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all'arte. Nessuna migliore architettura che quella fatta dal popolo per il popolo; nessuna migliore poesia che quella nata dal popolo, cresciuta in mezzo ad esso, ed abilmente ridotta da un poeta di genio. Forse nell'avvenire (è lecito desiderarlo) cesseranno i lamenti dei pessimisti, e la poesia potrà spaziare in regioni più alte e cantare l'umanità rigenerata mercè il lavoro e la giustizia. Se non cancelleremo i mali che l'uomo. ha sempre in retaggio, se non cesseranno fame e miseria, perchè i deboli esisteranno sempre, se avremo ancora delitti, ingiustizie e malattie, se raggiunto un nuovo ideale, questo si andrà lentamente rabbuiando. nelle menti, e le società si corromperanno per risorgere poi sotto l'impulso d'un nuovo ideale e sognare nuove riforme, tuttavia l'uomo deve contentarsi del periodo di piena virilità, nel quale le buone idee regnano e rassegnarsi al destino.

E l'arte accompagna l'umanità ne' diversi periodi, e piange con quelli che piangono, ride con quelli che ridono, esulta nelle battaglie e nella pace, amica dei nostri sogni, de' nostri des derii, delle nostre memorie.

VITTORIO BENINI

Prof. di filosofia nel R. Liceo Plana di Alessandria.

PEDAGOGIA

Una proprietà dei classici latini

Noi crediamo d'esprimere la miglior qualità dell'antica letteratura classica, tutte le buone doti degli scrittori dell'aurea antichità, se le riassumiamo tutte nella proprietà che hanno questi e quella di essere, non dico soltanto educativi, ma essenzialmente pedagogici. Aggiungiamo però subito che, in tutta l'estensione sua, quest'attitudine apparterrebbe, per autorità degli antichi umanisti, confermata dalla pratica dei passati ordinamenti scolastici, in ispecial modo, alla letteratura ed ai classici latini. In via preliminare suppongo intanto ben difficile che gli abolizionisti, anche più decisi del classicismo, non sieno disposti a riconoscere nella natura della lingua e del pensiero del Lazio una virtù di lucidezza e di simmetria, una abitudine al contorno finito delle idee, un magistero supremo della gradualità e subordinazione, una comprensione di sintesi temperata da analisi sempre sagace, un artificio insuperabile nella scoltura delle frasi e delle sentenze, e poi un indefinibile buon senso, un istinto divinatore per le idee giuste, un criterio maturato dalla realtà, ed infine una temperanza, un equilibrio

tra tutte le direzioni dello spirito, capaci di giustificare pienamente il lungo governo che i classici latini hanno fatto delle menti nostre. Il forte è intanto non già di dimostrare che queste e simili qualità esistano realmente, ciò che ammetterebbero, come si diceva, in più o meno grado gli abolizionisti, pur negando loro un'esclusiva od almeno grande efficacia educatrice, ma di rintracciare la sorgente del complesso delle qualità, da cui il latino attinge un'attitudine pedagogica che lo stesso greco non ha pari, come non l'ha nessun idioma o letteratura moderna. Ogni grande letteratura, si potrebbe dire, trae dal genio del popolo che l'ha prodotta e dalle speciali condizioni storiche che l'hanno favorita, caratteri e doti proprie, per cui potrebbe essere raccomandabile come disciplina della mente e dell'uomo tutto quanto; e se la lingua e letteratura latina possono vantare le loro grandi doti per tal rispetto, con altre doti non meno efficaci per lo stesso fine vi potrà concorrere il greco tra le letterature antiche, e questa o quella tra le grandi letterature moderne. Non sarebbe, noi crediamo, soddisfacente risposta quella che si sarebbe tentati di dare a prima giunta, e che è tanto vera in fondo, che cioè da per loro stesse quelle qualità menzionate del pensiere latino rivelano la virtù o proprietà pedagogica; avvegnachè se da qualche parte vi si ribatte che quelle stesse qualità le ha pure questa o quella letteratura, o per lo meno un certo numero di scrittori scelti da essa, voi siete per necessità ridotto all'ultimo argomento, a dover, cioè, dimostrare che soltanto la letteratura e gli scrittori latini si sono trovati nella posizione. favorevole di averle potuto conseguire, e a dover assegnare, per conseguenza, le ragioni di questo fatto singolare.

