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Se non ti maravigli,

Affai men fia ch' Italia co' fuoi figli
Si defti al fuon del tuo chiaro fermone
Tanto, che per GESU' la lancia pigli:
Che, s' al ver mira questa antica madre,
In nulla fua tenzone

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Fur mai cagion si belle, o sì leggiadre,
Tu, c' hai, per arricchir d'un bel tefauro
Volte l'antiche, e le moderne carte,
Volando al ciel con la terrena foma,
Sai dall' imperio del figliuol di Marte
Al grande Augufto; che di verde lauro
Tre volte trionfando ornò la chioma;
Nell' altrui ingiurie del fuo fangue Roma
Speffe fiate quanto fu cortefe:
Ed or perchè non fia

Cortefe no, ma conofcente, e pia
A vendicar le difpietate offefe
Col Figliuol gloriofo di Maria?
Che dunque la nemica parte fpera
Nell' umane difele,

Se Crifto fta dalla contraria fchiera?
Pon' mente al temerario ardir di Serfe;
Che fece per calcar i noftri liti

Di nuovi ponti oltraggio alla marina:
E vedra' nella morte de' mariti
Tutte veftite a brun le donne Perfe,
E tinto in roffo il mar di Salamina:
E non pur quefta mifera ruina
Del popolo infelice d' Oriente
Vittoria ten' promette;

Ma Maratona, e le mortali ftrette
Che difefe il LEON con poca gente;
Ed altre mille, c' hai fcoltate, e lette»
Perchè inchinar a Dio molto convene
Le ginocchia, e la mente;

Che

V. 15. al. fiate come. v. 25. nóvi. v. 26. vedrai. v. 31. ti. v. 33. al. Lion. v. 34. al. c' hæ2 afcoltate

Che gli anni tuoi riserva a tanto bene.
Tu vedra' Italia, e l' onorata riva,
Canzon, ch'agli occhi miei cela, e contende
Non mars non poggio, o fiume,

Ma folo Amor; che del fuo altero lume
Più m'invaghifce dove più m'incende:
Nè natura può ftar contr' al costume.
Or muovi, non fmarrir l'altre compagne :
Che non pur fotto bende

Alberga Amor; per cui fi ride, e piagne.,

CANZONE

VI.

VERDI panni, fanguigni, ofcuri, o perfi

Non vefti donna unquanco,
Nè d'or capelli in bionda treccia attorfe
Sì bella, come quefta che mi spoglia
D'arbitrio, e dal cammin di libertade
Seco mi tira sì, ch'io non fostegno
Alcun giogo men grave.

E fe pur s' arma talor' a dolerfi
L'anima, a cui vien manco

Configlio, ove 'I martir l' adduce in forfe ;
Rappella lei dalla sfrenata voglia

Subito vifta; che del cor mi rade
Ogni delira impresa, ed ogni sdegno
Fa'l veder, lei foave.

Di quanto per amor giammai fofferfi,
Ed aggio a foffrir anco

Fin che mi fani 'l cor colei che 'l morfe
Rubella di mercè, che pur le 'nvoglia,
Vendetta fia; fol che contra umiltade
Orgoglio, ed ira il bel paffo, ond' io vegno,
Non chiuda, e non inchiave.

Ma l'ora, e 'l giorno ch' io le luci aperfi
Nel bel nero, e nel bianco,
bianco

Rime Petrarca.

Che

v. 6. al. quanto. v. 8. movi v. 33. al, bionde treccie;

Che mi feacciar di là dov' amor corfe,
Novella d'efta vita che m'addoglia,
Furon radice, e quella in cui l'etade
Noftra fi mira, la qual piombo, o legno
Vedendo è chi non pave.

Lagrima adunque che dagli occhi verfi
Per quelle, che nel manco

Lato mi bagna chi primier s'accorfe,
Quadrella, dal voler mio non mi svoglia,
Che 'n giufta parte la fentenza cade:
Per lei fofpira l'alma, ed ella è degno
Che le fue piaghe lave.

