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me; mi sono lasciato sciabolare da un impiegato di dogana perchè gli avevo preso sua sorella... ora almeno quella cosa lì è accomodata...

E ti pare proprio che sia una cosa accomodata benino? Dio santo! che ci devo fare io se non l'ho potuta accomodare meglio? Quella ragazza mi piaceva; glielo dissi, essa s'innamorò di me. Chi ci ha colpa? la natura, ecco, la natura soltanto. Tira innanzi, insinuò zio Leone.

Io non ho altro da dire... poi mi sono innamorato d'Anna, è stato più forte di me; Anna è tanto bella, tanto buona, e a quest'ora avrebbe potuto essere mia moglie....

--

E non l'ha voluto forse?

Non l'hai voluto tu... scusa se te lo dico chiaro; sei stato il primo a non volere; ora poi ci si è messa lei; sicuro! lo saprai che un giorno mi ha respinto, dicendomi che il mio dovere era di sposare Giuditta... sai? quell'altra.

Si chiama Giuditta? ..

Si chiamava Giuditta... Capirai che per un uomo del mio temperamento era troppo forte... ci siamo separati bravamente; è forse meglio che io non faccia torto a nessuna... perchè quelle ragazze mi sono state care tutte e due; e...

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Tira sempre innanzi, disse a denti stretti Don Chisciottino. ... e mi sono care ancora. Se fosse possibile..

-...

Sposarle tutte e due... suggeri zio Leone, è questo che vuoi dire? E non l'hai forse fatto?

Vedi bene... ho fatto come ho potuto? ma mi intendo, se la legge ammettesse ciò che...

Basta cosi! ruggì Don Chisciottino; anima vile, che non ti vergogni di gettare in faccia ad un uomo onesto tutta la tua ver

gogna...

Ma fu interrotto subito da un atto di desolazione di Guglielmino, il quale, portanto la mano alla fronte ferita, balbettò:

Che cosa ho detto?... oh! la mia povera testa!

Don Chisciottino si placò subito; trovandosi impreparato alla idea che gli balenava allora, non fiatò più.

L'idea era che se la tremenda botta del doganiere per non essere caduta a filo non aveva spaccato quella testina, cadendo invece un po' di piatto avesse prodotto una commozione cerebrale e il conseguente turbamento del criterio.

Non gli era mai uscito di mente che di là, un orecchio avido cercava di non perdere una sillaba di quanto il sottotenente diceva; e quando si era parlato dell'altra, aveva temuto o desiderato che la maestrina facesse irruzione come non sapeva bene in teatro; ma ora temè sul serio che seguisse una catastrofe simile; si affrettò a dire a voce alta, da farla arrivare fino all'altra

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camera:

Calmiamoci, ragazzo mio; calmiamoci che ne abbiamo bisogno tutti. Che cosa hanno detto i medici quando eri ferito. Lo sai?

-L'ho saputo dopo; dicevano che avrei forse perduto la me

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-

- Invece no, rispose Guglielmino con voce lagrimosa; mi ricordo di tutto, pur troppo! anzi mi vennero in mente cose che credevo d'aver dimenticato: tutti i dispiaceri dati alla mia povera mamma buon’anima, a cui ho voluto tanto bene, tutte le donne che ho ingannate... (vilmente, si, vilmente, è la parola, non lo nego, ma l'istinto è sempre stato più forte di me); e perfino tutte le ire che ho provocate in te, in te che sei il migliore degli zii... Quanto a me, lasciami stare...

-Lo so che tu mi hai perdonato tutto... ma qualche volta il male che ti ho fatto, che ho fatto a tutti voi, mi fa male qui; ci è qualche cosa che pare mi voglia entrare nel cervello...

- Dunque non facciamo scene, disse Leone a voce alta. Calmati ed ascoltami, prosegui quasi sottovoce; ti senti capace di ascoltarmi con calma?... Ti voglio dire una cosa che ti farà piacere e getterà nella tua povera testa un germe di cose buone, un entusiasmo gentile per combattere tutte le idee malsane.. Vuoi sentire la parola che ti devo dire...

Guglielmino non era punto incuriosito da quella preparazione; si asciugava le lagrime delle grandi occasioni che dalle guancie gli erano scese fino sulla tunica.

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Le vuoi sentire? insistè Don Chisciottino.

- Di' pure.

Allora sappi che da un mese tu hai un grosso debito con te stesso e col mondo... stai per essere padre!

Il linguaggio figurato non entrava bene in testa a Guglielmino.
-Spiegati meglio, consigliò sbadatamente.

E zio Leone si spiegò bruscamente così:

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-Me ne dispiace, entrò poi a dire Guglielmino; me ne dispiace tanto... ma ora è una cosa finita; Anna mi ha congedato, e mi è caduta dal cuore.

Senti bene, balbettò a bassa voce zio Leone, senti quello che ti dico; tu sei sempre stato un poco di buono, ma se ti rimane ancora qualcosa di non indegno della divisa che porti, sposerai Anna, darai uno stato e un nome a tuo figlio...

Guglielmino aveva abbassato il capo e non interrompeva. Don Chisciottino si credette incoraggiato e proseguì, però mutando argomento e tono di voce.

Perchè, vedi, se anche Anna ti fosse caduta dal cuore (e non può essere vero, e sono sicuro che la ritroverai cara e bella come prima), ma se anche fosse questo, tu non conosci ancora colui che sarà tutta la vita tua, la continuazione dell'essere tuo.

