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ravalle, l'affectus e il consensus di Riccardo e di Ugo di San Vittore nulla significano più della cuyxztás di Cleante. Tutti credono d'aver salvato colla predestinazione la libertà del volere, e tutti han battuto una stessa via, perchè, infine, non se ne apriva un'altra possibile. Ora in che mai differisce il pensiero degli Occasionalisti in questa materia da quello dei ricordati predecessori? La vera causa delle azioni tutte è Dio, e il nostro merito sta solo nell'assentire di più o men lieto animo al volere dell'Onnipotente. Le idee potranno in quest'ultima scuola esser espresse con maggior chiarezza e maggior diffusione; ma alla sostanza della risposta nulla s'è aggiunto in verità, e le obbiezioni degli avversari rimangono le stesse.

Lo Stein accompagna le notizie storiche per le quattro distinte scuole con giuste considerazioni, appoggiando racconto e giudizi a citazioni molto opportune; e ai quattro capitoli ne aggiunge un quinto come appendice, dove mostra la quasi certa indipendenza di al-Aska' ri dalla filosofia stoica, e la molta probabilità che anche presso i Vittorini e gli Occasionalisti il problema della libertà e le sue soluzioni si siano fatto strada da sè, senza incitazione nè degli Arabi, nè degli Stoici. La quale origine spontanea del quesito e della soluzione in tanta somiglianza da una scuola all'altra vedrà ciascuno come sia un fatto altamente significativo.

S. FERRARI.

Bollettino pedagogico e filosofico

Sulle teorie sociali dei sofisti greci. Memoria letta alla R. Accademia di Scienze Morali e Politiche di Napoli dal socio ALESSANDRO CHAPPELLI. (Estratto dal vol. XXIII degli Atti dell'Accademia.)

L'autore di questo lavoro, non grande di mole, ma utile e sostanzioso, mostra un'altra volta, poichè già ne ha dato prova in libri di maggior lena, come si possa congiungere la più vasta erudizione a una felice originalità di pensiero e a profondità di vedute. Riprendendo a trattare una materia studiata prima di lui da molti e valenti critici, egli maneggia, come al solito, con sicura abilità e senza che nulla gli sfugga d'importante, le notizie raccolte, e utilizza con indipendenza gli studi altrui vagliandone i giudizi, per compiere poi con un nuovo ed oculato studio dei testi le anteriori ricerche, e scoprire nelle teorie sociali dei sofisti una relazione sfuggita finora all'esame anche degli storici più illustri della filosofia.

Egli crede, e gli argomenti con cui svolge la sua tesi provano abbastanza creder egli a ragione, che nonostante la varietà di idee e di insegnamenti a cui dà luogo nel suo seno, la Sofistica abbia una certa unita, e che i giudizi del Grote e dello Zeller debbano in questo proposito contemperarsi. La Sofistica ha una sua vita e un suo movimento storico, che ne ricollega i rappresentanti del quarto secolo a quelli della prima generazione, quali che siano gli svolgimenti e le conseguenze, cui dalle prime dottrine fecero trarre arditamente le condizioni nuove della vita sociale e il moto accelerato della coltura. Il punto comune intorno a cui tutta la Sofistica si muove, è il problema che nasce dall'antitesi veduta fra la natura e la legge sociale. Il qual problema lascia apparire la continuità del pensiero greco fra il periodo presocratico e quello dei sofisti; dacchè il motivo nuovo del pensiero (che si può formulare così: « c'è un dato morale nella stessa natura? i'idea della natura, risultato della fisica precedente, poteva divenire fondamento d'un insegnamento morale ? ») è stato senza dubbio preparato nelle filosofie della natura; lentamente e variamente si, ma in modo che se ne possono discernere le tracce. E il Chiappelli segnala queste tracce nella scienza e nella poesia da Senofane ed Eraclito a Ippocrate, a Pin

daro, a Sofocle; e passa quindi a esporre come fu posto e come sciolto il problema dai principali sofisti, cercando le ragioni storiche e della posizione e della soluzione.

