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tamente dall'azione possente dispiegata da colui, dai suoi fatti ed insegnamenti. Se Paolo sorge nunzio di un evangelio superiore alla legge, gli è perchè segnacolo di questa più alta libertà, di questa certezza di redenzione e di salute non condizionata dalla osservanza delle opere dalla legge prescritte, era stato il Cristo. Anzi l'attitudine libera dell'ultimo, rispetto alla religiosità legale, non resta già al di qua, ma va molto al di là e al di sopra di quella del primo. Ciò che Paolo cerca faticosamente di mettere in chiaro mercè la sua dialettica, pel Cristo è una certezza immediata. Nella persona, nello spirito di lui, nei suoi discorsi e nei suoi fatti, è espresso intero il diritto di muoversi liberamente al di fuori, anzi contro al senso letterale della parola della legge. Con che egli, il Cristo, è sicuro di scoprire l'intima e vera essenza della rivelazione divina. Nè diversa è la relazione dell'Apostolo col divino Maestro, rispetto alla evangelizzazione dei pagani e allo stabilimento di una religione universale. Se il Cristo dedica la sua missione personale al popolo d'Israele, non per questo intende di limitare ad esso la potenza ed efficacia della sua buona novella. Sin dal cominciare, in vece, la dice e la mostra franca da ogni limitazione nazionale. E non fa differenza alcuna di origine o di condizione tra gli uomini. Li chiama, bensì, e li vuole tutti figli dello stesso Padre che è nei Cieli. E, come tutti son lì per dover fare il santo volere di Dio, tutti son pure indistintamente oggetto dei suoi insegnamenti e delle sue benedizioni celesti. È lui, che all'egoismo crudele, alle pretensioni e all'orgoglio di classi, all'abbassamento

della donna, alla brutale condizione della schiavitù, oppone una intuizione del mondo e della vita, ove nascita, fortuna, sesso, stato, non valgon niente, e ciascuno vien giudicato alla stregua della purezza interiore, e al più infimo e misero, e allo schiavo, qual figliuolo di Dio, e rispetto a Dio si riconosce il suo valore morale assoluto.

Però, questo non basta a far misurare quella grandezza peculiare della personalità del Cristo, per la quale il momento umano è sopraffatto. Il miracolo vero della sua vita è che, grazie alla relazione tutta sua propria in che egli sta con Dio, il Cristo fa dell'Evangelo l'Evangelo della sua persona. In generale, la vita della fede sente i massimi impulsi suoi quale effetto dell'azione di Dio stesso, qual rivelazione di Dio. Questo punto di vista è sostanzialmente mutato in ciò che il Cristo afferma di sè, e negl'intenti che assegna all'opera sua. Egli rivela le supreme verità di fede, senza le quali noi ora non siamo in grado di rappresentarci una vita degnamente umana. Annunzia, qual determinazione dell'uomo, quella giustificazione appo Dio, che consiste nello svolgere in sè il divino, lo spirito, nel rendersene capace e degno, nell'imitare la perfezione stessa divina; e che, sotto le spinte della innata figliuolanza da Dio, è intima aspirazione alla purezza interiore, all'amore, all'unità col divino. Offre a chiunque una legge di spirito e di libertà, per la quale, non importa quale sia stato il suo passato, può diventare, sempre che il voglia, per una conversione nella intimità del volere, un uomo nuovo, ed assicura che siffatto affrancamento dal male e dalla colpa è opera della grazia redentrice di Dio, che è un

fatto nostro, ed insieme pure un un fatto predisposto, voluto da Dio. Riconduce la vita intera di quei che si sono appropriata una tal fede, al concetto di una missione, di una finalità di santificazione spirituale, la quale, è vero, sarà compiuta e perfetta nel di là, nel futuro; ma ciò non esclude, che già ora, nel di qua, nel presente, adduca i suoi frutti, e diventi una realtà; giacchè quella fede procaccia una forma pura e santa di esistenza, e crea nel mondo un nuovo ordinamento divino. Il suo Regno di Dio non è qualcosa di oltremondano e trascendente, a un di presso come il mondo delle idee platoniche; ma, in quanto mondo a venire al quale bisogna apparecchiarsi, trasforma già in atto e presentemente la vita dello spirito e l'intima moralità; sicchè, smesso il carattere di lontananza, trapassa, esiste già nella realtà del presente. E, intanto, queste supreme verità divine egli le rivela qual Figliuolo di Dio. La qual cosa porta, che la rivelazione del Padre è identica con quella del Figlio; che la rivelazione di Dio, egli, il Cristo, la raccoglie e la fonde con la totalità del suo Io, del suo essere, di tutta la sua vita e la sua persona; e che, insomma, nella rivelazione di lui è Dio stesso che si rivela.

