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Mi volfe in dura felce; e così fcoffa
Voce rimafi dall' antiche fame,

Chiamando Morte, e lei fola per nome.
Spirto dogliofo errante, mi rimembra,
Per fpelunche deferte e peregrine,*
Pianfi molt'anni il mio sfrenate ardire
Ed ancor poi trovai di quel mal fine
E ritornai nelle terrene membra,
Credo, per più dolor ivi fentire.
I'fegul tanto avanti il mio defire,
Ch'un di cacciando sì com'io foles,
Mi moffi, e quella fera bella, é cruda
In una fonte ignuda

Si ftava, quando fol più forte ardea.
Io, perchè d' altra vifta non m'appago,
Stetti a mirarla: ond'ella ebbe vergogna,
E per farne vendetta, ó per celarfe,
L'acqua nel vifo con le man mi fparfe.
Vero dirò, forfe parrà menzogna:
Ch'i' fenti trarmi della propria immago;
Ed in un cervo folitario, e vago
Di felva in felva rato mi trasformo,
Ed ancor de' miei can fuggo lo storme.
Canzon, i'non fu'mai quel nuvol d'oro,
Che poi difcefe in preziofa pioggia,

Sì che 'l foco di Giove in parte spense 2
Ma fui ben fiamma ch'un bel guardo accenfe
E fui l'uccel che più per l'aere poggia,
Alzando lei che ne' miei detti onoro:
Nè per nova figura il primo alloro
Seppi laffar; che pur la fua dolce ombra
Ogni men bel piacer del cor mi sgombra,

SO.

v. 2. dell3v. 5. øl. spilenche, al. pellegrino v. 31. al. lafciar.

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SONETTO

XX.

E l'onorata fronde, che prescrive

SL'ira del ciel, quando 'l gran Giove tona,

Non m'aveffe difdetta la corona, Che fuole ornar chi poetando fcrive: I'era amico a quefte voftre Dive,

Le qua' vilmente il fecolo abbandona: Ma quella ingiuria già lunge mi sprona Dall'inventrice delle prime olive: Che non bolle la polver d' Etiopia Sotto' più ardente Sol, com' io sfavillo, Perdendo tanto amata cofa propia. Cercate dunque fonte più tranquillo; Che'l mio d'ogni licor foftiene inopia; Salvo di quel che lagrimando stillo.

SONET TO XXI.

A Dal qual miei paffi non fur mai lontani,
MOR piangeva, ed io con lui talvolta;
Mirando, per gli effetti acerbi, e strani,
L'anima voftra de' fuoi nodi fciolta.
Or ch'al dritto cammin l'ha Dio rivolta;
Col cor levando al cielo ambe le mani
Ringrazio lui, ch'i giufti prieght umani
Benignamente, fua mercede, afcolta.
E fe tornando all'amorofa vita,

Per farvi al be) defio volger le spalle,
Trovafte per la via follati, o poggi
Fu per moftrar, quant'è fpinofo calle,
E quanto è alpeftra e dura la falita'
Onde al vero valor convien ch'uom poggi.
So.

v. 13. al. foftene. v. 16. mie'. v. 18. al. del fuo nodo. v. 19. a dritto. v. 21. preghi. v. 22. al. merzede. v. 24. difio. v. 28. al. conven

SONET TO XXII.

IU' di me lieta non fi vede a terra

Pave dall' onde combattuta, vinta,
Quando la gente di pietà dipinta
Su per la rivà a ringraziar s'atterra;
Ne lieto più del carcer fi differra

Chi 'ntorno al collo ebbe la corda avvinta,
Di me, veggendo quella fpada scinta,
Che fece al Signor mio si lunga guerra.
E tutti voi ch' Amor laudate in rima,
Al buon tekor degli amorofi detti.
Rendete onor, ch'era fmarrito in prima,
Che più gloria è nel regno degli eletti
D'un fpirito converfo, e più s'eftima,
Che di novantanove altri perfetti.

I

SONETTO XXIII.

