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pure. Anche nel nostro Parlamento fu udita qualche Voce pro e contra, e ministri e commissioni e funzionari del ministero d'istruzione se ne stanno occupando di proposito da qualche tempo. Ma quel che voi non sapete, son sicuro, è l'essenza della questione; non sapete cioè a dire quali sono o possono essere gli argomenti, e da dove si traggono, per sostenere e combattere l'insegnamento classico. Ed è ben curioso che voi, che dovete, la maggior parte, insegnare negli istituti classici, che dovete forse un dì insegnare greco e latino, corriate rischio di licenziarvi dall'università senzachè siate bene informati del pericolo che corrono i vostri insegnanti, senzachè vi muniate delle necessarie armi per difenderli contro chi li vuole assolutamente banditi dall'educazione della gioventù; correte rischio insomma di mettervi al lavoro alla guisa di operai incoscienti che non sappiano il congegno e le varie parti, e quali più forti e quali più deboli, della macchina attorno a cui debbono lavorare.

Se voi mi rispondete che tutto non si può apprendere all'università, e che per molte cose che si possono studiare dopo, essa dà ora solo l'indirizzo, io dico che così è e così dev'essere, ma che per la disciplina che io difendo, non avviene punto così, trascurandosi perfino di fornirsi di questo necessario indirizzo. Non ogni anno di sicuro vi potrà essere letto un corso, dove, sotto pretesto della questione del greco e del latino, si esponga, a grandi linee, la parte generale della pedagogia; però si può ragionevolmente pretendere dalla gioventù universitaria, che si dedica alla scuola, il convinci

mento di dover trattare come studio serio e proficuo il corso di questa materia, e di fornirsi, per lezioni pubbliche e per ricerche proprie cui quelle possono dar luogo, del maggior numero di cognizioni e dell'attitudine necessaria per trarne materia d'applicazione futura.

Bologna, 15 novembre 1888.

NICOLA FORNELLI,

L'AVVENIRE DELL'ESTETICA

Non dico, nè pretendo di dire cose del tutto nuove. Le questioni che svolgo e discuto sono state spesso svolte e discusse in giornali e in libri, tanto che non credo si dia mediocre erudito che non le conosca. Il Guyau, qualche anno fa, le trattò con molta accuratezza nel volume sui problemi dell'estetica contemporanea. lo lo seguo sulla stessa via, coll'intenzione, se mi verrà fatto, di procedere oltre, o, qualora non mi riescisse, almeno di segnare gli accidenti della strada sfuggiti al filosofo francese, e di porre in maggior luce certe circostanze che possono illustrare il cammino.

L'arte tramonta, lamentano molti letterati e filosofi. La scienza le contrasta ogni rifugio, la civiltà contemporanea la uccide a colpi di spillo, l'industria le lascia mancare ogni alimento. La scienza toglie i veli della bellezza, non si appaga dei sogni della poesia, non sa che fare delle contemplazioni artistiche. La ci

viltà contemporanea mira alle comodità, alle utilità della vita e poco si occupa dell'arte. L'industria colle sue macchine, co' suoi opifici disadorni, co' suoi processi fisici e chimici, coll'uniformità monotona del suo lavoro, è capitale nemica della vera, della grande arte. Il bello è un dolce inganno, un giuoco dello spirito, un'amabile contemplazione che non giova nè alla scienza, nè alla vita. La società moderna calcola troppo, ragiona troppo, per poter permettere all'arte di svilupparsi..

Ecco in breve le ragioni di questi lamenti; procuriamo ora di svolgerle, seguendo le opinioni dei nostri letterati e filosofi. Se parrà talora che approviamo in tutto tali opinioni, si aspetti a giudicarci, dopo letto l'intero lavoro.

Lo spirito d'osservazione dello scienziato è opposto a quello dell'artista (1). Ambedue interrogano la natura, ambedue scandagliano lo spirito umano. Ma che cosa Ichiede lo scienziato alla natura, che cosa domanda l'artista ?

Lo scienziato e l'artista guardano il cielo. Il primo studia i moti dei pianeti e delle stelle, la natura delle sostanze che compongono gli astri, i viaggi della luce,

(1) Diciamolo una volta per sempre. Il vocabolo artista è da noi adoperato per indicare chiunque possiede un'arte bella. Anche il poeta è artista in questo senso, non soltanto il pittore o lo scultore.

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la struttura delle nebulose, la genesi degli areoliti, l'apparizione delle comete. Vuol trovare la ragione dei misteri celesti, le fasi di sviluppo percorse dalla materia cosmica, che cosa sieno, come si formino, come si movano i soli, i pianeti, i satelliti.

Il secondo invece vede nel cielo un sublime spettacolo. Poco gl'importa che il sole giri intorno alla terra o che la terra giri intorno al sole, non gli premono le leggi che l'astronomo calcola e gli errori che questi cerca con esame minuzioso di correggere. Egli negli astri vede qualche cosa di più e di meno che lo scienziato; gli astri sono per lui gli occhi della notte, le facelle di Dio, le anime dei trapassati, le divinità dell'Olimpo antico. La luna pensa, ama, osserva, veglia su noi, invita i giovani all'amore, si culla in molli languori sui laghi, scintilla fra le nevi, protegge o svela la fuga dei ladri, gode di baciare il suolo, gli alberi, i capelli d'una bella donna, visita con malinconica passione i cimiteri. La luna è la musa dei poeti romantici. Chi è che non abbia fantasticato soavemente sotto un bel raggio di luna, in una notte d'agosto, sul Canal Grande di Venezia, o sul mare Tirreno dirimpetto al golfo di Napoli ?

Il sole è il forte ispiratore della poesia e dell'arte classica. Esso anima le battaglie e corona le vittorie, esulta nelle campagne ne' bei mesi dell'estate, gode dei fiori primaverili, suscita gagliarde passioni nel cuore di coloro che ricevono il suo bacio più ardente, ama la terra e ne è riamato. Quando appare essa si rallegra, quando si nasconde, essa si rattrista.

Chi non s'accorge qui come lo scienziato percorra

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