Come la scala tutta sotto noi Fu corsa, e fummo in sul grado superno; ib E disse: il temporal fuoco e l'eterno , Veduto hai, figlio, e se se'venuto in parte Ingegnosissimo ed eloquente del pari, come in altissimo grado sublime è quell'invito di Virgilio ad Anteo, che leggesi nel canto XXXI. dell' Inferno: O tu, che nella fortunata valle, Che fece Scipion di gloria ereda, E che se fossi stato all' alta guerra Mettine giuso, e non ten venga a schifo, Anche il Sole, quest' astro benefico animatore del Mondo, che il soggetto è stato di molte belle poetiche invocazioni, ha eccitato come aspettar si doveva, l'estro fa facondo del nostro gran Poeta, che in diversi vaghissimi modi or lo chiama: ora: Lo bel pianeta che ad amar conforta; Lo Ministro maggior della Natura, Che del valor del Cielo il Mondo imprenta, e finalmente nel canto XIII. del Purgatorio a lui volgen Per lo nuovo cammin, tu ne conducio Un altra bellissima apostrofe del Poema di Dante parimente quella del canto I. del Paradiso; nella quale dopo aver egli implorato il soccorso di Apollo, in grazia del lauro tanto a quel Nume caro, di cui a coprir si andava la fronte, allo stesso soggiungeni 0000 Lt Venir vedràmi al tuo diletto legno, Delfica Deità dovria la frondala iz non E per ultimo vegga il Lettore quanto le tre seguenti invocazioni dell' Alighieri, una alla luce della Divina Triade, che alla vista splendeva delle anime beate; l'altra alla stessa Divina Luce, perchè la forza diagli di render noto ciò ch' esso in lei veduto aveva; e la terza final DON H2 men mente alla Madre di Cristo, che il Poeta mette in boc ca di S. Bernardo; vegga il lettore, io dico, quanto queste tre invocazioni sian di un bello, e di una forza di sentimento difficile ad imitarsi. Ecco la prima, che contiensi in quei tre dolcissimi versi: O trina luce, che, unica stella sole lab offe Guarda quaggiuso alla nostra procellat. nomind a Nè pregevol meno di questa può reputarsi l'altra, ove esclama il Poeta: O somma Luce, che tanto ti lievion of iST A Da' concetti mortali, alla mia mente, sorel E fa la lingua mia tanto Ch' una favilla sol della tua gloria ch Che per tornare alquanto a mia memoria, E per sonare un poco in questi versi, , tea Più si conceperà di tua vittoria. Ed ecco in fine la terza colla quale chiuderem degna mente questo V. capitolo, giacchè sulle apostrofi tutte della Divina Commedia in grado sommo trionfa: Vergine madre, figlia del tuo figlio, 9:10 Umile ed alta più che creatura, oflov obar is Termine fisso d'eterno consiglio, holt 151 Tu se' colei, che l'umana natura > Nobilitasti sì, ch''l suo fattore Non si sdegnò di farsi sua fattura? Nel ventre tuo si raccese l'amore up const 3 Per lo cui caldo nelf eterna pacer omfila o H Così è germinato questo fiore. Quì se' a noi meridiana face 3. Di caritate, e giuso intra i mortali -fon Se dit speranza fontana vivace ait mов Don Donna se tanto grande, e tanto vali,onl La tua benignità non pur soccorre DET CAPITOLO VI Similitudini ch cool int must El resto il genio poetico di Dante nelle diverse ingegnose comparazioni, delle quali egli ha ornato il suo Poema, più che altrove luminosamente apparisce. Quindi, oltre quelle che sonosi ammirate nei pezzi notati finora e quelle relative ad oggetti filosofici, che vedransi nella terza parte della mia dissertazione, andrò io particolarmente notando in questo VI. capitolo le altre che più colpito mi hanno, cominciando dalla cantica dell' Inferno, e seguitando il Poema in fino al suo termine. La prima di queste belle ed ingegnose similitudini tro vasi dunque nel I. canto della Divina Commedia, allorchè, dopo aver esposto di esser scampato da quella orrenda selva allegorica, il Poeta soggiunge: E come quei, che con la lena affannata Uscito fuor del pelago alla riva, Si volge alf acqua perigliosa, e guata; Così l'animo mio, ch' ancor fuggiva, Si volse 'ndietro a rimirar lo passo, Che non lascid giammai persona viva. La seconda leggesi nel canto V. della I, cantica stessa, e vien vien preceduta da quella sublime apostrofe di Virgilio a Minos, che cercava di distoglier Dante dal viaggio infernale coll atterrirlo; e nella quale rivolto a quel tremen. do Giudice, esclama il Mantovano Poeta: perchè pur gride? Non impedir lo suo fatale andare; A farmisi sentire; or son venuto La terza comparazione, che non men di questa grandiosa può dirsi, incontrasi nel canto VII., quando, dopo aver indicato le parole dette da Virgilio a Pluto, soggiunge il Poeta: to svinter eller a Quali dal vento le gonfiate vele im plebeing bang La quarta contiensi nel canto IX., ove comincia egli dal dire che l'arrivo dell' Angelo, il quale i demonj dal la porta di Dite a scacciar veniva, produssenpeab lary τινό εξοδέ ... su per le torbid' onde Un fracasso d'un suon pien di spavento, e soggiunge poi che era questo fracassoon etiasu 3 E fa |