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logia, di psicologia, di psichiatria; e tutto, dai fatti più volgari dell'osservazione ai più strani fenomeni di suggestione mentale, ci richiama allo studio di noi stessi: oggi, che questo studio si allarga ed approfondisce, ci attrae, ci appassiona e porta un'onda di vita nuova nella nostra letteratura; oggi che le ricerche psicofisiche, per la novità loro, per l'importanza e per le conseguenze gravissime che immediatamente ne posscno derivare, vengono a domandarci, a buon diritto, una maggiore e più spregiudicata attenzione ed un più accurato esame; oggi si osa invocare la soppressione, e segnare tra i desiderati di una riforma scolastica che la gioventù rimanga digiuna di questi studi!

E non basta. C'è un'altra scienza che ha conquistato o sta conquistando oggi quel posto d'onore che le si addice: la pedagogia. Or chi mai ignora o potrebbe ignorare ch'essa si appoggia immediatamente alla fisiologia ed alla psicologia, e che nessuno può veramente capire qualche cosa di quella, se non sa prima qualche cosa di queste ? E lo studio della pedagogia, come quello della psicologia, si va opportuna. mente diffondendo e generalizzando nelle scuole, e dalle scuole tende a passare e passerà certo con grande nostro vantaggio nelle famiglie e nella società. Così la psicologia e la pedagogia formeranno, tra breve, i due rami principali della cultura umana, e ci daranno una nuova letteratura che prenderà sempre un maggiore sviluppo, e di cui abbiamo già ottimi saggi nell'Educazione dello Spencer, nella Paura del Mosso, nell'Eredità del Ribot, nella Psicologia Infantile del Perez, e nelle opere di tant'altri che non occorre qui di citare. Orbene, dovremo dir consentanea all'indirizzo degli studi moderni, alle aspirazioni ed ai bisogni della società la proposta soppressione O io veggo e intendo le cose al rovescio, o al rovescio le vede, le intende e le fa, almeno da questo lato, la Commissione proponente.

La quale poi, dopo la psicologia, vuol tolta di mezzo anche la morale quella parte di insegnamento che si trovò necessario di introdurre anche nell'istruzione tecnica, perchè non divenisse un puro strumento di produzione materiale, e l'utilitarismo prevalente non finisse di soffocare nell'uomo ciò che vi ha di veramente elevato e nobile, il sentimento del dovere.

E tornerà ancor più necessario di tener vivo questo sentimento, se si avvertirà che la religione ha perduto oggi la sua efficacia direttrice sulla società; e la libertà, che ha ridonato finalmente l'uomo a sè stesso, esige che assuma intiera e piena la responsabilità de' suoi pensieri e delle sue azioni.

Questa osservazione dànno rincalzo anche le attuali condizioni della società, la quale non ha trovato ancora quella forza e quella sicurezza di sé, che cerca affannosamente e che non avrà mai, se non

la metteremo in grado di trarla dalla propria coscienza morale. Tra le vicende di una lotta che stanno impegnando fra loro le varie classi sociali in nome di un diritto che non conosce limiti; tra il dogmatismo tradizionale e le tendenze critiche e innovatrici della nuova generazione, non dovrà l'istruzione secondaria inculcare quei principii universali che regolano l'umana condotta e assicurano nella moralità la base del progresso civile e salvano la Società dalle scosse violenti e dalle demolizioni rivoluziozionarie? E non dovrà essa insegnare che le lotte fra i diritti non possono comporsi che sul terreno del dovere, e che il concetto etico deve sovraneggiare nella vita umana a tenersi fortemente soggetto ogni altro ramo di scienza sociale? Non dovrà sforzarsi in ogni maniera di ridestare nell'animo, dei giovani questa voce della coscienza da cui dipende ogni bene ed ogni male, di inculcarne loro l'osservanza ad ogni costo, perchè crescano degni di quella ragione e di quella libertà che godono ?

E, in un vasto programma di studi, si terranno sprecate le pochissime ore dedicate a tale scopo? E potrà parer soverchia o inutile l'opera di chi vi attende, e gittati proprio i pochi danari che il governo spende per questo? Parrebbe di sognare!

Ma di tutto questo si fa poco o nulla mi dirà forse taluno ? Ebbene, posso rispondergli, che si fa e si ottiene in parte, e che conviene di fare e di ottenere in più larga misura: e che a questo dovrebbe appunto provvedere la legge che si propone di riordinare gli studi, se pure vuol riformare per condurre al bene, ed istruire per educare; essendo ancora vero che la società potrebbe far senza uomini dotti, ma non potrebbe, in alcun modo, far senza galantuomini.

