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si danno all'incolpato, fra l'altre la difesa e l'appello, non le fanno cangiar natura. I difetti intrinseci, essenziali restano quelli di prima. Resta, che quest'incolpato non ha commesso un fatto punibile, poichè altrimenti sarebbe in carcere, o almeno subirebbe un altro processo. Nondimeno, a questo sospetto si infligge senza prove dirette, le quali non ci sono per la buona ragione che non c'è il fatto, una vera pena. Questa pena poi viene inflitta dalla magistratura che diventa esecutrice delle informazioni della polizia, rimane immischiata in un ordine di indagini che per l'indole loro appartengono soltanto a questa, e scapita di indipendenza e di dignità. Certamente intenzione del legislatore fu di far intervenire la magistratura, per prevenire gli abusi della polizia, ma in luogo di arrivarvi separando uffici per sè incompatibili, non seppe trovare altro modo che di confonderli insieme, riuscendo ad abbassare l'una col proposito di elevar l'altra.

Tutti sanno infatti che le informazioni della polizia non si dovrebbero, nel processo d'accusa, neppure potere leggere al dibattimento, perchè costituiscono una specie di giudizio preconcetto, che nessuno ha diritto di fare dell'imputato. Prima della condanna, nessuno ha diritto di far pitture del suo carattere, che non hanno a che fare colle prova. Qui invece, tutt'altro che questo, la prova è costituita in gran parte appunto dalle informazioni di polizia. Nel processo di accusa non si ammettono altre sentenze che di condanna o di assoluzione, e qui si assoggettano all'ammonizione cioè a una pena, anche i sottoposti a giudizio ancorchè sia questo finito con sentenza assolutoria per non provata reità. (Art. 95), Siccome poi questa sentenza non c'è per gli accusati davanti alle assise, perchè i giurati non danno i motivi del loro verdetto, e i giudici non fanno che applicar la pena, ne segue che si assoggettano all'ammonizione gli assolti dall'imputazione di un delitto, la. sciando in pace gli assolti dall'accusa di crimine. Di più non occorre per vedere, quanto quest'istituzione continui a comprendere di arbitrario. Migliorata per la forma, non era emendabile, nè fu emendata per la sostanza. Essa è sempre un'istituzione antigiuridica, che ingrandisce in effetto oltre misura il potere della polizia coll'apparenza di limitarlo facendo intervenire la magistratura, degrada la magistratura chiamata a coprirla, e offende il principio cardinale del diritto di punire, giusta il quale nessuno dev'essere condannato senza prove che abbia commesso un'azione determi nata proibita dalla legge.

V.

Il ministro Zanardelli pronunziò alcuni anni fa due parole rimaste celebri. Queste parole (reprimere e non prevenire) raccolte da tutta la stampa, ripetute, commentate, non di rado messe in canzone, parvero ai più una minaccia e un pericolo. E in vero, prese alla lettera, nel senso cioè di un'astensione obbligatoria del potere sociale in caso di un'offesa prevista alla società e ai cittadini, non rassicurano punto nè l'una, nè gli altri. Fra l'altre cose, l'offesa non è sempre risarcibile, anzi non è risarcibile il più delle volte, e il permettere che sia recata, riservandosi soltanto di punirne l'autore, è esporre la società e i cittadini a un danno, di cui difficilmente si consolerebbero colla certezza che poi l'autore sarà punito. D'altra parte la libertà non può andare fino al punto che vi si comprenda la facoltà di recare ad effetto un divisamento che offenda i diritti altrui. La prevenzione di un fatto particolare contrario alla legge è dunque indubbiamente necessaria e giusta. Però detto questo circa l'interpretazione troppo letterale, data spesso a quelle parole, bisogna aggiungere, che interpretate in un senso meno rigido e meno esclusivo, esse contengono un concetto altamente giuridico e altamente liberale.