Da me fon fatti i miei penfier diversi :
Tal già, qual io mi ftanco,

L'amata pada in fe fteffa contorfe.
Nè quella priego, che però mi fcioglia
Che men fon dritte al ciel tutt'altre ftrade,
E non s'afpira al gloriofo regno

Certo in più falda nave.

Benigne ftelle, che compagne ferfi
Al fortunato fianco,

Quando 'l bel parto giù nel mondo scorse,
Ch'è ftella in terra, e cone in lauro foglia
Conferva verde il pregio d' onestade,
Ove non fpira folgore, nè indegno
Vento è mai, che l'aggrave.

So io ben, ch'a voler chiuder in verfi
Sue laudi, fora stanco

Chi più degna la mano a feriver porse,
Qual cella è di memoria, in cui s'accoglia
Quanta vede vertu, quanta beltade,
Chi gli occhi mira d'ogni valor fegno,
Dolce del mio cor chiave?

Quanto Sol gira, Amor più caro pegno,
Donna, di voi non ave.

CAN

v. 2. al. Novelle . v.3. al. vadici. v.9. al. della Spoglia. v. 16. prego, v. 28, al: Sug taude, v. 35. al. di te

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GIOVANE Jonna fott', un verde laure

Vidi, più bianca, e più fredda che neve Non percoffa dal Sol molti, e molt'anni: El fuo parlar e 'l bel vifo, e le chiome Mi piacquen sì, ch'il' ho dinanzi a gli occhi, Ed avrò fempre ov'io fia, in poggio,o 'n riva Allor faranno i miei pensieri a riva,

Che foglia verde non fi trovi in lauro: Quand' avrò queto il cor', afciutti gli occhi, Vedrem ghiacciar il foco, arder la neve. Non ho tanti capelli in queste chiome, Quanti vorrei quel giorno attender anni. Ma perchè vola il tempo, e fuggon gli anni Si, ch' alla morte in un punto s'è a riva O con le brune, o con le bianche chiome Seguirò l'ombra di quel dolce lauro Per lo più ardente Sole, e per la neve Fin che l'ultimo di chiuda queft' occhi. "Non fur giammai veduti si begli occhi O nella noftra etade, o ne' prim' anni; Che mi ftruggon cost, come "1 Sol neve: Onde procede lagrimofa riva;

Ch' Amor conduce a piè del duro lauro C'ha i rami di diamante, e d'or le chiome. To temo di cangiar pria volto, e chiome Che con vera pietà mi moftri gli occhi L' idolo mio fcolpito in vivo lauro: Che, s'al contar non erro, oggi ha fett' anni Che fofpirando vo di riva in riva

La notte, e'l giorno, al caldo, ed alla neve. Dentro pur foco, e fuor candida neve Sol con questi penfier, con altre chiome Sempre piangendo andrò per ogni riva Per far forfe pietà venir negli occhi

B 2.

Di

v. 6. E ard. v. 28. al.è fette. v. 34.al, piard

Di tal che nafcerà dopo mille` anni; Se tanto viver può ben culto lauro. L'auro, e i topazj al Sol fopra la neve Vincon le bionde chiome, preffo agli occhi Che menan gli anni miei sì tofto a riva.

.

SONETTO XXIV.

Anzi tampochiamata

Anzi tempo chiamata all'altra vita;
Se laffufo è, quant' effer de' gradita;
Terrà del ciel la più beata parte.
S'ella riman fra 'l terzo lume, e Marte,
Fia la vifta del Sole fcolorita,

Poich' a mirar fua bellezza infinita L'anime degne intorno a lei fien fparte. Se fi pofaffe fotto 'l quarto nido,

Ciafcuna delle tre faria men bella, Ed effa fola avria la fama, e 'l grido. Nel quinto giro non abitrebb' ella: Ma fe vola più alto, affai mi fido, Che con Giove fia vinta ogni altra ftella.

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SO.

V. 2. al. colto. v. 3. al. e 'l fol. v. 8. al. S'

Þell'è lafsù, v, 19. fia,

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