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Alcune osservazioni su la relazione tra il vos e la vo

nella dottrina filosofica di Anassagora

I.

La dottrina di Anassagora, nella storia dello filosofia greca del periodo presofistico, segna un vero progresso, il quale non consiste già nell'essersi egli sottratto all'ambiente filosofico del suo tempo o nell'averlo coscientemente sorpassato, come vollero alcuni; ma in ciò, ch'egli determina, senza saperlo, una nuova direzione nella investigazione scientifica. La sua forza motrice non è un principio materiale come nella scuola jonica, nè un ente mitologico, come in Empedocle: il principio di tutte le cose egli crede di non poterlo ritrovare nella massa caotica, in cui non discerne una qualità sostanziale che possa pigliar l'iniziativa d'un movimento, e molto meno nel campo de' miti pur troppo scosso ed indebolito dalla lotta sostenuta dall' Eleatismo. Questo principio egli invece lo ritrova in una forza che gli vien suggerita dalla propria coscienza, nel noo, principio nuovo, che il filosofo considera come causa motrice di

tutte le cose e che solleva, generalizza e rende divino (1). Il punto di partenza viene così spostato: non è più nel caos o nell'eccelso Olimpo, è nel proprio io. Quanta importanza dovesse avere questa nuova posizione, Anassagora non comprese, nè potea comprendere; certamente, senza saperlo, egli sorpassava i limiti angusti della filosofia della natura e determinava l'esigenza di ricercare e di studiare nell'intelligenza medesima la causa di tutte le cose. Cosi su le rovine del Politeismo e dello scosso naturalismo jonico, apparivano, nella storia della filosofia greca, i primi germi del subiettivismo.

Questa posizione che nella filosofia posteriore dovea determinare un nuovo ed importante indirizzo, in Anassagora rimane in uno stato, direi quasi, embrionale; imperocchè, nello sviluppo della dottrina, non si può dire che il filosofo di Clazomene siasi gran fatto discostato dalle teoriche anteriori, con le quali par che resti pur sempre strettamente legato. Il noo di Anassagora, di fatti, sta in mezzo, tra il concetto d'una intelligenza pensante, umana, incorporea, distribuita tra gli esseri viventi, e quello d'una forza impersonale, motrice; tra il concetto d'una divinità radicalmente distinta da ogni elemento corporeo, e quello d'una forza della natura, i cui attributi non potrebbero riferirsi ad un essere schiettamente spirituale.

Nondimeno, il distacco tra il concetto fondamentale della dottrina di lui e quello dei filosofi anteriori, è tale

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che se ne può ben ricavare un giudizio sul significato e sul valore storico della dottrina anassagorica. In tutti i filosofi a lui anteriori la causa ed il principio universale di tutte le cose è sempre un'essenza materiale, dalla quale, come per deduzione, si discende al concetto d'una intelligenza, che, in fondo, non può non essere una sostanza materiale. In Anassagora invece, la forza motrice è eminentemente incorporea, e l'intelligenza, sostanza primordiale, nella quale pure inesistono tutte le qualità e tutte le differenze degli esseri derivati, non è sostanza materiale, è bensì essenza incorporea, opposta alla materia medesima (1).

II.

Premessi questi pochi cenni generali su la dottrina filosofica di Anassagora, cerchiamo di determinare la relazione tra il vous e la Tux. Di solito nei rapidi cenni dei diversi storici e commentatori intorno a questa relazione, troviamo, meno in qualche rara eccezione (2), accettata l'opinione di Aristotele, secondo la quale Anassagora avrebbe identificato la Tuy col vous. E tale di fatti, per citare i più illustri, è l'interpretazione del Trendelenbourg, tra' commentatori, e dello Zeller, tra gli

(1) MULLACH. framm. 5, 6, 7

pag. 248 e 249.

(2) Cito, tra coloro che si discostano dalla comune interpretazione, il Münz (Die Keime d. Erkenntnissth. ecc. p. 38) ed il Bertini.

storici Neque omnino, osserva il primo (1), humanam mentem ab illa divina, a qua rerum motus et ordo, distinxisse videtur. Unde recte Aristoteles mentem et animam eandem posuisse dicit. » E lo Zeller (2), svolgendo più largamente il concetto contenuto nel passo di Aristotele, fa notare che questi ebbe ragione di osservare che non vi è punto differenza tra l'anima e l'intelligenza e di riferire, per conseguenza, all'anima ciò che Anassagora aveva detto, sin da principio, del noo, cioè che l'anima è forza motrice. L'intelligenza, aggiunge lo Zeller, è sempre e da per tutto ciò che muove la materia; anche quando un essere si muove da per sè, è necessariamente l'intelligenza che produce il moto; se non che questo movimento non ha luogo per un impulso meccanico esteriore, bensì per un impulso interno. Il noo deve dunque risiedere in un dato essere: in questo esso diviene anima. Tali, in fondo, sono le conclusioni a cui perviene lo Zeller, alle quali veramente a noi non pare di potere arrivare, nè coi passi di Aristotele, che ora esamineremo, nè coi frammenti di Anassagora, riportati dallo Schaubach e dal Mullach (3). Al Bertini invece pare che non consti sufficientemente che Anassagora abbia immedesimato l'intelligenza con l'anima:

(1) Trend. Arist. De an editio altera, 1877. pag. 193. § 13. 405a 13. V. per es. anche il Mullach. De Anassagora, nei Fragmenta pag. 247 n. 38. Caeterum mentem (vov) et animam (Tuxv) promiscue videtur dixisse (sott. Anaxagoras).

(2) Phil. d. Gr. I. 905. 906.

(3) Schaubach. Anaxag. Claz. frammenta. 1827. Mullach. 1. c. vedi specialmente i framm. 7 ed 8.

il filosofo greco, osserva il Bertini, dice solo che l'intelligenza inesiste in ogni ente che abbia l'anima, sia grande, sia piccolo, o vi inesiste in quanto lo governa (framm. 5 e 6). E ciò non basta, conchiude, per inferirne, come fa Aristotele, che intelligenza ed anima fosse per lui tutt'uno (1). Ma è proprio meritata la ragione, o il torto che lo Zeller od il Bertini voglion dare ad Aristotele, per avere attribuito ad Anassagora la medesimezza del noo con la psiche? Esaminiamo i due passi di Aristotele: in uno di questi è detto che (2) Anassagora, nel determinare il valore dell'anima, non s'accorda pienamente con Democrito, perchè questi identifica senz'altro (ànλ) l'anima con la mente, mentre il primo è meno esplicito su questo punto, giacchè, in molti luoghi, dice che la mente è causa di quanto vi ha di bello e di buono, ed in altri, per contro, che la mente è l'anima e che essa si trova in tutti gli esseri animati, ne' grandi e ne' piccoli, nei pregevoli e negli spregevoli. Alquanto diversamente lo stesso Aristotele si esprime in un altro passo (3) in cui dice che Anassagora, in apparenza distingue l'anima dalla mente, ma poi nel fatto scambia l'una coll'altra, come se fossero deila medesima natura, tranne che considera la mente come il vero principio degli esseri;

questo almeno è quanto si

potrebbe argomentare dal dire che la mente, tra tutti

(1) BERTINI. La filos. gr. prima di Socr. p. 287.

(2) Arist. De An. ed. Trend. A. 2. § 5. 404a 25. e 404b Barco. Arist. trad. p. 15.

(3) id. § 13-405-14.

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