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1503

E perchè non mi metti in più sermoni,
Sappi ch'io sono il Camicion de' Pazzi,
E aspetto Carlin che mi scagioni.

(Inf. XXXII. 67.)

Gli esuli Toscani elessero un consiglio di dodici fra' quali era Dante; ma parendogli che provvedessero stoltamente alla guerra, se ne partì. Però il suo antenato Cacciaguida gli dice nel Paradiso XVII. 64.

E quel che più ti graverà le spalle
Sarà la compagnia malvagia e scempia,
Con la qual tu cadrai in questa valle :

Che tutta ingrata, tutta matta, ed empia

Si farà contra te: ma poco appresso

Ella, non tu, n'avrà rossa la tempia.

Di sua bestialità il suo processo
Farà la prova; sì che a te fia bello
Averti fatto parte per te stesso.

Ricoverossi in Verona a Bartolomeo della Scala.

Lo primo tuo rifugio, e il primo ostello

Sarà la cortesia del gran Lombardo,
Che in su la Scala porta il santo uccello.
Che avrà in te si benigno riguardo,

Che del fare, e del chieder tra voi due
Fie primo quel che tra gli altri è più tardo.
(Parad. XVII. 70.)

Queste date sono ordinate universalmente altri-
menti. Pur chi n'avesse cura raffrontile al Discorso
sul Testo pag. 161-166., e alle seguenti alle quali
m'andrò riportando.

Prigionia, e morte di Papa Bonifacio VIII. per la Eta XXXVIII violenza di Filippo il Bello.

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1504

Veggio in Alagna entrar lo Fiordaliso

E nel Vicario suo Cristo esser catto.

(Purg. XX. 86.) Dannato fra' Simoniaci

(Inf. XIX. ed esecrato da San Pietro nel Paradiso, XXVII, 22.)

Quegli che usurpa in terra il loco mio,

Il loco mio, il loco mio, che vaca
Nella presenza del Figliuol di Dio,

Fatto ha del cimiterio mio cloaca

Del sangue e della puzza, onde il perverso
Che cadde di quassù, laggiù si placa.

Benedetto XI. Papa imparziale fra i Ghibellini ed i Guelfi succede a Bonifacio VIII.

Mentre che Dante era in Lombardia i Ghibellini Eta XXXIX Toscani assaltano Firenze, e sono disfatti, e mal fortunati ne' loro combattimenti, perchè i Neri furono soccorsi da Morello Malaspina di Lunigiana.

Apri gli orecchi al mio annunzio, e odi:
Pistoja in pria di Neri si dimagra,
Poi Firenze rinnova genti, e modi.
Tragge Marte vapor di Val di Magra,
Ch'è di torbidi nuvoli involuto,
E con tempesta impetuosa e agra
Sopra campo Picen fia combattuto;
Ond' ei repente spezzerà la nebbia
Si che ogni Bianco ne sarà feruto:
E detto l' ho, perchè doler ten debbia.
(Inf. Can. XXIV. V. 142 )

Morte di Bartolomeo della Scala; al quale successe
Alboino; e pare che allora Dante si partisse di Ve-

rona.

In quest' anno nasce Petrarca in Arezzo, dove il padre suo s'era rifuggito bandito nella stessa sentenza che aveva condannato Dante, e molti altri.

Morte di Benedetto XI. e interregno di quasi un anno.

1305

Eta XL

1306

Eta XLI

1307

Età XLII

Clemente V. di Guascogna assunto al Pontificato.

Da uno stromento autentico recitato da parecchi che lo videro (Memorie per la vita di Dante pag. 96. Ediz. Zatta) appare che nel mese d'Agosto di quell' anno Dante era in Padova, e che vi stesse a dimora.

(Discorso sul Testo pag. 165-166).

Nell'anno dell'interregno della Sede Pontificia, un Cardinale mandato a procacciare maggiore predominio alla Chiesa sotto colore di pacificare le guerre civili in Toscana, essendo di animo Ghibellino favoriva gli esuli; onde quei che governavano in Firenze lo cacciarono dalla loro città con vilipendio, e percosse.

(G. Villani, Lib. VIII. 69. Compagni, libr. III. pag. 56. e seg).