L fucceffor di Carlo; che la chioma Con la corona del fuo antico adorna ;' Prefe ha già l'arme per fiaccar le corna A Babilonia, e chi da lei fi noma: E' Vicario di CRISTO con la foma Delle chiavi, e del manto al nido torna; Sicchè, s'altro accidente nol diftorna, Vedrà Bologna, e poi la nobil Roma. La manfueta voftra, e gentil' agna Abbatte i fieri lupi: e così vada Chiunque amor legittimo fcompagna Confolate lei dunque, ch'ancor bada; E Roma, che del fuo fpofo fi lagna; E per GESU' cingete omar la fpada.

CAN

v. 3. al piatd. v. 3. al. uno spirto, si fima v. 25. al. Qualunque

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ASPETTATA in ciel beata, e bella Anima, che di noftra umanitade Vestita vai, non come l'altre carca; Perchè ti fran men dure omai le strade, A Dio diletta obbediente ancella, Onde al fuo regno di quaggiù fi varca; Ecco novellamente alla tua barca,

Ch' al cieco mondo ha già volte le spalle
Per gir a miglior porto,

D'un vento occidental dolce conforto ;
Lo qual per mezzo questa ofcura valle,
Ove piangiamo il noftro, e l'altui torto,
La condurrà de' lacci antichi sciolta
Per drittiffimo calle

Al verace Oriente, ov'ella è volta
Forfe i divoti, ed amorofi prieghi,
E le lagrime fante de' mortali

Son giunte innanzi alla pietà fuperna :
E forfe non fur mai tante

nè tali
Che per merito lor punto fi pieghi
Fuor di fuo corfo la giustizia eterna:
Ma quel benigno Re che 'l ciel governa
Al facro loco ove fu pofto in croce
Gli occhi per grazia gira,

Onde nel petto al nuovo Carlo fpira
La vendetta ch'a noi tardata noce
Sì, che molt' anni Europa ne fefpiras
Così foccorre alla fua amata fpofa,
Tal che fof della voce

Fa tremar Babilonia, e star penfofa. Chiunque alberga tra Garonna, e'l monte E'atral Rodano, e'l Reno, e l'onde falfe,

Le

v. 4. al. fien. v. 5. al. divota. v. 13. al. da' lac i. v. 16. al. devoti al. e gli amorofi preghi. v. 216 al. del fuo :

Le 'nfegne Criftianiffime accompagna:
Ed a cui mai di vero pregio calfe,
Dal Pireneo all'ultimo orizzonte,
Con Aragon lafferà vota Ifpagna:
Inghilterra con l'Ifole che bagna
L'Oceano intra 'l Carro, e le Colonne,
Infin là dove fona

Dottrina del fantiffimo Elicona,

Varie di lingue, e d'arme, e delle gonne
All' alta imprefa caritate fprona.

Deh qual amor si licito, o si degno,
Quai figli mai, qua' donne

Furon materia a sì giusto disdegno?
Una parte del Mondo è che fi giace

Mai fempre in ghiaccio, ed in gelate nevi
Tutta lontana del cammin del Sole;
Là, fotto i giorni nubilofi, e brevi,
Nemica naturalmente di pace

Nafce una gente, a cui'l morir non duole.
Quefta fe più divota che non fuole,
Col Tedefco furor la fpada cigne;
Turchi, Arabi, e Caldei

Con tutti quei che fperan negli dei
Di quà dal mar che fa l'onde fanguigne
Quanto fian da prezzar, conoscer dei;
Popolo ignudo, paventofo, e lento,
Che'l ferro mai non ftrigne,

Ma tutti i colpi fuoi commette al vento.
Dunque ora è'l tempo da ritrarre il collo
Dal giogo antico, e da fqúarciar il velo
Ch'è ftato avvolto intorno agli occhi noftri ;
E che 'l nobile ingegno, che dal cielo
Per grazia tien dell'immortale Apollo,
E l'eloquenza fua vertù qui moftri
Or con la lingua, orcon laudati inchioftti:
Perchè d'Orfeo leggendo, e d' Anfione,
Se non

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v. 4. al, lafcerd. v. 15. al. ghiacci . v.17. al. neï bulofi. v. 19. dole. v. 29. devota. fole. 25.al. pregiar. v.27. Che ferro. v. 35.al.lodanvi.

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