Prodico di Ceo e Ippia di Elide segnano per l'autore « il punto di transizione dal naturalismo presocratico alla riflessione etica per mezzo di una specie di naturalismo etico ». Trovano essi il fondamento della moralità nella qúsi, e contrappongono questa al diritto positivo e alle consuetudini. Ma se la virtù è da natura, l'opera dell'educazione, a cui professavano di dar mano i sofisti, sarebbe alla fine.tornata inutile. Se ne avvide Protagora, e sostenne che la virtù è insegnabile, e che la vita sociale e lo Stato sono la vera forza educatrice: l'elemento morale dipende per lui da un'autorità, da una convenzione politica. Questa rottura coll'antica fisica si manifesta per un altro lato, in Protagora stesso e in Gorgia, come sfiducia crescente verso gli studî speculativi: il subiettivismo si sostituisce all'ordine obbiettivo delle cose. La critica dei due termini dell'antitesi, natura e dritto positivo, doveva intanto gettare su entrambi il discredito; onde le inevitabili conseguenze negative, e l'elevarsi a giudice e misura l'individuo senza più freni. E Callicle allora giustifica con la legge naturale del più forte la violenza e il despotismo, mentre altri dimostra essere le leggi l'opera appunto de' più potenti, cospiranti contro il bene di tutti. « La teoria di Callicle segna la rovina della scuola dello stato di natura, quella di Trasimaco abbatte la teoria del re Nomos: l'uno riesce al despotismo assoluto, l'altro all'assoluta anarchia ». Nella successione di queste teorie, che riflette il moto della vita pubblica e insieme lo affretta, e nei loro rapporti è colto e reso manifesto quel processo organico e quasi logico, del quale l'autore andava in cerca, stimando che almeno nella storia delle idee convenga riconoscere la verità del principio hegeliano, che ciò che è reale è razionale.

Questo cenno non può dare se non una magra idea dell'ordito del lavoro. Ma in quest'ordito sono condensate tante notizie e acute considerazioni sulla storia e sulla letteratura della Grecia, tanti e così belli ravvicinamenti con Stati e problemi dello spirito nell'età moderna, da non potersi gustare se non si legga la memoria per esteso. E chi la legga si persuaderà, come son persuasi quanti conoscono i libri del Chiappelli, che abbiamo in lui un forte ed operoso intelletto, il quale pieno della coltura moderna sa usare della letteratura e della poesia antiche con perfetto senso storico e con ammirabile famigliarità.

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Manuale di Psicologia, per ANGELO BROFFERIO.

Briola Editore, 1889.

Milano,

Il libro è, come ne dice l'Autore, un testo di filosofia per i licei. Ora a nostro giudizio, già altre volte espresso, un libro di testo per l'insegnamento della filosofia ne' licei, deve possedere queste doti: 1o comprendere solo la parte scienza della scienza; 2a di questa solo e tutti i principi fondamentali; 3a questi principi esporre con ordine e precisione. Nel liceo trattasi di gittare solo le fondamenta, ma le fondamenta solide, della filosofia in intelligenza alla filosofia nuova affatto, niente robusta, anzi poco sviluppata. Se nell'insegnamento liceale si introduce la parte problematica ed ipotetica e le negazioni delle sette, si ingenera nei novizî alla scienza lo scetticismo e l'irrisione della filosofia; se si fornisce tutta la scienza in una volta, le menti dei giovani liceisti non ponno sopportarne il peso e dopo conati di gran lunga superiori alle loro forze cadono affrante. Si richiede quindi in chi fa un libro di testo per la filosofia forme, persuasioni filosofiche, gran criterio, teorica e pratica pedagogica.

