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glie, come chiaramente fi deduce dall' Epift. 3. del lib. 10 delle famil. Imperocchè chiamato a Mantova da Carlo IV. Imperatore, ad effo alcune monete d'oro, e d'argento degli antichi Cefari prefentò con quefte ifteffe parole, fecondo che ivi racconta: Et ecce, Cafar,quibus fucceffifti; ecce quos imstari ftudeas,& mirari,ad quorum formulam & imaginem se componas ; quos præter te unum nulli hominum da. turus eram, sua me movit authoritas. Licet enim borum mores,& nomina,borum ergo ves gefas norim, tuum eft non modo nosse, fed fequi: sibi itaque debebantur. Fra i molti amici, che in vita fua coltivò, due spezialmente gli furono cariffimi, cioè Socrate, e Lelio, amendue familiari di Cafa Colonna( Epift. 1. lib. 5. delle Jen. Di Socrate è ignoto il vero nome; ma Lelio fi crede, che fosse un Lelio di Stefano giovane nobile, e d'antica famiglia Romana. Anche Tommaso da Melfina fu a lui molto grato, e fino da quel tempo, che ftudiarono infieme a Bologna, ebbe fra loro origine una tenera e fcambievole amicizia. (Epift. 58.delle famil.) Simodi, o come altri legge,Simonide, a cui fcriffe molte epiftole, fu parimente no. me finto, e chiamavafi Francefco Priore di S. Apoftolo Fiorentino, come lo era pure Sennuccio del Bene, del quale in rima, e in profa fece più volte menzione. Di quefto Francesco Priore della Chiefa de' Santi Apoftoli ne parla a lungo il Sig. Domenico Maria Manni nell' Iftoria del Decamerone; il quale tratta altre. sì di Sennuccio del Bene nel Tomo XII. delle Offervazioni fu’Sigilli a car. 36. Da Firenze fu pure Francefchino, e fecondo fi crede, fuo parente, di cui piangendo la perdita, prega a Savona, ove era morto, profperità, e difgrazie. (Epift. 107.delle famil.) Dell'amicizia col Boccaccio ho già parlato di fopra, e quan. Funque pienamente cofti l'affetto reciproco di

que

quefti due uomini infigni dalle cofe già fopra in fuccinto raccontate; con tutto ciò la più bella teftimonianza d'un tale amore rifulta a mio credere, da una lettera, che fcriffe Giovanni in morte del Poeta al più volte ricordato Francefcuolo da Broffano, la quale tuttora inedita fi conferva, e di cui ho veduto copia appreffo it Sig. Mehus, onde ho tolto le feguenti parole. Fecis Sylvanus nofter quod nos parva interpofita mora facturi fumus,&c. e al quanto fotto; Heu mihi! crimen fateor meum, fa crimen dicendum eft, invideo Florentinus Arquari videns illi aliena humilitate magis, quam fuo merito tam claram felicitatem fuiffe fervatam, ut fibi commissa cuftodia fit corporis ejus, cujus egregium pectus acceptiffimum Mufarum,& totius Heliconis habitaculum fuit, amantiffimum Philofophie facrarium, artiumque liberalium abundantiffimum, & ĺpectabile decus, potiffime ejus,quod ad Ciceronian am fpectas facundiam, ut liquido fus teftantur fcripta. Ed oltre a quefto, per maggiormente sfogare il fuo animo, e la memoria onorare dell' amico defunto, compofe ancora il noto Sonetto:.

Or fe' falito, caro Signor mio,

-Nel Regno, al qual falire ancora aspetta
Ogni anima da Dio a quello eletta
Net fuo partir da quefto Mondo rio;
Or fe cold, dove spesso il deso

Ti tirò già per veder Lauretta;
Or fe dove la mia bella Fiammetta,
Siede con lei nel cospetto di Dio :

Or con Sennuccio, e con Cino, e con Dante
Vivi ficuro d' eterno ripofo

Mirando cofe da noi non intefe;

Deh, fe aggrado si fui nel Mondo errante Tirami dietro a te, dove giojofo

Vegga colei, che pria d' Amor m'accefe.

La

In fomma può concluderfi, che fu general mente amato da tutti coloro, che in quel fecolo o ebbero in qualche ftima le lettere