Non si tratta infatti, che il potere sociale debba astenersi dall'impedire un delitto particolare, ragionevolmente prevedibile, ogniqualvolta può farlo; ma non debba con una prevenzione generica, inquisitoria, offensiva recare alla società e agli individui a lungo andare danni maggiori di quelli minacciati dalla possibilità del delitto stesso. Si tratta in fine che non si leghino agli uomini le braccia per la ragione che taluni possono adoperarle per dar dei pugni. In questo senso quelle parole suppongono un pieno dominio lasciato a ciascuno sulle sue azioni, sotto condizione però di una egualmente piena responsabilità per le conseguenze. Esse esprimono quindi un alto rispetto della personalità umana, un rispetto senza del quale la libertà diventa un nome, ma accompagnato dalle guarentigie indispensabili alla tutela della società. Punire senza morbose indulgenze i malfattori, lasciando veramente in pace i galantuomini, in luogo di dar noia con vigilanze moleste e umilianti anche a questi, per poter essere di impedimento a quelli, ecco in fine il concetto fidente, progressivo, educatore condensato in quelle parole oneste e virili; un concetto che mira a un miglioramento della società fondato su quello delle teste e degli uomini, e appunto

perciò durevole, e in luogo di ridur gli uomini bambini, come faceva l'assolutismo, si propone di trasformare i bambini in uomini come si conviene alla libertà.

Il Goethe diceva che « il governo migliore è quello che insegna agli uomini a governarsi da sè. » E il nostro Romagnosi, incontrandosi mirabilmente col pensiero di uno dei genii più comprensivi e più vasti che abbiano onorato l'umanità, raccoglieva gli uffici del reggimento civile in una grande tutela combinata con una grande educazione. Il pensiero è il medesimo, perchè a misura che l'educazione cresce, la tutela deve ragionevolmente diminuire, facendo luogo a una vita ordinata, tranquilla, operosa, raccomandata sopra tutto alle abitudini di rispetto pei diritti del prossimo, diventate comuni a un numero via via maggiore. Bisogna a poco a poco sostituire la pace spontanea, illuminata, convinta, alla pace imposta. In ciò veramente consiste il progresso; progressi che importino non ce ne sono altri, poichè in quello si raccolgono tutti. L'effetto ultimo di una civiltà che cammina deve essere il miglioramento degli uomini. Ora le nostre abitudini di governo tendono a conseguirlo?

Tutt'altro che vederci avviati verso il programma reprimere e non prevenire, la repressione va diventando, come fu detto, sempre più debole, mentre dall'altra parte e quasi per necessità aumenta la prevenzione. Ciò è quanto dire che il potere che va perdendo la magistratura l'acquista la polizia. Ed è un male, perchè l'una lavora sui fatti, e l'altra sulle intenzioni, e l'una prende per fondamento nei suoi giudizi la legge, l'altra è un potere di sua natura indeterminato, che a volte difficilmente si può discernere dall'arbitrio. Quindi l'una ha un'efficacia direttiva sulle coscienze, che nessuno ha mai attribuito all'altra.

Non si può convenire con quelli, che ad ogni menomo accidente chiedono aumenti di custodi. Questi continui aumenti non sono un miglioramento. Il miglioramento ci sarebbe, quando la sicurezza nascesse da un maggior rispetto per la giustizia penetrato nei cittadini. Ma poichè non si può mettere una guardia a ogni cantonata e ogni siepe, dovunque la sentinella non c'è, la mancanza dell'impedimento materiale, che s'è abituati a vedere, diventa un'occasione e uno stimolo di più al mal fare. D'altra parte l'impedimento materiale fa nascere la simulazione e l'astuzia. In fine la forza di continuo davanti agli occhi perde il prestigio. Tutto ciò è tanto vero, che da alcuni anni la vigilanza

non fece che andar crescendo, senza che per questo crescessero la tranquillità e la sicurezza sociale. Aggiungasi che, per evitare un inconveniente, si va incontro a un altro. Una polizia troppo numerosa, troppo estesa, e quindi non sempre abbastanza occupata dall'ufficio suo proprio di difendere l'ordine e la legge, si svia e degenera, acquista per l'indole stessa indeterminata delle sue facoltà un certo spirito di setta, s'ingerisce in cose che non le appartengono, trova incentivi nella vanità di imporsi, anzichè freni nel sentimento del dovere, e diventa pettegola, minuta, inquisitoria, maligna, dando al governo un colore al tutto diverso da quello che dovrebbe avere in un regime di libertà.

