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SONET TO

XXV.

Uanto più m'avvicino al giorno estremo, Che l'umana avileria fuol far breve Più veggio'l tempo andar veloce, e leve, E'l mio di lui fperar fallace, e fcemo. I' dico a' miei penfier: Non molto andremo D'amor parlando omai, che 'l duro, e greve Terreno incarco, come fresca neve,

Si va struggendo: onde noi pace avremo : Perchè con lui cadrà quella fperanza Che ne fe vaneggiar si lungamente; El rifo, e'l pianto, e la paura, e l'ira. Si vedrem chiaro poi, come fovente Per le cofe dubbiofe altri s'avanza E come fpeffo indarno fi fofpira.

SONETTO

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XXVI.

GIA' fiammeggiava l'amorofa ftella

Per l'Oriente, e l'altra che Giunone Suol far gelofa, nel Settentrione Rotava i raggi fuoi lucente, e bella; Levata era a filar la vecchierella

Difcinta, e fcalza, e defto avea 'l carbone: E gli amanti pungea quella stagione Che per ufanza a lagrimar gli appella; Quando mia fpeme già condotta al verde. Giunfe nel cor, non per l'ufata via, Che'l fonno tenea chiufa, e 'l dolor molle; Quanto cangiata, oimè, da quel di pria! E parea dir: Perchè tuo valor perde? Veder questi occhi ancor non ti fi tolle.

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v. 5. al. mie'. v. 8. `al, aremo. v. 26. al. cangiato.

SONETTO

XXVII.

A che ancor vive il bel defio

Che t'infiammava alle Teffaliche onde; E fe non hai l'amate chiome bionde Volgendo gli anni già poste in oblio ; Dal pigro gielo, e dal tempo afpro, e rio, Che dura quanto 1 tuo vifo s' afconde, Difendi or l'onorata, e facra fronde, Ove tu prima, e poi fu' invescat' io; E per virtù dell'amorofa fpeme Che ti foftenne nella vita acerba, Di quefte impreffion l'aere difgombra Si vedrem poi per maraviglia infieme Seder la Donna noftra fopra l'erba, E far delle fue braccia a fe ftefs' ombrà.

S

SONETTO

XXVIII.

OLO, e penfofo i più deferti campi Vo mifurando a paffi tardi, e lenti; E gli occhi porto per fuggir intenti Dove veftigio uman la rena tanpi. Altro fchermo non trovo, che mi fcampi Dal manifefto accorger delle genti: Perchè negli atti d'allegrezza fpenti Di for fi legge com' io dentro avvampi; Sì, ch' io mi credo omai, che monti, e piagge, E fiumi, e felve fappian di che tempre Sia la mia vita, ch'è celata altrui. Ma pur si afpre vie, nè sì felvagge Cercar non fo, ch'Amor non venga fempre Ragionando con meco, ed io con lui.

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v. 1. defio. v.7. al. Saggia. v. 13. al. nostra donna. v. 16. radi. v. 18. al. la terra, v. 21. al. negli occhi. v. 27. al. Trovar, al, vegna.

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SONETTO XXIX.

S'to mi credeffi per morte effere scarco

Del penfier' amorófo, che m'atterra; Con le mie mani avrei già posto in terra Queste membra nojofe, e quefto incarco: Ma perch'io temo, che farebbe un varco Di pianto in pianto, e d'una in altra guerra, Di qua dal paffo ancor, che mi fi ferra, Mezzo rimango laffo, e mezzo il varco. Tempo ben fora omai d'avere spinta L'ultimo ftral la difpietata corda Nell' altrui fangue già bagnato e tinto: Ed io ne priego Amore, e quella forda, Che mi lafso de' fuoi color dipinto; E di chiamarmi a fe non le ricorda.

CANZONE

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VIII

l'è debile il filo a cui s' attiene
La gravofa mia vita,

Che s'altri non l'aita

Ella fia tofto di fuo corfo a riva :

Però che dopo l'empia dipartita,
Che dal dolce mio bene

Feci, fol' una fpene

E' ftata infin' a qui cagion ch' io viva à
Dicendo, Perchè priva

Sia dell'amata vifta;

Mantienti, anima trifta.