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illuftri fi renderono coltivando le medefime. Del che mi fembra fufficiente prova il fatto di quel Cieco Maeftro di Gramatica in Pontremoli, il quale accefo di defiderio di parlare al Petrarca, colla fcorta di un fuo figliuolo prima andò a Napoli, e poi a Ro ma, dove neppure trovatolo, per efferfi quel Jo trasferito a Parma, colà finalmente fi conduffe ed ivi abboccatofi feco, fu tanto il contento, che n'ebbe, che mai fi faziava di tavellargli, e di baciargli la mano e la fronte, come attefta il Poeta nell' Epift. 7. del lib. 16. delle fenili. Ma fe molti furono gli amici privati, che le fue gran virtù veneravano, non minore fu il numero dei Signori, e Principi grandi, dai quali fu fem pre in fommo pregio tenuto. Della Cafa Colonna non fa d'uopo parlarne, poichè è veduto quanto foffe caro a Jacopo Vefcovo Lomberienfe, ed è cofa notiffima l'amo re, che gli portava Stefano il Vecchio, ed il Cardinal Giovanni, il quale per teftimonio del Vergerio, fempre trattollo come fra tello. Anzi volendo un giorno quell'infigne Porporato ritrovare la verità d'un fatto, e a tale effetto avendo aftretto ad un folen. ne giuramento non folo la fua famiglia, ma fino Agapito fuo fratello Vefcovo allora di Lunt, quando venne il Poeta a por la mano ful libro, egli a fe ritirandolo diffe: che quanto a lui bastava la fua parola, e non altro. Troppo altresì m'anderei dilungando, fe ragionar voleffi di tutti quei Principi d' Italia, che ftima grandiffima fecero del noftro Poeta, ca grande onore fi recarono la fua amicizia. Imperocchè, per tacere i Signori da Correggio, i Vifconti, quei della Scala,

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ei Marchefi di Ferrara, ai quali tutti fu fempre cariffimo; dai Malatefti in Romagna potentiffimi fu amato a fegno, che Pandol. fo non folo volle a bello ftudio vifitarlo a Milano, ma due volte fece rittrarlo dal ce. lebre Simon Memmi Pittor Sanefe, per confervarne coll' immagine più viva la memoria. Quanto a Roberto Re di Napoli, oltre a quanto fi è detto di fopra, ancor quefto può aggiungerfi, che allora quando fuil Poeta a inchinarlo, dichiarollo fuo, Regio Cappellano, qualmente cofta da un diploma dato in Napoli ai 2. d' Aprile 1341 e riportato dal Tommafino. ( Petrarc. vediv.) Anche Lodovico, e Carlo Imperatori in fem. ma ftima lo tennero, spesso con lettere onOrandolo, e molto bramarono, in fpecie Car. lo, di averlo ai loro fervigi. In fatti efiftono ancora alcune Lettere fcritte da queft' ultimo, e dal fuo Cancelliere al noftro M. Francefco; ed io l'ho vedute appreffo il lodato Sig. Mehus copiate da un Codice cartaceo (lib. 1. num. 2. ] col titolo d'Epiftole di Carlo IV. In una di effe il Cancelliere così s' efprime: Amantiffime frater mi

Domine venerande. E poi conchiude: Non afperneris igitur ad vocationem Cæfaris vifitare Germaniam.Non te pigear gentis videre groffiriem, nec se linguæ barbaries ob itineris profecutionem retardet, quoniam vocat te Cefar eximius, cujus mandata sibi dulcefcunt. Er fi nos alii indigni quidem fumus, quos vifites; neceffitas tamen noftri erroris expoftulas, us sua fapientia lumine vifitemur. Ed altra feritta da Cefare ifteffo così comincia

Honorabilis vir devote, cariffime

Affectu magni videndi se, qui noftrum & Im. perii fatis amamus bonorem, & defiderio ingen. si a te morales audire doctrinas, & gratiffimis suis eloquiis deleftari, &c. Nè minori emno le

pre

premure del Re di Francia Giovanni II. per averlo appreffo di fe in concorrenza di Cefare. Egli medefimo l'accenna nelle fenili : Së. mul me hinc Romanus Cefar, hinc Francorum Rex certatim evocans,his promiffis, bisque mumeribus jam præmiffis, que fi pergam exequi,& longum erit,& videbitur fabulofum. Ma dove lafcio i Pontefici, che in quel tempo regnarono, i quali tutti pienamente informati del fuo valore, più volte l'invitarono a Corte con belle ed onorate condizioni? Tali furono Benedetto XI. Clemente VI. e più d'ogni al. tro Urbano V. Che più? fino Innocenzio VI. che a principio, forfe per altrui calunnia, forfe ancora per lo difufato ftudio de' buoni Autori, che il Petrarca faceva, foleva chia. marlo Negromante, ed eretico, non mancò poi di caldamente follecitarlo per fervirfene di Segretario. Così almeno lafcid fcritto il Poeta nell' Epift. 4. del lib. 1. delle fenili : Noviffime vero fummus Pontifex,hic folitus Negromaticum opinari,& ipfe me aliis vocibus ad Je vocat, duobus jam nunc beneficiis collatis pluribus fi paream oblatis. Ecceffivi finalmente parer potrebbero a taluno gli onori, che nel fuo foggiorno a Venezia ricevè, fe nota non foffe a chiccheffia la ftima grande, e l'amore, che quell'ottima ed eterna Repubblica ha fempre avuto per gli uomini illuftri, e lette rati. Concioffiachè oltre l'amicizia, onde o nerollo di quattro fusi Principi, cioè Andrea Dandolo, a cui fece in morte l'ep itaffio, Marino Faliero, Gio. Gradenigo, e Lorenzo Celfo, non contenta d'avergli affegnato a spese pubbliche una bella e comoda cafa della famiglia Molina per fua abitazione, volle ancora per ecceffo di favore dichiararlo figliuolo di S. Marco. In ultimo, che più mi refta, fe non rendere, come fono in obbligo, la dovuta giustizia alla fua non meno, che mia chia

riffi.

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