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l'Acri, per vedere ciò ch'è, si legga tutto e si mediti. In quanto al volgarizzamento, è bene riferire ciò che scrisse il Conti: « Già ebbi a scrivere (egli dice), che la traduzione dell'Acri è platonica; e ora lo ripeto, qualunque sia il valore del mio giudizio. Bisognerebbe che altri, più competente, paragonando le versioni ultime, mostrasse i pregi singolari di questa; ma, certo, senza far paragoni, l'Aeri, nel tradurre pare che scriva col sentimento dell'Autore trasfuso nel suo. Ci rallegra, tutti noi che amiamo la scienza del pensiero, questo ravvivarsi di Platone in Italia, con versioni lodatissime, quale per una ragione, quale per un'altra. Chi non ammira l'erudizione del Bonghi, e la diligente critica del Ferrai? La traduzione dell'Acri, a ogni modo, giunge all'anima . . . . . Egli traduce, proprio da filosofo. >>

A. V.

Sulla Teogonia di Ferecide di Syros. Nota del Socio ALESSANDRO CHIAPPELLI. Roma, 1889. (Estratto dai Rendiconti

della Accademia dei Lincei).

In questo succoso e dotto lavoro il Chiappelli stabilisce, risalendo, con molta ed appropriata erudizione, alle fonti, la posizione storica della Cosmologia poetica di Ferecide pei suoi rapporti coi predecessori e coi fisici contemporanei. I concetti di Talete, di Anassimene e Anassimandro vi sono segnatamente raffrontati con quelli del teosofo di Syros, senza dimenticare le relazioni coll'Orfismo e la tradizione Esiodéa. Termina il lavoro con acuta e nuova indagine sulla parte che spetta al Pitagorismo più antico nelle idee cosmogoniche di Ferecide; per questa restituzione l'Autore si giova di un passo poco osservato di Diogene Laerzio (VIII, 26) dal quale trae ottimo partito.

R. SOM: Kirchengeschichte. - 2a ed., VI e 194 p. in-8°, L. 3,50, presso Böhmer a Lipsia, 1888.

Sohm, prof. ordinario nella facoltà di giurisprudenza dell'Università di Lipsia (già di Strasburgo), ci espone lo sviluppo delle prime comunità cristiane, la vittoria della chiesa imperiale, le riforme, le preten

sioni dei gesuiti e la situazione attuale, sperando un miglioramento morale pel risorgimento delle aspirazioni cristiane. L'A. concilia l'eloquenza d'un Teologo colla precisione e chiarezza del giureconsulto, onde la Theologische Literatürzeitung, dice, che l'essere un giureconsulto l'autore, non diminui il valore del libro, ma l'aumento.

F. GEIGEL.

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M. me JULES FAVRE La Morale d'Aristote
Alcan éditeur.

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La signora Favre, direttrice della Scuola Normale superiore femminile, ha intrapreso di diffondere in forma generalmente accessibile le dottrine morali dei grandi filosofi dell'antichità. Dopo gli scritti sulla Morale degli stoici e di Socrate, essa pubblica ora un libro sull'Etica di Aristotele. Diamo il benvenuto anche a questo nuovo lavoro d'una donna dotta che coll'amore efficace e fruttuoso della filosofia onora il suo sesso non meno che la memoria del suo illustre marito.

Secondo essa, la verità morale è per Aristotele piuttosto un oggetto di speculazione che uno studio di pratica applicazione. Non dimeno l'aggiustatezza, la varietà e la delicatezza delle sue vedute rivelano una profonda cognizione di sè stesso e degli altri. Noi lo seguiamo con sicurezza, perchè vediamo in lui riunite la forza di contemplazione che abbraccia con retta visione sintetica il tutto insieme dei principii eterni ed immutabili, e la sagacia che riesce ad applicare essi principii ai casi particolari della condotta.

Essai sur la méthode en métaphisique, par P. DUBUC, docteur és-lettres. 1 vol. in-8°, Félix Alcan, éditeur.

L'Autore insiste prima di tutto sulla necessità che i metafisici s'intendano fra loro sopra una questione che precede a tutte le altre, cioè sul metodo da seguirsi in questa parte suprema della filosofia. Egli osserva che inutilmente i filosofi moderni hanno tentato di costituire la,

metafisica con una applicazione diretta dei procedimenti scientifici alla ricerca dei primi principii e delle prime cause. La scuola Cartesiana sperò raggiungere la meta, trattando la scienza dell'essere matematico; la scuola di Loke e di Condillae invece vi applicò il meta lo sperimentale; e la scuola scozzese ebbe ricorso al metodo psicologico. Il Kant, mediante la critica della Ragione pura, apii una via nuova alla filosofia, e secondo l'Autore il metodo della filosofia critica è del pari atto a distruggere e ad edificare. Considera poi l'Autore che senza detrimento della gloria acquistata dagli inventori di nuovi metodi, il trionfo della verità si ottiene dopo di loro cella sostituzione di sempre nuovi procedimenti a quelli che furono trovati da loro.

Affidato da questa convinzione, egli distingue nell'opera di Kant la parte che costituisce il sistema personale dell'Autore dalle proprie e pure premesse del criticismo, e pensa che vi si possa fondare non solo una dottrina diversa dall'idealismo trascendentale, ma un vero dommatismo spiritualista e teistico.

La Morale, l'art et la religion selon Guyau, par ALFRED FUILLÉE, Félix Alcan, Paris.

