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stessa statua di Apollo che fra le orvietane si considera come la più bella risente ancora un pò della durezza e rigidità tuscanica. Le statue falische al contrario appartengono ai più bei prodotti della plastica del periodo ellenistico, che per l'arte italica rappresenta il secolo aureo.

Non posso chiudere questa rapida e troppo imperfetta rassegna dei monumenti falisci conservati nel Museo di Villa Giulia, senza rivolgere una viva raccomandazione al ministro Boselli, sotto il cui patrocinio venne così nobilmente e felicemente iniziato quel Museo. Cioè ch'egli disponga che quei monumenti nuovi ed importanti per l'archeologia in genere e per la storia dell'arte italica in ispecie, vengano quanto prima pubblicati col corredo di numerose tavole che ne facciano apprezzare la vera importanza. Quei monumenti, scoperti da più di due anui, sono ancora si può dire sconosciuti, non soltanto al pubblico, ma anche ai dotti. L'esuberanza del materiale non può e non deve essere di ostacolo a far presto e bene, quando il lavoro venga diviso fra più persone, ognuna delle quali sia incaricata d'illustrare quella parte, nella quale ha maggior competenza. Oggi le grandi pubblicazioni archeologiche si fanno in questo modo, e la Germania anche in ciò è maestra. Alla pubblicazione dei monumenti scoperti a Pergamo hanno contribuito Conze, Humann, Bohn, Lolling, Raschdorff, ed ai cinque volumi pubblicati dal governo germanico sugli scavi di Olimpia hanno collaborato archeologi, architetti, epigrafisti, giovani e provetti, maestri e scolari Adler, Curtius, Dörpfeld, Hirschfeld, Treu.

Se da noi si procederà altrimenti, i monumenti falisci o non verranno mai pubblicati oppure lo saranno, come si è fatto di altri per il passato, dagli stranieri.

Riserbo ad un altro articolo l'indicazione dei più ragguardevoli monumenti epigrafici ed artistici conservati nel Museo delle antichità Urbane alle Terme di Diocleziano.

E. BRIZIO.

I SOGNI

E L'IPNOTISMO NEL MONDO ANTICO

E noi compon la stessa
Sostanza inane, onde son fatti i sogni ;
E dal sonno cerchiata è questa nostra
Picciola vita.

SHAKSPEARE," La Tempesta, „
Att. IV, sc. I.

Il sonno che gli antichi poeticamente chiamarono consanguineus Leti, (1) un filosofo pessimista della moderna Germania invece, crudamente lo disse un prestito che a noi fa la morte. (2) Nè v'ha certamente dubbio che quel fatto per sè medesimo così semplice, che noi dopo le fatiche del giorno, chiudendo gli occhi perdiamo l'assoluta coscienza dell'esser nostro (3) e dolcemente abbandonati in un temporaneo nirvâna tutto dimentichiamo, non sia uno de' più meravigliosi e incomprensibili fenomeni della natura. I tentativi fatti insino ad oggi dalla scienza non hanno bastato a spiegarne l'intima essenza; è pertanto indubitato che il sonno as

(1) Aen. VI, 278. Lo stesso dice Omero, Il. XIV, 231.

(2) SCHOPENHAUER. Le Monde c. V. et c. R. Vol. III. Intorno a questo filosofo ed alle sue teorie si possono leggere i bellissimi articoli del BARZELLOTTI, Il pessimismo filosofico in Germania e il problema morale dei nostri tempi, inseriti nei fascicoli di gennaio, marzo e maggio 1889 di questa Antologia.

3) Vedi Mosso. Fisiol. e Patol. dell' Ipnotismo.

Vol. XXIV, Serie III 1 Dicembre 1889.