Per esempio, è diventata comune nella autorità l'abitudine, quando abbisognano di informazioni intorno ad una persona, di rivolgersi ai carabinieri e così anche se quella persona dipende ufficialmente da un superiore. È un'offesa per questo e un carico eccessivo per quelli; i quali per giunta dove vanno a procurarsi le notizie, se non da persone senza responsabilità e cui tanto fa dire una cosa o un'altra? D'altro lato i magistrati sono interrogati tratto tratto sui diporti dei carabinieri; ma viceversa i carabinieri riferiscono sui pretori e sui procuratori del Re, giudicandoli dal loro passato di vita, ch'è quello del mantenere o non manten ere gli arresti che fanno. A certe stazioni ferroviarie di città tranquillissime ci sono per lo più tre o quattro carabinieri e due o tre guardie di questura; sei o sette persone; e in Francia, in Austria, in Germania non c'è che un solo gendarme, e anche quando c'è qualcheduno, perchè spesso, anche in luoghi considerevoli, non c'è nessuno. Il meno che debbano dire i forestieri, è che noi siamo sempre in pericolo di essere assassinati; e lo dicono. In luoghi appartati di cura, fra popolazioni tanto oneste, che si lasciano le biancherie sciorinate la notte pei campi e nessuno le tocca, la medesima vigilanza sospettosa, occhiuta, che farebbe credere a tutt'altro. Possibile che venti, o trenta, o quaranta persone, anche mezzo malate, non sappiano bere le loro acque, senz'essere guardate a vista dai carabinieri? Possibile che queste forze, per tanti conti preziose e giustamente rispettate, non abbiano ad essere distribuite meglio e impiegate in cose più utili!

Lo spettacolo desolante che ho qui davanti agli occhi dove sto scrivendo questo articolo mi costringe a una digressione. Qui in questa distesa di dolci colli, dove ora la nuda terra si slabbra

fra vepri insecchiti e spinosi prunai, per un'estensione che prende in lungo e in largo ben settemila ettari, verdeggiava altra volta un foltissimo bosco di annose quercie, denominato il Montello, da cui la repubblica di Venezia traeva tutto il legname che le abbisognava per le sue flotte. Non è faccenda di secoli. Diciassette anni fa il bosco, proprietà dello Stato, esisteva ancora. In diciassette anni è tutto scomparso; tante furono le camorre di ogni genere, conosciute, tutelate, protette, intrecciate mirabilmente fra loro, che congiurarono a devastarlo! In pochi anni sotto i nostri occhi un patrimonio, che valeva milioni, che tutti i governi, cominciando dalla repubblica di Venezia, avevano fatto ogni diligenza per conservare, è sparito, lasciando per giunta dietro di sè una popolazione abituata a campar di furti e persuasa dalla tolleranza di tanti abusi che, non solo le appartenesse il bosco, ma presso a poco sia suo anche il terreno. Non parrebbe, che le forze si potessero impiegar meglio che non a guardare quelli che stanno bevendo le acque purgative?

Passiamo a tutt'altro, per rappresentare in diversi modi e con diversi esempi lo stato delle cose. La nuova legge comunale, fedele in questo all'antica, non concede il voto alle donne. La proposta era stata fatta dall'onorevole Peruzzi, che non è un rompicollo, ma non accettata dal governo, fu dalla Camera, benchè a piccola maggioranza, respinta. Certamente non s'è pensato, che la condizione della donna oggi è differentissima da quella di altri tempi. Fino alla fine del secolo passato, o al principio di questo, secondo che le riforme si fecero prima o dopo, la donna era, si può dire, esclusa dal diritto ereditario. Coi maggioraschi, coi seniorati, con tutti i privilegi dei fidecommessi, la proprietà era conservata quasi esclusivamente in mano dei maschi. Alle femmine si provvedeva con un po' di dote in danaro, se andavano a marito, o si cacciavano nei conventi. Oggidì circa un quarto della proprietà è in mano delle donne. In non pochi comuni una donna è la proprietaria principale del territorio. Ora perchè questa donna deve essere condannata a lasciarsi spogliare da tutti i nullatenenti, cui si spalancano le porte del Consiglio comunale, senza nemmeno poter dare un voto per uno che la difenda? Forse in grazia della coltura? Ma come? Avete voluto che fossero letterate, che potessero prendere perfino la laurea, che facessero nell'esercizio delle professioni concorrenza agli uomini e negate loro il diritto di voto in confronto di questi, che se lo guadagnano con una molto ri

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