La Divina commedia, Opseg 1Albrighi, Segati, 1905 - Broj stranica: 966 |
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alcun amore anime avea Barbariccia bolgia buona canto canz Capaneo Casentino Cerbero cerchio ch'è ch'io chè chiama cielo città colpa colui comincia compagni Conv corpo danno Dante dice divina Divina Commedia dolce dolore domanda duca Eneide fece figliuolo Firenze fiume Flegias Forlì gente Gerione Ghibellini gran grido guarda Guelfi imagine Inferno l'altro l'anima l'imagine l'ombra l'uno lascia latino lungo luogo maestro maestro Adamo Malacoda Maometto maraviglia mente Metam mezzo mondo monte morte mostra nome nuovo occhi Ovidio parea parla parole passo paura peccato pena petto piange piè piedi Pistoia poco poeta Purg Purgatorio racconto ragione ripa sangue segg sente serpente Somma spirito stra suono Tebe terra Tesifone torna trista uomo Vanni Fucci vede verso vidi VIII Villani Virgilio virtù viso vivo volge volse volte XXII XXVII XXXII zione
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Stranica 239 - se mai, nell'alpe, Ti colse nebbia, per la qual vedessi Non altrimenti ehe, per pelle, talpe; Come, quando i vapori umidi e spessi A diradar cominciansi, la spera Del sol debilemente entra per essi; E fia la tua imagine leggiera In giugnere a veder com'io rividi Lo sole, in pria, che già nel
Stranica 361 - cosa mortale Dovea, poi, trarre te nel suo disio ? 55 Ben ti dovevi, per lo primo strale Delle cose fallaci, levar suso Diretro a me, che non era più tale. Non ti dovea gravar le penne in giuso, Ad aspettar più colpi, o pargoletta, 60
Stranica 55 - Si col dolce dir m" adeschi, Ch' io non posso tacere ; e voi non gravi Perch' io, un poco, a ragionar m'inveschi. Io son colui, che tenni ambo le chiavi Del cor di F'ederigo, e che le volsi, 60 Serrando e disserrando, si soavi, Che dal segreto suo quasi ogni
Stranica 43 - Ma perché si fa forza a tre persone, In tre gironi è distinto e costrutto. A Dio, a sé, al prossimo si puone Far forza; dico in loro ed in lor cose, Come udirai con aperta ragione. Morte per forza e ferute dogliose Nel prossimo si danno, e, nel suo avère, Ruine,
Stranica 55 - si degno. E se di voi alcun nel mondo riede, Conforti la memoria mia, che giace Ancor del colpo, che invidia le diede. » Un poco attese ; e poi : « Da ch' ei si tace, » Disse il poeta a me, « non perder Г ora ; Ma parla, e chiedi a lui, se più ti piace. » Ond' io a lui:
Stranica 186 - se ne va tutta la gente: Qual va dinanzi, e qual diretro il prende, E qual, da lato, gli si reca a mente. Ei non s'arresta, e questo e quello intende ; A cui porge la man, più non fa pressa, E cosí dalla calca si difende. Tal era io, in quella turba spessa,
Stranica 71 - nuovo, e chi ristoppa Le coste, a quel, che più viaggi fece, Chi ribatte da proda e chi da poppa, Altri fa remi, ed altri volge sarte, 15 Chi terzeruolo ed artimon rintoppa ; Tal, non per fuoco, ma per divina arte,
Stranica 154 - Gerusalem, col suo più alto punto; E la notte, che, opposita a lui, cerchia, Uscia di Gange fuor, con le bilance, Che le caggion di man quando soverchia; Si che le bianche e le vermiglie guanee, Là dov'io era, délia bella Aurora, Per troppa etate, divenivan ranee.
Stranica 203 - che volge il disio Ai naviganti e intenerisce il core, Lo di, c'han detto, a* dolci amici, addio; E che, lo novo peregrin, d'amore Punge, se ode squilla di lontano, Che paia il giorno pianger, che si muore; Quand'io incominciai a render vano L'udire,
Stranica 55 - Panno lo schermo, perché il mar si fuggia ; E quäle i Radovan, lungo la Brenta, Per difender lor ville e lor castelli, Anzi che Chiarentana il caldo senta ; A tale imagine eran fatti quelli, Tutto che ne si alti, ne si grossi, Qual che si fosse, lo maestro