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sai somiglia alla morte, della quale potrebbesi dire l'immagine più fedele. Ed appunto perchè cosi fra loro conformi, il sonno e la morte furono insino dall'antichità confusi insieme, e, siccome ho già detto più sopra, riputati gemelli; e nella Teogonia di Esiodo li veggiamo uniti nel Tartaro, ed uniti ci appaiono non pur nella letteratura, ma nella antica epigrafia sepolcrale latina, in cui la morte è sovente comparata a un dolce e tranquillo sonno. (1)

E cotesta identificazione del sonno con la morte, a noi si appalesa in tutti i tempi; così nell'arte come nella letteratura di quasi tutti i popoli. Nè i cristiani ne furono alieni, perocchè non di rado nelle loro epigrafi mortuarie ci accade incontrare, sebbene con diverso significato, la medesima idea. Coemeterium ossia dormitorium o requietorium, era appellato il luogo della sepoltura; donde procedettero le note formole, hic dormit, hic dormit somnum pacis, hic dormiunt in pace, di alcuni titoli sepolcrali. Così in una delle più antiche iscrizioni cristiane del tempo dei Flavi Augusti, si legge la parola dormitione; (2) e pro dormitione su di un'altra del Museo Veronese. (3) Tralascio di allegare altri esempi; dirò più presto, come tali formole e similitudini saranno state per avventura inspirate ai cristiani dalle belle parole, raggianti di luce immortale, che Cristo pronunziò in casa di Giairo capo della Sinagoga nel risuscitare la defunta figliuola: puella non est mortua, sed dormit. (4) E poichè dubito che avrò più avanti occasione di tornare a discorrere su di cotesto speciale soggetto, così parmi conveniente far qui osservare, che anche le pietre cemeteriali degli ebrei venute in luce dagli antichi ipogei giudaici, contengono il pietoso augurio che il sonno della tomba sia nella pace dei giusti. (5)

Circa alla consanguinità che gli antichi dissero esistere tra il sonno e la morte, essa diè origine a varie e riguardevoli opere d'arte, del che abbiamo un'antichissima testimonianza nella storia

(1) Quieti aeternae, Somno aeternali. - Morire dormire........... forse sognare, esclama tristamente l'infelice Amleto in mezzo alle sue riflessioni sull'essere

o non essere.

(2) DE Rossi. Roma Sott. I, p. 85 e 186; Inscript. Christ. I, p. 14. (3) p. 367, 15.

(4) Marco, V, 39; Cf. Giovanni, XI, 11: Lazarus amicus noster dormi'. (5) ASCOLI. Iscriz. greche, latine, ebraiche di antichi sepolcri giudaici del Napolitano; GARRUCCI. Cimitero degli antichi ebrei della Vigna Randanini.

figurata sulla celebre arca di Cipselo, ove nelle braccia della Notte, giacevano addormentati il Sonno e la Morte, sotto le sembianze di un fanciullo bianco il primo, di un fanciullo negro la seconda. Il Sonno fu rappresentato con ali di farfalla agli omeri e in sulle tempie, e taluna volta anche con ali più piccole ai piedi, per denotare forse la leggerezza e la velocità onde suole sopravvenire. Sovente ha i papaveri in una mano e la cornucopia nell' altra, donde versa il benefico e soporifero liquore sui mortali. Ora ci comparisce vecchio, ora giovane; quando infante in attitudine di riposo, quando nelle ideali forme di un genio mesto col capo reclinato e la face arrovesciata per indicare che la vita è momentaneamente sospesa. Altre volte infine, la sua immagine si confonde con quella del Bacco Tebano, col qual dio esso ha molti rapporti, essendochè a Dioniso o Bacco, del pari che al Sonno, gli antichi dierono l'onnipotente virtù di ricreare gli animi e dissiparne per breve intervallo le cure e gli affanni.

