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effetti si espandono indefinitamente nell'estensione del mondo fenomenico, ma la infinità vera, l'infinita attività che è il principio del processo è interiore, è infinità intensiva e non estensiva, di energia e non di dimensione, esiste in sè e non si risolve nella moltitudine degli elementi cosmici che collega e spinge alla meta. In tale guisa, e non altrimenti, l'idea della realtà infinita è possibile logicamente, ossia non è contradditoria, in tal modo soltanto la sua unità può concepirsi come distinta e indivisa dall' indefinito moltiplicarsi del finito. Cosi finalmente diventano compatibili la intellegibilità e l'incomprensibilità divina (1) e non meno l'immanenza e la trascendenza di Dio. In quanto a noi non possiamo separare il finito dall'infinito, il relativo dall'assoluto; Dio è per noi il supremo intelligibile non solo, ma la causa immanente del mondo, del quale si può dire che è in lui come nel suo eterno principio, mentre l'azione del principio può dirsi non meno legittimamente penetrare e internarsi nell'effetto suo.

Da quanto precede parci risultare chiaramente che l'immanenza divina non significa per nulla identità di Dio col mondo, ossia Panteismo, poichè essa non signi fica punto sostituzione della attività sintetica assoluta, alle energie sintetiche relative dell'universo, ossia sostituzione di una sostanza unica ed universale alle sostanze particolari.

Ma non solo la personalità umana e la sostanzialità degli enti tutti ci paiono risultare illese dal concetto

(1) Vedi La Filosofia delle scuole italiane, An. 1872. Sulle attinenze della Religione e della Filosofia e sulla Incomprensibilità divina. Lettera al Conte Mamiani.

ben circoscritto della immanenza divina e del processo dialettico che vi si collega, mediante il dinamismo e la relazione che esso stabilisce fra il pensiero e l'essere, ma anche la personalità stessa di Dio ne risulta possibile e necessaria. Imperocchè la soluzione data da questo sistema al problema fondamentale della natura dell'essere è questa: vi sono nell'essere due aspetti inseparabili, il reale e l'ideale, l'idea e la sussistenza, il processo con le sue leggi e l'energia. L'uno non è senza l'altro, ma l'uno non si agguaglia perfettamente con l'altro nel nostro modo di conoscere. Noi ricaviamo l'idea dalla realtà interna od esterna, ove opera e si manifesta operante, ma nell'operazione stessa, nell'atto si annida il segno proprio del reale, la radice della sussistenza in guisa da essere questa la ragion della vita di quella e da non permetterci di capovolgere il rapporto, traendo il reale dall'ideale. Un di là rimane nel reale dipendente dalla relatività della conoscenza, ossia da quella parte di essa che è improntata di tale carattere, e che tanto posto occupa nella costruzione di tutto l'edificio conoscitivo. Tale essendo la condizione del reale per rispetto alla mente umana e da essa mente medesima affermato e riconosciuto in virtù di leggi che sono sue e del Tutto, ne risulta essere più che possibile anzi necessario l'ammettere colla energia della causa immanente del mondo, una interiorità che non si palesa e non può palesarsi direttamente in quella idea dell'essere infinito, a cui la mente è condotta dalla dialettica. Questa interiorità è dessa cosciente ?

Dalla risposta affermativa o negativa a tale questione,

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dipende il carattere finale metafisico del sistema filosofico, e cioè che esso sia teistico ovvero un panteismo naturalistico.

Ma questo problema della coscienza divina è troppo grave perchè noi ce ne sbrighiamo in poche linee di conclusione a questo articolo. Le ragioni alle quali si appoggia il nostro modo di vedere opposto su questo punto all'heghelianismo, o almeno a quella che si risguarda come la più genuina interpretazione del pensiero di Hegel, richiedono considerazioni di ordine psicologico, ontologico e cosmologico, a cui troppo è insufficente lo spazio di cui possiamo disporre. Ce ne occuperemo in altra occasione.