Sono considerazioni ovvie e di buon senso queste che faccio e per questo appunto sono forti ed incalzanti: almeno sembrano tali a me.

Forse a qualcuno verrà la tentazione di rifischiarmi alle orecchie il Cicero pro domo sua; e potrebbe darsi che lo sia senza saperlo, e che il mio avviso, in proposito, sia affetto, come suol dirsi, da soggettivismo.

Ebbene voglia dir Lei il Suo autorevole giudizio intorno a cosiffatta questione, la quale ha certamente, per i nostri studi in genere, un peso maggiore di quello che comunemente si pensa.

È per questo solo, ch'io Le ho chiesto l'onore di indirizzarle la presente, che ho gettato giù così, come il cuore la dettava.

Mi abbia, anche nel caso che debba darmi torto, per

Milano, il 12 aprile 1889.

Suo Decotissimo

ANT. MARTINAZZOLI

Professore di Filosofia nel Liceo Beccaria

Alle osservazioni del prof. Martinazzoli potremmo aggiungere, se lo spazio ce lo consentisse, quelle ancora più autorevoli di due professori di Università, pubblicate in questi giorni le une nella Gazzetta Piemontese col titolo: La Riforma degli Studi Secondari in Italia, le altre in un opuscolo intitolato: Di alcune riforme necessarie nella istruzione secondaria e superiore per Angelo Valdarnini e in un articolo intitolato La sorte della Filosofia nei Licei d'Italia, pubblicato dal medesimo professore nella Rassegna Nazionale del 18 Maggio. In queste pubblicazioni l'egregio professore di Bologna espone in modo particolareggiato la storia delle vicende subite dal programma di Filosofia nei Licei dall'anno 1859 fino al presente, e deplorando queste troppo frequenti mutazioni, rileva in pari tempo che fino ad ora nessuno pensò mai ad abolire il corso di Filosofia nei Licei, che il programma ne fu più o meno ristretto o allargato, ma che nessuno mise in dubbio la convenienza di mantenerlo.

Non minore appoggio troveremmo per la difesa dell'insegnamento filosofico dei Licei nel libro del prof. Turbiglio, intitolato: Universitá di Stato e le Università Autonome.

In quanto a noi deploriamo profondamente che dopo avere nello spazio di soli due anni allargato il Programma suddetto alle proporzioni d'un insegnamento superiore e poscia ristretto il medesimo entro giusti confini, dietro il parere del Collegio degli esaminatori, che essendo gl'Ispettori delle Scuole classiche sono anche i migliori giudici in tali materie, si sia pensato a una nuova restrizione del medesimo insegnamento, e a un modo di dispensarlo che equivarrebbe ad una abolizione. Poichè affidato a professori di lettere, sforniti di speciale attitudine e preparazione, rischierebbe di essere mal dato, e tanto varrebbe abolirlo. Anzi non crediamo che la legge d'iniziativa parlamentare che contiene questa disposizione, possa essere accettata dal Ministero della pubblica Istruzione, il quale, non ha guari, pubblicava un Decreto reale diretto a ricostituire le Scuole di Magistero annesse alla Facoltà di Lettere e Filosofia, in cui si stabilisce una sezione destinata per appunto a formare con esercitazioni pratiche e speciali i professori delle discipline filosofiche ristrette al programma dei Licei. Non crediamo che la restrizione dell'insegnamento liceale di filosofia, quale è proposto nel progetto di legge suddetto, possa essere la conseguenza di un concetto affatto diverso, espresso nel regolamento della Scuola di Magistero.

La Direzione.

Bollettino pedagogico e filosofico

Last words to the girls on life school and after school. By Mrs W. Grey. (Risingtons London 1889).

La signora Grey, autrice di questo libro, si è occupata tutta la sua vita dell'educazione e specialmente della femminile, e si può dir veramente di lei « molto ella oprò col senno e colla mano >> perché mentre ha scritto molto sull'educazione e ultimamente tradusse la Metodologia del Rosmini, si è occupata attivamente per vari anni delle scuole superiori femminili in Inghilterra. Questa istituzione, chi nol sappia, ha modificato sostanzialmente la coltura delle giovanette delle classi medie in quel paese. Il risultato della lunga esperienza maturato collo studio è riassunto in questo libro, al quale se si può trovare un difetto è quello di trascorrere alle volte troppo brevemente su questioni importanti e che vorrebbero maggiore sviluppo.