Cio posto, nel Manuale del prof. Brofferio vi ha solo la parte certa della Psicologia? Ci duol di dover rispondere che no. Molte dottrine ormai certe in psicologia non vi si trovano, ad esempio, il sentimento corporeo fondamentale. Di alfre dottrine, patrimonio legittimo della filosofia, alcune son date per ipotesi, come la esistenza di Dio, o per isperanze, come l'immortalità dell'anima, altre vengono negate, come la distinzione fra la sensazione ed i fenomeni psicologici che l'accompagnano, fra sentire ed intendere, fra sensazione ed idea; cose che l'Autore confonde, di cui ha concetti non ben chiari, oscillanti, tal fiata quasi contradditori, quantunque propenda, anche per propria dichiarazione, al sensismo ed al materialismo. Il Brofferio ci sembra abbia assai poche persuasioni in psicologia ed in generale in filosofia. Letto attentamente ed onestamente il suo Manuale, la pritaa e sincera impressione che resta si è che egli è incerto pressochè su tutto, che è uomo che ancora va in traccia della scienza filosofica. Ad esempio, il capitolo IV incomincia : sensazione è tra i fatti conoscitivi quello che meglio si conosce e di cui è più facile irtendere la causa » Ma poi lo stesso capitolo finisce così: « Queste indicazioni, per quanto sommarie, basteranno a far comprendere che la causa della sensazione non si conosce bene, che quindi non si può conoscerne la ragione; se non si sa bene come ac cada, tanto meno si può sapere perchè ». Nel Manuale in discorso, mentre mancano parti certe della filosofia, sovrabbondano problemi, i

« La

potesi, negazioni. L'Autore, aiutato da molte letture, prend diletto ad accennare tutti i problemi psicologici, anche d'ultima importanza, ed eziandio gli ideologici, logici, metafisici, etici, fisiologici, coi psicologici connessi, oggi in discussione, e tutte le molteplici, varie, opposte, contradditorie soluzioni da Aristotele al prof. Sergi; tutte le scuole, tutte le sette, tutte le opinioni fanno la loro apparizione. Il Brofferio vi fa sopra le sue osservazioni, ma il più delle volte.o non conclude, o conclude dubitativamente.

Il Manuale del prof. Brofferio comprende della parte certa della Psicologia solo e tutti i principi fondamentali? Anche qui ci duole di dover rispondere, che no. Nella rassegna delle funzioni della Ragione non si trovano analisi e sintesi, astrazione, integrazione: non vi ha verbo delle prime funzioni delle volontà. Invece si discende spesso a minutissimi ed affatto secondari particolari, e, per giunta, ipotetici e problematici, sulla sensazione, sulla memoria, sui sentimenti; si intavolano questioni che sono della filosofia superiore, come quella, se si possono accordare libertà umana, provvidenza e predestinazione divina; si entra in questioni di teologia dogmatica senza conoscerle quali veramente sono, e però risolvendole, o con arguzia, o con argomenti come questo: È chiaro che se Dio sa quello che farò, io non potrò fare altrimenti ».

Nella rassegna delle facoltà intellettuali non vi ha gradazione, collegamento logico; eccone l'indice : « Intelletto, Memoria, Immaginazione, Giudizio, Raziocinio, Attenzione, Ragione, Origine delle Idee, l'Inconscio, Percezione, Coscienza. »

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Talvolta le definizioni mancano di esattezza e precisione, e sono eziandio contradditorie. Ad esempio si legge : « Chiamo sensazione la presentazione di un fenomeno prodotta in noi da un corpo. intelligerza intendo la facoltà di avere delle presentazioni, come sarebbero la sensazione, l'imagine ed il concetto ».

La

Si trovano anche di queste sentenze: Il numero delle cose esistenti nell'universo è infinito. Il Renourier definisce benissimo la certezza dicendo, che esser certi significa non dubitare. grammatica studia le parole, la psicologia studia le idee e le altre scienze studiano le cose.

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Dunque, ci si dimanderà, il Manuale del prof. Brofferio val niente? Come libro di testo per i licei opiniamo che non vada. Può invece tornar comodo ai professori liceali,, agli studenti universitari, in quanto vi troveranno raccolte intorno alle varie parti della Psicologia tutte le teoriche, anco le più strane, escogitate, specie dai moderni, sopratutto dai contemporanei. Il prof. Brofferio dev'essere un leggitore indef-sso. Certo egli possiede molta erudizione, ma più moderna che antica e più

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