LUIGI FERRI.

Le nozioni del Diritto e dello Stato nella civiltà e nella filosofia dei Greci prima di Socrate "

(1)

I greci furono i primi nella antichità che fecero gli uomini. come tali oggetto di scientifica ricerca. Essi introdussero per i primi nella storia il principio subbiettivo; ed intesero gli uomini nella vivente società: gli uomini, cioè, del dovere e gli uomini dell'operare nel mondo reale, in una parola gli uomini etici. A questo popolo privilegiato, noi andiamo debitori di avere fissato i principii della conoscenza della società e dei popoli intimamente connessa colla storia; e di avere così creato

(1) Le opere delle quali mi sono valso in questo lavoro sono: Zeller Ed. Die philosophie der Griechen, Tübingen 1869. Ueberweg Fr. Grundriss der Geschichte der Philosophie (das Alterthum), Berlin 1880. Brandis C. Handbuch der Geschichte der Griechisch-Römischen Philosophie. Bertini G. M. La Filosofia greca prina di Socrate, Torino 1869. Hermann K. Fr. Culturgeschichte der Griechen und Römer, Göttingen 1857 Hermann. K. Fr. Lehrbuch der griechischen Antiquitäten, Heidelbeg 1858. Wachsmuth W. Hellenische Alterthumskunde aus dem Gesichtspunkte des Staats, Halle 1846. Hildenbrand K. Geschichte und System der Rechts und Staats Philosophie, Leipzig 1860. Köstlin K. Geschichte der Ethik, Tübingen 1887. Schmidt L. Die Ethik der alten Griechen, Jena 1882. Grundriss der Griechischen Litteratur, Halle 1861. Laurent Fr. Histoire du Droit des Gens et des Rélations internationales, Tom. II., Paris 1880. Denis J. Histoire des Théories et des idées morales dans l'antiquité, Paris 1879.

Bernhardy G.

Janet P. Histoire de la Philosophie morale et politique dans l'antiquité et les temps modernes, Paris 1858.

una filosofia del Diritto e della Società che ha servito di fondamento a tutta la successiva scienza politica e sociale.

Sebbene la filosofia del Diritto, e della Società dei greci non debba la sua origine che a se stessa ed alla riflessione, pure non si può essa studiare isolatamente ed a parte, per così dire, da tutto il complesso degli elementi che concorsero alla formazione della vita reale di questo popolo che ci presenta i primi esempi di libertà ed i primi esperimenti di regime democratico (1) La filosofia del Diritto e della Società dei greci fu l'opera dello spirito greco, ed in questo noi dobbiamo cercare gli elementi di essa. Questa filosofia infatti non sorse fino dal primo principio della vita spirituale di questo popolo, ma dopo che invece esso ebbe percorso una grande parte, anzi la più grande parte del suo sviluppamento. I grandi problemi sul fondamento del diritto, del dovere, della sovranità formarono per i greci oggetto di scientifica riflessione e di studio solamente in quello splendido periodo della loro filosofia che si svolse nel tempo del più grande movimento politico della vita greca; al tempo cioè dei suoi fatti immortali, delle sue più perfette opere d'arte; che coincide in una parola col più rilevante momento della vita nazionale e con questa si spegne.

Tutta la filosofia etica e politica dei greci non ha mai smentito, non ostante i grandi cambiamenti della loro vita politica, il suo carattere e la sua origine nazionale. Essa fu sempre la espressione della coscienza etica del suo popolo. Il patrio costume fu ciò che in essa vi ebbe di più fermamente dato, ossia questo costume formò sempre la sostanza che il pensiero etico accettò e riconobbe. Ed anche quando questo pensiero tentò di essere riformatore o critico, pure il patrio costume rimase sempre la materia del pensiero ed il fondamento del sistema.

(1) ERSKINE MAY: Democracy in Europe. — London 1877, Chp. II, p. 41.

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