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L'avvenire della morale, dell'arte, della religione questi tre oggetti delle più gravi discussioni del tempo nostro tale è l'oggetto di questo libro, nel quale, occupandosi d'uno scrittore defunto assai ingenioso e simpatico, l'Autore mira con generali considerazioni ad uno scopo più alto. Il Guyau, all'età di soli trentatre anni aveva pubblicato sulle questioni di morale, di arte e religione una serie di libri, che si distinguono e rimarranno notevoli fra le pubblicazioni contemporanee, pel doppio pregio del pensiero e della forma. Egli difatto in modo assai originale e sincero ha espresso su tali questioni i dubbi, i timori, le speranze delle recenti generazioni.

Rendendo un giusto tributo da questo splendido ingegno, il Fouillée rileva in questo volume gli elementi nuovi recati dal Guyau alla dottrina dell'evoluzione.

NOTIZIE

Questione Rosminiana.

La questione suscitata dal Decreto del Sant'Uffizio che ha condannato quaranta proposizioni di Antonio Rosmini, o credute di lui o a lui attribuite, non finirà così presto. Annunziamo alcune pubblicazioni sull'argomento, tutte documentate, che interesseranno quelli che tengono dietro al combattimento:

Alle quaranta proposizioni rosminiane col decreto PosTOBITUM condannate Note Milano, Bernardini.

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Antonio Solimani.

a Mons. Magnasco.

mentata.

Belati d'una pecorella smarrita. Lettera aperta
Chiavari, Esposito. È tutta una storia docu-

Commenti di un prelato romano ad un opuscolo polemico coi tipi vaticani, Roma, Reggiani.

Ragioni della condanna fatta dal S. Uffizio delle così dette XL proposizioni esposte da F. C. D. Firenze, Cellini.

G. B. Bulgarini.

La storia della questione rosminiana falsificata dalla « Civiltà Cattolica ».

Anche la nostra Rivista ha trattato di quest'argomento nel fascicolo di maggio-giugno e in quello di novembre-dicembre dell'anno scorso. Le cose da noi dette in questi articoli hanno provocato una lettera e appendice del sig. B. Morone stampata nel fascicolo del 16 febbraio della Rassegna Nazionale alla quale risponderà fra breve il nostro collaboratore L. M. Billia. Intanto crediamo di dover segnalare in modo particolare fra le anzidette pubblicazioni quella che ha per titolo Commenti di un prelato romano, ecc. », scritto da un punto di vista assolutamente ortodosso, benché con ischiettezza coraggiosa dentro a questi termini; questo opuscolo insiste con grande evidenza di ragionamento sul conflitto manifestato fra i due tribunali ecclesiastici dell'Indice e del S. Uffizio dal Dimittantur applicato dal primo alle opere del Rosmini, sottoposte a minuto e profondo esame per ordine di Pio IX, e dalla condanna inflitta dal 2o alle opere stesse, o piuttosto alle 40 Proposizioni da esso disapprovate. Quando diciamo le opere, non ci allontaniamo dallo spirito dell'ultimo decreto, imperocchè nelle avvertenze che lo accompagnano vi è pur questa: che cioè alcune di esse proposizioni è come virtualmente compresa la sostanza di tutto il sistema.

L'opuscolo è scritto con molto brio e scioltezza; termina facendo intendere la possibilità di un appello al papa per lo scioglimento della questione, che non ostante le fasi molteplici e non poco dolorose per i seguaci del Rosmini, non si può riguardare come chiusa. Vi troviamo infine un'appendice in forma di dialogo fra un Don Massimo e un Canonico, di forma vivace, per cui il progetto di innalzare una statua al Rosmini è occasione ai due opposti interlocutori di esprimere i loro sentimenti sui meriti filosofici e civili, nonchè su giudizi portati sull'ortodossia dell'illustre Roveretano.

Università di Palermo. Il prof. Roberto Benzoni cominciava il giorno 24 gennaio scorso le lezioni di Filosofia teoretica in quella Università, con una prolusione, il cui soggetto era: La filosofia ai nostri giorni. Egli esaminò la questione se la filosofia è scienza o arte o nessuna delle due.

Espose l'opinione dei seguaci dell'Empirismo e del Positivismo di Augusto Comte, per i quali la filosofia ai nostri giorni non ha più motivo d'esistere, come scienza, per la semplice e grave ragione che dove si ha un oggetto, il quale possa essere sottoposto alla verificazione empirica, là tosto sorge una scienza speciale. La filosofia non ha ragion d'esistere perchè le mancano un oggetto proprio e speciali mezzi d'osservazione e di verificazione. Parlò dell'opinione dei seguaci del rigido Criticismo, pei quali la filosofia è impossibile in virtù dei limiti insuperabili nei quali è contenuto il pensiero umano.

Da ultimo espose l'opinione di coloro che ammettono anche ai nostri giorni la filosofia, ma a questa riferiscono un valore puramente estetico o un pregio puramente morale.

A mantenere il diritto d'esistenza, anche ai nostri giorni, della filosofia, a chiarirne il valore e l'importanza, il prof. Benzoni mostrò che la scienza, intesa quale personificazione di tutti coloro che lavorano alla conquista del vero, tende alla sintesi conpiuta del saputo, sintesi che possa valere per un'universale spiegazione del mondo, fattoci conoscere dalle analisi delle discipline speciali. Dopo aver parlato della grande importanza per la morale e l'arte, di una sintesi universale dei risultati delle scienze, di una spiegazione del mondo, mostrò che a tale meta nessuna delle speciali discipline empiriche può tendere: 1° Perchè le singole scienze in virtù dell'oggetto e de' mezzi loro proprii d'osservazione sono contenute tra determinati confini. 2o Perchè, partendo esse da alcuni postulati od assiomi, lasciano insoluti molti problemi, non risolvendo i quali la sintesi suprema del sapere è impossibile. 3o Perchè, non ostante le maravigliose generalizzazioni delle

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