3 E questo egli non dimostra affatto. 5 op. cit., pag. 136 e sgg. Inferno, XII, 100. 3 un 4 3 e e tonte; e Virgilio, prosegue il Fornaciari, non stisi all' entrare dei Poeti, pur voluto dal avrebbe mancato di riconoscere e mostrare a Cielo, s'erano opposti prima alla discesa dello Dante questo eroe mitologico, come ordina- stesso Cristo, e per di piú a porta meno riamente fa di tutti gli altri personaggi o mo- segreta. stri o ladroni del mondo pagano. Ma questi Né meglio e in modo piú convincente del tali il piú delle volte Dante li conosce da Fornaciari scrive il Federzoni,' il quale vede solo! Ancora: « Queste due circostanze, cioè nientemeno un' allusione a Cristo nel tale detto l'assoluta potenza del Messo celeste sui de- tre volte ? e nell' uno del verso 80 del IX moni e il fare misterioso che tiene nel par Canto! larne Virgilio, sono appunto le due norme che «Gli avversari all'arrivo del Messo, -- scridebbono guidare chi voglia una spiegazione di ve il Federzoni, - si ritraggono e precipitano quest' oscuro passo ». nell'abisso. Chi non ricorda come al presenMa in quanto alla prima, vale a dire l'as- tarsi di Cristo nell'orto di Getsemani e al dir soluta potenza del Messo celeste sui demoni, ch' Egli fece : Ego sum, i pontefici, i maestri, non si può dare altro che una spiegazione, i farisei e la coorte condotta da Giuda, tutti molto ovvia e naturale, oltre la quale si cade si ritrassero e caddero in terra ? Abierunt rein istravaganti e fantastiche congetture, e que trorsum et ceciderunt in terram ; ' è sempre la sta è che, dacché Virgilio, il quale aveva pur presenza di Cristo che atterrisce i nemici e da piu di sette volte renduta securtà a Dante e sé li ributta. Anche le anime della palude han l'avea tratto d' alto periglio che incontro gli tanta paura che fuggono ». stette,' superando ostacoli per nulla lievi ; Ma anche quando Patroclo si mostra con dacché Virgilio, suo duce e e maestro fin sul le armi d'Achille ai Troiani questi fuggono Paradiso Terrestre, non ha potuto con le sue atterriti; e per questo diremo che il Messo sia sole facoltà aprir le porte di Dite, bisognava Patroclo o qualche altro eroe in condizioni pur che venisse uno molto piú forte e piú simili di qualche poema latino da Dante copotente di lui ; salvo che non si voglia pen- nosciuto ? sare un Messo celeste che lotti corpo a corpo E per non annoiare il lettore, lo rimando coi demoni, il che non poco riuscirebbe comico. alle obbiezioni fatte dal Michelangeli contro E in quanto alla seconda circostanza, è questa ipotesi del Fornaciari e del Federzoni chiaro che nei versi ricordati dal Fornaciari : con molto senno e acume. Su per giú le stesse obbiezioni valgono Questa lor tracotanza non è nuova, ché già l'usaro a men segreta porta pure per il Piersantelli, il quale vede nel la qual senza serrame ancor si trova. Messo.... san Pietro ! Abbiamo cosi passato in rassegna le va rie sentenze di molti commentatori intorno a è chiaro, dico, che Virgilio non voglia iden questo indecifrabile Messo, e posto in luce tificare il messo con Cristo, perché, avendo le non lievi difficoltà che l'ipotesi del Caepensato a lui nei primi tre versi, poteva dire tani presenta, nonché quelle, piú gravi e benissimo che sarebbe venuto un' altra volta ; quasi insormontabili, scaturenti dall'ipotesi ma che rammenti la discesa del Redentore, per rassicurare e incoraggiar Dante, com'è naturale, col ricordargli che non era insolita 1 Op. cit., pagg. 182-208. la tracotanza dei demoni, perché essi, oppo- 2 Inf., VIII, 105-130 ; IX, 8. 3 San GIOVANNI, XVIII, 6. 4 Purgatorio. Tomo XVI, parte I, pag. 468-470. 1 Inf., VIII, 77-79. Cfr. pure Rassegna bibliografica della Letteratura ita2 Inf., IX, 124-130, liana, V, 1897, pag. 188 nella Cronaca. * *** 2 |