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di logica verosimilmente questo. Attingendo ora alle fonti storiche risulta che Alessandro aiutava, in principio, in ogni modo gli studii di Aristotile (1). E Callistene, d'altronde, che insieme a lui venne istruito dallo zio, mandò a quest'ultimo ancora altre volte notizie dei paesi visitati e specialmente osservazioni astronomiche caldee, da Babilonia (2). Sulla filosofia indiana, e specialmente « yoga », certo riseppero qualcosa i Greci dagli Anacoreti, incontrati nel paese dei Tassili (fra i quali Mandanis - o Dandamise il celebre Kalanos, che poi seguì Alessandro), dei quali parlano Onesicrate, Nearco, Megastene ecc. (3).

Come si vede, la questione è interessante e mi pare che oramai, anzichè passarla sotto silenzio, come fa lo Zeller nel suo celebre libro sulla filosofia dei Greci, sarebbe meglio il discuterla.

Zara, 10 luglio 1889.

Dott. ALBINO NAGY.

(1) Vedi Athen. IX, 398, e Plin. Hist. nat. VIII, 16, 44.

(2) Simpl. de coelo, schol, 503 a 26. Porfirio.

(3) Cfr. LASSEN. Indische Alterthumskunde. Lipsia 1862. Vol. II. pag. 621-746.

BIBLIOGRAFIA

PIETRO CERETTI (Theophilus Eleutherus).

Saggio circa la

ragione logica di tutte le cose. Versione dal latino dei prof. CARLO BADINI ed E. ANTONIETTI.

meni).

Vol. I (Prolego

Torino, Unione Tipografico editrice, 1888.

Il volume di ben 930 pagine annunziato di sopra è il primo di un'opera del filosofo intrese Pietro Ceretti. Egli avea cominciato a pubblicarla in latino col titolo e pseudonimo: Pasaelogices specimen Theophilo Eleuthero editum, Intri. L'opera doveva essere molto ampia, perchè era stata disegnata, e in buona parte anche effettuata, per otto volumi; ma non ne furono pubblicati che tre negli anni 1864-67.

Per ciò che concerne il titolo italiano dell'opera, io avrei preferito quello di Saggio di panlogica, come più breve, più determinato e, credo anche, più corrispondente al pensiere del Ceretti. Ma è cosa di poco momento; giacchè l'altro adoperato, ove sia inteso nel suo vero senso speculativo, pur esprime siffatto pensiere. Nella traduzione italiana però al pseudonimo di Teofilo Eleutero è stato sostituito il vero nome dell'autore. Ad onor di lui, voglio rilevare che il pseudonimo sotto cui si nascose corrispondeva pienamente a quello che costitui l'aspirazione e la realtà di tutta la sua vita. Giacchè Teofilo ei fu davvero, per avere appunto con ardente e incessante amore ricercato, meditato ed espresso il divino nelle numerose sue opere: ed a Teofilo ebbe ragione di unir l'altro di Eleutero; perchè il divino ei cercò ed espresse con quella piena libertà di pensiere, che si addice al filosofo speculativo.

Del moltissimo che scrisse, non solo come filosofo, ma anche come letterato e poeta, ho riferito lungamente in un apposito scritto di quattrocento e più pagine, al quale rimando

il lettore, cioè quello da me pubblicato col titolo di Notizia degli scritti e del pensiero filosofico di Pietro Ceretti, Torino 1886. Qui, limitandomi all'opera, onde sono apparsi i predetti Prolegomeni, dico che essa è di quelle, che non si scrivono ogni giorno; giacchè richiedono tale lena, costanza e fortezza di mente e ad un tempo tal potenza di sistemazione. che debbono di necessità esser poco frequenti. Quanto alla concezione e maniera di essa, per darne un'idea, dico che è una vasta enciclopedia filosofica sul genere della Enciclopedia delle scienze filosofiche di Hegel. E ripeto volentieri ciò che dissi un paio d'anni fa, che, cioè, se Ceretti avesse scritta la sua opera in italiano e l'avesse pubblicata tutta tra il sessanta e il settanta, quando l'hegelianismo era ancora in auge da noi, egli avrebbe indubbiamente preso il primo posto od uno dei primi tra gli hegeliani d'Italia. Ma, lasciando l'opera in genere, vengo allo scopo di questo breve cenno, cioè, ad informare il lettore, che nol sappia, del pensiere di questo primo volume della medesima.

Pietro Ceretti mirava alto e voleva prendere nella storia filosofica una posizione propria e necessariamente emergente dal corso storico del pensiere. In questo corso ei pensava che il risultato e il punto culminante fosse rappresentato dall'hegelianismo; e come ammetteva la ragion di essere si del corso, che del risultato, così pensava parimenti che non si potesse non essere hegeliani. Chi non l'avesse voluto, dovea porsi fuori della ragione storica, é à dir così, fuori della stessa umanità, la quale in tal corso manifestáva appunto il proprio essere e pensare.