Queste ragioni vi sono? E se vi sono, è possibile poterle assegnare? Qui è tutta la questione. Spero di poter incontrare. l'assentimento dei classicisti, se pongo una di tali ragioni as

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segnabili nella grande capacità di raccoglimento, di concentrazione, vorrei dire, del pensiere latino. Spieghiamoci. Posso già cominciare a stabilire che un'essenziale differenza di tutto l'indirizzo della coltura moderna, dopo l'invenzione della stampa specialmente, per rispetto alla coltura degli antichi, è la meno forte connessione nei pensieri, è la minor fatica, posta dalla mente, a trarre dalle cose apprese, anche poche talora, tutto lo sviluppo, tutte le singole e molteplici relazioni reciproche, tutto insomma l'interno organismo, di cui potrebbero essere capaci. Abbiamo, per così dire, tante idee, quante cose; gli antichi molte idee con poche cose; il molto delle idee era tutta produzione interna; era ricchezza procacciata dal lavorìo penetrante della mente sulle cose e su di sè stessa. È fuori di luogo l'interrogare quale delle due condizioni di mente fosse la migliore. Per rispetto al progresso della coltura e della storia dell'umanità, se esso è tanto, ed è immenso, dobbiamo dire che è tutto dovuto alla complessità reale del pensiere moderno ed allo studio suo diretto sulle cose; se è poi rispetto alla collocazione sistematica in ogni mente delle cose apprese, ed alla loro attitudine ad essere evocate, raggruppate ed esposte, parlando o scrivendo, con lucido ordine e col successo della riproduzione nella mente di chi ascolta o legge, ci sembra fuor di dubbio che a tutto questo era assai meglio adatta la condizione di mente degli antichi, Riportiamoci col pensiere all'insegnamento presso dell'antichità, a quello dei filosofi e dei retori, per esempio, presso i greci ed i romani. Facendosi essa oralmente per la massima parte, il successo d'un sistema, d'una scuola, d'ogni filosofo singolo doveva dipendere, oltrechè dalla bontà e novità delle cose esposte, dall'attitudine che il maestro sapeva dar loro, per mezzo dell'esposizione, a poter essere riprodotte dagli scolari. Si ha notizie di scuole e di maestri celebri, le cui dottrine non furono per molto tempo note al

trimenti, che per mezzo dell'insegnamento orale. I filosofi ed i retori dovevano essere insomma pedagogisti, se volevano assicurare la fortuna delle loro scuole, e essi lo erano naturalmente; la cognizione della loro mente ed il modo stesso come si erano elaborate e sistemate le condizioni, favorivano poi l'ordine e l'efficacia dell'esposizione.

Per illustrare meglio col confronto ciò che dico, facciamo ora un'ipotesi. Supponiamo che ad ascoltare le lezioni d'uno dei nostri più stimati professori di filosofia, vada uno scolaro studiosissimo, col proposito, anche se non vi fosse obbligato, di tornare per uno o due altri anni ad assistere allo stesso corso. Egli, lo scolaro, vuol diventare filosofo, e se veramente è, com'ho detto, studiosissimo, avrà la smania, che tutti abbiamo, di leggere e consultare molti libri e non solo di filosofia, ma 'di materie affini, come pare necessità che si faccia oggidi. Un'acquisizione continua quindi di cognizioni, le une sulle altre, le une accanto alle altre. S'intende che un buon filo conduttore per ordinare le nuove acquisizioni potrebbe essere il sistema professato dal suo maestro. Ma come ciò è possibile, se lo scolaro non vi si è fermato su che relativamente poco, se a lui, con tutto il buon volere che ha, non resta il tempo necessario per fare, non dico suo col lavoro della propria mente quel sistema, ma anche solo per intenderlo nel suo organismo e nelle parti sue principali? Si aggiunga poi la distrazione continua dalle idee di quel sistema, prodotta dalle lezioni discordi (pur troppo!) degli altri professori e dalla lettura di libri ispirati da idee diverse od opposte. Non è men grave pel caso nostro la probabilità quasi sicura che il professore non rifarà negli anni seguenti il corso con quelle stesse parti e con quello stesso ordine dell'anno precedente. Se egli è valente, leggerà e studierà molto sui libri, amerà di tenersi al corrente, e di presentarsi ogni anno sulla cattedra con nuovi studii e nuove

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