Anche a voler supporre, che una personalità rivelatrice di tal fatta potesse trovare la sua spiegazione nella natura umana; anche dato, che la sua virtù rivelatrice la si potesse pensare quale effetto della grandezza dell'animo e dell'approfondimento della interiorità religiosa, accoppiati con la massima originalità umana; ad ogni modo, è certo, che l'azione del Cristo e la sua efficacia

resterebbero pur sempre un fatto unico nella storia, destinato a non più ripetersi.

Senonchè, a meno di negare ai fonti della storia evangelica ogni legittimità, non è possibile ammettere, che la convinzione del Cristo, di essere egli il Figliuolo di Dio e il redentore del mondo, gli sia venuta dal di fuori. Ogni tentativo di mostrare in lui uno svolgimento, pel quale, muovendo dal semplice ufficio di maestro, fosse giunto via via, per azione di motivi esteriori, o anche per un lavorìo di purificamento ed elevamento interiori, alla certezza della sua unità con Dio, contrasta con l'andamento obiettivo della storia. La quale ci mostra, che il sentimento in lui della sua missione di Redentore è una conseguenza ed un'applicazione della sua coscienza di sè, di essere il Figliuolo di Dio. Questa intimità perfetta, questa unità con Dio, è originaria, è iniziale in lui, è la sua essenza spirituale. Da tale unità, replico, egli ripete la sorgente delle sue rivelazioni. Su di essa edifica la nuova vita dei seguaci suoi. Per essa trasferisce in altri ciò che appartiene a lui. Sicchè l'intima verità storica, anche dovendo rigettare la generazione carnale del Cristo per opera divina e soprannaturale, costringe a riconoscere in lui, nel suo spirito, il rivelarsi di una potenza immediatamente divina; costringe, in altra parola, a riconoscere, che il suo spirito è una generazione, una creazione propriamente e direttamente divina ed unica nel suo genere (1). La sua comunità per

(1) Tale si può dire, la sostanza dei pensieri del KEIM nella sua Geschichte Jesu von Nazara, 3 volumi; Zurigo, 1867-72.

tanto ha avuto ogni ragione di ritenere, che la vita da Dio e con Dio che, mercè di lui, le si è addentro accesa, sia stata in lui stesso una verità, vale a dire, un fatto voluto e operato da Dio; e che non solo si stimasse egli Figliuolo di Dio, ma che tale fosse anche in realtà.

La persona del Cristo non è quella cosa tanto fragile, tanto assurda, che può parere, allorchè se ne parla senza pensare. Se tale la crede l'intendimento comune che dice: Dio non è l'uomo, e l'uomo non è Dio; tale non è nella vita della fede e dello spirito. L'una, per intuito mistico e sentimentale, l'altro, con pensiero consapevole, colgono la verità nella sua intimità complessa e dialettica, ed affermano che, come spirito infinito, Dio si comunica all'uomo; e, come spirito finito, l'uomo si risolve in Dio. Dove il Cristo non avesse fatto altro che insegnare la prima volta in modo così perfetto le verità di fede che si sono indicate, già per questo egli resterebbe in eterno il benefattore dell'umanità. E per essere stato il primo che abbia tanto potuto, resterebbe pure per sempre l'archetipo, dal quale le generazioni a venire non saprebbero rimuovere lo sguardo. Ma la memoria viva di lui s'è conservata per una ragione e in un senso ben più profondi. Quelle verità non diventano e non sono per noi efficaci ed attuose, se non in quanto abbiamo la certezza, che la imitazione del Padre ch'è nei Cieli, e la redenzione morale per la sua grazia, e il vivere secondo il suo volere, e la relazione personale e diretta e l'unione con lui in ispirito, non sono semplicemente una opinione nostra, ma una realtà posta ed affermata da Dio stesso. E tal certezza in noi emana dal

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