Il popolo Fiorentino protetto fino allora dalla Chiesa, fu assalito dalle armi de' Papi; e i Guelfi scomunicati, ma Clemente V. ritorse quelle scomuniche contro agli esuli Ghibellini.

Dante si ravvicina in Toscana. Il suo nome sta scritto con altri venti in uno stromento in forza di che i più agiati fra gli esuli si obbligarono di ristorare la casa degli Ubaldini di ogni spesa alla quale si avventurasse per vincere la prova di liberare Firenze dal governo de' loro nemici. (Discorso sul Testo pag. 166, ove vedi riferito il documento originale tratto dagli Archivj di Firenze.) L'impresa tornò vana, e Dante si ricoverò presso i Signori di Lunigiana. Un'ombra gli dice nel Purgatorio VIII. 148. e seg.

Chiamato fui Currado Malaspina :

Non son l'antico, ma di lui discesi :
A' miei portai l'amor che qui raffina.
O, dissi lui, per li vostri paesi

Giammai non fui; ma dove si dimora
Per tutta Europa, ch' ei non sien palesi?
La fama che la vostra casa onora,

Grida i signori, e grida la contrada
Si che ne sa chi non vi fu ancora.

E io vi giuro, s' io di sopra vada,

Che vostra gente onrata non si sfregia
Del pregio della borsa, e della spada.
Uso, e natura sì la privilegia,

Che, perchè il capo reo lo mondo torca
Sola va dritta, e il mal cammin dispregia.
Ed egli: Or va, chè il sol non si ricorca
Sette volte nel letto, che il Montone
Con tutti e quattro i piè copre, e inforca,
Che cotesta cortese opinione

Ti fia chiavata in mezzo della testa

Con maggior chiovi che d' altrui sermone;
Se corso di giudicio non s'arresta.

Gli altri di quella Casa erano Ghibellini, da Morello in fuori che si scoperse amico de' Guelfi, e corse in loro ajuto come è notato all'anno 1304. Se Dante, com'è generale opinione, fosse raccolto da Morello, e se gli dedicasse una cantica è questione toccata nel Discorso sul Testo pag. 169-179. e altrove

In quest'anno Frate Dolcino scismatico fu pigliato con tutti i suoi seguaci in Novara stretto dalla fame, e dalla neve, e furono arsi a centinaja in varie città d'Italia.

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1508

Eta XLIII

Alberto Tedesco Imperadore è ucciso da Giovanni suo nipote carnale, e a ciò allude l'imprecazione profetica

Giusto giudizio dalle stelle caggia,

e tutto il passo recitato dianzi all'anno 1298.

Corso Donati consanguineo di Gemma moglie di Dante, e fratello di Forese Donati (raffronta all'anno 1295.) dopo d' avere parteggiato come guidatore, e sommotore de'Guelfi per lungo tempo, e procacciate le sciagure di Dante, e degli altri della fazione contraria, s' ammogliò alla figlia d' Ugoccione Signore di Pisa, e potentissimo Ghibellino in Toscana; onde venuto in sospetto di aspirare alla dittatura, tentò di fuggirsi di Firenze, e precipitato dal suo cavallo fu trucidato a furore di popolo.

Forese, e dietro meco sen veniva

Dicendo: Quando fia, ch' io ti rivegga?
Non so, risposi io lui, quanto io mi viva :
Ma già non fia il tornar mio tanto tosto,
Ch' io non sia col voler prima alla riva.

Però che il loco, u' fui a viver posto,

Di giorno in giorno più di ben si spolpa,
E a trista ruina par disposto.

Or va, diss' ei, che quei, che più n'ha colpa,
Veggio io a coda d'una bestia tratto,
Verso la valle, ove mai non si scolpa.

La bestia a ogni passo va più ratto,

Crescendo sempre, infin ch' ella il percuote,
E lascia il corpo vilmente disfatto.
Non hanno molto a volger quelle ruote,

(E drizzò gli occhi al Ciel) che a te fia chiaro
Ciò, che il mio dir più dichiarar non puote.

(Purg. Can. XXIV. V. 74, e seg.)

Clemente V. per compiacere Filippo il Bello re di

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