Se non che, se teneva ed accoglieva l'hegelianismo come. il punto storico' culminante, no 'l riteneva pel punto definitivo ed ultimo, stimando ánzi potersi e doversi fare un passo oltre al medesimo. E questo è quello ch'ei si è proposto di fare col proprio sistema filosofico, con tutto che, per la ragione e continuità storica predetta, pensasse doversi fare coi generici principii e col metodo dell'hegelianismo stesso. Ora, ciò che si è proposto di fare, e in continuità delle antecedenze storiche, è appunto quello che costituisce il contenuto ed il pensiere di questi Prolegomeni, i quali si distinguono nettamente in due

parti. L'una, cioè, è una delineazione preliminare della speculazione, fatta suppergiù secondo il pensiero hegeliano, per la ragione che questo è da lui ritenuto come la più schietta espressione della concezione speculativa; e a questa parte dà l'importanza e il nome di Prospetto storico. L'altra è la preliminare delineazione del proprio sistema, che dev'essere il predetto novello passo da fare oltre all'hegelianismo e costituire una vera riforma del medesimo. Il modo e procedimento delle due parti è da lui pensato e delineato come segue.

Ritenendo dunque che l'hegelianismo segnava il punto culminante della speculazione prima di lui, nel dare esecuzione al mentovato Prospetto, si riattacca naturalmente a quello si pel contenuto, che per la forma o metodo che dir si voglia. Quanto al metodo, in conformità del pensiero e ritmo de' famosi momenti hegeliani dell'in sè, del per sè e dell'in sè e per sè, ammette pur tre momenti del processo metodico, appellandoli però posizione, riflessione, concezione. I quali momenti costituiscono anch'essi, come in Hegel, una connessa triplicità di termini ed esprimono la posizione di un principio, la contrapposizione di un altro principio e la conciliazione de' due principii opposti. Tal metodo è in genere, sì nella dottrina hegeliana, si nella propria che dev'esserne la riforma, designato come un procedimento metodico secondo la Nozione o secondo l'Idea.

Ciò posto, il Prospetto in quistione, conformemente alla Nozione e relativo metodo, è distinto ed effettuato secondo:

a) La Nozione posta, che abbraccia ciò che egli chiama l'estetica umana, od arte, e l'estetica divina, o teologia;

b) La Nozione riflessa, o scienza induttive, che abbraccia la storia naturale (o Natura) e la storia spirituale (o Spirito);

c) La Nozione concepita, che abbraccia la filosofia propriamente detta, e si nella manifestazione storica (storia della filosofia) che in quella teorica e sistematica della medesima.

Secondo un tal disegno, ei comincia la delineazione di quei principii che costituiscono l'arte, tanto come umana ed estetica propriamente detta, quanto come divina, o teologica che si voglia. Quanto alla prima, accenna sommariamente i principii dell'architettura, della scultura, della pittura, della musica

e della poesia, la quale ultima distingue in epica, lirica, drammatica. Quanto alla seconda, espone, pur sommariamente, i principii concernenti il divino, e propriamente considera Dio in tre aspetti, in quelli, cioè, della sua infinitezza, finitezza ed assolutezza (Deus infinitus, Deus finitus, Deus absolutus). Questa parte nell'hegelianismo ha il suo posto nella filosofia dello spirito propriamente detta. Ceretti, invece, discostandosi da Hegel, la prepone si a questa, che alla stessa filosofia della natura, perchè, a differenza di Hegel, pensa che il primo modo di apprendere le cose è il rappresentativo e fantastico (che è produttivo dell'arte), e non ancora lo speculativo e concettuale; ed è per questo ch'egli ha preposta la parte predetta.

Esaurita questa prima parte del Prospetto, passa alla seconda, a quella cioè della storia naturale e spirituale. La storia naturale concerne la natura propriamente detta, la quale in grosso è da lui concepita e delineata secondo la speculazione hegeliana. Cioè, la natura è concepita come l'Idea esteriorata, l'Idea nella sua sensibile manifestazione; ed è poi distinta e delineata (anche in modo vicino al pensiero hegeliano) come natura matematica (Hegel la chiama propriamente meccanica), fisica ed organica. Va solo notato che in Ceretti la distinzione de' momenti dell'Idea naturale è forse più minuta, specialmente nella natura meccanica. Ad ogni modo però, in tal distinzione e delineazione, pur presentando questa parte del Prospetto della speculazione secondo l'egelianismo, lo fa in modo proprio ed indipendente.

La storia spirituale o, che vale lo stesso, lo spirito, nella sua maggior parte è pur concepito e delineato come nell'hegelianismo. Infatti, ei lo designa come l'unità dell'Idea (logica) e della Natura, lo distingue in soggettivo, oggettivo ed assoluto, e vi espone i relativi momenti o principii che dir si vogliano. A differenza di Hegel però, l'Arte e la Religione, per la ragione antecedentemente mentovata, han trovato posto innanzi sotto la determinazione di concezione estetica.

Finalmente nello spirito stesso (o nella storia spirituale) riassume e allega i principii della Nozione concepita, delineando la speculazione filosofica nel suo general concetto, nelle forme, dommatica, scettica ed idealistica, in cui si è informata e per

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