Per la qual cosa si all'uno come all'altro ottimamente si convenne l'epiteto di Lysimerimnos o Lysios, cioè liberatore delle cure; (1) oltre a che credevasi che il Sonno, insieme coll'oblio della vita, recasse pure ogni sorta di piaceri e di beni; e forse in questo senso l'appassionata poetessa di Lesbo salutava il primo apparire di Espero, l'astro della sera, chiamandolo il donatore di tutte le cose buone. (2) In un'antica epigrafe della via Appia, il defunto Marco Cecilio augura in segno di gratitudine a chiunque si soffermi presso il suo sepolcro, di dormire sine cura. (3)

Il Sonno poi, in ciò dissimile da parecchi altri iddii greci e romani che traggono la loro origine da tradizioni orientali, e non sono se non derivazioni di altri miti e di altre leggende, lo incontriamo sin da principio in Grecia, ove il primo poeta che ce ne dia notizie alquanto precise è Esiodo, che lo dichiara figlio della divina e tenebrosa Notte e fratello della Parca, della Morte e dei Sogni. In Roma, il Sonno ebbe templi, statue, ed iscrizioni votive che ne testificano il culto; nè v' ha dubbio che attesa la sempre più diffusa

(1) Omero chiama il Sonno domatore di tutto, navdaμátwp, Il. xxiv, 5; Odiss. IX, 373.

(2) BERGK. Anthol. Lyr. framm. 95 (68).

(3) BORGHESI, Epigraf. 111, p. 333. Tre autori comici appartenenti al periodo della commedia di mezzo, scrissero commedie sotto il titolo di Hypnos.

usanza della sacra incubazione, esso dovè col proceder del tempo assumere un più alto ed intimo significato.

Ma di quest'ultima cosa tornerò a parlare in appresso; qui piuttosto ricorderò di passaggio le principali opinioni degli antichi circa la dimora del Sonno. Omero la pone nell'isola di Lemno in mezzo ai flutti dell'Egeo, ove sollecita lo va a trovare Giunone per richiederlo dell'opera sua in favore dei prediletti Achei. Ovidio, in vece, la colloca in una grotta nel paese de'Cimmeri, entro la quale il dio mollemente giace circondato dalla volubile schiera dei Sogni, in un perpetuo crepuscolo sulle silenziose sponde del fiume Lete, intorno a cui non germogliano se non papaveri ed erbe sonnifere. Nè molto dissimile a questa è la descrizione che ne fa Stazio; (1) alla quale ultima forse, più facilmente che alle altre, si è attenuto l'Ariosto (2) nel trattare dello stesso mitologico argomento.

Ora pertanto è tempo che io prenda a discorrere dei Sogni e delle credenze cui diedero origine e degli effetti loro, per essere questo il principale soggetto del mio ragionamento.

E cominciando da Omero, dirò che egli parla quando di un solo sogno che ci mostra messaggiero della divinità e per lo più apportatore di mali, quando di una intera popolazione che pone ad abitare di là delle correnti dell'Oceano nel prato di asfodelo, insieme con le anime dei morti. Virgilio, all' incontro, dà loro per sede il vestibolo dell' inferno, ove stanno quietamente appiattati sotto alle innumerevoli foglie di un grande e frondoso olmo secolare. Ma più di qualunque altro dilettevole e leggiadro è il racconto che fa il satirico Luciano del suo viaggio favoloso all' Isola dei Sogni, isoletta appena visibile a cui perviene co' suoi compagni dopo una lunga navigazione, e nella quale avvengono cose simili a quelle che sogliono avvenire nei sogni. Imperocchè l'isola tutta si muove, e movendosi si allontana e si dilegua quando essi appunto si pensano avvi

(1) Theb. X, 84-85.

(2) Orl. Fur. XIV, 92–94. Al ciclo del Sonno può riferirsi la leggenda dei Sette Dormienti di Efeso, che dormirono più di cento anni; e così pure la storia del cretese Epimenide, contemporaneo di Solone. Dei Dormientes Universi di cui parla una iscrizione dipinta pompeiana, nulla si sa di positivo. Ma è probabile che con questa appellazione si designasse un sodalizio di gente spensierata e allegra, simile all'altro dei Seribibi pur di Pompei, coi quali li troviamo uniti nelle elezioni municipali.

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