Guglielmino questa volta afferrò subito il linguaggio figurato, e interruppe umilmente suo zio con una confessione:

Non mi sono mai piaciuti i figliuoli; non li sento; sono fatto così; mi manca l'organo della progenitura; scusami, ma non ce n'ho colpa.

Don Chisciottino volle avventare parole di fuoco, ma un po' lo sdegno, un po' lo stupore, gliele tolse di bocca. Guglielmino si gingillava con un bottone della tunica, ma dagli sguardi che dava ogni tanto all'uscio per cui era entrato si poteva indovinare un po' di turbamento. Chissà! Le sue parole potevano ben essere la commedia dettata dal puntiglio.

Al balenare di questa idea Don Chisciottino volle essere astuto, e si calmò a un tratto.

- Sta bene. E sai che cosa farò io? Mi sposerò Anna, darò il nome mio a tuo figlio ecco che cosa farò.

Il sottotenente crollò le spalle.

Tu non credi che io sia capace di questo; non mi conosci ancora, soggiunse zio Leone accalorandosi all'idea concepita allora allora; e guarda bene che se non la sposi tu, Anna diventerà mia moglie; e se non decidi subito, vattene; e quando appena abbi passato quell'uscio, io andrò a far la proposta ad Anna...

Ma sì, sposala pure; non te lo impedisco; tu ragioni a modo tuo, io al mio; che ci possiamo fare?... sposatevi e siate felici... Vol. XXIV, Serie III 1 Novembre 1889.

6

Don Chisciottino diè un balzo, allungò le mani, e disse una sola parola: canaglia! - ma Guglielmino indietreggiò di due passi e domandò forte: chi ci è di là?

Gli era nato il sospetto che nell'altra stanza si nascondesse Anna; dal silenzio di suo zio e dallo sguardo che egli pure fissava sull'uscio, si persuase che il sospetto era fondato. È un tranello, mormorò beffardamente, e si lasciò cadere sulla poltrona. Va via subito, gli gridò Don Chisciottino.

pigliare.

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Anche Anna mi ha detto: vattene, e ora mi vorrebbe ri

-Vattene, vattene, vattene...

La maestrina si mostrò in questo punto; era pallida, ma serena; fece un solo passo nella camera, e reggendosi a una seggiola disse con voce limpida:

-

Sono io!... ero venuta per insegnarti il tuo dovere di padre, a dirti che mi rassegno a perderti; dopo quello che ho udito, compiango la donna che sposerai.

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Vattene, ripetè severamente Don Chisciottino.

- Si, me ne vado, perchè qui non ci si capisce più nulla, parola d'onore.

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Il sottotenente, senza guardare la donna che aveva abbandonata, ma tenendo d'occhio lo zio capacissimo di tirargli uno scapaccione o un calcio nell'infilare la porta, riattaccò la sciabola al cinturino e usci incolume.

La maestra si buttò al collo di Don Chisciottino e pianse.
-Perchè piange?

Non per me, glie l'assicuro, non so nemmeno io perchè piango; forse perchè lei è un uomo tanto generoso, e Guglielmo che ho tanto amato, un vigliacco.

Don Chisciottino no, non piangeva; egli pensava ad Anna, pensava a Giuditta, a quelle due vittime gentili, d'una stessa infamia, col cuore pieno d'un entusiasmo capace di consolazioni straordinarie. Oh! se avesse potuto !

Il viaggio del ritorno fu melanconico e silenzioso; Leone, seduto di fronte a Giuditta che fingeva di dormire, guardava dallo sportello la nera campagna, in cui ogni tanto si accendeva una debole luce lontana, e sempre quella luce gli apriva la medesima via nel buio dell'avvenire; sposare Anna, farla felice, chiudere (con una vittoria o con una disfatta ?) la serie delle sue battaglie vane.

Qualche volta gli pareva di sentirsi addosso l'occhio di Giuditta, che, celando la faccia con una mano, infilasse uno sguardo di pietà fra le dita socchiuse; allora ritirava la testa dallo sportello e per un momento accerezzava un altro sogno. Pensava: Anna forse voleva rinunziare al suo sposo per puntiglio di dignità offesa; Giuditta invece unicamente per amor della giustizia; vi è forse nella natura sua un po'della mia. Avremmo fatto un bel paio! Ma anche perciò è meglio Anna!

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Non gli veniva nemmeno in capo che Anna avesse a fare difficoltà al disegno, il quale era di approfittare di tutti i preparativi fatti, per sposarsi alla lesta fra quindici giorni. Fortunatamente Don Chisciottino aveva i suoi documenti in regola, da potersi impalmare alla prima necessità.

Ancora per un tempo lungo Don Chisciottino cercò invano. un'altra via nella campagna nera; poi disse a sè stesso: anche il mondo avrà il fatto suo perchè il figlio di Anna nascerà in tempo da tappare la bocca alla gente maligna.

Quando finalmente il fischio della locomotiva annunziò l'arrivo a Milano, zio Leone nell'aiutare la maestrina a scendere notò che gli occhi della simpatica creatura avevano pianto ancora, e volle dire una parola di rimprovero che fosse una carezza, ma il doganiere era già lì, ad aspettare sua sorella.

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Dunque è andata male? Te lo diceva io. A certa gente bisogna spaccar la testa...

Zio Leone era incerto se fosse il vero modo di accomodare nè la testa nè altro membro del corpo umano, ma accondiscese a quell'idea tanto per fare un tratto di via insieme alla maestra, che poche ore innanzi gli aveva buttato le braccia al collo, e ora sembrava tanto distante da lui.

Alla fine della via Principe Umberto, era necessario separarsi. - A rivederci - disse Giuditta.

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Una stretta di mano fu la risposta silenziosa.

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