Il libro è diviso in due parti: la vita nella scuola e la vita dopo la scuola, e l'autrice spiega e fa intendere benissimo come la prima debba essere in tutto per tutto una preparazione intellettuale e morale alla seconda.

In un articolo di recensione non possiamo troppo dilungarci e molto meno citare dei brani dell'autrice, che pure meriterebbero di essere riportati. Per esempio laddove parla della obbedienza e fa intendere la necessità di prenderne l'abito di buon ora, e quanto essa sia utile nella vita... « Prima nella lista dei doveri è l'obbedienza. Permettete che io vi dica che l'obbedienza presa nel suo vero significato, cioè come la sottomissione volontaria del nostro volere ad uno che noi riconosciamo essere di diritto superiore al nostro, è la base del nostro dovere nella vita. Tale obbedienza, non dell'atto esterno solo, ma dello spirito altresì, obbedienza che rispetta, non teme solamente, l'autorità alla quale s'inchina, è il fondamento di ogni ordine sociale, che non potrebbe mai essere mantenuto col solo mezzo della forza. La differenza fra la vera pleta obbedienza e l'altra è questa; che essa sgorga dal desiderio di obbedire; è l'atto interno della mente che determina l'atto esterno. L'ob. bedienza incompleta è quella del solo atto esterno che si compie mentre la mente ed il sentimento rimangono ribelli.

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<< Nell'ultimo caso obbediamo perchè non posiamo farne a meno; è l'atto esterno imposto dal timore di una forza superiore; nel primo obbediamo perchè ne sentiamo il dovere; è la sottomissioue ad un'autorità che rispettiamo e nella quale abbiamo fede; la sottomissione libera dell'essere umano libero; mentre quella puramente esterna imposta dalla forza superiore è la sottomissione dello schiavo e dell'animale condotti colla frusta. »

Ci duole moltissimo di dover interrompere questa citazione e non poter discorrere neppure di volo di ciò che essa dice sull'educazione intellettuale e sul principio regolatore di essa, sulla formazione del giudizio, sull'importanza di acquistare di buon ora precisione nel linguaggio, che è effetto di ragionamento chiaro ed ordinato e a sua volta vi aiuta. L'autrice viene discorrendo successivamente dei vari studi dei quali nota con brevi e maestrevoli tratti l'importanza che hanno per sè stessi e come strumenti educativi. Non posso, come vorrei, dimostrare quanto giuste sieno le sue osservazioni; dirò solo che parlando dello studio delle matematiche, intorno all'utilità del quale come istrumento educativo tanto si è disputato, ne dimostra brevemente lo scopo, i limiti nei quali esso riesce una delle migliori discipline per dar l'abito del ragionamento deduttivo Dell'insegnamento della letteratura dice cose giustissime, come pure dell'insegnamento religioso, al quale dà grandissima importanza.

Nella seconda parte l'autrice discute lungamente, in principio sulla necessità per le donne di seguitare gli studf cominciati in iscuola, e combatte con molta logica e non senza spirito il volgare pregiudizio, contro il quale ha già scritto altre volte, che la coltura al di là di un certo limite toglie alle donne le qualità [più attraenti del loro sesso. Parla poi con tutta l'autorità di una vita lunga e rispettabile dei doveri che la donna ha verso la famiglia, verso la società, verso la patria e infine verso l'umanità. Parlando del matrimonio l'autrice discorre a lungo e molto assennatamente del celibato e del dritto nelle donne di scegliersi una professione onde trarre vita indipendente. Nobile ed elevato è tutto ciò che dice dei doveri della donna verso l'umanità e noi vogliamo finire questa recensione, chè lo spazio che ci è concesso rende molto più breve dell'importanza vera del libro, con le parole stesse dell'autrice che in certo modo le riassumono indicandone l'alto scopo.

Dopo aver citato i versi di un poeta inglese che ritrae la donna perfetta, essa aggiunge:

« Questo è l'ideale; sia il vostro farne una realtà, e realizzandolo fare la vostra opera di donna nel mondo, per la casa, per la società, pel paese, per l'umanità. »

Consigliamo a tutti la lettura di questo libro; a coloro che non co

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