E più certezza averne fora il peggio. Se', quando altrui fai tale? O poverella mia, come fe' rozza! Rimanti in quefti bofchi. CANZONE XXVII. Chiare, Frethe, e dolci acquè, Ove le belle menibra Pofe colei che fola a me par donna; (Con fofpir mi rimembra) A lei di fare al bel fianco colonna; Con l'angelico feno; Aer facro fereno, Ov' Amor co' begli occhi il cor m3 aperfe, Date udienza infieme Alle dolenti mie parole eftreme S'egli è pur mio deftino, El Cielo in ciò s'adopra, Ch' Amor quest' occhi lagrimando chiuda; Corpo fra voi ricopra, E torni l'alma al proprio albergo ignuda. Se quefta fpeme porto A quel dubbiofo paffo:" Che lo fpirito laffo Non poria mai 'n più ripofato porto, Nè 'n più tranquilla foffa Fuggir la carne travagliata, e l' offa Tempo verrà ancor forfe Ch' all' ufato foggiorno Torni la fera bella, e manfueta; EH v. 30. el. posato. 100 E là v' ella mi scorse Si dolcemente, che mercè m'impetre, Afciugandofi gli occhi col bel velo, Dolce nella memoria, Una pioggia di fior fovra'l fuo grembo ; Unile in tanta gloria Coverta già dell' amorofo nembo: Qual fior cadea ful lembo, Qual fulle treccie bionde, Ch'oro forbito, e perle Eran quel di a vederle: Qual fi pofava in terra, e qual full' onde; Qual con un vago errore Girando parea dir: Qui regna Amore. Allor pien di spavento, Coftei per fermo nacque in paradifo! Il divin portamento, El volto, e le parole, e'l dolce rifo Dall' immagine vera; Ch'i' dicea fofpirando; Qui come venn' io, o quando? Credendo effer in ciel, non là dov'era. Da indi in qua mi piace Quest' erba si, ch' altrove non ho pace. tù aveffi ornamenti, quant' hai voglia, Potrefti arditamente Ufcir del bofco, e gir infra la gente CAN I CANZONÈ XXVIII. N quella parte dov' Amor mi fprona, Parlando han triegua, ed al dolor foccorro. Mille cofe diverse attento, e fifo, M'ha dilungato dal maggior mio bene, Fiamma d'amor, che'n cor alto s' indonna: Di lui, che paffo paffo a dietro torni v. 6. al. lassa. v. 7. al la ftoria v. 8. rincorro. v. 27, al. Indietro. E quella dolce leggiadretta fcorza Sembrar mi fa sì forte mi rimembra Ch' allor fioriva, e poi crebbe anzi agli anni Cagion fola, c ripofo de' mie' affanni. Qualor tenera neve per li colli Dal fol percoffa veggio di lontano, Ch'è quando in fofpirando ella forride, Niente apprezza, ma diventa eterno; Sento il lume apparir che m'innamora Parmel veder quando ei fi volge altrove Ch Ch'avanza tutte l'altre maraviglie Con tre belle eccellenzie in lui raccolte; E le guancie ch'adorna un dolce foco. Fior bianchi, e gialli per le piaggie mova; El primo di ch'i' vidi a Laura fparfi : In cielo, e'n terra m'ha racchiufo i paffi: Sempre è prefente; ond'io tutto mi struggo; Ch'altra non veggio mai, nè veder bramo, Nè'l nome d'altra ne' fofpir miei chiamo. Ben fai canzon, che quant' io parlo, è nulla Al celato amorofo mio penfiero, Che di e notte nella mente porto; In così lunga guerra anco non pero: La lontananza del mio cor piangendo; CANZONE XXIX. Talia mia, benchè 'l parlar La indarno Che nel bel corpo tuo sì fpeffe veggio, ·V. 2.al, in lei.V.14.al.raccontar. v.29.4l.ancor. |