Al Padre, af Figlio, allo Spirito Santo, O vita intera d'amore, e di pace! Tutto è vago, tutto è grandioso in questo incomparabile pezzo, che può francamente con Orazio chiamarsi insigne, recens, et adhuc indictum eve alio, ma in ispecial modo quell' immagine del riso dell Universo è tanto originale e sublime, che quasi a me mancano i termini onde poterla degnamente encomiare. In generale in questo altissimo squarcio Dante quasi se medesimo supera, ed in esso dir non saprebbesi se l'elevatezza dei pensieri, e delle immagini, o l'armonia incantatrice dei versi principalmen te grandeggi. Q 1 Uanto ingegnosi e poetici siano i contrasti che l'Alighieri presenta nelle descrizioni di tal genere i due squarci della Divina Commedia, che riporterem qui appresso, più che bastanti deggiono esser, per quanto io credo, farcelo chiaramente conoscere. Il primo, che trovasi nel canto I. dell' Inferno, è del seguente tenore: Tempera dal principio del mattino, a E'l sol montava in su con quelle stelle 01 Sì ch'a bene sperar m'era cagione, STIA L'ora del tempo, e la dolce stagione; Osservisi come la vaghezza, e l'armonia de' sette primi versi, ove si parla della Lonza simboleggiante la lussu ria, venga dal Poeta artifiziosamente opposta alla forza, ed al terribile degli altri cinque, ove descrivesi il Leone, col quale la superbia ebbe egli in mira di simboleggiare. L'altro degli squarci di sopra citati leggesi nel canto XII. del Purgatorio, allorchè fingendo di veder nel pavimento effigiati molti esempi di punito orgoglio, dice il nostro Alighieri: Vedea colui, che fu nobil creatofnomon't o canigan Vedeva Briareo, fitto dal telo A sido clan.t Che n'Sennaar con lui insieme foro Contrasto veramente ingegnoso e poetico tra il terribile delle prime quattro terzine, e il patetico grandioso dell' ul ultima, in cui lo stato della più infelice tra le madri vien dal Poeta descritto.Jon o oslovis inl a slip li offshaped Linistrjamos qua lah citor CAPITOLOVob shtols O To Atti Utteboa pezzi della Divina Commedian finor da noi esaminati più che sufficienti sariano a fare altamente rifulgere il magistero di Dante in ciascuna di quelle parti che abbiam di sopra indicate come indispensabili a render la poetical elocuzione vaga e perfetta, e quindi non di altri esempj, abbisogneremmo per ottenere un tal risultato; nulladimeno terminarsi non dee questa piacevole analisi senza riportar ancora un qualche altro squarcio di questo sonimo Poeta, atto specialmente a far rilevare alcune grandiose apostrofi, alcune belle comparazioni, alcune immagini ed espressioni sublimi, ed alcuni pezzi di artifiziosa armonia imitativa, per così pienamente conoscere l'alto posto ch'egli occupa, ed occuperă sempre tra i gran poeti di tutti i tempi, e di tutte le nazioni, finchè gli uomini saran fedeli alle leggi del gusto, e sensibili alle impressioni del sublime, e del bello.. Tra le apostrofi sceglierem da prima quella di Dante a Virgilio, allorchè, trovatolo nella selva selvaggia, a lui esclama: Or se tu quel Virgilio, e quella fonte om Che spande di parlar si largo finme? Risposi lui con vergognosa fronte : 19 Oh degl' altri poeti onore, e lume,χασες (1) Vagliami 1 lungo studio, el grande amore, Che m'han fatto cercar lo tuo volume دو Tu se lo mio maestro, e: 'I mio autore; Dow Nè Nè con minor vaghezza, e minore eloquenza il gran Mantovano Poeta è apostrofato nel canto VII. del Purgar torio dal suo compatriota Sordello, il quale a lui rivolto, O gloria de' Latin, disse, per cui Mostrò ciò che potea la lingua nostra! Bella egualmente, e con dolci e sonori versi espressa è l'altra apostrofe di Beatrice a Virgilio, quando questa lo move in soccorso del di lei amico; al quale peridiro -comincia il gran Cantore di Eneat: ibonicha li sieglot -ide. Da questa tema acciocchè tu ti solve, Dirotti perch'i'venni, e quel ch'io 'ntesioΣ Σ - Io era tra color, che son sospesin, Lellom realnain Lucevan gli occhi suoi più che la stellaรวโอ คมlia icus Ecominciommi a dir soave e piana, anticle cincis - Con angelica voce, in sua favella:itine ib issoq Oranima cortese Mantovana., -oisin Di cui la fama ancor nel mondo dura, i tot sxq E temo che non sia già sì smarrite,pho Σ Econ ciò che ha mestieri al suo campare Ison Beatrice, che ti faccio andares of beaut Amor mi mosse, che mi fa parlareolled od Co e Cosi pure meritano di esser rilevate quali due gran diose apostrofi della Divina Commedia il rimprovero che fa Virgilio al Poeta, dopo la citata narrazione, e dopo averlo incoraggito a seguire i suoi passi, la risposta di questo a Virgilio, contenute amendue nel seguente squarcio; in cui trovasi al tempo stesso una delle più belle comparazioni della poesia Italiana; e nel quale Marone dopo aver informato Dante dell' alta protezione che Beatrice si degnava accordargli, a lui soggiunge: Dunque che è? perchè, perchè ristai? O pietosa colei, che mi soccorse; Una ben commovente e pregevole apostrofe è in egual modo quell' altra del Mantovano Poeta all' Alighie ri, quando, dopo averlo guidato nel giro dell' inferno, e del purgatorio, lo abbandona in balia di Beatrice, prima di entrar nel paradiso, e che l'Alighieri stesso riferisce nel seguente modo: (13) Per queste tre donne deggionsi intendere la Misericordia Divina, la Grazia illuminante simboleggiata dal Poeta sotto il nome di Lu cia, e la stessa Beatrice di lui amica. 1 |