Che fai, s'a miglior tempo anco ritorni,
Ed a più lieti giorni?

O fe'l perduto ben mai fi racquista?
Quefta fperanza mi foftenne un tempo : ( po.
Or vien mancando,e troppo in lei m' attem-
B 4

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v. 2. al. afferra. v. 12. prego. v. 13. de' fuo Y. 15. al, debole, al. a che. v. 22. al. infina

El tempo paffa, e l' ore fon sì pronse_
A formir il viaggio,

Ch' affai fpazio non aggio

Pur a penfar, com'io corro alla morte
Appena fpunta in Oriente un raggio
Di Sol, ch' all'altro monte

Dell' avverfo orizzonte

Giunto 'l vedrai per vie lunghe, e distorte.
Le vite fon sì corte,

Si gravi i corpi e frali
Degli uomini mortali,

Che quand' io mi ricordo dal bel vifo
Cotanto effer divifo,

Col defio non poffendo mover l' ali;
Poco n'avanza del conforto ufato:
Nè fo quant' io mi viva in quefto ftato.
Ogni loco m'attrifta ov' io non veggio
Que' begli occhi foavi,

Che portaron le chiavi

De' miei dolci penfier mentr' a Dio piacque :
E perchè 'l duro efilio più m'aggravi,
S'io dormo, o vado, o feggio,

Altro giammai non chieggio;

E ciò ch'io vidi dopo lor, mi fpiacque.
Quante montagne, ed acque,

Quanto mar, quanti fiumi

M' afcondon que' duo lumi

Che quafi un bel fereno a mezzo die
Fer le tenebre mie,

Acciò che 'l rimembrar più mi confumi;
E quant'era mia vita allor giojofa,
M'infegni la prefente afpra, e nojofa.
Laffo, fe ragionando fi rinfresca
Quell' ardente defio

Che nacque il giorno ch'io

Laffai di me la miglior parte a dietro ;
E' s'Amor fe ne va per lungo obblio ;

Chi

v. 1. Il tempo v. 12. ritrovo. v. 14. difio v. 23. cheggio. v. 34. difio v. 36. at. Lafciai

Chi mi conduce all' efca
Onde 'l mio dolor crefca?

E perchè pria tacendo non m' impetro?
Certo cristallo, o vetro

Non moftrò mai di fore
Nafcofto altro colore,

Che l'alma fconfolata affai non morir
Più chiari i pensier noftri,

E la fera dolcezza ch'è nel core

Per gli occhi, che di fempre pianger vaghi Cercan di, e notte pur chi glien' appaghi Novo piacer, che negli umani ingegni Speffe volte fi trova,

D'amar, qual cofa nova

Più folta fchiera di fofpiri accoglia!
Ed io fon' un di quei che'l pianger giova
E par ben, ch' io m'ingegni

Che di lagrime pregni

Sien gli occhi miei, ficcome 'I cor di doglia :
E perchè a ciò m'invoglia

Ragionar de begli occhi

Ne cofa è che mi tocchi,

O fentir mi fi faccia così addentro)
Corro fpeffo, e rientro

Cola donde più largo il duol trabocchi, E fien col cor punite ambe le luci, Ch'alla ftrada d'Amor mi furon duci. Le treccie d'or, che dovrien far il Sole D'invidia molta ir pieno;

El bel guardo fereno,

Ove i raggi d' Amor si caldi fono

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Che mi fanno anzi tempo venir meno;

E l'accorte parole

Rade nel mondo, o fole,

Che mi fer già di fe cortefe dono,

Mi fon tolte e perdono

Più lieve ogni altra offefa,

B S

Che

v. 6. Nafcofo. v. 9. al. fiera. v. 15. al. folte fchiere, v. 23. al. tanto, v. 28, devrien

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